Lettera a un padre

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2019/2020.

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1 - non mi piace affatto
2
12%
2 - mi piace pochino
3
18%
3 - si lascia leggere
8
47%
4 - è bello
2
12%
5 - mi piace tantissimo
2
12%
 
Voti totali: 17

Ianira Zeno
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Lettera a un padre

Messaggio da leggere da Ianira Zeno »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Volgo lo sguardo e ti vedo.
Istintivamente allungo il braccio cercando di raggiungerti ma sei troppo distante.
Dormi, un sonno agitato; sento il tuo respiro profondo e mi viene da sorridere. Solo tu puoi addormentarti in una situazione del genere.
Mi domando da quanto tempo siamo dentro questa stanza.
Guardo l’orologio appeso al muro e mi accorgo che è quasi un nuovo giorno.
Buona notte, papà.

Il sonno per me non arriva e la mente è intasata di pensieri.
Sento rumori lontani mentre guardo assorta i giochi di luci ed ombre che danzano attorno a noi. Sdraiata in questo comodo letto bianco cerco di tirare alcune somme, cerco il più razionalmente possibile di fare un bilancio della mia vita.
Ne ho fatti tanti di errori e sono consapevole di non essere stata la figlia che tu, forse, avresti meritato.
Al solo pensiero le lacrime iniziano a rigarmi il volto. Così mi ritrovo a piangere silenziosamente cercando di soffocare i singhiozzi nella coperta di lana. Piango per te. Per noi.
Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?
Da troppo tempo non siamo che sconosciuti; con lo stesso sangue, con gli stessi tratti somatici e, nonostante nessuno dei due lo ammetterà mai, con lo stesso schifoso carattere.
Alcune volte ti ho odiato e di questo, solo ora, mi vergogno immensamente.
Odiavo la tua assenza quando per giorni interi eri lontano da casa, odiavo la tua presenza quando tornavi.
In alcune occasioni ti avrei voluto accanto, speravo ti sedessi accanto a me e mi chiedessi come stessi, che cosa mi passasse per la testa. Ma non facevo altro che risponderti stizzita non ho niente le poche volte che lo facevi.
Credevo, insomma, di essermi abituata alla tua assenza, a non vederti quasi fossi un fantasma. Ero proprio una stupida.

Il tempo non passa mai. Mi rimbomba nella testa l’odioso ticchettio dei secondi che trascorrono. Mi manca l’aria e così guardo la finestra come se potessi aprirla con la forza della mente.
Nonostante la stagione il cielo è limpido; riesco a vedere alcune stelle luminose, la scia di un aereo diretto chissà dove e una bianca luna. Il suo chiarore illumina la stanza evidenziando tutte le imperfezioni e le rughe che ormai segnano il tuo volto.
Per la prima volta mi soffermo ad osservarti con attenzione e mi stupisco nel vederti così invecchiato. Quanto tempo che abbiamo sprecato a litigare per piccole, stupide inezie.
Anche se nonostante i miei malumori e i miei silenzi mi hai sempre guardata da lontano e protetta. Come una roccia che non vedi, sommersa dall’ acqua, ma alla quale sai che puoi aggrapparti per trarti in salvo laddove il mare si increspi improvvisamente.
Tu un osservatore lontano, discreto. Tu che chiedevi agli altri cosa facessi. Ed io che scioccamente mi disinteressavo di come il mio atteggiamento potesse farti stare.
Ma ora il destino mi ha dato un’opportunità.
Quando il medico annunciò che c’era compatibilità e che il trapianto poteva essere eseguito capii che era giunta la mia occasione per dimostrarti il mio amore. È l’ora di mettere da parte l’orgoglio, senza scuse. Perché la vita è una e noi meritiamo una seconda possibilità. Non ti lascerò andare senza averci provato. Perché, di fatto, non sono pronta a stare senza di te.
E chissà; usciti da qui noi due soli potremmo sederci ad un tavolo qualunque di un anonimo bar a raccontarci. Per cercare di ricominciare. Perché non è mai troppo tardi, non ci sono tempi giusti o luoghi perfetti per dare un abbraccio.

