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Domani

Inviato: 27/01/2020, 9:49
da Massimo Centorame
leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Ho ripreso a sudare durante la notte. Erano tre anni che non sudavo, e siamo a gennaio. Inoltre negli ultimi tre mesi avrò perso più di due kg. Non ho cambiato regime alimentare né aumentato l’attività fisica, anzi, da quando ogni giorno che passa mi sento più stanco, l’ho proprio sospesa.
Non posso parlarne con nessuno. Forse sarà anche per questo che scrivo qui, perché so che nessuno di quelli che conosco verrà mai a leggere ciò che sto vivendo. A volte sono proprio le persone più lontane quelle che sentiamo vicine.
Da quando ho ricominciato a percepire la sua presenza, l'altro me dentro di me, tutto mi sembra insignificante. È come stare in mezzo a un batuffolo di ovatta, tutto fuori è distante, attutito, smorzato.
Forse dovrei aspettare prima di farmi il coccodrillo, è solo che lo conosco. So bene come si comporta, come si muove e come cresce quando decide di venir fuori. E pensare che ero convinto davvero di averlo cacciato a calci nel culo. Mi sbagliavo, purtroppo mi sbagliavo.
Non so come mi sento, vado avanti. Ma mi riesce difficile immaginare un futuro che superi le 24 ore e il vivo il tempo come l’ultimo giro di un orologio caricato a molla.
Aspetto domani e lo faccio da tre mesi ormai. I camici bianchi delle dottoresse e quelli verdi delle infermiere, l'odore di disinfettante e sapone tra le corsie, la luce abbacinante dei neon appiccicati al soffitto e i quadri di ex pazienti che riempiono i muri. Tutto già visto, tutto già conosciuto, ma mai così inaspettato.
Torno a ripetere, non so se sia vero oppure no. Non so neanche perché in questi mesi non ho mai preso il cellulare e chiamato il reparto. Mi sono ingannato raccontandomi cazzate: "devo far questo, devo fare quello". Ma non era vero. La verità è che forse non voglio saperlo. Non voglio sapere di essere ricaduto.
Paura, rabbia, totale sconforto. Il futuro indossa una delle sue vesti peggiori. E quando dico peggiori non parlo della morte, perché quella alla fine chiude la partita, risolve tutto per chi se ne va e carica come muli quelli che restano. Forse è per questo che non lo dico ai miei familiari. O forse sono più egoista di come mi dipingo e non lo dico perché non ho voglia di starmeli a sentire. Non lo so. So solo che ciò che sento: il cuore batte forte e il respiro muore strozzato in gola, mentre i pensieri vanno giù trascinando anche il mio umore.
Non c'entrano i meriti, questo l'ho già sentito passato, ma allora con chi dovrei prendermela? Datemi qualcuno o qualcosa a cui assegnare colpe e responsabilità. Almeno sarebbe più semplice, almeno avrei uno sfogo e uno scopo. Perché senza scopi la partita si chiude.

Commento

Inviato: 27/01/2020, 11:44
da Selene Barblan
Mi piacciono i racconti, gli scritti criptici, misteriosi, anche quelli che parlano di malesseri difficilmente spiegabili. “Domani” rientra secondo me nell’ambito del “cercare di spiegare quello che dal di fuori non si può vedere”. Quindi il tema mi ispira, ma lo stile secondo me è troppo impreciso in questo caso. Faccio degli esempi:

“Ricominciato e non riconciato”, dell’altro me non l’altro me dentro me, non capisco la frase “aspettare prima di farmi il coccodrillo “, ma forse è un problema mio.
Andrebbe riletto e revisionato secondo me.

Anche la punteggiatura sarebbe da rivedere.

Questi aspetti hanno, come ho detto prima, reso di difficile lettura un racconto che potrebbe essere invece interessante, facendolo risultare ai miei occhi poco coinvolgente. Per questi motivi mi piace pochino.

commento

Inviato: 27/01/2020, 13:04
da Fausto Scatoli
onestamente devo ammettere che i racconti di questo genere non mi piacciono.
in ogni caso, se ben scritti a livello lessicale, grammaticale e descrittivo, li apprezzo comunque.
in questo caso trovo qualche carenza.
le descrizioni ci sono, ma paiono fini a se stesse, non mi dicono molto.
la stesura invece è buona, nonostante qualche ripetizione.
rimane il fatto che non recepisco il messaggio, ma questo può tranquillamente essere un limite mio.

