Picnic a Hanging Rock
Inviato: 14/02/2021, 15:24
Film di Peter Weir del 1975, con Rachel Roberts, Vivean Gray, Helen Morse, Kirsty Child, Anthony Llewellyn-Jones. Tratto dal romanzo di Joan Lindsay.
È San Valentino, il 14 febbraio del 1900. Ci troviamo nello stato del Victoria, Australia. Delle giovani appartenenti a un collegio della zona si recano per il picnic annuale a Hanging Rock accompagnate da due insegnanti.
A un certo punto quattro delle ragazze chiedono il permesso di esplorare le rocce e si allontanano. Solo una di loro fa ritorno, si ricongiunge al gruppo in uno stato di agitazione quasi isterica, non sa spiegare cosa sia successo. Anche una delle due accompagnatrici risulta dispersa… .
Di questo film mi sono piaciute diverse cose: innanzitutto la capacità di ricostruire una storia restando, mi sembra, fedeli al suo spirito. In secondo luogo il fatto che racchiude in se diversi messaggi, più o meno espliciti, e che fa riflettere, non solo sul mistero in se, ma anche su ciò che siamo, su come eravamo, su come stiamo diventando. La colonna sonora così drammatica e a tratti un po’ ossessiva, allo stesso modo delle inquadrature, che si ripetono per creare la tensione e il senso di oppressione. Si riesce a vivere ciò che, per prima la scrittrice, Lindsay, poi anche il regista hanno vissuto e provato in un luogo che deve avere e trasmettere una grande energia.
Una frase mi ha colpito subito, viene detta da Miranda, una delle giovani “La vita è un sogno, nient’altro che un sogno. Il sogno di un sogno.” Chissà se fa riferimento anche al Dreamtime, l’era del sogno del popolo aborigeno, che lì ha vissuto per migliaia di anni prima di venir privato di ogni diritto.
È San Valentino, il 14 febbraio del 1900. Ci troviamo nello stato del Victoria, Australia. Delle giovani appartenenti a un collegio della zona si recano per il picnic annuale a Hanging Rock accompagnate da due insegnanti.
A un certo punto quattro delle ragazze chiedono il permesso di esplorare le rocce e si allontanano. Solo una di loro fa ritorno, si ricongiunge al gruppo in uno stato di agitazione quasi isterica, non sa spiegare cosa sia successo. Anche una delle due accompagnatrici risulta dispersa… .
Di questo film mi sono piaciute diverse cose: innanzitutto la capacità di ricostruire una storia restando, mi sembra, fedeli al suo spirito. In secondo luogo il fatto che racchiude in se diversi messaggi, più o meno espliciti, e che fa riflettere, non solo sul mistero in se, ma anche su ciò che siamo, su come eravamo, su come stiamo diventando. La colonna sonora così drammatica e a tratti un po’ ossessiva, allo stesso modo delle inquadrature, che si ripetono per creare la tensione e il senso di oppressione. Si riesce a vivere ciò che, per prima la scrittrice, Lindsay, poi anche il regista hanno vissuto e provato in un luogo che deve avere e trasmettere una grande energia.
Una frase mi ha colpito subito, viene detta da Miranda, una delle giovani “La vita è un sogno, nient’altro che un sogno. Il sogno di un sogno.” Chissà se fa riferimento anche al Dreamtime, l’era del sogno del popolo aborigeno, che lì ha vissuto per migliaia di anni prima di venir privato di ogni diritto.