Buon 1945!
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Buon 1945!
Era stanca, ma non riusciva a dormire.
Senza togliere l’uniforme da crocerossina, si era stesa un attimo e aveva chiuso gli occhi, ma i rumori si sentivano ancora meglio. Se ne stava immobile ascoltando il cigolio delle brande al di là della tenda, i passi, i mormorii, i lamenti, e quel sordo riecheggiare di colpi sulla linea dei combattimenti.
“A che serve curare questi soldati” pensò, “disinfettare le ferite, cucire gli squarci? A che serve se poi li rimandano laggiù?”
Alzò il braccio posando il dorso della mano sulla fronte e osservò il soffitto della tenda e l'incrocio dei pali che la sostenevano. L’odore delle medicine e dell'etere si mescolava a quello del sangue e impregnava le cose e le persone. Sentì che aveva ricominciato a piovere e pensò ai soldati fuori, nel fango.
Si alzò e tornò dall'altra parte; avrebbe dormito più tardi, quando e se le fosse venuto sonno.
Non appena videro la sua ombra aggirarsi tra le brande, i mormorii divennero più distinti.
– Infermiera, ho sete...
– Infermiera, la morfina...
– Infermiera, per favore...
Passò da una branda all'altra, distribuendo piccoli sorrisi di routine, mentre le dita esaminavano bende, lacerazioni e ustioni. “È tutto in ordine” pensava, concentrandosi come sempre sulle ferite e non sugli esseri umani.
Come avrebbe potuto sopportarne i lamenti se li pensava come uomini, nella loro vita di tutti i giorni, accanto alle loro donne e ai figli? Non erano uomini come suo padre, non erano ragazzi come suo fratello.
Forse era stata anche troppo in prima linea, doveva chiedere il trasferimento in un ospedale di città, più attrezzato, o in uno al mare, dove i feriti, in convalescenza, passavano le giornate al sole, dove l’odore della guerra non arrivava a tradimento tra la polvere e la pioggia.
– Ci mandano un convoglio, finalmente! – disse il medico – Trasferiremo i malati che sono in grado di viaggiare, questo ospedale da campo non è più sicuro.
La linea del fronte si era fatta più vicina, il rumore dei colpi si sentiva bene nonostante il frenetico vociare, gli ordini gridati, l'infinito sferragliare di oggetti metallici, il trepestio dei passi risucchiati dal fango e l'andirivieni tra i camion bianchi con l'enorme croce rossa.
Mentre finivano di sistemare le barelle, tornò dentro e vide il cappellano che dava l'estrema unzione al ragazzo nell'angolo. Con le ferite che si ritrovava, non sarebbe dovuto arrivare fino a quel mattino, invece era ancora vivo e non era un bene perché così il viaggio per lui sarebbe stato un supplizio.
Intanto che il cappellano finiva, preparò l'iniezione di morfina. Girando la testa fasciata il ragazzo si accorse di essere l'ultimo rimasto.
– Non lasciatemi qui, a morire da solo – singhiozzò.
– Non lasceremo indietro nessuno, soldato. – disse lei. Fece l'iniezione, poi si spostò per lasciare spazio ai barellieri.
Il soldato sopravvisse al viaggio. Arrivò nel grande ospedale, tranquillo ed efficiente, e quando lo misero in quel letto comodo e pulito, vicino a una finestra da dove avrebbe potuto vedere il cielo, si sentì quasi più vicino a casa, abbassò la guardia e la vita lo tradì.
Intontito dalla morfina, strinse piano la mano dell’infermiera, la chiamò “mamma”, come faceva la maggior parte di loro prima di morire, e se ne volò via prima dell’alba, portandosi via i suoi sogni, i suoi progetti, le sue speranze e la sua voglia di cambiare il mondo.
Sul registro, accanto al nome, l’infermiera scrisse la data del decesso: 31 dicembre 1944.
Fuori aveva cominciato a nevicare.
Senza togliere l’uniforme da crocerossina, si era stesa un attimo e aveva chiuso gli occhi, ma i rumori si sentivano ancora meglio. Se ne stava immobile ascoltando il cigolio delle brande al di là della tenda, i passi, i mormorii, i lamenti, e quel sordo riecheggiare di colpi sulla linea dei combattimenti.
“A che serve curare questi soldati” pensò, “disinfettare le ferite, cucire gli squarci? A che serve se poi li rimandano laggiù?”
Alzò il braccio posando il dorso della mano sulla fronte e osservò il soffitto della tenda e l'incrocio dei pali che la sostenevano. L’odore delle medicine e dell'etere si mescolava a quello del sangue e impregnava le cose e le persone. Sentì che aveva ricominciato a piovere e pensò ai soldati fuori, nel fango.
Si alzò e tornò dall'altra parte; avrebbe dormito più tardi, quando e se le fosse venuto sonno.
Non appena videro la sua ombra aggirarsi tra le brande, i mormorii divennero più distinti.
– Infermiera, ho sete...
– Infermiera, la morfina...
