Intervista: Andrea G. Colombo, autore de "Il Diacono"
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Intervista: Andrea G. Colombo, autore de "Il Diacono"
Il Diacono è un thriller horror uscito nell'autunno del 2010. Continua a mietere consensi, grazie probabilmente alla capacità dell'autore Andrea G. Colombo di esporre con modernità un argomento antico come il mondo. Il Male sta scendendo sulla terra e la vita di molteplici personaggi sta per essere sconvolta. Un unico uomo, benchè potente esorcista riuscirà a sconfiggerlo? 33 monaci saranno in grado di sostenerlo nella lotta? Una lotta cruenta, calda, dagli esiti, (come direbbe Colombo) apocalittici.
Colombo aveva già debuttato come scrittore con due racconti brevi Asfalto e Boxed . Proprio sul'onda del successo di questo suo primo romanzo, ho deciso di sottoporre all'autore qualche domanda che potesse soddisfare la mia curiosità. Ne è venuta fuori un'intervista interessante in cui Colombo conferma di essere sagace e ironico, un'intervista senza dubbio da condividere con i nostri lettori.
Autore e architetto. Ti senti più l’uno o l’altro?
Mi annoio a morte a fare una cosa sola. Devo cambiare continuamente, in cerca di stimoli. Quindi diciamo che mi sento l’una o l’altra cosa a seconda del momento in cui me lo chiedi… Sembra un modo per eludere la domanda, vero? Mi sa che non hai tutti i torti.
Quali sono stati i tuoi passi per diventare autore?
Inventare storie – che è l’attività principale di un autore - è una capacità innata in ogni essere umano, ma col passare degli anni viene castrata da fattori esterni. Società, educazione, pregiudizi, condizionamenti… chi più ne ha, più ne metta. I bambini possono imparare qualsiasi lingua, anche le più complesse. Tuttavia a mano a mano che passano gli anni, si perde la capacità di formulare correttamente certi suoni e a volte nemmeno dopo anni di studio ed esercizio si ottiene quello che a un bambino di tre anni riesce con estrema semplicità.
Inventare storie viene definita un’arte: in verità non è che una predisposizione naturale. Alcuni tra noi la perdono crescendo, altri la conservano, coltivano, affinano. Cuore e cervello, ecco tutto quello di cui c’è bisogno.
Quali passi fare quindi? La cosa fondamentale è resistere. Impedire che i condizionamenti esterni atrofizzino la parte più creativa del tuo cervello. Continuare a esercitarsi a parlare questa lingua straniera difficile e dalla pronuncia assurda. Il resto sono solo tappe obbligate di un cammino che deve iniziare da molto lontano.
Come nasce la voglia di scrivere questo libro?
Più che voglia, necessità. Quando una storia ti tormenta per anni e cresce, cresce a dismisura, arriva un momento in cui la “devi” scrivere. Non puoi scegliere, perché se non te ne liberi scrivendo, ti tormenterà il rimorso di averla fatta morire. So che detta così sembra una cosa da fuori di testa... e forse un po’ lo è davvero.
Questa del Diacono, per me, era LA STORIA, quella con la S maiuscola. L’idea alla base del libro (che svelo solo alla fine) mi perseguita da un ventennio. Un diamante grezzo che ho lavorato con pazienza fino a che non mi è parso che non avesse più senso tenerlo lì rinchiuso nella mia testa. Le alternative erano due: una lobotomia o scrivere il romanzo. Purtroppo per il genere umano, ho scelto la seconda.
E prima ancora come la spieghi la scelta dell'horror? Pura passione?
Ho sempre avuto una certa predilezione per le vicende drammatiche, epiche e un po’ macabre. E dire che ho avuto un’infanzia tutto sommato priva di grandi traumi… L’approdo all’horror, quindi, lo vedo come una naturale evoluzione di questa innata passione. Credo che l’horror, più di ogni altro genere narrativo, sia “ossessionato” dalle domande cruciali che da sempre assillano l’uomo. Perché viviamo e moriamo? E dopo la morte cosa ci aspetta? Il Male e il Bene… Perché quindi perdere tempo con altre questioni quando qui c’è il centro di gravità attorno al quale tutto ruota?
