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Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 06/07/2019, 14:44
da Lorenzo Scattini
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Vaux, 1 giugno 1916

Carissimo François,

la sorte è strana alle volte. Sembra solo ieri quando mi scrivevi dal fronte e leggevo le tue missive stropicciate, vergate su pezzi di carta di fortuna, con quella tua grafia già di per sé sgraziata resa ancora più nevrotica dalla fretta. E adesso faccio altrettanto, mentre tu sei a casa.
Ti godi il riposo, immagino. Del resto l’hai comprato a caro prezzo, con una gamba. È triste pensare che per uscire da questo inferno bisogna per forza rimetterci qualcosa. Chissà se sarà così anche per me. Proprio l’altro giorno un compagno del nostro plotone è stato congedato, dopo che una granata gli ha distrutto le gambe. Povero diavolo. Andrà via dal fronte, ma quanto è rimasto di lui? E non mi riferisco solo al corpo.
Sono passate due settimane da quando sono stato mandato qui a Vaux. Io, che a malapena avevo messo il naso fuori da Eygurande in diciannove anni di vita, adesso sono all’altro capo della Francia. Sicuramente avrai sorriso quando Giselle te l’ha detto, ripensando a quante volte dicevo che prima o poi avrei girato il mondo. Certo speravo di girarlo in un altro modo.
Stamattina mi è arrivata una lettera proprio di Giselle, in cui mi raccontava di te, del tuo ritorno a casa e della medaglia che ti hanno dato. Penso sia il minimo, dopo che hai perso la gamba. Mi chiedo cosa hai pensato quando te l’hanno data: ti sei sentito un eroe, François? Io non vedo eroismo in questa guerra. Non è come nei romanzi di Dumas. Qui vedo solo fango, sangue, sudore, sofferenza, lacrime, budella, ma non vedo eroismo. Non vedo neanche nemici, perché se mi fermo a pensare ai boches che siamo stati mandati a combattere e alle condizioni in cui vivono mi rendo conto che sono vittime tanto quanto noi. Sono vittime di chi gioca con le nostre vite, standosene al riparo nelle retrovie. Ecco, se devo cercare dei nemici non posso non pensare a quegli ingrati maiali che si ingozzano al sicuro e ci mandano a morire. E non mi riferisco solo ai generali, François: pensa a tutti quei politici che se ne restano a casa, a cianciare di difesa della patria e di lotta alla tirannia del Kaiser, tanto non solo loro quelli che ci rimettono la pelle. Che ipocriti!
Ma basta, non voglio sprecare questa lettera lamentandomi, amico mio.
Vorrei tanto che tu fossi qui. È egoistico da parte mia, lo so, e di certo non lo dico perché vorrei farti rivivere quest’orrore; ma se tu fossi qui con me, nel fondo dell’inferno, sarebbe tutto più sopportabile. Per fortuna non sono completamente solo, qui. Sai che sono piuttosto timido, eppure non ho faticato a legare con gli altri soldati. Forse è la guerra che ci spinge a socializzare il più possibile, per non impazzire al pensiero della morte sempre incombente su di noi.
Io vorr–
Cavolo, un’esplosione mi ha fatto sobbalzare. Penso che i boches abbiano iniziato i bombardamenti. Ma sarà roba di ordinaria amministrazione, suppongo: qualche colpo di mortaio sparato solo per intimidirsi a vicenda, qualche granata che esplode dove non c’è nessuno.
Io sopravvivrò a questa guerra, François caro. Sopravvivrò e tornerò da te e da Giselle. Penso proprio che la sposerò. Me ne sono reso conto solo adesso, qui sul fronte, a contatto continuo con la morte. L’ho sempre amata, ma solo adesso mi rendo conto di ciò che dovrei fare. Sarà dura scriverle una lettera e trattenermi dal mettere su carta quello che provo, quello che vogl–



[i]Questa lettera fu ritrovata al termine dei combattimenti per Fort Vaux, miracolosamente intatta tra le dita di un cadavere orrendamente mutilato dalle granate. Il soldato sembrava averla stretta al petto per proteggerla dalle esplosioni, quasi valesse più della sua stessa vita. [/i]

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Inviato: 06/07/2019, 16:40
da Fausto Scatoli
triste epilogo, purtroppo.
questo racconto rappresenta una situazione accaduta a tante, troppe, persone, con esito negativo al massimo.
certo, forse meglio morire che vivere, a quel tempo, senza gambe, però qui il protagonista viene colto di sorpresa e la sua voglia di vita viene frantumata.
niente male, nel complesso.
un paio di errori, che penso siano di battitura.