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Passò da una branda all'altra, distribuendo piccoli sorrisi di routine, mentre le dita esaminavano bende, lacerazioni e ustioni. “È tutto in ordine” pensava, concentrandosi come sempre sulle ferite e non sugli esseri umani.
Come avrebbe potuto sopportarne i lamenti se li pensava come uomini, nella loro vita di tutti i giorni, accanto alle loro donne e ai figli? Non erano uomini come suo padre, non erano ragazzi come suo fratello.
Forse era stata anche troppo in prima linea, doveva chiedere il trasferimento in un ospedale di città, più attrezzato, o in uno al mare, dove i feriti, in convalescenza, passavano le giornate al sole, dove l’odore della guerra non arrivava a tradimento tra la polvere e la pioggia.
– Ci mandano un convoglio, finalmente! – disse il medico – Trasferiremo i malati che sono in grado di viaggiare, questo ospedale da campo non è più sicuro.
La linea del fronte si era fatta più vicina, il rumore dei colpi si sentiva bene nonostante il frenetico vociare, gli ordini gridati, l'infinito sferragliare di oggetti metallici, il trepestio dei passi risucchiati dal fango e l'andirivieni tra i camion bianchi con l'enorme croce rossa.
Mentre finivano di sistemare le barelle, tornò dentro e vide il cappellano che dava l'estrema unzione al ragazzo nell'angolo. Con le ferite che si ritrovava, non sarebbe dovuto arrivare fino a quel mattino, invece era ancora vivo e non era un bene perché così il viaggio per lui sarebbe stato un supplizio.
Intanto che il cappellano finiva, preparò l'iniezione di morfina. Girando la testa fasciata il ragazzo si accorse di essere l'ultimo rimasto.
– Non lasciatemi qui, a morire da solo – singhiozzò.
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Intontito dalla morfina, strinse piano la mano dell’infermiera, la chiamò “mamma”, come faceva la maggior parte di loro prima di morire, e se ne volò via prima dell’alba, portandosi via i suoi sogni, i suoi progetti, le sue speranze e la sua voglia di cambiare il mondo.
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E' molto tenero e triste questo racconto. Parla di una realtà avvenuta anche qui da noi, durante la seconda guerra mondiale, e sembra un fatto tanto lontano... Ma lontano non è, perchè purtroppo nel mondo le guerre si susseguono con orrore e ferocia, e per sopravvivere a certe mostruosità occorre concentrarsi solo sui "pezzi" degli uomini, sulle loro ferite e lacerazioni, cercando di dimenticare che appartengono a uomini interi. E' l'unico meccanismo di difesa da attuare per non impazzire: come ha fatto l'infermiera del racconto, molto ben narrato da Ida.
- Isabella Galeotti
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Storia raccontata divinamente. Per 5 minuti ero anch'io lì con la crocerossina che cuciva, consolava i malati e accompagnava gli ultimi istanti di quegli uomini che hanno combattuto. Era stanca di vedere tutto quel sangue, e le sarebbe piacuto fare l'infermiera in un bel ospedale più organizzato. Veramente toccante, questa esperienza è di centinaia di crocerossine che hanno vissuto questa esperienza in prima persona.
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Re: Buon 1945!
@ Isabella
Grazie per il tuo bel commento, sono lieta che ti sia piaciuto.
@ Colosio Giacomo
Grazie per le belle parole e i preziosi suggerimenti.
"Trepestio" mi piace come suono ma anche perché mi dà l'idea di diverse andature scoordinate rispetto a "calpestio".
Invece "Qualche" lo tolgo perché hai ragione, sta male nella frase.
Ti ringrazio per la tua attenzione
Grazie per il tuo bel commento, sono lieta che ti sia piaciuto.
@ Colosio Giacomo
Grazie per le belle parole e i preziosi suggerimenti.
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Commento
È un ottimo racconto, e mi sembra soprattutto diverso dal solito, in senso buono. L'ho trovato meno lirico, ma molto più incisivo, onesto e reale. Pur non essendo un metodo che utilizzerei, inoltre, ho particolarmente apprezzato il fatto che non venga specificato chi sta combattendo chi, né dove. C'è solo il dramma di un'infermiera di guerra e dei moribondi che accudisce.
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- Foglio bianco
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Re: Commento
COMMENTO: non amo i racconti di guerra (mi basta il tg) cmq scritto bene, è breve (è un complimento), bella la fine; belle le ultime 10 righe
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- Sommelier letterario
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Re: Buon 1945!
@ Laura Traverso
Mi hai commentata per prima e ho dimenticato di ringraziarti, scusami
@ Draper
Grazie della stima, un commento gradito.
@ Francesca Facoetti
Grazie per l'apprezzamento
Mi hai commentata per prima e ho dimenticato di ringraziarti, scusami

