Buongiorno, signor Romeo
Inviato: 03/10/2019, 8:22
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
La panchina era sempre la stessa. Avrebbe potuto essere un’altra, invece no, sempre la seconda da destra. Forse perché era la più vicina alla strada, o perché un ramo dell’albero le faceva ombra d’estate o magari perché era l’unica rossa. Forse per nessun motivo.
Anche l’ora era sempre la stessa: le 7.45 secondo più, secondo meno.
In qualsiasi stagione dell’anno: con gli occhiali scuri d’estate, con sciarpa e guanti d’inverno.
Il signor Romeo arrivava puntuale tutte le mattine e se ne andava all’ora di pranzo. Si metteva seduto lì sulla panchina rossa e aspettava.
Andava avanti così da anni ormai. Da quel giorno in cui… Be’, dal giorno in cui Romeo si ritrovò solo.
«Buongiorno signor Romeo» lo salutava frettolosa tutte le mattine l’elegante signorina Ada. «Solo Romeo, signorina Ada, solo Romeo» le rispondeva lui ogni volta.
«Ha ragione, domani me ne ricorderò!»
«’giorno Romeo» lo salutava il ragazzotto allampanato con i pantaloni larghi e il cappuccio in testa. «Prima o poi ti cascheranno quei pantaloni» ammiccava il vecchio.
«Domani mi metto la cintura, tranquillo Romeo» ribatteva il giovane strizzando l’occhio.
«Ciao Romeo, sto andando alla scuola materna» lo salutava la bimbetta con le trecce bionde. «Brava, divertiti e fammi un bel disegno.» «Certo Romeo, oggi te lo faccio più bello di ieri.»
«Come va, signor Romeo» lo salutavano discreti i due vecchietti. Arrivavano mano nella mano fino lì e si sedevano a riposare. Lui li guardava con un velo di malinconia e forse un po’ di invidia…
«Salve, Romeo» lo salutava lo studente con la faccia pallida e i capelli spettinati.
«Salve, giovanotto. Oggi a scuola?» «Matematica, mi interroga e non so niente.» «Ma va la, che ti va bene, coraggio!» E il giorno dopo lo aspettava impaziente: «Allora, come t’è andata?» «Sette Romeo, ho preso sette.»
«Hai visto ragazzo che t’è andata bene? Studiala sempre la matematica che serve…»
«Ohilà Romeo» lo salutava il postino in bicicletta. «C’è posta per me?» chiedeva lui ogni mattina. «Si, qualche bolletta da pagare.» rispondeva il postino con la mano sul berretto. «Quelle te le puoi tenere!»
«Buona giornata, signor Romeo» lo salutava assonnato e con il cappello in mano la guardia giurata di ritorno dal turno di notte.
«E a te buon riposo. Tutto tranquillo stanotte?» gli domandava lui
«Tutto tranquillo, i delinquenti mi hanno lasciato in pace.»
«Salve signor Romeo, come andiamo?» lo salutava la signora Clelia, vecchia come lui o forse un po’ di più. «Mica male mia cara e lei?»
«Eh, così, così. Un dolore nuovo ogni mattina!» rispondeva la signora agitando il suo bastone.
«Che ci vuol fare Clelia, siamo vecchi, è giusto così.»
Una mattina Romeo non arrivò, la panchina rimase vuota, deserta. Tutti cercarono il vecchio con lo sguardo e controllarono l’orologio. L’ora era quella giusta. «Che strano» si dissero «sarà stato poco bene.»
Ma anche la mattina successiva la panchina rimase vuota.
«Mai successo, c’è da preoccuparsi» mormoravano in molti.
Poi la notizia si diffuse, fece il giro della città: Romeo se n’era andato nel sonno, serenamente.
Il pensiero di tutti volò alla piccola panchina rossa vuota e solitaria.
E allora Ada ci andò e depose un piccolo mazzo di fiori: «Per lei signor Romeo, anzi Romeo.»
Ci andò il ragazzotto allampanato con un fiore anche lui. «Romeo hai visto? Mi son messo la cintura oggi.»
Ci andò la piccola con le trecce bionde e portò un disegno: «È per te, Romeo. Questo è il disegno più bello che ho fatto. Guarda, ci sei tu sulla panchina.»
Ci andarono i due vecchietti mano nella mano, lasciarono il loro fiore senza dire una parola.
Ci andò lo studente sempre pallido, sempre spettinato: «Ieri ho preso nove in matematica, Romeo. L’ho studiata meglio, sei contento?» E lasciò il suo fiore.
Ci andarono il postino e la guardia giurata insieme, lasciare un fiore sembrava loro troppo poco, deposero il berretto, lì sulla panchina.
Passarono proprio tutti.
Ci andò persino il sindaco con la sua fascia tricolore e una targa nuova di zecca con inciso in bella grafia: “La panchina di Romeo”.
Per ultima arrivò anche Clelia, lasciò il suo fiore e una lacrima: «hai ragione Romeo, siamo vecchi e forse è giusto così.»