




Descrizione: La coscienza è un'illusione dell'IO?
Incipit: Io ho solo il mio cervello per capire se il funzionamento dello stesso mi permette di capire quello che…
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Poi ti faccio un esempio, citando un fatto di cronaca su un possibile inganno dell'io per risponderti che anche davanti allo specchio poi non sempre ci si riconosce se stessi per come in realtà siamo.
Se Anna Maria Franzoni ha ucciso suo figlio, ma non si sente minimamente colpevole, ma si sente assolutamente innocente, i casi sono solo 3, o mente coscientemente ed è stata la migliore attrice di questo mondo, o non ha oggettivamente compiuto il fatto, oppure in ultima analisi se invece avesse, come sembra evidente dalle prove compiuto il fatto, questo significa solo che il suo sé o io che dir si voglia, ha subito un processo per immagini di rimozione o inganno su sé stesso, accettando
quindi come ora reali, nuove mappature poi sovrapposte a quelle reali, che però reali a parte che per il soggetto, non lo sono, tacendo le prime in favore delle seconde, tutto "solo" per accettare di fatto la morte del figlio da lei portata in essere e il trauma da esso derivato ( un processo di omeostasi psicofisico quindi, per il proprio stato di sopravvivenza psicologica e quindi anche fisica al dolore e al senso di colpa probabilmente).
Anche questo chiaramente è un caso limite, ma è un procedimento a mio avviso simile o esplicativo del fatto di credere o auto convincerci di qualcosa che ci aiuti ad accettare la realtà per come essa ci si rivela posta, ma in maniera a noi sempre in qualche modo favorevole all'omeastasi, quindi tendere sempre alla nostra, in ogni forma data possibile, fisica quanto mentale, possibile sopravvivenza o migliore via di fuga adottabile per noi in divenire. Quindi la mente e il corpo che ora non risultano più sempre e necessariamente sentiti o percepiti come un unica entità, se osservati da un punto di vista di questa soggettività venutasi a creare.
Soggettività che, avvertendo ora consciamente il corpo quasi esclusivamente da un punto di vista di un sé autobiografico, cioè solo come una sua proprietà o possibile espressione, "dimentica" invece che sono e rimangono sempre indissolubilmente legati e parte uno dell'altro
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Questo si traduce poi nel non riconoscersi realisticamente come colpevole dell'omicidio del figlio.
Ma in questo processo psicofisico, se questi fossero stati gli eventi, risulta comunque evidente che ci deve essere per forza stata una sovrascrizione delle mappe mentali venutesi a creare sia precedentemente che in seguito all'omicidio, tali da riuscire comunque a compiere un atto di questo tipo nel modo in cui è stato portato a compimento, ma nonostante questo, non riconoscersi poi da queste nuove mappe venutesi a creare in seguito, come anche quelle inerenti poi al ricordo di sé stessa, precedentemente al compiersi del fatto, come personalmente, emotivamente e quindi sentimentalmente responsabile o esecutrice del fatto stesso.
Perciò rimozione, inganno, illusione, dissociazione, dipendono a mio avviso principalmente dal grado di relazione che si viene a mantenere o viene a mancare tra la soggettività del sé, dal corpo creata, e sul corpo poi espressa, e il corpo stesso a cui il sé o l'io, che dir si voglia, indivisibilmente e indissolubilmente invece appartiene.
Comprendo il grosso peso dell'esempio portato in relazione al peso di questa discussione, ma penso che sia però idoneo, a prescindere da quanto emotivamente possa turbare chi legge, essendo questo purtroppo nel suo triste epilogo un fatto molto noto e discusso per spiegare il senso pratico di ciò che voglio esprimere. Io ora non sono certo un neuroscienziato, però credo che supportato da alcune determinate evidenze scientifiche oggi già presenti, anche se ancora non certo sufficenti a soddisfare l'intero complesso sistema funzionante di questi processi, possa questo ad ogni modo essere un discorso rilevante per quanto esso riluttante (e sottolineo che lo comprendo benissimo) per avere però qualche risposta o spunto di riflessione su questi determinati quesiti e temi.
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