Il canale dei dannati

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Andr60
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Il canale dei dannati

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Il canale dei dannati


1.
Se c'è una cosa che mai avrei pensato di fare nel corso della mia vita, è lo scrittore. Ho un lavoro fisso, un matrimonio soddisfacente, non ho particolari ambizioni di fama o di successo.
Eppure, ho maturato l'esigenza di raccontare storie, elaborare trame, vivere vite alternative alla mia tranquilla routine quotidiana. Non mi sento, né diventerò mai, un altro Hemingway, e non ne ho neppure l'ambizione. Mi limito a scrivere racconti e qualche romanzo, e a sottoporli all'attenzione dei critici letterari; non sono roso dal sacro fuoco dell'arte, e dalla loro accettazione non dipende se mi sentirò uno scrittore vero o di successo. Sarebbe solo una piccola soddisfazione, e nulla più.
Tuttavia, i puntuali, ripetuti e inesorabili rifiuti delle mie opere e, parallelamente, l'analisi delle opere dei miei concorrenti nelle numerose kermesse letterarie alle quali ho partecipato, mi hanno indotto a pormi delle domande sulla natura del mondo letterario della Pulcheria (una realtà molto piccola, se paragonata a quella ben più grande dei tericani e manglesi). Nella nostra repubblica non ci sono molti lettori, e il pulcheriano non è certo una lingua molto conosciuta nel mondo, rispetto alle altre continentali, insomma scrittori, critici e lettori non si conoscono per nome ma quasi.
Quindi le cose, prima o poi, si vengono a sapere; e io sono venuto a conoscenza di fatti, legati ai critici che mi hanno boicottato per anni, di assoluta gravità, almeno dal punto di vista morale, quando non di rilevanza penale.
Anche se pare che queste cose non interessino a nessuno, a me invece suggeriscono pensieri negativi. Criminali.

2.
Nadia Bigonci era la vera boss del Premio Megera: lo aveva ereditato dal padre, il professor Asdrubale Bigonci, accademico della Semola e docente per quarant'anni all'Università della Somma Cultura. Era stato lui a ideare quel premio, per dare visibilità a giovani scrittori e poeti poco noti ma ugualmente meritevoli. Col passaggio di consegne avvenuto alla sua morte, cinque anni prima, la figlia Nadia invece aveva preferito dare al premio una veste diversa, più consona allo spirito dei tempi, selezionando gli scrittori secondo il genere e le aree di appartenenza socio-culturale, rispettando i dettami del politically correct. Quell'anno il tema era “La violenza di genere” e Nadia aveva selezionato cinque romanzi e due raccolte di poesie di scrittori non ancora affermati ma già molto validi, non a caso cinque donne e due uomini, entrambi gay. Il secondo autore, un giovane efebico autore della raccolta poetica “Il lungo fiume d'argento”, era seduto in quel momento davanti a lei, e le stava declamando l'ode “La spada di fuoco”. Nadia lo guardò incantata, chiedendosi se il giovane avesse per caso anche altri gusti, oltre a quello per i propri coetanei. Lo avrebbe scoperto presto.

3.
Non so perché, ma mia moglie mi ha piantato. E' vero, negli ultimi mesi l'ho trascurata un po', dopo il lavoro in ufficio mi rintanavo nel mio studio e quasi non le rivolgevo la parola. Secondo lei, però, il motivo è un altro: è che, sempre secondo lei, io sarei cambiato, sarei diventato ossessivo e paranoico. Forse nomino troppo spesso i critici letterari incompetenti e i premi barzelletta ma, insomma, lo sanno tutti che la maggior parte sono pilotati per omaggiare gli amici degli amici, andiamo, su. Diceva anche che passo troppo tempo sui social, a caccia di informazioni sui miei nemici; in questo, devo darle ragione. I social sono una miniera inesauribile di pettegolezzi e maldicenze, in mezzo ai quali però ci sono delle rare pepite d'oro. Come quelle che ho trovato sulla Bigonci.
Secondo quella vecchia babbiona, i miei personaggi femminili sarebbero “schematici e poco approfonditi, degni di un adolescente frustrato”. Ebbene, le dimostrerò che, se voglio, posso approfondire molto bene i comportamenti femminili, soprattutto i suoi.