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Inviato: 06/07/2019, 19:09
da Marco Daniele
Il tema della guerra è parecchio gettonato in queste gare e rischia più di tanti altri di dar vita a facili retoriche (sia chiaro, la guerra è una cosa abominevole, ma a furia di condannarne l'insensatezza e le mostruosità con le solite frasi fatte si cade nello stucchevole oltre che nel ripetitivo). Qui però hai fatto ricorso a un espediente un po' particolare che è quello della lettera e ho apprezzato particolarmente la scelta di lasciarla incompiuta bruscamente, restituendo così non solo l'ineluttabilità della morte violenza sul fronte, ma soprattutto la sua imprevedibilità: può cogliere in qualsiasi momento, anche nel bel mezzo della stesura di una missiva per un amico. E la scelta di interromperla proprio mentre il protagonista parla di sogni e di speranze, di amore e di matrimonio, rende tutto ancora più potente emotivamente parlando.

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Inviato: 07/07/2019, 10:14
da Selene Barblan
A mio parere il testo è ben scritto e si legge agilmente; non mi ha però coinvolto nonostante la carica emotiva che il tema della guerra porta con sé. Mi sembra troppo lineare, nonostante il finale studiato. La lunghezza, il ritmo e i pensieri espressi risultano coerenti.

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Inviato: 07/07/2019, 15:47
da Laura Traverso
Mi pare che questo racconto tristissimo abbia il suo valore. Dire mi piace è azzardato in quanto l'argomento non può piacere, ma non siamo qui per valutare gli argomenti ma i contenuti e qui di contenuti ce ne sono assai. Descrivi una realtà che è appartenuta e appartiene alla nostra storia e che si ripete in continuazione in ogni angolo del mondo. Durante la prima guerra mondiale le lettere erano l'unico mezzo di comunicazione e chissà quanti saranno stati i soldati trovati morti con una lettera tra le mani...

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Inviato: 07/07/2019, 23:06
da Roberto Bonfanti
Un altro racconto a tema bellico. Qui l’escamotage della lettera incompiuta salva la narrazione dalla solita retorica, appena accennata nelle considerazioni sui signori della guerra. La salva perché ci ricorda che le battaglie non sono tattica e strategia disegnate su una mappa ma sono fatte da uomini, con le loro speranze e i loro sogni.
Sono stato a Verdun, parecchi anni fa. Ricordo la terribile impressione che mi suscitò la visita alla cittadella fortificata e, soprattutto, l’dea dell’immensa tomba che era diventata quella campagna, concimata dai resti di quasi 500.000 soldati, fra francesi e tedeschi.

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Inviato: 08/07/2019, 1:04
da Teseo Tesei
Fin dalle prime decadi del 1800 un generale prussiano, Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz, disquisiva, nel trattato Vom Kriege, degli aspetti politico-filosofici della guerra indicandone la stretta correlazione con la politica come sua naturale origine.

Celebre divenne poi nei secoli il passaggio:
«La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi».

Forti di queste sagge considerazioni è bene che i toni adottati dalla politica, intesa come arte e scienza del governo e dell'amministrazione dello Stato, rimangano sempre bassi, per quanto determinati.

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino, recita la nostra Costituzione.
Ogni cittadino, come logica conclusione, dovrebbe ritenere suo sacro dovere vigilare e difendere quel tipo di politica che pur portando avanti con forza le proprie idee, lo faccia nel rispetto di tutti mantenendo sempre toni bassi.

L'alternativa è racchiusa nelle parole del generale prussiano.
Il prezzo di una continuazione della politica con altri mezzi è sempre molto alto, e per uscirne, non sempre basta pagare con una sola gamba.

Oggi è possibile per chiunque vigilare affinché la politica non degeneri. In passato lo era molto meno.
Eppure fin troppi, oggi, nemmeno si rendono conto di essere usati proprio da quella politica i cui obbiettivi politici contingenti sono fin troppo divergenti dall'interesse dello Stato.

Ricordare il passato per risvegliare chi vive in un presente assonnato è sempre cosa buona e giusta.
Ben scritto, ottimo spaccato del tutto attuale.

