Svaso di Pandora: parte prima 1) La scoperta
Inviato: 29/05/2019, 16:48
Tutto ebbe principio tra i muri d’un laboratorio di salagione delle acciughe in una strategica località marittima situata in nord Italia.
Era questa una città speciale, incastonata come una perla in un anfiteatro d'acqua al centro d’un profondo golfo naturale, ribattezzato Golfo dei Poeti, accerchiato da magnifica terra, di tal splendore che nel corso dei secoli folgorò più d’un vate.
La particolare conformazione del golfo, ben riparato dalla furia delle mareggiate, parimenti che dagli attacchi nemici, volle che questo luogo incantato fosse culla d’uno dei maggiori porti mercantili del Mediterraneo, oltre d’un grande arsenale militare di strategica importanza.
Da questi luoghi, uomini fedeli ad una lunga tradizione, rispettosi d’un immortale codice d’onore prendevano, prendono e così in futuro ancora prenderanno mare per navigare verso eroiche missioni, che nessun mortale, non appartenente a questa specie d’uomo, mai avrebbe l’ardire d’affrontare.
Son costoro valorosi operatori dotati di gran forza vitale e fisica, forgiati con provate procedure, dotati nei secoli di moderne e geniali armi ed invenzioni da loro stessi messe a punto ed ideate. Ivi, in queste terre, sempre fan ritorno, al termine d’ogni missione o della vita stessa, ed ancor oltre, cosi come quel vate antico descriveva le lor occupazioni con dovizia, riferito a quei che avean già raggiunto i campi elisi:
“Qui un cielo più ampio avvolge in una luce purpurea i campi che hanno un sole proprio e proprie stelle.
Parte esercitano le membra in palestre erbose, gareggiano nel gioco e lottano sulla fulva arena; parte ritmano danze coi piedi e recitano versi.
Qui l'antica stirpe di Teucro, prole bellissima, magnanimi eroi, nati in anni migliori, Ilo, Assaraco e Dardano fondatore di Troia.
Ammira le armi in disparte e i vuoti carri degli eroi.
A terra stanno piantate le lance e cavalli senza briglia pascolano qua e là per il campo.
L'amore che ebbero da vivi per i carri e le armi, la cura nell'allevare splendenti cavalli ora li segue anche sottoterra.
Ecco, a destra e a sinistra ne vede altri che banchettano sull'erba e cantano in coro un lieto peana in mezzo a un odoroso bosco di alloro, dal quale scorre abbondante il fiume Eridano, arrivando fin sulla terra.”
In questa città vivace e laboriosa si svilupparono molteplici attività, di cui molte sconosciute, causa la segretezza ed il mistero nel quale per ovvie ragioni le medesime debbono versare.
Tra i muri d’un laboratorio di salagione delle acciughe, per tutti nato da un gioco tra alcuni amici e dentro il quale nessuno osa ormai più metter naso, ove si fiuta perennemente qualcosa simile ad un odor di sale e pesce misto a rum. Ove fuori, giorno e notte, spesso son stravaccati spaventevoli omoni in perenne stato d’ebbrezza.
Di tal luogo che i vecchi passanti si son fatti ormai convinti sia quello un covo di ammiratori di Bacco, del Bacardi delle zuffe e del Pampero.
Loco di perdizione e di gioventù bruciata da cui star ben lungi e da evitar al pari della pestilenza.
Ivi nella realtà sono riuniti i migliori tra i migliori dei cervelli nazionali.
Sotto la copertura di sale, acciughe, rum, zuffe, ubriachi, sballati e persi d’ogni sorta, batte infatti il cuore pulsante del così detto Opificio Studi cui è affidato lo sviluppo tecnologico di materiali e mezzi progettati ed utilizzati dagli uomini del Gruppo Operativo Arditi Precursori.
«Eureka, belin, Eureka» urlò d’un tratto Gabibbo, l’ufficiale ingegnere più alto in grado presente nell’opificio camuffato da laboratorio di salagione.
«Belandi, mea bezughi, son palanche» esclamò pensando all’avanzamento di carriera conseguente una simile scoperta ed al successivo aumento di stipendio.
Poche palanche forse, ma per un ligure una gioia immensa, ancor maggiore della gioia che una simile scoperta sarebbe stata per il mondo intero negli anni a venire.
Sfogato l’entusiasmo Gabibbo, secondo la ferrea procedura trasmette in chiaro sul canale 16 in VHF (156.8 MHz):
«Mayday, Mayday, Mayday
Delta Eco
Erone di Alessandria, Erone di Alessandria, Erone di Alessandria
May Day, Erone di Alessandria, 44°04’ North, 9°50’ West
Via d’acqua sul lato dritto, rumenta in mare, chiediamo immediata evacuazione»
Era quello il codice che il comando attendeva da anni.
