Vendetta
Inviato: 09/09/2018, 15:27
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1978
Sergio era euforico. La scuola stava per finire e quel giorno era il suo compleanno. Immaginava che il regalo di Sofia fossero le scarpe da calcio che gli piacevano tanto. Di media statura, capelli neri che gli arrivavano alle spalle, teneva la sigaretta sempre in bocca. Spenta se era in classe, così poteva accenderla appena oltre la porta. Nessuno capiva come avesse fatto a mettersi con la più bella bionda della quinta B del liceo scientifico.
Nelle prime ore lei l’aveva ignorato. Quando suonò la campanella dell’ultima ora, tutti i ragazzi si diressero in palestra. Sergio si cambiò in fretta, uscendo dallo spogliatoio per primo. Gli altri arrivarono poco dopo, ma Sofia non c’era. Una ragazza disse qualcosa all’orecchio del professore e lui annuì.
Sergio si avvicinò e le chiese: – Sofia sta male?
– Cose da donne – rispose lei.
Sergio iniziò gli esercizi e non ci pensò più. Poco dopo un compagno di nome Valentino si fece male a un piede. Era un bel ragazzo, di buona famiglia, e Sergio lo invidiava sotto diversi aspetti. Il professore controllò che non fosse grave e gli accordò il permesso di tornare nello spogliatoio.
L’ora di ginnastica stava per finire. Due ragazze ridevano guardando lo spogliatoio. Sergio ebbe un dubbio che gli provocò una fitta allo stomaco. Si diresse verso lo spogliatoio, aprì la porta senza fare rumore e li vide. Valentino e Sofia. Avvinghiati con l’espressione di chi finalmente ottiene ciò che desidera. Sergio restò di sasso.
Valentino alzò lo sguardo e lo vide. Sergio immaginò che si sarebbe fermato, bofonchiando scuse banali, alle quali lui avrebbe prontamente creduto. Invece gli sorrise e continuò a baciare la ragazza. A un certo punto lei sospettò qualcosa, perché si girò. Sergio la guardò, aspettando spiegazioni, ma le parole che sentì lo ferirono ancora di più.
– È lui che amo. Mi sono messa con te solo per farlo ingelosire. Tu non hai creduto sul serio che ti amassi, vero?
– Io… perché no? Stavamo bene insieme.
– Era evidente che ti stavo usando. Infatti, ha funzionato.
– Dai Sergio, non te la prendere – disse Valentino. – Ti perdono per essere stato con la mia ragazza, ok?
– Possiamo rimanere amici – disse Sofia, dandogli una pacca sulle spalle. – Mi servono le tue traduzioni di inglese.
– Certo Sofia, amici – rispose lui, inebetito. – Amici come prima.
Nei giorni seguenti, Sergio non dimostrò alcun risentimento né verso Sofia, né verso Valentino. Sembrava aver superato l’accaduto alla grande.
Arrivò il giorno dell’ultimo compito di inglese. In quella materia Sofia aveva quattro e Valentino cinque. Anche Sergio non era granché, ma lui aveva trovato il modo di risolvere il problema. Riusciva a correggere il compito dopo averlo consegnato alla professoressa, perché lei non li portava a casa. Li conservava nel suo armadietto, nella sala dei professori, e li correggeva nelle ore in cui non aveva lezione.
Quella mattina la vecchia professoressa entrò in classe e distribuì i compiti. Il suo volto era minaccioso come al solito. Si mormorava che avesse fatto sospendere un ragazzo solo perché gli aveva trovato un foglietto. Al termine dell’ora, la donna ritirò i compiti e si diresse verso la sala dei professori. Quando suonò l'ultima campana, Sergio andò in bagno e girò la maniglia di una finestra, lasciandola accostata. Era incastrata e si apriva a fatica. A un controllo superficiale, anche così sembrava chiusa ermeticamente.
