Lettera a Giovanni
Inviato: 30/09/2018, 18:46
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
[b]"Apri le braccia, apri le braccia, il fiore di roccia nel tuo cuore libera amore."[/b]
Oggi hanno crocifisso Giovanni. Sono stordito, mi sento male.
Tutto mi aspettavo, ma non questo.
Una persona così disponibile e rispettabile inchiodata al muro.
Lo conoscevo da anni. Padrone e gestore della “Taverna della croce”, era una persona come poche ne esistono al giorno d’oggi.
Una di quelle che una volta incontravi ovunque e che invece, di questi tempi, non si trovano facilmente.
Giovanni, anima libera, che ti hanno fatto?
Ti hanno appeso al muro perché eri dolce?
Dava fastidio quella tua bontà, la voglia d’amore, la disponibilità?
Sì, probabilmente dava fastidio, disturbava la mente e il cuore di qualcuno, invidioso poiché incapace di capire.
Porco giuda, Giovanni, quante volte abbiamo brindato insieme?
Quante volte ci siamo sbattuti l’anima e il corpo per divertirci, ridere, scherzare…
Quante volte hai alzato le braccia per dire: basta, calmiamoci!
Te le hanno fatte alzare ancora una volta quelle braccia, ma tu non sapevi che sarebbe stata l’ultima.
Mi sembra di aver vissuto una vita intera, ma cos’è una vita?
Ho da poco passato da poco i trenta e mi sento vecchio, come se oramai il tempo avesse valore solo in certi momenti, quei momenti che poi non riesci a rivivere perché unici, irripetibili, anche se ogni volta hai l’impressione possa essere meglio.
Ho passato i trenta e, a tratti, ho pena di me stesso. Soprattutto quando sono solo e pieno di quel vino schifoso che ingurgito ogni qualvolta mi reco nelle taverne di basso rango, le mie taverne, per il solo gusto di bere e non poter così pensare.
Cos’è la vita?
Cos’era la vita, Giovanni? Era trascinarsi?
No, per te era una gioia, per questo te l’hanno tolta.
So che siamo in un mondo di merda, fatto di violenze e soprusi. Io stesso contribuisco a tutto questo, vendendomi a chi paga meglio per le mie prestazioni, ma un onore ancora ce l’ho, e fino a che mi sarà possibile cercherò di mantenerlo. Non fosse altro che per fottere nell’anima chi lo nega, chi ti ha fatto fuori.
Non sono un assassino, non lo sono mai stato. Ti vendicherò in modo diverso, strano, ma tu capirai.
Sai, Giovanni, ogni volta che entravo nella tua taverna mi si apriva il cuore.
Sapevo che ne sarei uscito a pezzi, ubriaco e massacrato, però vedevo il tuo viso sempre sorridente e questo già mi bastava come consolazione per tutto ciò che sarebbe accaduto in seguito. Tu ridevi sempre, qualsiasi cosa accadesse. Io non ne ero capace, ma vederlo fare a te mi aiutava immensamente.
Non te l’ho mai detto, ma in un certo senso ti ho amato. Anche se non so bene cosa significhi, lo sento dentro.
«Alza le braccia, Giovanni, alza le braccia» ti hanno detto.
E tu l’hai fatto, come mille altre volte, inconsapevole di quello che stava per accadere. Ho saputo che ti hanno preso in tre, e mentre due te le tenevano in alto, il terzo ha cominciato a inchiodarti al muro.
Il sorriso è diventato un urlo disperato, una richiesta d’aiuto, ma nessuno ha voluto ascoltare.
E l’urlo è continuato fino a quando uno di loro ti ha tagliato la gola, soffocando il respiro del tuo corpo, senza sapere di liberare quello dell’anima.
Quando ti ho visto sono rimasto di pietra.
Per un attimo, mi è salita una risata: il taglio alla gola sembrava la tua bocca sorridente.
Sotto, però, scendevano le righe rosso scuro del sangue ormai rappreso, essiccato, e la risata è morta.
È salito il pianto, poi la rabbia, e poi ancora… non lo so. Non so cosa sia arrivato alla fine, so che stavo male e per un momento avrei voluto uccidere tutti quelli che incontravo.
Porca puttana, Giovanni! Perché ti sei fatto ammazzare?
Perché non hai reagito, tirato un calcio in faccia a chi stava per inchiodarti al muro?
E come hai fatto a non accorgertene prima? Eri così idiota, così imbecille da non vedere un nemico?
No, scusa, Giovanni, scusa, la rabbia mi sta facendo dire cattiverie.
So che non è colpa tua, so che erano loro a sentirsi derisi, quasi irrisi dalla tua gioia di vivere, dalla tua accettazione di ogni cosa portata dall’esistenza, fosse un bicchiere di vino, un bacio o un ceffone.
Mi hai sempre detto di prendere ogni cosa col sorriso sulle labbra, perché la vita ti dà tutto quello di cui hai bisogno, basta essere attenti e saper cogliere i frutti nei momenti giusti, né prima né dopo.
Non l’avevo capito, Giovanni, lo sto capendo ora. Mentre ti scrivo queste parole che forse troverai senza senso o senza logica, mi sono accorto di essere intriso del tuo amore, quello più puro e naturale, che mi hai trasmesso con gli sguardi e i comportamenti, con quei tuoi detti che definivo insensati e illogici, che spesso mi hanno fatto arrabbiare, ma che ora afferro.
Ti hanno crocifisso, Giovanni, non ti hanno ucciso.
n.d.a. questa “confessione” è ambientata in un tempo e in luogo indefiniti. Potrebbe essere la zona di qualche porto commerciale agli inizi del secolo scorso, o qualche altro posto nel settecento, ottocento. Ciò non ha importanza alcuna, il lettore può collocare il tutto dove gli pare, quello che conta è il senso che voglio dare alla storia, positiva nonostante alcune scene o descrizioni violente, sperando che possa essere compreso.
La frase di apertura è tratta da una canzone di Fossati e Prudente, dal titolo "Apri le braccia". L'album è "Poco prima dell'aurora".