Li sento arrivare. I loro passi rimbombano nel corridoio silenzioso. È arrivato il momento mi dico.
Tu mi guardi e mi sussurri a dopo tesoro. Una lacrima ti riga la guancia e imbarazzato come un ragazzino colto con le mani nella marmellata la scacci velocemente come se ci fosse vergogna nel manifestare emozioni.
Mentre ci portano via riesco a sfiorarti la mano.
Neanche in questo momento riusciamo a dircelo ma, forse, per la prima volta, non occorre. Ci guardiamo e tutti gli errori di questi anni magicamente svaniscono.
A dopo, papà.
ElianaF
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Commento: Lettera ad un padre

Messaggio da leggere da ElianaF »

Il racconto mi è piaciuto, scritto con attenzione e con una scelta di termini che definirei ovattati. Una favola a lieto fine che si legge in fretta e altrettanto in fretta si dimentica, non coinvolge il lettore.
Ultima modifica di ElianaF il 13/01/2020, 21:30, modificato 1 volta in totale.
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Massimo Baglione
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Re: Lettera a un padre

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Ricordatevi di specificare esattamente "Commento" come titolo del messaggio usato per commentare le opere in Gara (senza prefissi come "Re:" o altri suffissi), altrimenti non verranno conteggiati dal sistema, grazie!
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Selene Barblan
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Racconto elegante, ben scritto, dove i sentimenti, i ricordi e i pensieri vengono ben espressi, senza risultare eccessivi. Mi stona solo il fatto che gli errori, alla fine, “magicamente svaniscono”; capisco che in un momento così forte a livello emotivo un simile pensiero venga alla mente, ma mi sembra comunque poco realistico. Secondo me già da quanto scritto precedentemente si intuiva che nuove possibilità di riscatto e riavvicinamento sarebbero nate. Non è un genere che mi coinvolge particolarmente ma lo trovo globalmente bello, voto 4.
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Eliseo Palumbo
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Messaggio da leggere da Eliseo Palumbo »

Racconto molto dolce, scritto bene, scorrevole che si lascia leggere.
Dal titolo mi sarei aspettato altro, non so, un padre defunto oppure lontano da casa per un motivo o un altro, più che una lettera a me sono sembrate riflessioni, dettate forse dall'ansia e dalla paura di non rivederlo più dopo l'intervento per complicanze che spero non siano avvenute. Il rimorso nasce sempre nei momenti più bui e lontani, quando è troppo, o quasi, tardi; quando il famoso film dei ricordi scorre inesorabile nelle nostri menti.
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte

POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO


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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Il racconto è scorrevole e la trama ispira tenerezza. Vero è che mi pare ci siano delle incongruenze tra la parte iniziale, in cui si rimprovera mentalmente quel padre per la propria assenza, al finale della storia dove invece si ricorda il contrario... Non male comunque, si lascia senz'altro leggere
Stefyp
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Anch'io ho colto qualche incongruenza, ma a ben pensare, i sentimenti verso i nostri cari sono proprio così. Sospesi tra il bene che vogliamo e quello che vorremmo fossero.
Racconto molto intimo, ben scritto, poco coinvolgente per chi legge, a meno che non abbia provato le stesse cose.
La punteggiatura forse è un pochino da rivedere.
Simone_Non_é
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Messaggio da leggere da Simone_Non_é »

