Dissenso
Descrizione: Breve e "silenziosa" riflessione.
Incipit: Il dissenso silenzioso.
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Credo che come dici tu un dissenso definito sincero è comunque un dissenso non immediato, soprattutto quando posto su qualche aspetto che ci può toccare sul personale, questo non sia mai veramente figlio del semplice caso, o non certo di un più banale comune fraintendimento. Piuttosto questo dissenso trovo sia più basato su di una ricercata e intima riflessione posta o già avvenuta a riguardo. Poi però si dà il caso che anche una riflessione iniziale di far suo possa essere o rivelarsi più o meno fuorviante, o meglio, molto interpretativa, sia sulla sua potenziale, e da noi così nell'immediato espressa, realtà soggettiva, tanto quanto su d'una più effettiva, inerente, e pertanto pertinente, realtà oggettiva, rivolta su o ad uno specifico e determinato fatto.
Dissentire a ragione o torto che sia quindi (il che è sempre come detto almeno inizialmente solo relativo alla propria singola o forse ben più spesso di quanto si tenda a credere, comune condivisa opinione) è comunque sinonimo già di un certo grado di tentativo posto di una più profonda comprensione, dove più in profondità il grado di questa comprensione arriva, o si viene a protrarre, più cementato può essere o diventare il nostro personale
e realmente motivato a questo punto dissenso, oppure (dove questo invece denota una ben più alta consapevole maturità e apertura mentale verso la vera ricerca di una comprensione oggettiva ed obbiettiva sulla realtà di un fatto), anche alla riveduta costante, all'analisi sempre più attenta, sempre più specifica, più approfondita, e pertanto ben più complessa da affrontare o porsi come obbiettivo prefissato, su tutti gli stessi perché a fondamenta di questa veramente ora compresa nostra, tendenzialmente spesso superficiale, e pertanto solo apparentamente invece sicura e ben motivata al nostro iniziale sentire, "sincera" negazione di fatto posta.
Tradotto, chi non sa, o non si pone poi più nemmeno il problema di riflettere anche sulle proprie stesse riflessioni, sulle proprie stesse prese di posizione iniziali, o precedentemente già poste, è statisticamente poi portato, almeno sui grandi numeri, ad una certa ignoranza su d'una invece più reale, oggettiva e per questo molto più obbiettiva comprensione sui fatti.
Detto questo che è solo un mio ulteriore sviluppo partendo da un tuo iniziale pensiero, ho apprezzato questo tuo aforisma. Spesso come hai saputo ben descrivere basta un' intima semplice, ma veramente comprensiva e con cognizione di causa, negazione, anche taciuta verbalmente, piuttosto di mille e inutili sillogismi, violenze verbali o peggio ancora fisiche, prese di posizione più manifestate ed inutilmente spesso esposte a gran voce.
La mia riflessione è lunga tutta una vita, costruita di esperienze, consapevolezza, sapienza. Il dissenso, quello vero e ragionato, credo sia molto difficile da comprendere e raggiungere (soprattutto a livello di "karma" e gestione della rabbia) in quanto, spesso, è viziato da preconcetti e pregiudizi, intriso di odio e rabbia. Il mio, al contrario, è un vero dissenso silenzioso, costruito di ottime ragioni e basato sull'antiviolenza. Sarebbe stupido essere violenti con un mondo che è molto più violento di te, che ti mangia e ti sputa per poi raccoglierti e chiederti "ne hai abbastanza? Ora stai zitto?".
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Questo ultimo periodo per esempio, come poi sempre accade è già la prova lampante di ciò che sto cercando di esprimere, la gente come sempre si lascia prendere solo dalle proprie personali opinioni senza tenere conto di quanto queste siano state già a loro modo comunque pilotate o proferite non tanto da una propria reale comprensione dei fatti, ma da ciò che viene di volta in volta più comodo al nostro stesso porsi verso i fatti per non doversi mai fermare più di tanto tempo a riflettere sulle reali implicazioni di ciò che si viene così approssimativamente ad asserire senza nemmeno una reale cognizione di causa su ciò che si sta davvero dicendo o sostenendo a gran voce
Mi viene da ridere per esempio quando vedo i "pacifisti" scendere in piazza a protestare in realtà contro la loro stessa situazione di comodo presente, direttamente o indirettamente essa stessa vissuta e permessa a discapito di altri, dove però naturalmente essendo a nostro favore solo per questo è così percepita come un diritto inviolabile e anzi augurabile per tutti. Peccato che la nostra pace sia fondata appunto però proprio su guerre già passate o mantenuta oggi tale grazie anche a quelle presenti, da cui poi tutti noi anche se non direttamente in prima persona, ma come società strutturata traiamo profitto (pensiamo a tutte le guerre in Africa, alla vendita di armi interne da parte degli stati "pacifisti" occidentali, a quanto quel continente così ricco venga poi da tutti silenziosamente depredato e sfruttato sia socialmente che economicamente per un proprio fabbisogno, guadagno e sostentamento, il tutto poi esorcizzato da spot televisivi su cui gli stessi stati fanno poi leva al caritatevole stato di pena per un contributo privato da parte del cittadino) è posta su territori già acquisiti, quindi presi a nostra volta con la forza ad altri che ci hanno in passato storicamente preceduti, è basata sul mantenimento ed ampliamento costante della disuguaglianza sociale, cioè proprio su ciò a cui stiamo levando il nostro grido di protesta; e mi viene pertanto da ridere quando vedo i politici parlare e sviolinare sul trovare "soluzioni di pace". La gente non ha ancora nemmeno compreso che è il concetto stesso di "pace" che non esiste attribuibile o sovrapponibile, soprattutto non all'animale uomo. E così ci si illude, si pretende di porre o presupporre per tutti quello che in realtà non si è mai disposti noi stessi in primis a cedere, benefici, guadagni, possibilità ed occasioni. In una società impostata da una specie prettamente individualista chi più o chi meno, ma nessuno esente da questo fatto, vengono a meno i concetti morali di "giusto e sbagliato" diventano relativi semplicemente a favore o sfavore nostro, e quindi il concetto stesso di "pace" perde così ogni possibile senso, se non intriso fino al midollo da una mai poi così realmente affrontata, proclamata o discussa ipocrisia globale e globalizzata di fondo. Morale non serve, non è giustificabile pertanto né la violenza nel proporre, promuovere o imporre le proprie opinioni o idee, ma nemmeno però il nascondersi o illudersi sulle proprie radicate convinzioni fin troppo spesso poi pregne solo di ipocrisia nel volersi o doversi poi impegnare a mentire e a mentirsi anche solo per arrivare a potervi davvero credere o sperare, ma piuttosto consapevolezza del proprio stato, dei limiti, se così vogliamo chiamarli, intrinsechi all'uomo, limiti da accettare perché sono questi stessi che ci definiscono poi sia al meglio, sia al peggio di ciò che siamo. Una vera "pace" non fittizia, ma reale, porterebbe come diretta conseguenza alla fine dell' individualità, la fine dell' individualità porterebbe alla fine della propria consapevolezza, cioè ad abdicare totalmente dal nostro definirci e percepirsi come "IO" e non credo che sia questo che vogliamo per il nostro futuro, dato che è appunto la consapevolezza dell'IO a definirci come singole persone e quindi singole individualità. Bisogna pertanto prenderne semplicemente atto, non illudersi di poter o dover cambiare la nostra natura, ma piuttosto comprenderla per mitigare al meglio del nostro possibile i risvolti anche negativi che questa l'uno verso l'altro poi automaticamente comporta
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