La missione di Gabibbo e colleghi era terminata ed aveva prodotto i risultati sperati, così che tutto il personale e le attrezzature dell’Opificio Studi dovevano essere evacuate in tempo lampo. Queste ultime tre informazioni erano criptate nell’ultima frase della trasmissione.
Il personale interno dell’Opificio si fiondò in una frenetica corsa all’imballo di strumenti, attrezzi e materiali, mentre il personale esterno si alzò da terra, ove da anni fingeva d’essere sbronzo ed “acciuchito”, montando lesto di guardia, con le armi in pugno. Neanche quell’ “acciugheria” si fosse destata d’un tratto, e per incanto tutti i fumi dell’alcool fossero scomparsi, disponendo gli occupanti in gran allerta come dei gatti con sentore di cani nei paraggi.
In men di 5 minuti dieci autocarri medi con 30 uomini in tuta da combattimento verde speranza giunsero in soccorso al laboratorio di salagione delle acciughe, così che in un istante sparirono tutti e tutto.
«Li han presi sti bezughi, era ora belandi»
esclamò un gruppetto di anziani intrisi d’esperienza. Ma d’esperienza nel riconoscer solo quello che a quei giovini era stato ordinato di lasciar intravedere. Nonni esperti ma incapaci, dunque, di distinguer tra verità ed astuzia.
Uno tra questi, pensionato e Livornese, ma ex collega di quegli scalmanati scomparsi per magia, replicò:
«Rinnoviamoci coscritti».
Aggiungendo:
«Non sempre l’esperienza apre l’occhietti belli a quel che fissa il dito e cavalca l’onda. In codesto l’è migliore l’inesperto che un’cessa mai di sognar con l’occhi fissi sulla luna e che a cavalcar onde preferisce lo spaziar il vasto mare dalla luna illuminato. Anzi sovente con codesta convinzione d’esser tanto esperti il novello s’avvantaggia» mormorò con un fil di voce.
«Ci si deve rinnovare dentro al core belli miei».
«Ma rinnovare pé davvero e un’fà finta».
Quest’ultimo pur non conoscendo le ragioni alla base di tutto quel trambusto sapeva molto bene che spesso quel che sembra e pare è ben diverso da quel che nella realtà è ed accade, e specie coi “novelli”, mai per caso fortuito.
Distinguere questo è semplice per alcuni mentre lo è molto meno per altri.
Era questa una città speciale, incastonata come una perla in un anfiteatro d'acqua al centro d’un profondo golfo naturale, ribattezzato Golfo dei Poeti, accerchiato da magnifica terra, di tal splendore che nel corso dei secoli folgorò più d’un vate.
La particolare conformazione del golfo, ben riparato dalla furia delle mareggiate, parimenti che dagli attacchi nemici, volle che questo luogo incantato fosse culla d’uno dei maggiori porti mercantili del Mediterraneo, oltre d’un grande arsenale militare di strategica importanza.
Da questi luoghi, uomini fedeli ad una lunga tradizione, rispettosi d’un immortale codice d’onore prendevano, prendono e così in futuro ancora prenderanno mare per navigare verso eroiche missioni, che nessun mortale, non appartenente a questa specie d’uomo, mai avrebbe l’ardire d’affrontare.
Son costoro valorosi operatori dotati di gran forza vitale e fisica, forgiati con provate procedure, dotati nei secoli di moderne e geniali armi ed invenzioni da loro stessi messe a punto ed ideate. Ivi, in queste terre, sempre fan ritorno, al termine d’ogni missione o della vita stessa, ed ancor oltre, cosi come quel vate antico descriveva le lor occupazioni con dovizia, riferito a quei che avean già raggiunto i campi elisi:
“Qui un cielo più ampio avvolge in una luce purpurea i campi che hanno un sole proprio e proprie stelle.
Parte esercitano le membra in palestre erbose, gareggiano nel gioco e lottano sulla fulva arena; parte ritmano danze coi piedi e recitano versi.
Qui l'antica stirpe di Teucro, prole bellissima, magnanimi eroi, nati in anni migliori, Ilo, Assaraco e Dardano fondatore di Troia.
Ammira le armi in disparte e i vuoti carri degli eroi.
A terra stanno piantate le lance e cavalli senza briglia pascolano qua e là per il campo.
L'amore che ebbero da vivi per i carri e le armi, la cura nell'allevare splendenti cavalli ora li segue anche sottoterra.
Ecco, a destra e a sinistra ne vede altri che banchettano sull'erba e cantano in coro un lieto peana in mezzo a un odoroso bosco di alloro, dal quale scorre abbondante il fiume Eridano, arrivando fin sulla terra.”