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Inviato: 08/07/2019, 15:28
da Angelo Ciola
Il racconto è scritto bene e l'utilizzo della lettera rende meno pesante i riferimenti retorici all'interno. Credo comunque che nessun soldato avrebbe scritto una lettera in questi termini, sia perché erano bombardati dall'odio e dalla propaganda (e quei pochi atti di solidarietà tra nemici, che ci sono stati, erano dovuti più al senso di umanità che ad una coscienza civile) sia perché erano ben consapevoli che qualunque accenno ad argomenti simili comportava prima una sicura censura della lettera stessa e poi magari a qualche azione disciplinare.

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 08/07/2019, 20:42
da Teseo Tesei
Chissà Angelo, probabilmente hai ragione. Tuttavia accadeva che le lettere venivano scritte e poi consegnate ai destinatari seguendo canali e percorsi non esattamente ufficiali. In tempi, non poi così lontani, vi era chi scriveva lettere che poi non avrebbe mai imbucato o consegnato ad alcuno.
Ho osservato che scrivere per alcuni è un sistema usato per calmarsi e restare tranquilli.
Quanto odio e propaganda, non saprei tra i francesi.
Sicuramente per quanto riguarda i nostri connazionali non è che fossero poi così "scaldati".
Ho avuto la fortuna di parlare con diversi anziani che a quel conflitto mondiale parteciparono ma direi proprio che odio e propaganda erano tra gli ultimi posti nella scala dei loro effettivi interessi.

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 09/07/2019, 14:49
da Angelo Ciola
Sono d'accordo, i soldati, non erano certo "scaldati" anche perché capivano benissimo che dall'altra parte (qualunque fosse, io sono Trentino per cui nella prima guerra mondiale i nostri nonni combattevano per l'Austria) erano dei poveracci come loro. Ma quando, in trincea, sotto il tiro dei cecchini non puoi nemmeno alzare la testa, quando ti mandavano in attacchi sconsiderati per essere falciati dalle mitragliatrici, quando notte e giorno arrivavano le bombe o il gas, credo sia difficile trovare solidarietà verso chi ti sta sparando, anche se è nelle tue stesse condizioni.

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 09/07/2019, 23:06
da Lorenzo Scattini
@Angelo Ciola, dici giusto, ho voluto forzare un po' la situazione mettendo in testa al personaggio pensieri e parole che, sicuramente, nessuno o quasi in quella situazione avrebbe pensato. Ma mi piace pensare che il bello della narrativa sia anche questo, non essere necessariamente realistica e forzare la realtà per fare passare un messaggio.

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 10/07/2019, 0:49
da Angelo Ciola
Sono d'accordo Lorenzo Scattini. La mia era solo una considerazione sulle condizioni di vita, durante quella tragedia, ma l'espediente della lettera è invece funzionale nel tuo racconto e evidenzia il messaggio che volevi far passare.

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 10/07/2019, 7:37
da Teseo Tesei
Sicuramente Angelo i nostri nonni identificavano l'avversario come nemico, su questo non ci piove, capita in ogni conflitto bellico.
Quel che intendo dire è che alla difesa di territori sentiti come propri partecipavano contadini, allevatori, artigiani etc. E' quindi naturale che i loro pensieri fossero rivolti più alla famiglia, al bestiame, alla fienagione, al raccolto oltre che al pericolo consistente nel nemico.
I nostri, e con questo intendo i miei antenati ed i loro compagni d'armi, in quel conflitto tra l'altro giocavano in casa combattendo su ghiacciai che ben conoscevano a quote prossime ai 4000 metri sul livello del mare. La più alta guerra in montagna combattuta a più alta quota nella storia. "Record" poi battuto più recentemente in Pakistan sul ghiacciaio Siachen nel periodo 1984 - 2003.

Alpini contro Kaiserjäger e Kaiserschützen.
Alcuni tra questi nemici si conoscevano tra loro, erano perfino amici prima della guerra.
Non ho dubbi sul fatto che in battaglia identificassero comunque il nemico come tale, in ogni caso.

Sicuramente rispettavano il loro nemico.
Anzitutto perché il vero avversario comune a tutti gli schieramenti era costituito dalle condizioni operative estreme a cui entrambi gli schieramenti operavano e questo induce comunque inconsci sentimenti di solidarietà, poi come giustamente hai scritto anche i Kaiserjäger e Kaiserschütz imperiali erano dei poveracci come loro.

Anche se sul termine poveracci ci sarebbe molto da scrivere.
Ricchi di spirito, valori e fede lo erano indubbiamente sia i miei che i tuoi antenati.
La guerra, come noto, tira sempre fuori il meglio ed il peggio di ogni essere umano.