Così come in Alien, il sintetico Ash diceva della creatura: “Ammiro la sua purezza. E' un sopravvissuto.” Io dico lo stesso dell’horror. Possiamo anche considerarlo rozzo, primitivo, chiassoso, eccessivo… ma la verità è una e una soltanto: l’horror è una lama affilata in grado di scavare in profondità senza perdersi a tormentare l’epidermide delle cose. C’è chi non è “pronto” per questa (forse) sgraziata autenticità, e chi invece non ne può fare a meno.
Io ovviamente faccio parte della seconda specie.
L’Horror è un campo difficile, di nicchia, e ultimamente sono pochi quelli che riescono a produrre materiale originale , Pensi che nel mondo horror sia stato detto o letto o visto tutto? Si può arrivare all’assuefazione ed essere privati dell’entusiasmo per l’horror?
E’ stato detto tutto di tutto quanto, non solo per l’horror! Quanti libri o film fotocopia troviamo nel mainstream, nel thriller, nel romance, nella fantascienza? L’uomo racconta storie dall’alba dei tempi. Storie che vengono ripetute, modificate, adattate. Ma le emozioni umane, sempre quelle sono e sempre di quelle si parla. Amore, odio, rabbia, paura… sono queste le pietre angolari su cui si regge tutto l’impianto narrativo, e i meccanismi che implicano lo scatenarsi di tali emozioni, sono gli stessi oggi come ieri.
Da quando la stampa è diventata un processo “industriale” con l’invenzione dei caratteri mobili, questa attitudine ha creato un’esplosione di creatività. Considerando che sono secoli che questo avviene e che sulla Terra si sono succeduti miliardi di persone, il calcolo delle probabilità è drammaticamente avverso a qualsiasi pretesa di unicità. Quasi tutto quello che inventiamo si può far risalire a qualcosa che lo ha preceduto. Architettura, pittura, scultura, letteratura, sono intrisi di echi del passato. Che ci piaccia o meno, siamo il frutto di secoli di stratificazione sociale e culturale, di influssi, di suggestioni. Avere la pretesa di inventare qualcosa da zero, quindi, è un po’ ridicolo.
E’ anche vero, come dici, che alla fine si fa il callo a tutto. A volte invidio Bram Stoker o Edgard Allan Poe: immagino i loro lettori più “innocenti e ingenui” di come lo siamo noi oggi, quindi le storie di questi scrittori dovevano avere un effetto deflagrante sul pubblico. Io vorrei procurare gli incubi a chi mi legge, non farlo sbadigliare. Del resto, più approfondisci una materia, meno ti diverti, perché c’è sempre più raziocinio e sempre meno istinto. Per questo evito di abbuffarmi: voglio conservare ancora un po’ di appetito.
Il diacono è stato definito “il miglior horror italiano di sempre”. Come lo definiresti tu?
E’ una storia da leggere e gustare, abbandonandosi al suo ritmo, senza opporre resistenza. Credo che lo si possa solo amare od odiare, niente mezze misure. Grazie a Dio (o chi per esso) sono molti quelli che lo amano. Io sono troppo di parte per pensarne qualcos’altro: la verità è che scriverlo, sebbene sia stata una fatica assurda, mi ha esaltato e divertito da morire. La cosa che mi dà più soddisfazione è vederlo in mano a persone che non hanno mai letto un horror in vita loro e sentire che si sono appassionate, divertite, spaventate… che hanno vissuto questa avventura insieme ai miei personaggi. Potrei davvero desiderare qualcosa di meglio?
La lotta tra il bene e il male è un argomento trito e ritrito qual è stato secondo te l’elemento che ha fatto del tuo libro un successo?
Anche l’amore lo è, eppure continuiamo a innamorarci e a leggere storie d’amore. E la morte? Da quando esiste l’uomo, esiste la morte, eppure non si smette di scriverne… Sono semplicemente argomenti che sono parte integrante dell’essere umano e che continueranno a tornare, finché saremo su questo sasso nello spazio.
Quello che ho cercato di fare io, piccolo granello di sabbia in un titanico e inarrestabile ingranaggio, è stato di non prendere mai la strada più semplice, di complicarmi la vita. Perché – mi sono detto – se sorprendi te stesso, forse riuscirai anche a sorprendere il lettore. Ho fatto scelte “impopolari” forse, ma che molte volte hanno sortito l’effetto sperato.
La mentalità popolare ha ancora suggestione nei confronti dell’arcano del religioso e del misticismo, probabilmente perché non si capisce mai dove finisce la verità. So che tu hai compiuto diversi studi, viaggi e ricerche per carpire quante più esperienza riguardo all’esorcismo e varie cerimonie rituali, come le hai vissute queste esperienze e quanto di te crede davvero nel “mondo oscuro”?
