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Una famiglia borghese precipitata nella povertà non si arrende e nel periodo postbellico della ricostruzione trova la forza di riemergere a un'antica agiatezza. Il racconto è affidato al figlio più grande, balbuziente, poco espansivo, schivo, dotato di una particolare sensibilità che gli consente di cogliere gli aspetti più delicati nel difficile mondo che vive da bambino e da adolescente. Ma anche quelli più sottili, spesso contraddittori nel rapporto con la madre, cuore della narrazione. Il figlio ha sessant'anni conduce il lettore fin dentro le pieghe più nascoste del rapporto materno. Lì si annidano le normali incomprensioni generazionali alle quali se ne aggiunge una particolare, a debito della balbuzie.
La storia di un uomo che ripercorre la vita in tanti piccoli schizzi che potrebbero essere letti anche separatamente. I ricordi di una vita. Uno sguardo sul passato, nella memoria, di ciò che resta di ciò che è già stato dimenticato.
Una narrazione molto dolente particolare nella sua forma. Un incrocio fra poesia e narrativa. Non volontà di mentire ma desiderio di trasformare il passato dandogli una forma più consona ai propri desideri. Qui tutto è trasfigurato prima dagli occhi del bambino/adolescente poi dell'uomo che perde il contatto con la realtà quasi volutamente, lasciandosi, morire quasi per inerzia.
Bello. Per dirla alla Erri de Luca quando la scrittura diventa arte, quando l'arte diventa scrittura.
Opera prima di quello che diventerà un grande scrittore.