Quella sera Sergio andò a giocare a flipper nel bar a un isolato dalla scuola. A mezzanotte fece uno sbadiglio e s’incamminò verso casa. Quando passò davanti alla scuola, si guardò intorno. La strada era deserta. In un attimo scavalcò il cancello. Un cane lo sentì e iniziò ad abbaiare. Col cuore in gola, Sergio si precipitò verso la finestra del bagno. La spinse con forza e quella si aprì! Scavalcò con un balzo il davanzale e fu dentro. Richiuse la finestra e si diresse a passi felpati verso la sala professori. Aspettò che gli occhi si abituassero all’oscurità e raggiunse l’armadietto con i compiti di inglese. Era chiuso a chiave. Molti docenti lasciavano la chiave nella serratura, ma non la megera. Quella del professore di scienze, per esempio, c’era sempre ed era identica. La prese e la usò. Poi afferrò il pacco dei compiti e si stese sul pavimento. Trovò il suo e corresse tre errori, in modo da arrivare a prendere almeno sette. Non li correggeva mai tutti, per evitare sospetti. Chi merita cinque o sei, non può fare un compito perfetto. Poi prese i compiti di Sofia e di Valentino e corresse tutti gli errori imitando la loro calligrafia. Adesso era impossibile assegnare a loro una votazione inferiore a nove. Alla fine Sergio chiuse l’armadietto, ma non rimise a posto la chiave che aveva usato per aprirlo. Invece di uscire, fece poi una corsa fino in palestra. Localizzò l’armadietto di Valentino e fece scivolare al suo interno una bustina di LSD, acquistata il giorno prima. La stessa cosa fece con l’armadietto di Sofia. Poi tornò in bagno e uscì dalla finestra, che lasciò accostata.
Il giorno dopo, durante la terza ora, la porta si spalancò con violenza. I ragazzi videro entrare il preside, seguito dalla professoressa di inglese e da un bidello. Il preside calmò l’improvviso brusio con una mano e disse: – Valentino Rimondi e Sofia Baletti si alzino in piedi.
I due ragazzi si guardarono in faccia l’un l’altro ed eseguirono la richiesta. Il preside li fissò, accigliato. – Seguitemi! – disse.
Quando furono tutti in presidenza, fece sedere i ragazzi, poi prese dei documenti dalla scrivania e disse: – Voi avete l’insufficienza in inglese, ma i compiti che avete fatto ieri sono perfetti. Come lo spiegate?
I ragazzi non capivano quello che stava succedendo e rimasero in silenzio, allibiti.
– Abbiamo trovato una chiave falsa nell’armadietto della professoressa e una finestra aperta. Siete entrati di nascosto questa notte e avete corretto i compiti!
Valentino, di fronte ad accuse così precise e assurde, trovò la forza di dire: – Non siamo stati noi.
Sofia si mise a piangere. Qualcuno bussò. Il bidello aprì la porta ed entrò un secondo bidello. Aveva due bustine in mano. Le consegnò al preside e gli sussurrò qualcosa in un orecchio.
– Siete anche degli spacciatori? – urlò il preside, incredulo.
I ragazzi furono espulsi. Evitarono la prigione solo perché non c’erano prove che fossero stati proprio loro a commettere i reati di cui erano accusati. La notizia finì su tutti i giornali.
2018
– Come si sente, figliolo?
– Non ci vedo, lei è un prete? Che cosa è successo?
– Ha avuto un incidente. La sua auto si è ribaltata ed è stato sbalzato fuori, finendo contro il filo spinato di questo campo.
– Mi fa male lo stomaco.
– Una delle sbarre di sostegno le è entrata nell’addome, purtroppo, e sta perdendo molto sangue.
– Perché non ci vedo? È tutto annebbiato.
– Può capitare quando si prende un forte colpo in testa.
– Se sto morendo, voglio confessarmi.
– Veramente io...
– Lei non può rifiutarsi, padre! Quarant’anni fa ho commesso un’azione molto cattiva nei confronti di due miei compagni e voglio chiedere perdono a Dio.
Sergio, perché di lui si trattava, raccontò all’uomo che lo aveva soccorso tutto quello che aveva fatto ai tempi della scuola.
– Non ho saputo più nulla di loro, ma sono pentito, padre. Mi dia l’assoluzione.
– Non posso dartela, Sergio, mi dispiace.
– Perché non può? Lei deve darmela, sono pentito!
– Per Sofia, essere espulsa e finire sui giornali con l’accusa di spacciare droga fu un colpo durissimo. Cominciò a prendere dei sonniferi, finché un giorno... ne prese troppi e non si svegliò più. Aveva solo vent’anni.
A quelle parole Sergio si coprì il volto, singhiozzando.
– Mi dispiace, mi dispiace tanto... se solo avessi immaginato... Ma lei come fa a sapere queste cose? E come fa a sapere il mio nome?
– Davvero non hai capito?
– Non è possibile! Tu... tu sei Valentino!
– Siamo stati sposati per sei mesi prima della tragedia. Io non sono un prete, sono un medico.
– Valentino... perdonami Valentino, sono pentito. I soccorsi stanno arrivando? Hai chiamato l’ambulanza, vero?
– Sono io l’ambulanza e sto già compilando la tua scheda.
Ora dell’incidente: 22:30.
Ora del decesso...