Mafie
Inviato: 26/12/2019, 16:00
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Sotto lo sguardo indefinito di donna Agatina, ferma in piedi accanto al credenzone con uno straccio in mano, il parroco è alle prese con il suo piatto preferito. Broccoletti affogati con cipolla e olive.
A capotavola, su un largo tovagliolo decorato con motivi floreali è perfettamente centrata la ciotola dove i broccoletti sono sistemati in una struttura piramidale. Ma, proprio sotto il naso del gesuita, che non deve fare altro che allungare la forchetta e rimpinzarsi lo stomaco, continuano a emettere fumo senza subire assalti.
L'appetito del parroco è guastato da un pensiero fisso. Don Calogero Battaglia, il nuovo boss del paese, non muove mai minacce a vuoto. Il don gli ha concesso un mese per lasciare la parrocchia e andarsene per sempre, e il termine è scaduto.
E se il pensiero del parroco è fisso, lo sguardo in compenso vaga per la stanza, instancabile, quasi un giro del Peloponneso. Alla fine si arresta sul piatto. E quando la piramide cede di colpo, per effetto del brodo che scompone la sua massa compatta, il parroco sbarra gli occhi, atterrito: dal piatto vede allungarsi un braccio con una mano gigantesca che lo afferra per la gola.
«Sono scotti?»
Il parroco balza sulla sedia. Partita dall'oltretomba la voce della perpetua gli arriva come una fucilata: un'aggiunta a quella mostruosità.
«Chi è? Che cosa dice?»
La donna scrolla il capo. «Volevo solo sapere se sono scotti.»
La donna ricomincia a passare lo straccio sul mobile. «Gesù, non mi so mai regolare.»
Il parroco alza gli occhi al soffitto e vi deposita una giaculatoria in cui si parla di "chi me l'ha mandata 'sta scimunita?" e "che ho fatto di male per meritarmi una pazza così?".
Infila i rebbi della forchetta nei broccoletti e intanto fissa la donna.
«No» risponde incarognito «è il mio cervello che è scotto.»
«Vedrete, prima o poi si stancherà e vi lascerà in pace.»
«Di chi sta parlando?»
«Di don Calogero Battaglia.»
«Non ci conti. Ormai io sono il suo gioco preferito. E tutti lo sanno: quel lupo della foresta odia i preti e qualsiasi cosa santificata di questo mondo.»
«Avete ragione. Deve odiare anche Dio. Avete visto domenica in chiesa? Non si è tolto la coppola.»
«Cieco non sono.»
Don Carmelo solleva la forchetta ma nel portarla alla bocca si blocca con la mano a mezz'aria: un ricordo improvviso si tramuta in un'ennesima esternazione di rabbia. «E pensare che voleva farsi prete, il mala carne!»
Donna Agatina assume una posa che, straccio in mano, al parroco riporta alla mente la scena di Saul fulminato sulla via di Damasco.
«Davvero voleva farsi prete?»
«E che, dico cretinate, io? Lo chieda in giro. Nel quartiere tutti lo sanno.»
«Gesù. Si vede, allora, che qualcosa di buono deve averlo anche lui nel cuore.»
«Come no. In effetti, con quel suo coltello dalla lama affilatissima che mette in mostra a ogni brivido di collera, dicono che abbia fatto cose buone. Molte buone. Buonissime. Tante buone che nella borgata de' pescatori non si contano più le sue vittime.»
La perpetua gli indirizza uno strano sguardo. «Ditemi la verità, don Carmelo, voi avete paura di lui, vero?»
Il parroco tace. Accantona la domanda in un angolo del suo cervello, promettendosi di rispondere per le rime alla perpetua. Il ricordo di un colloquio al confessionale con don Calogero ragazzo, tantissimo tempo fa, prende il sopravvento.
"… La tua vocazione è una cosa preziosa, Calogero. Mi fa capire che sei un ragazzo speciale. Devi fare attenzione, però, tante sono le tentazioni in questo mondo. Ed è opportuno che io ti prepari alla vita da servitore di Dio. Ma devo sapere se c'è qualcosa che ti turba".
"Padre, in effetti sono preoccupato per la malattia di mio fratello. Purtroppo nemmeno mia madre sta bene. Dalla morte di mio padre non s'è più riavuta, sapete".
"Coraggio, non devi abbatterti. Ognuno di noi ha la sua croce da portare su questa terra".
