ATLANTE DI GEOGRAFIA UMANA
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La scrittrice spagnola Almudena Grandes sostiene che la sua esistenza non sarebbe la stessa se non avesse incontrato la letteratura che le ha dato la possibilità di vivere più intensamente la vita e nello stesso tempo le ha fornito gli strumenti per interpretarla.
Dai tempi del romanzo "Le età di Lulù" del 1999, tradotto in diciotto lingue e divenuto un best seller internazionale, in poco più di dieci anni l'autrice che nelle sue opere ha sempre descritto i conflitti delle donne della sua generazione, con Atlante di geografia umana ci presenta un romanzo più autentico, nuovo e più profondo rispetto a quanto avesse scritto fino a ora.
Lo spunto per la storia è quello di un atlante a cui stanno lavorando le quattro protagoniste Ana, Fran, Rosa e Maria che hanno tutte in comune il fatto di vivere quel periodo che va dai trenta ai quarant'anni, quell'età che la Grandes definisce "L'epicentro della catastrofe" quando cioè ci si rende conto che il tempo che abbiamo a disposizione non è illimitato e che "la memoria da costruire equivale più o meno a quella già costruita" e probabilmente gli anni migliori sono passati. Mentre si cimentano nella pubblicazione di un atlante in fascicoli, queste donne raccontano gli amori, le delusioni, le conquiste e le insoddisfazioni della vita che ognuna di loro si è con fatica costruita disegnando un atlante di geografia sentimentale, umana tutta al femminile ricco di sfumature e di accorgimenti anche ironici molto gradevoli da leggere a da gustare.
Queste le loro storie: Fran la proprietaria della ditta, vive un matrimonio che dura da lungo tempo. Apparentemente felice, in una quotidianità sempre uguale a se stessa, sente che le manca qualcosa. Marisa, dal corpo goffo da sempre rifiutato, ogni notte si inventa un nuovo personaggio per farsi accettare da degli illustri sconosciuti non accorgendosi, invece, che accanto a lei vive già un uomo che la ama e che, se solo lei volesse, potrebbe renderla felice. Rosa che finalmente si rende conto che il suo matrimonio è finito, vive come un'ossessione l'assurda storia con un fotografo libertino e dongiovanni. Anna che, dopo un divorzio, pensa che l'amore non busserà più alla sua porta si trova a navigare nelle acque burrascose di una relazione con un uomo sposato.
Lettura quindi non solo estiva ma anche piacevole divagazione di un mondo fatto di donne in cui gli uomini sembrano muoversi come degli splendidi inutili strumenti fatti apposta per far soffrire il gentil sesso. Il messaggio lanciato dalla scrittrice è chiaro: ogni donna deve imparare sempre di più a cavarsela da sola senza aggrapparsi a un mondo ancora dominato da un "maschio" troppo invadente e aggressivo.
Le storie d'amore di queste donne sono disegnate in modo lineare, sincero, semplice e chiaro e ognuna di noi, secondo me, può ritrovarci i propri dubbi e incertezze e rivedere nelle quattro voci narranti chissà quante delle confidenze fatte o ricevute dalle nostre amiche più care.
Consigliato a tutte le donne giovani e meno giovani che hanno già vissuto certe esperienze o che sperano ancora di non viverle mai.