@ Draper
Grazie della stima, un commento gradito.
@ Francesca Facoetti
Grazie per l'apprezzamento



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Re: Buon 1945!
Ma ci mancherebbe Ida, grazie comunque per la gentilezza.Ida Dainese ha scritto: ↑12/01/2019, 15:09@ Laura Traverso
Mi hai commentata per prima e ho dimenticato di ringraziarti, scusami
@ Draper
Grazie della stima, un commento gradito.
@ Francesca Facoetti
Grazie per l'apprezzamento![]()

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- Foglio bianco
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Questo racconto mi ha colpito perché, nonostante la brevità, riesce a rappresentare in maniera esaustiva il dramma di due vite che si incrociano, che poi è il dramma dell'umanità intera. Il dolore dell'infermiera arriva dritto al cuore, nella sua intensità ed impotenza, divenendo il dolore del lettore che percepisce appieno la tragedia che si sta consumando, all'alba di un nuovo anno.
Pulito ed incisivo lo stile di scrittura.
Piaciuto molto.
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Re: Buon 1945!
Grazie Paola. Sì, più che una storia di guerra è una storia di dolore che a volte è troppo da sopportare.


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Anzitutto ho imparato una nuova parola, "trepestio"
Adoro questi termini un po' antichi, soprattutto quando contribuiscono a immergersi nelle atmosfere dell'epoca in cui è ambientata la storia.
Le abilità di scrittrice di Ida sono fuori discussione e come sempre posso apprezzare la qualità della forma. Le vicende sono presentate con tatto, puntando l'obiettivo sulla grande umanità di coloro che sono riusciti a rendere meno bestiale il bagno di sangue della seconda guerra mondiale. Ricordandoci, nell'ultimo passaggio, quanto sia orrendo strappare con violenza un giovane alla vita, dilaniando tutti i suoi progetti per un fine che non varrà mai il prezzo del sangue.
Complimenti

Le abilità di scrittrice di Ida sono fuori discussione e come sempre posso apprezzare la qualità della forma. Le vicende sono presentate con tatto, puntando l'obiettivo sulla grande umanità di coloro che sono riusciti a rendere meno bestiale il bagno di sangue della seconda guerra mondiale. Ricordandoci, nell'ultimo passaggio, quanto sia orrendo strappare con violenza un giovane alla vita, dilaniando tutti i suoi progetti per un fine che non varrà mai il prezzo del sangue.
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Re: Buon 1945!
Grazie Gabriele, sei molto gentile.
Hai centrato il punto, c'è un po' di bene in mezzo al male, c'è il dolore di un prezzo da pagare.
Hai centrato il punto, c'è un po' di bene in mezzo al male, c'è il dolore di un prezzo da pagare.