"La malattia di mio fratello è di quelle rare, una complicanza ai polmoni. Occorre del denaro per curarlo, e la mia famiglia purtroppo è povera. Abbiamo già tanti debiti".
"Un rimedio lo troveremo".
"Davvero padre?"
"Si può sempre organizzare una colletta. Ma devi prima mettere a nudo la tua anima".
"E come padre?"
"Con la preghiera arriveremo al cuore di Dio. Ma immagino, data la tua giovane età, che tu sia attratto dai piaceri della carne e non puoi fare a meno di toccarti".
"Toccarmi?"
"Su, che hai capito".
"Padre, veramente non so cosa c'entri questo discorso con l'arrivare al cuore di Dio".
"C'entra figliolo, c'entra. Se dobbiamo rivolgere quelle famose preghiere a Dio, devi essere com-pletamente leale con Lui. Ti insegnerò io come fare".
"Non capisco, padre".
"Sabato pomeriggio vieni a trovarmi in canonica, ti spiegherò come toccarti senza peccare. Poi risolveremo il tuo problema".
Calogero Battaglia non aveva risposto subito, ma alla fine la sua voce era arrivata chiara, diversa.
"Va bene, verrò a farvi visita".
"Dopo le sette, però. Non dimenticarlo".
"Non lo dimenticherò, avete la mia parola d'onore".
E l'aveva mantenuta la sua parola d'onore. Lo aveva aspettato dietro le mura della chiesa e, quando lo aveva visto arrivare, gli aveva sferrato una randellata in testa. Una botta terrificante. Una settimana in coma. Quasi lo uccise. Calogero fu arrestato e le sue accuse di pedofilia per fortuna rimbalzarono invano contro le pareti di una sala dell'Arcivescovado.
Passando davanti alla finestra, donna Agatina si ferma di colpo e guarda in strada. Si volta verso il parroco e si butta le mani al volto. Poi le toglie. Se le butta di nuovo. Infine muove le labbra, senza suono: Là sono!
Don Carmelo si alza dal tavolo e corre alla finestra.
Gli sgherri di Don Calogero sono appostati proprio all'angolo della strada. Uno di fronte all'altro, spalle e piede al muro.
Quello alto col labbro storto, che pare sempre disgustato dalla vita, si è accorto di lui. E, pronto, fa scattare la lama del coltello, maneggiando la punta per pulirsi le unghie. Poi fa segno al compare, lo sbarracorta e lesto di occhi, di guardare verso la finestra.
I due ora lo fissano con sguardi che scintillano di ironia.
Per don Carmelo ormai è chiara la questione: alla minaccia del don, in chiesa seguiranno fatti sempre più tangibili, e tramite quei due cani ormai sciolti dal loro padrone. Il parroco sa bene che non può evitarli. Quindi decide che tanto vale affrontarli e tentare di prenderli con le buone.
Quando, giù in strada, arriva al loro cospetto, lo sgherro più basso lo apostrofa con una frase dal tono cantilenante.
«Ohè padre miracolo! Avete dormito bene stanotte?»
«Discretamente.»
«Come scorre veloce il tempo eh?»
«Già.»
«Lo dico sempre anch'io» dice a ruota l'altro compare. «Il tempo è una cosa buona. Un regalo che nostro Padre Santo fa a chi gli vuol bene e lo rispetta.»
«Giusto» riprende lo sgherro più basso. «L'unica cosa spiacevole del tempo è che passa troppo in fretta. Non so che cosa ne pensiate voi, don Carmelo. Quindi vi chiedo: è o non è come dico io?»
«Ma certo figlio, che è come dici tu. Ma sai, a volte Dio concede altro tempo alle anime pentite. Non per nulla Egli è detto il Misericordioso. Una proroga, in genere, non la rifiuta mai a nessuno.»
«Proroga? E che minchia sarebbe?» Ribatte lo sgherro più alto, detto il Continentale, che smette di pulirsi le unghie col coltello. «Perché parlate in latino, adesso? Vabbè che avete fatto le scuole, ma se volete che persone come noi vi capiscano dovete usare la loro stessa lingua. Noi due, per esempio, non sappiamo una minchia di proroghe!»
«Avete ragione, perdonatemi. Volevo dire che a volte Dio concede altro tempo a chi ha un debito con Lui, per metterlo alla prova e dargli così la possibilità di redimersi.»