Mi è piaciuto, ma ciò che più mi ha colpito è stata la seguente frase "Perché, di fatto, non sono pronta a stare senza di te", mi chiedo se la protagonista del racconto abbia compiuto questo gesto per amore o per paura, in quanto un dopo senza una figura così importante avrebbe significato certamente molto dolore. Abbiamo davvero bisogno di situazioni pesanti per apprezzare ciò che abbiamo? Mi piace pensare che questo racconto sia una spinta per dare valore a ciò che a volte si da per scontato.
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Roberto Bonfanti
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Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ci sono stati errori e incomprensioni da entrambe le parti, ma nel momento cruciale questi vengono accantonati, il sangue non è acqua.
È vero, ci sono delle incongruenze però, come ha fatto notare Stefyp, fanno parte del normale rapporto padre/figli.
Ben scritto, migliorabile solo in certi dettagli di punteggiatura, un po’ retorico ma nel complesso non male.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

una confessione, una lettera d'amore, forse, quasi a sorpresa per la stessa protagonista.
peccato per i refusi. ci sono d eufoniche, spazi di troppo (dopo l'apostrofo non vanno), ripetizioni.
e qualche punteggiatura da rivedere.
il finale è fin troppo scontato, sebbene comprensibile, vista la storia.
comunque si lascia leggere.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Roberto Ballardini
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Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

Non è di sicuro il tipo di racconti che prediligo, in primo luogo perché preferirei trovare una storia di questo genere tutt'al più inserita in un contesto più ampio e non in forma autobiografica o similare. Più o meno lo stesso motivo per cui non sopporto la gente che piange nei notiziari televisivi, credo, e cioè perché penso che certe esperienze personali, se lo sono davvero, dovrebbero rimanere private. Ripeto che poi ci sono altre vie per fare confluire certe emozioni nella scrittura, ma è solo una mia opnione personale. In secondo luogo, poi, perché non credo assolutamente nella cancellazione degli errori (tutt'al più nella loro rielaborazione), e forse neanche negli errori stessi, toccando con mano tutti i giorni quanto la vita sia piena di conflitti inevitabili e spesso insanabili di cui bisogna farsi una ragione. Dico questo solo per spiegare la mia valutazione, poi ovviamente ognuno di noi è libero di interpretare le proprie esperienze come vuole.
Formalmente, il racconto è scritto bene, mi pare.
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Giorgio Leone
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Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Racconto ben scritto, con solo alcune pecche in relazione alla punteggiatura: comunque basterebbe rileggerlo ad alta voce per accorgersene e provvedere alle correzioni. Un po’ troppo buonista, scontato e retorico, almeno per i miei gusti, ogni tanto a sorpresa evidenzia momenti di pensiero e giudizi originali che potrebbero e dovrebbero essere utilmente approfonditi (Odiavo la tua assenza quando per giorni interi eri lontano da casa, odiavo la tua presenza quando tornavi). Invece frasi del tipo “Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?”, “Quanto tempo che abbiamo sprecato a litigare per piccole, stupide inezie” o “non è mai troppo tardi” me le diceva anche mia madre, ma con quelle non siamo mai arrivati da nessuna parte. La vita è molto più complicata e i rapporti fra genitori e figli – specie quando si somigliano nel carattere – sono troppo spesso difficili. Per risolvere le reciproche incomprensioni, tuttavia, c’è solo un mezzo: uno dei due, preferibilmente il più anziano, deve “mollare”, non aver paura di mostrare le sue debolezze e sciogliere in un abbraccio tutte le tensioni. Se, invece, è necessario attendere un trapianto, significa che qualcosa proprio non ha funzionato. Ma è pur sempre una storia da raccontare. Per finire, proprio in rapporto a quanto ho detto sopra, questa frase proprio non l’ho capita: “Quando il medico annunciò che c’era compatibilità e che il trapianto poteva essere eseguito capii che era giunta la mia occasione per dimostrarti il mio amore. È l’ora di mettere da parte l’orgoglio, senza scuse.” Capisco bene l’amore, ma perché, in un’occasione come questa, la figlia dovrebbe mettere da parte l’orgoglio, senza scuse? L’orgoglio potrebbe essere d’ostacolo a un trapianto?
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Angelo Ciola
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Messaggio da leggere da Angelo Ciola »

I rapporti tra genitori e figli non sempre sono come si vorrebbe ma certamente nei momenti più difficili le incomprensioni, per fortuna, spesso vengo accantonate e si trova la capacità di aiutarsi. Un buon racconto che coinvolge emotivamente.
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