Mente offuscata
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Mente offuscata
La loro macchina si era impantanata in mezzo alla strada, deserta, buia, stretta, fiancheggiata da un fitto bosco imperscrutabile. I due giovani innamorati scesero dall'auto, si guardarono intorno e si abbracciarono per riscaldarsi. Era inverno. Lì in quella strada non c'era proprio nulla; avevano deciso di prenderla per accorciare in direzione della cittadina dove erano diretti per il week-end. Poco prima di raggiungerla, vi era un piccolo paesino, che si ergeva su una montagnetta. Sembrava quasi un’apparizione, un sogno, quando si mostrò ai loro occhi emergendo dalla nebbia. Dovevano necessariamente raggiungerlo a piedi, dopo aver constatato che non c'era campo per fare chiamate. Camminarono molto, tra il gelo, la neve, il vento. Erano stremati, ma non si fermarono, come attirati da una strana voglia di raggiungere il piccolo paese incantato. All'inizio vi era un cancello, chiuso con un lucchetto, così i due afferrarono le sbarre molto arrugginite e iniziarono a smuoverle, gridando e cercando di farsi sentire. Scorsero tra la nebbia delle figure, e a poco a poco questa si dissolse debolmente fino a mostrare loro che c'erano delle persone. Alcune passeggiavano, altre erano sedute su delle panchine, altre erano in bici. Sembrava un luogo qualunque dove si trascorreva una vita normale, ma la sua particolarità era la nebbia, fittissima, che sembrava circondare solo quel determinato luogo, al di fuori del cancello essa spariva. Nessuno si interessò ai nuovi arrivati, li avevano chiaramente sentiti, ma tutti continuarono a tenere lo sguardo basso, tanto che si scontravano fra di loro mentre passeggiavano. Tutto ciò in un’inquietante indifferenza. Sembravano dei morti viventi. Mentre i due ragazzi cercavano di attirare l'attenzione, all'improvviso si sentirono chiamare dietro di loro.
"Ehi voi, che ci fate qui? Chi siete?" I due presero paura, si girarono di scatto e la ragazza rispose: "Cerchiamo aiuto signore, siamo rimasti bloccati con l'auto. Vorremmo entrare se è possibile". L' uomo, alzando un sopracciglio, assunse un’espressione di stizza.
"Volete davvero entrare? Ahahahah! Insomma, volevo dire, voi ditemi che volete entrare e io vi aprirò il cancello".
"Sì, faccia qualcosa, per l'amor del cielo!"
"Bene". L'uomo prese un paio di chiavi dalla tasca, le girò nel lucchetto e aprì il cancello, il cui rumore cigolante sembrò un grido disperato di tante persone all'unisono.
"Cercate qualcuno che vi aiuti, io resterò qui ad aspettarvi e se volete vi riaccompagnerò all'auto".
"O.…ok." disse il ragazzo. Appena entrati, sparirono nella nebbia, e quando l'uomo non li vide più chiuse il cancello per sempre. Cercarono di parlare con gli abitanti del paesello, ma furono completamente ignorati. A quel punto iniziarono ad avvertire come una morsa e sentirono che c'era qualcosa che rendeva la situazione opprimente… Continuarono a camminare alla ricerca di un’officina meccanica, ma furono distratti da un’anziana signora seduta su una sedia a dondolo, nel bel mezzo della stradina. Lo sguardo fisso nel vuoto, e dondolava. Si avvicinarono, le chiesero se stava bene e lei iniziò a far uscire qualche parola dalla bocca...Nebbia...Aiuto... Prigione… I due ragazzi le chiesero di spiegarsi meglio, allora la donna, pallida in volto, scoppiò in lacrime e disse: " Anche voi! Altri due poveretti! Mi spiace per voi, ma resterete qui per sempre, non vorrete più andarvene. Soffrirete, soffrirete di una depressione inimmaginabile perché vorrete andare via ma sarete costretti a restare. Non potete fare niente ormai, perché ora anche voi avete la mente offuscata… La colpa è tutta sua...è la nebbia che respiriamo e che ci entra nel cervello, ci riduce a degli zombie, ci tiene imprigionati quassù"!
"Ehi voi, che ci fate qui? Chi siete?" I due presero paura, si girarono di scatto e la ragazza rispose: "Cerchiamo aiuto signore, siamo rimasti bloccati con l'auto. Vorremmo entrare se è possibile". L' uomo, alzando un sopracciglio, assunse un’espressione di stizza.
"Volete davvero entrare? Ahahahah! Insomma, volevo dire, voi ditemi che volete entrare e io vi aprirò il cancello".
"Sì, faccia qualcosa, per l'amor del cielo!"
"Bene". L'uomo prese un paio di chiavi dalla tasca, le girò nel lucchetto e aprì il cancello, il cui rumore cigolante sembrò un grido disperato di tante persone all'unisono.
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Si intuisce abbastanza da subito che il "paesello" sarebbe stata una trappola per i due giovani innamorati. Il racconto è scritto bene a parte alcune piccolezze del tipo "i due presero paura"; mi pare un termine, presero, un po' inadatto. Avrei scritto ebbero paura, o altro, ma non presero. Sul finire dici "Non vorrete più andarvene" forse era da scrivere "non potrete..." . Comunque il narrato non è male, si lascia leggere.
- Giorgio Leone
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Quand’ero giovane, una nebbia come quella che descrivi non l’avremmo neppure considerata nebbia. Infatti si vedono persone che passeggiano, altre sedute sulle panchine, qualcuno addirittura che se ne va in bici, mentre con la vera nebbia si periferia di una volta solo un pazzo si sarebbe arrischiato sulle due ruote. Possiamo persino distinguere il sopracciglio alzato dell’uomo, la sua espressione di stizza e la vecchia pazza sulla sedia a dondolo in mezzo alla stradina.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
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- Carol Bi
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Dunque...idea carina. Trovo che il racconto sia da arricchire, lo trovo un po' "scolastico". La punteggiatura non è molto curata, così come certi termini, come già segnalato. Riscritto nel modo giusto sarebbe davvero un buon racconto. Trovo anche che ci sia l'esigenza di fare capire troppo aggiungendo spiegazioni non necessarie. Ad esempio non mi è piaciuto " I due giovani innamorati scesero dall'auto...", secondo me bastava "I due giovani scesero dall'auto...", anche perché il fatto che siano innamorati o meno non influenza la trama.
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Sembra di essere nel Maggiolone accompagnati da Dylan Dog ad Inverness. Purtroppo seppur il racconto sia breve, ho fatto un po' di fatica a portarlo a termine sia per alcune sbavature (già evidenziate da altri), sia per una storia dove tutto è già previsto. La nebbia di cui parla giorgio me la ricordo pure io ed era un uro impenetrabile che t'impediva, a volte, di vedere a un metro di distanza. Abbatti il muro della nebbia e scopri, e facci scoprire, nuovi mondi.
Buona scrittura Giada.
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Re: Commento
Ciao Laura, grazie per il commento, pensavo che si potesse dire "prendere paura"Laura Traverso ha scritto: ↑14/11/2019, 22:22Si intuisce abbastanza da subito che il "paesello" sarebbe stata una trappola per i due giovani innamorati. Il racconto è scritto bene a parte alcune piccolezze del tipo "i due presero paura"; mi pare un termine, presero, un po' inadatto. Avrei scritto ebbero paura, o altro, ma non presero. Sul finire dici "Non vorrete più andarvene" forse era da scrivere "non potrete..." . Comunque il narrato non è male, si lascia leggere.