«Questo, dunque, sta solo a Dio deciderlo. Giusto?» Dice lo sgherro più basso.
«Sicuro, a Dio. E se dai suoi arcangeli Gli arrivassero le preghiere giuste dell'uomo pentito, forse Egli potrebbe prendere in considerazione la richiesta e concedere altro tempo.»
«Voi credete nella forza della preghiera, vero don Carmelo?» Gli chiede lo sgherro dal labbro storto, gli occhi di nuovo fissi sulla punta del coltello.
«Sicuro figlio, che ci credo. Non sarei un uomo di Dio, sennò.»
«E cosa sareste, sentiamo.» Il tono dello sgherro più alto è duro. Una pietra.
«Be', un peccatore, temo.»
«Un rinnegato di Dio, magari?»
«Anche.»
«Un saracino privo di carità cristiana?»
«Ma sì, anche un saracino, probabilmente.»
«Un pezzo di merda?» Sul volto truce dell'altro compare che ha preso la parola, quello più basso, c'è uno sguardo che lo rende sinistro. Sembra uno di quei mastini che si incontrano per strada e ringhiano in continuazione.
«Ma che volete che vi dica ancora, figlioli?»
«No, padre. Dite, dite» ribatte il Continentale. «Siamo qui apposta per ascoltarvi. E vi garantisco che nessuno vi impedirà di parlare. La democrazia è una bella cosa, perché tutti possono fare delle domande lecite e ricevere lecite risposte.»
«Certo, certo, avete ragione. Be', anche in quel caso sarei quella "cosa" lì. Insomma avete capito.»
«Che vi succede, don Carmelo?» Ribatte lo sgherro lesto di occhi. «Avete paura delle parole al punto da non saperle più pronunciare? Suvvia, un uomo come voi, che conosce il latino, non dovrebbe avere nessuna difficoltà nel pronunciare parole nostrane. E poi ci sono cose più brutte delle parole, cose che fanno male davvero!»
Con un balzo, lo sgherro sfila il coltello dalla tasca e, fatta scattare la lama, piomba sul padre parroco sferrandogli una coltellata al volto. Da orecchio e mento, il sangue zampilla come una fontana. Il parroco grida di dolore. Si guarda attorno, in cerca di aiuto. Alza lo sguardo alla canonica: donna Agatina è alla finestra, le mani al volto, poi le congiunge, come in preghiera.
Dagli usci scuri ai lati della via non si ode uno scricchiolio. Don Carmelo è certo che la gente scruta dalle porte e finestre. Ma ha troppa paura del nuovo boss e dei suoi sgherri. E, come previsto, nessuno muove un dito.
«Allora che facciamo, signor prete? Stiamo ancora aspettando una vostra risposta.»
Stavolta è lo sgherro alto a parlare. Anche la lama del suo coltello sembra voler bere il sangue del gesuita. Con una mossa studiata del braccio il Continentale lancia il coltello verso il parroco. Proprio nel momento in cui questi si scansa. Il coltello si pianta sul legno dell'imposta di una finestra, nel punto in cui si trovava il parroco un secondo prima.
Con passo dinoccolato e con tutta la flemma possibile, il Continentale si avvicina all'imposta e stacca il coltello. Poi si gira e storpia un sorriso troppo poco rassicurante al padre parroco.
«Certo, certo, figli miei» cinguetta don Carmelo. «È naturale, in quel caso sarei anche un pezzo di merda. Anzi, un "gran" pezzo di merda.»
I coltelli scompaiono dalle mani degli sgherri con un gioco troppo veloce perché il parroco avesse potuto seguirlo.
«Bene. Avete visto che alla fine ci siete riuscito?» Dice lo sgherro più basso. «E sapete che ne penso delle vostre proroghe? Penso che in effetti Dio le vada concedendo alla brava gente, a quella probabilmente che merita di essere redenta. Ma ai pezzi di merda secondo voi Dio le va concedendo?»
«Badate, padre, che non accetteremo una risposta che non sia ispirata dall'Eterno» dice a ruota l'altro compare.
«Giusto, figliuolo. Non ci piove. Dio non potrà mai concedere proroghe a certa gente.»
«E allora?»
«Domani chiederò al vescovo di mandarmi in pensione.»
«Bene, nel frattempo faccia sapere a sua eccellenza il vescovo che ha un mese di tempo per togliersi anche lui dalla minchia!»