In questa città vivace e laboriosa si svilupparono molteplici attività, di cui molte sconosciute, causa la segretezza ed il mistero nel quale per ovvie ragioni le medesime debbono versare.
Tra i muri d’un laboratorio di salagione delle acciughe, per tutti nato da un gioco tra alcuni amici e dentro il quale nessuno osa ormai più metter naso, ove si fiuta perennemente qualcosa simile ad un odor di sale e pesce misto a rum. Ove fuori, giorno e notte, spesso son stravaccati spaventevoli omoni in perenne stato d’ebbrezza.
Di tal luogo che i vecchi passanti si son fatti ormai convinti sia quello un covo di ammiratori di Bacco, del Bacardi delle zuffe e del Pampero.
Loco di perdizione e di gioventù bruciata da cui star ben lungi e da evitar al pari della pestilenza.
Ivi nella realtà sono riuniti i migliori tra i migliori dei cervelli nazionali.
Sotto la copertura di sale, acciughe, rum, zuffe, ubriachi, sballati e persi d’ogni sorta, batte infatti il cuore pulsante del così detto Opificio Studi cui è affidato lo sviluppo tecnologico di materiali e mezzi progettati ed utilizzati dagli uomini del Gruppo Operativo Arditi Precursori.
«Eureka, belin, Eureka» urlò d’un tratto Gabibbo, l’ufficiale ingegnere più alto in grado presente nell’opificio camuffato da laboratorio di salagione.
«Belandi, mea bezughi, son palanche» esclamò pensando all’avanzamento di carriera conseguente una simile scoperta ed al successivo aumento di stipendio.
Poche palanche forse, ma per un ligure una gioia immensa, ancor maggiore della gioia che una simile scoperta sarebbe stata per il mondo intero negli anni a venire.
Sfogato l’entusiasmo Gabibbo, secondo la ferrea procedura trasmette in chiaro sul canale 16 in VHF (156.8 MHz):
«Mayday, Mayday, Mayday
Delta Eco
Erone di Alessandria, Erone di Alessandria, Erone di Alessandria
May Day, Erone di Alessandria, 44°04’ North, 9°50’ West
Via d’acqua sul lato dritto, rumenta in mare, chiediamo immediata evacuazione»
Era quello il codice che il comando attendeva da anni.
La missione di Gabibbo e colleghi era terminata ed aveva prodotto i risultati sperati, così che tutto il personale e le attrezzature dell’Opificio Studi dovevano essere evacuate in tempo lampo. Queste ultime tre informazioni erano criptate nell’ultima frase della trasmissione.
Il personale interno dell’Opificio si fiondò in una frenetica corsa all’imballo di strumenti, attrezzi e materiali, mentre il personale esterno si alzò da terra, ove da anni fingeva d’essere sbronzo ed “acciuchito”, montando lesto di guardia, con le armi in pugno. Neanche quell’ “acciugheria” si fosse destata d’un tratto, e per incanto tutti i fumi dell’alcool fossero scomparsi, disponendo gli occupanti in gran allerta come dei gatti con sentore di cani nei paraggi.
In men di 5 minuti dieci autocarri medi con 30 uomini in tuta da combattimento verde speranza giunsero in soccorso al laboratorio di salagione delle acciughe, così che in un istante sparirono tutti e tutto.
«Li han presi sti bezughi, era ora belandi»
esclamò un gruppetto di anziani intrisi d’esperienza. Ma d’esperienza nel riconoscer solo quello che a quei giovini era stato ordinato di lasciar intravedere. Nonni esperti ma incapaci, dunque, di distinguer tra verità ed astuzia.
Uno tra questi, pensionato e Livornese, ma ex collega di quegli scalmanati scomparsi per magia, replicò:
«Rinnoviamoci coscritti».
Aggiungendo:
«Non sempre l’esperienza apre l’occhietti belli a quel che fissa il dito e cavalca l’onda. In codesto l’è migliore l’inesperto che un’cessa mai di sognar con l’occhi fissi sulla luna e che a cavalcar onde preferisce lo spaziar il vasto mare dalla luna illuminato. Anzi sovente con codesta convinzione d’esser tanto esperti il novello s’avvantaggia» mormorò con un fil di voce.
«Ci si deve rinnovare dentro al core belli miei».
«Ma rinnovare pé davvero e un’fà finta».
Quest’ultimo pur non conoscendo le ragioni alla base di tutto quel trambusto sapeva molto bene che spesso quel che sembra e pare è ben diverso da quel che nella realtà è ed accade, e specie coi “novelli”, mai per caso fortuito.
Distinguere questo è semplice per alcuni mentre lo è molto meno per altri.