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Inviato: 01/02/2020, 15:15
da Laura Traverso
Si comprende, in questo racconto, la volontà dell'autore di "parlare", attraverso il contenuto del testo, di un malessere esistenziale, così, un po' generico... che non so capire più di tanto. Contiene alcune imperfezioni lessicali e di punteggiatura. Capita a tutti! Sono certa che con un'attenta rilettura questo racconto possa senz'altro migliorare.

Commento: Domani

Inviato: 01/02/2020, 20:49
da ElianaF
Era iniziato bene, ma ha perso il ritmo lungo la strada. L'idea è buona ma trovo che manchi lo sviluppo, come lettore mi aspetto che succeda qualcosa, invece è un unico punto di vista dettagliato per più paragrafi.

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Inviato: 03/02/2020, 16:57
da Stefyp
Più che un racconto mi sembra un resoconto dello stato d'animo del protagonista. Non so se ho capito quale tipo di malessere stia raccontando. La scelta di non dirlo nello specifico è comprensibile e ci sta. È il tipo di racconto che può toccarti delle corde e fartele vibrare a lungo oppure no. La reazione a questo tipo di lettura è molto personale. Nel mio caso l'ho letto con interesse, ma le corde non hanno vibrato.

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Inviato: 04/02/2020, 22:16
da Angelo Ciola
Il racconto si limita ad una amara confessione del protagonista, ma di cui non si conosce nemmeno le cause o le motivazioni. Io preferisco i racconti che abbiano all'interno una idea o una trovata, un qualcosa che ne giustifichi la lettura.

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Inviato: 04/02/2020, 23:00
da Roberto Bonfanti
I pensieri del protagonista sono ben espressi e tutto il brano è efficace nel trasmettere il senso di malessere che prova.
Però… manca la storia. I vaghi indizi: “l’altro me dentro di me”, “non parlo della morte”, “non so se sia vero oppure no”, fanno intuire sviluppi possibili e interessanti ma che rimangono ipotetici.
Probabilmente è un buon incipit per un racconto più lungo e articolato.

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Inviato: 05/02/2020, 10:02
da Roberto Ballardini
Mi pare che il racconto rimanga tutto chiuso dentro sé stesso. Vale un po' quello che ho scritto sul racconto di Alessiaardente, e cioè troppo poco al di là dell'impulso emotivo, e di impulsi emotivi di questo tipo in giro per i forum se ne trovano in quantità. E' solo il mio punto di vista e non significa certo che lo scritto non abbia una sua ragion d'essere. E' solo che dovendo rapportarlo agli altri racconti in gara, un giudizio anche personale diventa obbligatorio.

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Inviato: 07/02/2020, 11:44
da Eliseo Palumbo
Il protagonista esterna il suo malessere, un malessere interiore e cronico. Già in passato ha ricorso, per sua volontà o di terzi, all'aiuto di personale sanitario, molto probabilmente a causa di una psicosi, ciò spiegherebbe l'altro Lui, interpretabile con una voce o una presenza avvertita come estranea. Tipico anche il rifiuto al chiedere aiuto, spesso i pazienti psichiatrici credono che le ricadute siano una falla del sistema che li ha aiutati in passato, ne negano dunque la compentenza, autorità e utilità.
Il racconto va rivisto dal punto di vista della punteggiatura, per quanto rigurada la brevità, l'intensità e il "mistero" delle cose non dette doveva essere scritto così visto la natura.

Detto ciò, la frase che mi fa riflettere è la seguente: "Forse sarà anche per questo che scrivo qui, perché so che nessuno di quelli che conosco verrà mai a leggere ciò che sto vivendo." Mi fa riflettere perché per un istante ho avuto come la sensazione che questo racconto sia autobiografico, spero di sbagliarmi, ma nel momento in cui lo fosse il mio consiglio è quello di parlarne proprio con le persone che ti conoscono e di affidarti nuovamente a chi in passato ti aiutato: famigli, amici, personale sanitario, è dura da accettare, lo capisco benissimo, ho lavorato nella neuropsichiatria infantile per tre anni, ma è l'unica soluzione, chiudersi in sé non è mai la migliore cosa da fare.
In bocca al lupo per tutto

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Inviato: 18/02/2020, 16:46
da Giorgio Leone
Non mi sembra troppo criptico. Questo poveretto, con una passato di cure psichiatriche, si era illuso – o l’avevano illuso – di essere guarito. Ma la presenza estranea dentro se stesso – l’altro se stesso – è tornata ancora più potente e lui teme che avrà la meglio. Resta fuori, non dice nulla ai familiari, non si fa ricoverare, vive alla giornata con poca speranza. Forse dovrebbe aspettare prima di darsi per spacciato – farsi il coccodrillo in senso giornalistico – ma in fondo sa che non ce la farà e non c’è nessuno con cui se la potrà prendere, se non con il destino. A me il racconto, disperato e pessimista, non è dispiaciuto ed è scritto bene.