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“A che serve se poi li rimandano laggiù?” C’è tutto l’orrore e la stupidità della guerra in questa frase, guerra che nonostante tutto rimane sullo sfondo. In primo piano c’è il dramma di chi ha a che fare con il dolore e la sofferenza, di chi deve trovare un suo metodo per conviverci, sempre in equilibrio fra distacco e empatia, per non farsi travolgere dallo sconforto. Ben scritto, dato l’argomento poteva diventare retorico e invece è rigoroso e toccante. Brava Ida, come sempre.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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- Daniele Missiroli
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Idea: Buona la contrapposizione fra il nuovo anno che nasce e la fine di una vita.
Trama: Una ragazza svolge il ruolo di infermiera al fronte, ma non si limita solo a curare i feriti.
Personaggi: L'infermiera è tratteggiata bene. Il soldato di meno, ma è di supporto a lei, come tutta l'ambientazione, e ci sta.
Argomento: La guerra narrata in poche righe, pur descrivendo solo i suoi effetti.
Lettura: Scivola lineare dall'inizio alla fine, complice una prosa delicata e sfumata.
Grammatica e Sintassi: aggiungerei una virgola e toglierei un punto.
Girando la testa fasciata, il ragazzo si accorse di essere l'ultimo rimasto.
– Non lasceremo indietro nessuno, soldato – disse lei.
trepestio (bella: ho imparato una parola nuova, grazie Ida).
Giudizio: Un racconto aggraziato che tocca temi importanti in modo sensibile.
Le frasi migliori:
distribuendo piccoli sorrisi di routine
abbassò la guardia e la vita lo tradì
Trama: Una ragazza svolge il ruolo di infermiera al fronte, ma non si limita solo a curare i feriti.
Personaggi: L'infermiera è tratteggiata bene. Il soldato di meno, ma è di supporto a lei, come tutta l'ambientazione, e ci sta.
Argomento: La guerra narrata in poche righe, pur descrivendo solo i suoi effetti.
Lettura: Scivola lineare dall'inizio alla fine, complice una prosa delicata e sfumata.
Grammatica e Sintassi: aggiungerei una virgola e toglierei un punto.
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Re: Buon 1945!
@ Roberto
Grazie per la tua stima
@ Daniele
Grazie per la tua lettura accurata, per i suggerimenti e per aver segnalato i punti migliori.
@ Jazz Writer
Intanto benvenuto, poi bravo per aver colto il "protagonista" della storia. Il tuo commento mi piace tanto.
Grazie per la tua stima

@ Daniele
Grazie per la tua lettura accurata, per i suggerimenti e per aver segnalato i punti migliori.
@ Jazz Writer
Intanto benvenuto, poi bravo per aver colto il "protagonista" della storia. Il tuo commento mi piace tanto.



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Bellissimo! Toccante! Io ero lì, tra quelle brande mentre ti leggevo. Ero accanto all' infermiera, anzi, io ero l' infermiera. Sono riuscita ad immedesimarmi, a provare i suoi stessi sentimenti, le sue stesse emozioni, l' amarezza, la rassegnazione. Ti dirò di più (sarà che sono sensibile) gli occhi mi si sono inumiditi e un sospiro letta l' ultima parola mi è uscito incontrollato dalla bocca. Bravissima!
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Re: Buon 1945!
Grazie Carol per la tua sensibilità. Mi hai fatto felice. 