Quando assisti a una messa di liberazione, durante la quale vengono effettuati diversi esorcismi, e tutti attorno a te sono fermamente convinti di stare assistendo a qualcosa di soprannaturale, ha davvero importanza se Satana sia reale o no? L’emozione che queste persone provano è tangibile, la puoi quasi respirare. Il rituale che recita il sacerdote lo senti con le tue orecchie così come le urla degli “indemoniati” trascinati a forza verso l’altare… Fanno davvero impressione. Ho visto una ragazzina trattenuta a stento da due uomini grandi e grossi. Lei crede di essere posseduta, ma non lo è? Bene, ma vai in quella chiesa, al tramonto, in mezzo a quelle persone, con l’odore dell’incenso, delle candele che bruciano, le litanie e gli inni ripetuti incessantemente… Senti le sue urla che rimbombano sotto le volte della chiesa…
Non importa che sia vero o no, perché quello a cui assisti, lo è. Eccome se lo è. Qualsiasi cosa succeda in quei momenti, ti garantisco che è più che reale e ti rimane appiccicato addosso, che tu creda o no.
Mi hanno raccontato cose alle quali, tutt’ora, non posso né voglio credere, perché semplicemente sono troppo assurde, sono caos in un mondo che (nonostante tutto) pensiamo guidato da un certo ordine naturale. Eppure l’idea che ci siano in mezzo a noi persone che credono queste cose REALI, è secondo me più spaventoso del fatto in sé.
Quasi tutti gli scrittori hanno un autore a cui si ispirano, da cui prendono esempio o semplicemente ne sono più o meno involontariamente influenzati. Esiste per te un maestro?
Sono un pessimo allievo, quindi ho bisogno di tanti - pazienti - maestri. Come ti dicevo prima, siamo echi del nostro passato: io cerco di “ascoltare” molto e ogni fonte possibile. Alcuni autori mi hanno segnato più di altri. Da altri, invece, cerco di allontanarmi più che posso. King, Barker, Matheson, Levin, Poe, Lovecraft, Dante… sono in debito con un sacco di gente!
Quanto è difficile per uno scrittore, o quanto lo è stato difficile per te muoversi nel campo dell’editoria e riuscire ad emergere dal mucchio?
Ogni “mestiere” è difficile. La vita non ti regala mai niente. L’editoria non è diversa da qualsiasi altro ambito professionale. Ha le sue regole, i suoi difetti, le sue peculiarità. Se la affronti pensando che ti sia dovuto qualcosa, se pensi di essere “il prescelto” e che le porte si debbano spalancare al tuo passaggio (come molti, troppi aspiranti autori pensano) il sistema ti fa a pezzi, ti mastica e risputa. Specie se scrivi horror. E’ un approccio da perdente: il sistema, semplicemente, di te se ne frega. Quindi perché perdere tempo a frignare e sbraitare? Io preferisco agire. Lavorare con passione e “consapevolezza”, ti consente di avere qualche chance in più di arrivare dritto al cuore delle persone. Potrei dirti un sacco di belle cose, provare a darmi un certo tono, ma la verità è che mi limito a fare al meglio delle mie possibilità quello che mi piace fare. Ci metto tutto l’impegno e le energie che ho. E non mollo, mai.
Hai già in mente un nuovo progetto?
La mia dannazione è che ho SEMPRE in mente nuovi progetti. E’ il tempo per portarli tutti a termine che mi manca. Al momento sono impegnato su due fronti. I due libri vedranno la luce (se tutto andrà come deve) nel 2012 e nel 2013. Il secondo è seguito de “Il Diacono”. Il titolo che vorrei dargli (ma che non sono sicuro resterà da qui sino alla fine) è ENIGMA. Torneranno i miei cari Monaci e altri simpatici personaggi… ma sarà una cosa un po’ strana. Temo che da scrivere sarà una faticaccia pari al primo romanzo. Mi auguro però sia altrettanto piacevole da leggere…
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Re: Intervista: Andrea G. Colombo, autore de "Il Diacono"
Oh quanto lo capisco! eheheLa mia dannazione è che ho SEMPRE in mente nuovi progetti. E’ il tempo per portarli tutti a termine che mi manca.
Ottima intervista, e interessante autore!
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