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Re: Commento
Grazie lo stesso di averlo finitoDiego.G ha scritto: ↑14/11/2019, 23:26Sembra di essere nel Maggiolone accompagnati da Dylan Dog ad Inverness. Purtroppo seppur il racconto sia breve, ho fatto un po' di fatica a portarlo a termine sia per alcune sbavature (già evidenziate da altri), sia per una storia dove tutto è già previsto. La nebbia di cui parla giorgio me la ricordo pure io ed era un uro impenetrabile che t'impediva, a volte, di vedere a un metro di distanza. Abbatti il muro della nebbia e scopri, e facci scoprire, nuovi mondi.
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Re: Commento
Grazie, è uno dei primi racconti che scrivo per cui dovrò abituarmi a usare bene la punteggiaturaCarol Bi ha scritto: ↑14/11/2019, 23:04Dunque...idea carina. Trovo che il racconto sia da arricchire, lo trovo un po' "scolastico". La punteggiatura non è molto curata, così come certi termini, come già segnalato. Riscritto nel modo giusto sarebbe davvero un buon racconto. Trovo anche che ci sia l'esigenza di fare capire troppo aggiungendo spiegazioni non necessarie. Ad esempio non mi è piaciuto " I due giovani innamorati scesero dall'auto...", secondo me bastava "I due giovani scesero dall'auto...", anche perché il fatto che siano innamorati o meno non influenza la trama.

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Re: Commento
Ciao Giorgio, in realtà questa nebbia di cui parlo voleva essere una metafora dell'aria inquinata che si respira. Poi è un racconto che non da molte spiegazioni , ad esempio potrebbe anche essere che questa nebbia sia una sostanza chimica. Però è tutto avvolto nel mistero , il mio intento era di lasciare dei dubbi una volta lettoGiorgio Leone ha scritto: ↑14/11/2019, 22:40Quand’ero giovane, una nebbia come quella che descrivi non l’avremmo neppure considerata nebbia. Infatti si vedono persone che passeggiano, altre sedute sulle panchine, qualcuno addirittura che se ne va in bici, mentre con la vera nebbia si periferia di una volta solo un pazzo si sarebbe arrischiato sulle due ruote. Possiamo persino distinguere il sopracciglio alzato dell’uomo, la sua espressione di stizza e la vecchia pazza sulla sedia a dondolo in mezzo alla stradina.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.