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Inviato: 01/03/2020, 19:53
da Teseo Tesei
Alcune volte è bene cambiare le lenti degli occhiali con i quali osserviamo quel che ci circonda.
Potremmo scoprire un mondo tutto nuovo.
Magari anche cambiare punto di osservazione ed ascolto è cosa consigliabile, quando ci poniamo certe domande.

Perchè sono malato?
Di chi è la colpa?
La sofferenza e lo smarrimento inflitta al corpo, ed in alcuni di noi all'anima, da un male grave sono terribili al punto che vorremmo rifiutarli o scacciarli via.

Eppure ... eppure, nulla accade mai per caso a questo mondo.
Tutto è per il nostro bene ... paradossalmente anche ciò che noi identifichiamo come male sovente agisce per un nostro bene migliore.

Qualora ci troviamo di fronte ad un problema che riteniamo insormontabile urge una seria disamina.
Nel caso specifico quale è lo smarrimento e la sofferenza per noi più deleteria?
Quella del corpo o quella dell' Anima?

A ben vedere la prima da sanare è la sofferenza e lo smarrimento dell'Anima.

Infatti quando la sofferenza, attraverso la grazia di Dio, si toglie la maschera scopre un volto di gioia. Una gioia che si concretizza spesso nei nostri cari, nel personale medico ed in tutto il mondo che ci circonda.
Dunque perché rifiutare tutto ciò?
Per una paura irrazionale ed errata?
Per una colpa scaricata su altri ma che dovremmo invero ricercare dentro noi stessi?

Quando la vita riserva sofferenze e difficoltà è istintivo per ogni essere umano volerne ricercare le cause.
Trovare un colpevole su cui scaricare le nostre ansie spesso è per noi la "soluzione" più comoda.
In alcuni questo percorso porta perfino ad “incolpare” Dio, o peggio a sentirsi da Lui traditi ed abbandonati.
Questo è l'errore più grave nel quale potremmo cadere.

Malattia e morte, fanno parte della vita, ci ricordano che siamo imperfetti, ma sopratutto siamo bisognosi dell’amore del Padre nostro che è nei Cieli.

Talvolta potremmo scoprire un bene più grande che con gli occhiali della rabbia e della paura non saremmo mai riusciti a vedere.

Nulla accade per caso, tutto ha un senso in questo mondo.
Non sprechiamo la nostra malattia, anzi, preghiamo Dio affinché ci conceda il dono della Fede in modo che nostra visione sia molto più nitida ed obbiettiva.

Voto 4 di incoraggiamento, ma potrebbe diventare un cinque qualora la vista del protagonista dovesse migliorare.

:smt006

commento

Inviato: 04/03/2020, 14:03
da Macrelli Piero
Ho una particolare predilezione per i racconti scritti in prima persona nonostante alcuni limiti rispetto all'onnipotenza che un autore quando usa la terza persona: sprigionano una energia particolare e tendono a legare maggiormente il lettore con il protagonista. Spesso, però, si fa l'errore di cercare nel testo riferimenti autobiografici e questo carica l'autore di responsabilità che non gli competono e comunque a me non interessano e non sono importati anche se Flaubert affermava: "La Bovary sono io", in un romanzo che non è in prima persona e comunque qui si parla di racconti brevi.
Il racconto mi ha evocato atmosfere Ballardiane che purtroppo non si sono poi concretizzate, ma ci si può lavorare sopra.
Hikikomori è la parola che mi ha evocato questo racconto e che potrebbe essere uno spunto (se non il titolo) per una elaborazione ulteriore.
Bene per la mancanza del colpo di scena finale che mi sembra più fuori modo di un assolo di basso, mentre, quando indovinato, il finale sospeso è sempre elegante. Il alternativa è bello anche la ripresa dell' incipit ("ho ripreso a sudare durante la notte...") che crea un "loop" ossessivo in linea con il tema del racconto.

Commento

Inviato: 04/03/2020, 15:27
da Andr60
Si consiglia Aloperidolo da 2 a 10 mg/giorno per via orale, come dose singola o suddivisa in 2 dosi separate. I pazienti con un primo episodio di schizofrenia generalmente rispondono a 2-4 mg/giorno, mentre per i pazienti con episodi multipli di schizofrenia potrebbero essere necessari dosi fino a 10 mg/giorno.
Voto 3