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Ottimo racconto, è facile nel leggerlo immedesimarsi nella protagonista che, per sopravvivere agli orrori della guerra, cerca di pensare al lavoro e non che quelli che attorno a lei soffrono sono uomini come potrebbero essere suo padre o suo fratello (ma si capisce che in fondo non ci riesce). Forse sarebbe stato più corretto ambientarlo nella prima guerra mondiale, dove il fronte era più chiaro e distinto e le tendopoli, adibite ad ospedali militari, erano una presenza probabilmente più significativa ma questa è una mia personale impressione che non varia certo il giudizio del racconto.
Ultima modifica di Angelo Ciola il 10/02/2019, 13:21, modificato 1 volta in totale.
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Re: Buon 1945!
Grazie Angelo per la tua lettura e la tua osservazione. L'ambientazione riferita alla seconda guerra mondiale è solo dovuta al film che mi ha ispirato il racconto, dove, tra l'altro, crocerossine e soldati erano americani. Ho cercato di non entrare in dettaglio perché la mia conoscenza storica è modesta. 



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bella e triste storia, intrisa di dolore e rabbia soffocata, che trasmette comunque una soffusa speranza.
splendido il dilemma interiore dell'infermiera, al contempo terribile. la si senta quasi dilaniarsi, anche se alla fine cede alla parte positiva e continua il suo lavoro come e più di prima.
bella anche la scena del soldato che se ne va appena si sente al sicuro.
brava.
splendido il dilemma interiore dell'infermiera, al contempo terribile. la si senta quasi dilaniarsi, anche se alla fine cede alla parte positiva e continua il suo lavoro come e più di prima.
bella anche la scena del soldato che se ne va appena si sente al sicuro.
brava.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