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Inviato: 12/07/2019, 11:26
da Isabella Galeotti
Questo racconto parla di un argomento pesante, sanguinoso, triste, come la Guerra. Il saldato che scrive all'amico, forse non aveva una famiglia, ma aveva questo amico che trattava come fratello, e che negli anni l'ha supportato nella sua Guerra che lo portò a casa solo perchè non più idoneo. Putroppo quando si scrive di guerra non si fa altro che parlare di morti, di feriti, di famiglie monche di fratelli, padri, uomini i loro uomini. Questa lettera è scritta con il cuore, la battaglia del Verdon, quelle gole, quei dirupi...bel racconto. Se puoi correggi modo al posto di Mondo. Punteggio 4

Re: Vaux, 1 giugno 1916

Inviato: 13/07/2019, 11:19
da Edmondo
Remarque viene subito in mente ma anche Kubrick e tanto cinema sull'inutile massacro. (errata, in un altro "modo"). Ben scritto, sì, ma è difficile carpire l'attenzione su questi temi senza rischiare di passare per strade già percorse e proprio oggi che i mezzi sono così rapidi, il pubblico così distratto, al punto che un narratore, a dirla tutta, è disposto a tirarti un cazzotto nello stomaco per avere la tua attenzione. Rimane comunque il dubbio: sarà davvero esistito quel ragazzo innamorato come Pietro nella canzone di De André.

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Inviato: 15/07/2019, 12:03
da Namio Intile
L'intento è chiaro, e il messaggio ancor di più (messaggio che condivido). Il mezzo, il racconto epistolare, funziona a mio parere. Avrei gradito, però, una maggior aderenza al linguaggio del tempo, una maggior cura del lessico; il rischio è quello di falsificare da te solo la realtà che avresti voluto creare e di non suscitare le emozioni che avresti voluto provocare.

Mi pare superflua la precisazione finale in corsivo.

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Inviato: 30/07/2019, 18:26
da Stefyp
Difficile argomento quello della guerra da trattare in un racconto. Ma mi è piaciuto come è stato svolto qui. La forma epistolare da forza al racconto. Anch'io forse avrei omesso il corsivo finale, bastava la parola troncata a far intendere la fine. Sostituirei "Cavolo" che secondo me non era in uso a quei tempi.

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Inviato: 08/09/2019, 22:25
da Aurora Gallo
Riflessioni sulla futilità della guerra condivisibili ed espresse anche in una maniera non troppo pesante, sicuramente hai fatto molto meglio del mio racconto "Ritorno" nella gara precedente. Non so se il linguaggio possa risultare credibile per l'epoca e credo che alla fine conti anche poco, nel complesso mi è molto piaciuto.

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Inviato: 10/09/2019, 20:07
da Alessandro Mazzi
Di racconti che parlano di guerra se ne leggono a palate; è uno degli argomenti più gettonati e quando lo si tratta è facile cadere in una scontata retorica. Non è certo il caso di questo racconto, trattato e sviluppato in maniera molto abile. Complimenti all'autore!

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Inviato: 10/09/2019, 22:26
da Gianluigi Redaelli
Mi è piaciuto, l'argomento è molto valido, importante e difficile da trattare. Già averci provato con l'obiettivo di dare un messaggio contro ogni guerra è nobile. La scrittura è sufficientemente tesa da creare una certa suspense.

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Inviato: 11/09/2019, 10:48
da Ida Dainese
Un bel racconto. Lo stile scelto, una lettera, ci mette subito davanti il protagonista, ci fa sentire vicino ai suoi pensieri più veri, come se fossimo anche noi i destinatari del suo messaggio. Non parla solo di guerra ma anche di rabbia e delusione, di un mondo privato che cerca di non restare soffocato dalle volontà di altri, di ingiustizia, di progetti per un futuro che si spera di avere. Le parole che muoiono, senza completare il testo, sembrano un grido rivolto a chi resta e può ancora leggere, a ricordare ogni voce soffocata e non solo a causa della classica guerra.

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Inviato: 20/09/2019, 23:28
da Sonia85
Apprezzabile l'espediente della lettera, però alcuni passi mi sono sembrati parecchio retorici e scontati, non so se mi spiego. Ad esempio quando parla dell'atteggiamento degli ufficiali che restano nelle retrovie. Anche io penso fosse meglio lasciare interrotta la lettera alla fine senza le ultime righe, penso fosse chiaro comunque cosa fosse successo.