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E quindi? È la domanda che mi viene quando leggo un racconto con questo tipo di finale. C'è la descrizione del luogo, della disavventura dei ragazzi ecc. ecc. poi arriva la vecchina che dice "non uscirete più di qui" e stop. Senza un perché. Ma a me i perchè piacciono...
Rispetto a come è scritto aggiungerei a quanto già detto un particolare che forse è solo un mio problema: troppi vezzeggiativi. Montagnetta, paesello, paesino
Rispetto a come è scritto aggiungerei a quanto già detto un particolare che forse è solo un mio problema: troppi vezzeggiativi. Montagnetta, paesello, paesino
- Roberto Bonfanti
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Ho apprezzato la correttezza del linguaggio e la buona capacità narrativa, dici che è uno dei primi racconti che scrivi, quindi ti faccio i complimenti perché le basi letterarie di partenza non sono per niente male.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
Alla prossima.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
Alla prossima.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
https://chiacchieredistintivorb.blogspot.com/
Intervista su Bravi Autori https://www.braviautori.com/forum/viewt ... =76&t=5384
Autore presente nei seguenti libri di [url=https://www.BraviAutori.it]BraviAutori.it:

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Re: Commento
Grazie molteRoberto Bonfanti ha scritto: ↑21/11/2019, 0:00Ho apprezzato la correttezza del linguaggio e la buona capacità narrativa, dici che è uno dei primi racconti che scrivi, quindi ti faccio i complimenti perché le basi letterarie di partenza non sono per niente male.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
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Mi ero immaginato che i due fossero morti, la nebbia e il paesello erano un limbo/purgatorio/inferno ma invece non è stato così, peccato. L'ambientazione mi è piaciuta.
Inutile ripetere le cose che ti hanno già detto per quantoriguarda la punteggiatura, la struttura, il finale eccetera eccetera eccetera.
Anche per te un bel voto.
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Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte
POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO

https://betoofarka.blogspot.it
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- Isabella Galeotti
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Forse perchè la Nebbia l'ho vissuta, come hanno raccontato nelle recensioni prima di me, a Milano si respirava anche tutto lo smog del mondo, stendevi i panni e li ritiravi più grigi di prima. Scritto ciò, scusa per il separietto, questo raccontino non mi ha lasciato nulla, anzi un pizzico di curiosità. Piccoli refusi, che per essere il primo racconto, sei stata brava. Voto2
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La storia mi piace così come anche l’ambientazione e l’idea della nebbia “psicologica”. Penso che ci siano le premesse per elaborare un buon racconto, ma non mi convince del tutto la scelta di alcuni termini. Inoltre secondo me pur essendo misteriosi alcuni aspetti vengono spiegati fin troppo esplicitamente, mi sarei concentrata di più sulle sensazioni dei due protagonisti. Voto 3.
COMMENTO
Ci lavorerei ancora. La “malefica nebbia” è un buon soggetto per racconti fantasy o magari horror, e quindi varrebbe la pena spendersi su questa via, entrare magari nei meccanismi dell’incantesimo, “mostrarlo”, anziché lasciare al narrante tutta la fatica del “dire”. Il titolo non c'azzecca, a mio parere.
Carlo Ragonese
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A cura di Manuela.
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A cura di Ser Stefano.
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A cura di Ser Stefano.
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A cura di Tullio Aragona.
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A cura di Massimo Baglione.
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Carosello
antologia di opere ispirate dal concetto di Carosello e per ricordare il 40° anniversario della sua chiusura
Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
Gare letterarie stagionali - annuario n° 1 (2018 - 2019)
Le Gare letterarie stagionali sono concorsi a partecipazione libera, gratuiti, dove chiunque può mettersi alla prova nel forum di BraviAutori.it, divertirsi, conoscersi e, perché no, anche imparare qualcosa. I migliori testi delle Gare vengono pubblicati nei rispettivi ebook gratuiti i quali, a ogni ciclo di stagioni, diventano un'antologia annuale come questa che state per leggere..
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Alessandro Mazzi, Angelo Ciola, Aurora Gallo, Ida Dainese, Carlo Celenza, Carol Bi, Daniele Missiroli, Draper, Edoardo Prati, Fabrizio Bonati, Fausto Scatoli, Gabriele Ludovici, L.Grisolia, Laura Traverso, Liliana Tuozzo, Lodovico, Marco Daniele, Namio Intile, N.B. Panigale, Nunzio Campanelli, Pierluigi, Roberto Bonfanti, Seira Katsuto, Selene Barblan, SmilingRedSkeleton, Stefano Giraldi Ceneda, Teseo Tesei, Tiziano Legati, Tiziana Emanuele.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Alessandro Mazzi, Angelo Ciola, Aurora Gallo, Ida Dainese, Carlo Celenza, Carol Bi, Daniele Missiroli, Draper, Edoardo Prati, Fabrizio Bonati, Fausto Scatoli, Gabriele Ludovici, L.Grisolia, Laura Traverso, Liliana Tuozzo, Lodovico, Marco Daniele, Namio Intile, N.B. Panigale, Nunzio Campanelli, Pierluigi, Roberto Bonfanti, Seira Katsuto, Selene Barblan, SmilingRedSkeleton, Stefano Giraldi Ceneda, Teseo Tesei, Tiziano Legati, Tiziana Emanuele.
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