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- Fabrizio Bonati
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Bella l'idea e bella la storia, in poche parole sei riuscita a farmi venire i lucciconi agli occhi, pensando a quel ragazzo, quando "la vita lo tradì". Ottimo racconto, scritto bene. Io la parola "trepestìo" la conoscevo, anche se ero convinto fosse "trApestìo", ma sono quisquilie. Ida è una garanzia, Brava.
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Racconto scritto con cura, argomento trattato con insolita levità, che è riuscito a far vibrare le corde non molto accordate della mia emotività, almeno in parte.
Almeno in parte perché qualcosa nell'ambientazione storica non quadra. Quello delle crocerossine è oggi un corpo di infermiere volontarie inquadrate nell'Esercito Italiano. A quella data, il 31 dicembre del '44, nel Regio Esercito, o in quello che ne rimaneva dopo l'otto settembre. Infatti il Regio Esercito combatté molto sporadicamente dopo l'armistizio, e in territorio italiano, e francamente dopo la disfatta non so dirti se al suo seguito il corpo delle crocerossine abbia continuato a funzionare.
Inoltre:
"doveva chiedere il trasferimento in un ospedale di città, più attrezzato, o in uno al mare...
Arrivò nel grande ospedale, tranquillo ed efficiente, e quando lo misero in quel letto comodo e pulito, vicino a una finestra da dove avrebbe potuto vedere il cielo, si sentì quasi più vicino a casa, abbassò la guardia e la vita lo tradì."
Entrambi i periodi fanno intendere l'esistenza di un fronte e di retrovie più tranquille, dove la protagonista prevede di poter trovare città funzionanti e ospedali ancora efficienti.
Ahimè, in quella data l'Europa era un cumulo di macerie, gran parte delle città era andata distrutta e tra il fronte e le retrovie non v'era poi tanta differenza.
Insomma, il fronte era ovunque e l'infermiera non sembrava tanto ingenua o sprovveduta da poter pensare il contrario.
Ben diversa la situazione durante la Grande Guerra. In quel contesto le osservazioni della crocerossina avrebbero avuto un senso.
Di conseguenza, quando si decide di calarsi in un periodo non contemporaneo, io consiglio sempre una buona dose di ricerca.
Franz Zeise scrisse L'Armada dopo una vita di letture e di ricerche trascorsa intorno a un singolo evento storico.
Ultima considerazione, più leggera.
“A che serve curare questi soldati” pensò, “disinfettare le ferite, cucire gli squarci? A che serve se poi li rimandano laggiù?”
A che servono le virgolette con quel pensò che dice già tutto?
Almeno in parte perché qualcosa nell'ambientazione storica non quadra. Quello delle crocerossine è oggi un corpo di infermiere volontarie inquadrate nell'Esercito Italiano. A quella data, il 31 dicembre del '44, nel Regio Esercito, o in quello che ne rimaneva dopo l'otto settembre. Infatti il Regio Esercito combatté molto sporadicamente dopo l'armistizio, e in territorio italiano, e francamente dopo la disfatta non so dirti se al suo seguito il corpo delle crocerossine abbia continuato a funzionare.
Inoltre:
"doveva chiedere il trasferimento in un ospedale di città, più attrezzato, o in uno al mare...
Arrivò nel grande ospedale, tranquillo ed efficiente, e quando lo misero in quel letto comodo e pulito, vicino a una finestra da dove avrebbe potuto vedere il cielo, si sentì quasi più vicino a casa, abbassò la guardia e la vita lo tradì."
Entrambi i periodi fanno intendere l'esistenza di un fronte e di retrovie più tranquille, dove la protagonista prevede di poter trovare città funzionanti e ospedali ancora efficienti.
Ahimè, in quella data l'Europa era un cumulo di macerie, gran parte delle città era andata distrutta e tra il fronte e le retrovie non v'era poi tanta differenza.
Insomma, il fronte era ovunque e l'infermiera non sembrava tanto ingenua o sprovveduta da poter pensare il contrario.
Ben diversa la situazione durante la Grande Guerra. In quel contesto le osservazioni della crocerossina avrebbero avuto un senso.
Di conseguenza, quando si decide di calarsi in un periodo non contemporaneo, io consiglio sempre una buona dose di ricerca.
Franz Zeise scrisse L'Armada dopo una vita di letture e di ricerche trascorsa intorno a un singolo evento storico.
Ultima considerazione, più leggera.
“A che serve curare questi soldati” pensò, “disinfettare le ferite, cucire gli squarci? A che serve se poi li rimandano laggiù?”
A che servono le virgolette con quel pensò che dice già tutto?
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Re: Buon 1945!
@ Fabrizio
Grazie per il bel commento.
@ Namio
Grazie per l'attenta lettura, le informazioni storiche e i suggerimenti. Grazie per il tempo che mi hai dedicato.
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Fungo più, fungo meno...
Nessuno li ha mai raccontati in maniera avvincente.
Nota: questo libro non è derivato dai nostri concorsi ma ne abbiamo curato l'editing e la diffusione per conto dell'autore che ha ceduto le royalty all'Associazione culturale.
Cosa può accadere se una élite di persone geneticamente Migliore si accorge di non essere così perfetta come crede?
Una breve storia di Fantascienza scritta da Carlo Celenza, Ida Dainese, Lodovico Ferrari, Massimo Baglione e Tullio Aragona.
Una breve storia di Fantascienza scritta da Carlo Celenza, Ida Dainese, Lodovico Ferrari, Massimo Baglione e Tullio Aragona.

A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
Contiene opere di: Chiara Masiero, Mauro Cancian, Stefania Fiorin, Anna Rita Foschini, Ida Dainese, Alberto Tivoli, Marina Paolucci, Maria Rosaria Spirito, Marina Den Lille Havfrue, Cristina Giuntini, David Bergamaschi, Giuseppe Gallato, Maria Elena Lorefice.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
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Human Takeaway
(english version)
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What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
(settembre 2010, 54 pagine, 842,16 KB)
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La Gara 70 - Troppo tardi
(aprile 2018, 20 pagine, 663,34 KB)
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La Gara 13 - Per modo di dire
(maggio 2010, 64 pagine, 857,12 KB)
Autori partecipanti: Stefy71, Bonnie, Magasulla, Ser Stefano, GiuseppeN, Vit, Manuela, Vecchiaziapatty, Carlocelenza, Lunanera, Mastronxo, Arianna, Gigliola, Giacomo Scotti, Alessandro Napolitano, Lucia Manna, Michele, Macripa,
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