Sotto un cielo d'ebano e lucciole
Inviato: 08/09/2019, 12:54
Sollevo lo sguardo al cielo e vedo una distesa infinita di nero, punteggiata di briciole luminose.
Siamo fuori città, lontano dai lampioni e dalle luci dei locali che normalmente impediscono di contemplare gli astri. Intorno a noi c’è solo un silenzio interrotto a intermittenza dal frinire dei grilli o dal fruscio delle fronde.
Il disco lunare splende in mezzo al cielo. La sua pallida luce argentea s’irradia nel vuoto. Osservandola meglio capisco perché gli orientali parlino del coniglio della Luna: la disposizione delle macchie più scure rispetto alla superficie più chiara crea effettivamente la sagoma di un roditore.
“Domani parto” mi dice Eleonora.
Continuo a guardare sopra di me, ma le rispondo: “Continuare a ripeterlo non lo renderà meno piacevole, lo sai”
C’è della mestizia nella sua voce, quando ammette: “Sì, lo so”
Con un po’ di attenzione si può risalire di costellazione in costellazione fino a individuare Perseo e Andromeda. Secondo il mito erano marito e moglie, lui la salvò dalle grinfie di un mostro marino e la sposò. Adesso stanno per l’eternità nel cielo, insieme, indivisibili. Come vorrei che potesse essere così per tutti. A cominciare da me.
“Senti, Eleonora” mi faccio forza “C’è una cosa che devo dirti”
“Dimmi”
Distolgo lo sguardo dal cielo d’ebano, cerco gli occhi di lei. Belli, azzurri, grandi e pieni di vita. Riesco a vederli persino in quell’oscurità a malapena rischiarata dalle luci del cielo.
“Io…”
Vorrei poterle dire che la amo. Potrebbe rifiutarmi, lo so che ha sempre preferito altri tipi di ragazzi, ma ci tengo che lo sappia prima di partire, forse per sempre. Certo, oggigiorno ci sono i cellulari, internet, le mail, Whatsapp, potremmo sempre tenerci in contatto; ma ho già perso di vista tanti vecchi amici di liceo andati a studiare fuori, so già che perderò anche lei. Quindi ci tengo che parta sapendo la verità.
“Io…”
Esito.
Il verso solitario di una civetta rompe il silenzio.
“No, niente. Spero ti troverai bene a New York”
Distolgo lo sguardo da quei begli occhi azzurri e torno a fissare il cielo, immobile nella sua eternità. E mi ritrovo a invidiare le stelle, che vivono così beate, senza le preoccupazioni e le angosce di noi mortali.
Siamo fuori città, lontano dai lampioni e dalle luci dei locali che normalmente impediscono di contemplare gli astri. Intorno a noi c’è solo un silenzio interrotto a intermittenza dal frinire dei grilli o dal fruscio delle fronde.
Il disco lunare splende in mezzo al cielo. La sua pallida luce argentea s’irradia nel vuoto. Osservandola meglio capisco perché gli orientali parlino del coniglio della Luna: la disposizione delle macchie più scure rispetto alla superficie più chiara crea effettivamente la sagoma di un roditore.
“Domani parto” mi dice Eleonora.
Continuo a guardare sopra di me, ma le rispondo: “Continuare a ripeterlo non lo renderà meno piacevole, lo sai”
C’è della mestizia nella sua voce, quando ammette: “Sì, lo so”
Con un po’ di attenzione si può risalire di costellazione in costellazione fino a individuare Perseo e Andromeda. Secondo il mito erano marito e moglie, lui la salvò dalle grinfie di un mostro marino e la sposò. Adesso stanno per l’eternità nel cielo, insieme, indivisibili. Come vorrei che potesse essere così per tutti. A cominciare da me.
“Senti, Eleonora” mi faccio forza “C’è una cosa che devo dirti”
“Dimmi”
Distolgo lo sguardo dal cielo d’ebano, cerco gli occhi di lei. Belli, azzurri, grandi e pieni di vita. Riesco a vederli persino in quell’oscurità a malapena rischiarata dalle luci del cielo.
“Io…”
Vorrei poterle dire che la amo. Potrebbe rifiutarmi, lo so che ha sempre preferito altri tipi di ragazzi, ma ci tengo che lo sappia prima di partire, forse per sempre. Certo, oggigiorno ci sono i cellulari, internet, le mail, Whatsapp, potremmo sempre tenerci in contatto; ma ho già perso di vista tanti vecchi amici di liceo andati a studiare fuori, so già che perderò anche lei. Quindi ci tengo che parta sapendo la verità.
“Io…”
Esito.
Il verso solitario di una civetta rompe il silenzio.
“No, niente. Spero ti troverai bene a New York”
Distolgo lo sguardo da quei begli occhi azzurri e torno a fissare il cielo, immobile nella sua eternità. E mi ritrovo a invidiare le stelle, che vivono così beate, senza le preoccupazioni e le angosce di noi mortali.