Cronaca di una notte di mezza estate
Inviato: 01/11/2019, 23:51
Attraversò il vialetto lastricato con cautela, afferrandosi allo steccato per non scivolare. Aveva appena smesso di piovere e il profumo dell’erba mischiato all'asfalto si intrufolava prepotentemente nelle narici. Un brivido le percorse la schiena. Era luglio, ma la pioggia fresca aveva fatto scendere di qualche grado la temperatura. Un alito di vento le sollevò la gonna scoprendo per un attimo le gambe abbronzate. Il quartiere era deserto. Affondò i tacchi sul prato incolto che penetrarono dolcemente nella terra fangosa. Faticava ad avanzare ma in qualche modo riuscì a trascinarsi fino al capanno degli attrezzi, una piccola casupola nascosta dietro un cespuglio di oleandro. Si guardò intorno, poi una rapida occhiata all'orologio, 16.20; era puntuale.
Ricominciò a piovere. La piccola tettoia non riusciva a proteggerla dall'acquazzone improvviso: era fradicia. In pochi secondi la camicetta si appiccicò al corpo, così la gonna. Decise di entrare nella baracca: era buio, non c’erano finestre, la luce filtrava solo dalle fessure delle assi di legno inchiodate alle pareti. Il suono del ticchettio delle gocce sui tavoloni del tetto era amplificato e si diffondeva dappertutto. Aveva freddo. Si strinse le spalle con le mani, i capelli le scendevano pesanti e gocciolanti lungo la schiena. Spostò una ciocca dal viso e strizzò gli occhi per vedere un po’ meglio. La vista si adattò alla semioscurità e riuscì a distinguere qualche sagoma, perlopiù pale, rastrelli e attrezzi vari. Sollevò la gonna e, afferrandone un lembo, la strizzò per alleggerirla dall'acqua.
Poi fu un attimo: all'improvviso due mani le strinsero il collo, le uscì un rantolo. Il battito del cuore accelerò disperatamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto. Si dimenò, cercò di voltarsi. A quel punto le mani lasciarono il collo e le afferrarono i capelli costringendola a guardare avanti. Incominciò a tossire piegandosi su se stessa, ma fu strattonata e sollevata verso l’alto. Allungò le braccia cercando di raggiungere forse un manico di scopa. Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca. Il dolore fu lancinante. Avrebbe voluto gridare ma la paura era paralizzante e le usciva solo un verso strozzato. Poi qualcosa di morbido si avvicinò al viso e alla bocca, un odore acre, poi più nulla.
Riaprì gli occhi a fatica, si sentiva stordita, i polsi le dolevano. Si accorse che erano legati tra loro con una corda fissata ai tavoloni del soffitto. Altre due corde le trattenevano le caviglie al pavimento polveroso. Cercò di muoversi, ma più si torceva più si feriva i polsi; il destro cominciò a sanguinare. Aveva paura, le labbra tremavano sotto il nastro isolante. Pianse silenziosamente. Si trovò a concludere che quelli erano i suoi ultimi attimi di vita. Lasciò cadere la testa pesantemente in avanti, sopraffatta; non sapeva quanto tempo fosse passato, ma non molto a giudicare dagli abiti ancora fradici.
Un rivolo di urina calda le scese lungo le gambe e in un attimo l’odore impregnò l’aria. Il terrore le sfigurava il volto. Incurante del dolore ai polsi iniziò a dimenarsi come una bestia selvatica.
Una risata alle sue spalle e uno strano scricchiolio.
“Ecco, ci siamo” pensò “ è la fine di tutto”.
Dei passi alle sue spalle, poi di nuovo quell'odore acre e il buio totale.
Si risvegliò stesa sul pavimento impolverato, indolenzita e confusa. Gli abiti si erano asciugati. Tentò di sollevarsi da terra ma le gambe le dolevano. Nell'aria un forte odore di erba, terra e urina. Fuori i grilli cantavano in quella strana notte di mezza estate.
Ricominciò a piovere. La piccola tettoia non riusciva a proteggerla dall'acquazzone improvviso: era fradicia. In pochi secondi la camicetta si appiccicò al corpo, così la gonna. Decise di entrare nella baracca: era buio, non c’erano finestre, la luce filtrava solo dalle fessure delle assi di legno inchiodate alle pareti. Il suono del ticchettio delle gocce sui tavoloni del tetto era amplificato e si diffondeva dappertutto. Aveva freddo. Si strinse le spalle con le mani, i capelli le scendevano pesanti e gocciolanti lungo la schiena. Spostò una ciocca dal viso e strizzò gli occhi per vedere un po’ meglio. La vista si adattò alla semioscurità e riuscì a distinguere qualche sagoma, perlopiù pale, rastrelli e attrezzi vari. Sollevò la gonna e, afferrandone un lembo, la strizzò per alleggerirla dall'acqua.
Poi fu un attimo: all'improvviso due mani le strinsero il collo, le uscì un rantolo. Il battito del cuore accelerò disperatamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto. Si dimenò, cercò di voltarsi. A quel punto le mani lasciarono il collo e le afferrarono i capelli costringendola a guardare avanti. Incominciò a tossire piegandosi su se stessa, ma fu strattonata e sollevata verso l’alto. Allungò le braccia cercando di raggiungere forse un manico di scopa. Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca. Il dolore fu lancinante. Avrebbe voluto gridare ma la paura era paralizzante e le usciva solo un verso strozzato. Poi qualcosa di morbido si avvicinò al viso e alla bocca, un odore acre, poi più nulla.
Riaprì gli occhi a fatica, si sentiva stordita, i polsi le dolevano. Si accorse che erano legati tra loro con una corda fissata ai tavoloni del soffitto. Altre due corde le trattenevano le caviglie al pavimento polveroso. Cercò di muoversi, ma più si torceva più si feriva i polsi; il destro cominciò a sanguinare. Aveva paura, le labbra tremavano sotto il nastro isolante. Pianse silenziosamente. Si trovò a concludere che quelli erano i suoi ultimi attimi di vita. Lasciò cadere la testa pesantemente in avanti, sopraffatta; non sapeva quanto tempo fosse passato, ma non molto a giudicare dagli abiti ancora fradici.
Un rivolo di urina calda le scese lungo le gambe e in un attimo l’odore impregnò l’aria. Il terrore le sfigurava il volto. Incurante del dolore ai polsi iniziò a dimenarsi come una bestia selvatica.
Una risata alle sue spalle e uno strano scricchiolio.
“Ecco, ci siamo” pensò “ è la fine di tutto”.
Dei passi alle sue spalle, poi di nuovo quell'odore acre e il buio totale.
Si risvegliò stesa sul pavimento impolverato, indolenzita e confusa. Gli abiti si erano asciugati. Tentò di sollevarsi da terra ma le gambe le dolevano. Nell'aria un forte odore di erba, terra e urina. Fuori i grilli cantavano in quella strana notte di mezza estate.