4.
In effetti, Alessio si era rivelato fin troppo versatile, con sua grande soddisfazione. Alla sua età, le occasioni per Nadia erano sempre più rare; single per scelta, aveva scoperto a sue spese di non essere più troppo appetibile, superati i fatidici anta, ma ora, in qualità di coordinatrice del gruppo di critici e lettori che facevano la scrematura per i candidati finali del premio, aveva buon gioco nello scegliere gli scrittori e i poeti idonei, e i veri criteri li poteva decidere lei.
Suonarono alla porta: forse era Alessio che aveva dimenticato qualcosa, sperò per un attimo.
Invece no, era il fattorino di un fioraio, pazienza.
Che splendide rose, chi me le manda? - gli chiese.
C'è un biglietto allegato, signora. – rispose lui, porgendoglielo.
Oh, davvero? Vediamo chi... - non finì la frase, visto che il fattorino le aveva messo sul naso uno straccio imbevuto di cloroformio. Nadia stramazzò a terra.
Il fattorino chiuse la porta dietro di sé; prese in braccio il corpo di Nadia e andò in camera da letto. Guardò dalla finestra che non ci fosse nessuno in strada (l'appartamento era al decimo piano) e buttò il corpo.
Il falso fattorino prese l'ascensore e uscì dalla porta dei garage condominiali, mentre un'auto si fermava davanti all'androne del palazzo. Voci concitate (e qualche urlo) lo convinsero che il cadavere era stato scoperto: la notizia del tragico suicidio della curatrice del Premio Megera avrebbe aperto il tiggì serale.

5.
La Bigonci era la prima della lista, in ordine alfabetico; sì, ho deciso che, essendo dei letterati, bisogna fare le cose per bene. Rispettare l'alfabeto è la prima cosa, la seconda è applicare la legge del contrappasso, visto che la Comedìa di Sante Aldighieri è un monumento della letteratura pulcheriana e i miei “amici” sono tutti loro estimatori.
Nadia, in qualità di peccatrice di lussuria e seduzione, ha subìto il trasporto in aria dalla bufera; in mancanza di vera tempesta di aria calda, ho ovviato con un volo dal decimo piano. Bisogna sapersi accontentare.
Un altro campione della letteratura nazionale, ben presente anche in molte trasmissioni televisive come tuttologo e polemista, è Vincenzo Trassi.
Vincenzino è stato molto carino (perdonatemi la rima) con me, in occasione del concorso “Una penna per Salano”; il romanzo che ho inviato, che raccontava di morti sul lavoro in un cantiere della città, è stato rifiutato per “l'eccessivo realismo sconfinante nel grand-guignol, in modo immotivato”, In compenso, il romanzo risultato vincitore (con ben 5000 Soldi) era di uno scrittore molto ben inserito nell'ambiente, e parlava di violenza domestica. Del tutto casualmente (o forse no), Trassi è ospite fisso della trasmissione Mariti Crudeli e nel corso della suddetta ha presentato il romanzo, che da allora è balzato in testa alle classifiche dei best seller.
Vincenzino è un perfetto esempio di seminatore di discordia, e come tale lo tratterò.

6.
Era stata una serata faticosa; Trassi, da intellettuale militante, era impegnato da tempo nel sostenere sia la nobile causa delle donne maltrattate in ambito familiare, sia nel parlare della differenza negli stipendi tra uomini e donne. Nel corso del programma di quella sera, “Lavoro, Mercato e Opportunità”, aveva avuto un diverbio piuttosto acceso con un economista il quale sosteneva la tesi assurda che la disparità salariale non esisteva ma era frutto di calcoli sbagliati e tendenziosi, figurarsi! Era come sostenere che la Terra fosse piatta, ma per favore...
Comunque si era davvero arrabbiato, e Trassi lo aveva distrutto in diretta, quel falsario. Ora però si sentiva davvero stanco, svuotato di ogni energia. Premette il pulsante dell'antifurto della propria auto e stava per aprire la portiera, quando apparve un'ombra dal nulla: - Chi è lei, cosa vuole? – chiese, bruscamente.
Nulla, signor Trassi, – rispose l'uomo, tranquillamente, – vorrei solo darle ciò che merita. – così dicendo lo narcotizzò col cloroformio e lo mise nel bagagliaio. Poi salì al posto di guida e accese il motore.

I poliziotti, avvertiti dalla segretaria di produzione del programma tv che aveva cercato inutilmente da ore di contattare Trassi, si trovarono di fronte uno spettacolo agghiacciante: nel garage della sua villa, egli era appeso con le mani incatenate a una parete. Era nudo, e probabilmente era morto dissanguato a causa di profonde coltellate che gli avevano squarciato il petto e il ventre, ma senza ledere gli organi vitali in modo irreparabile. Doveva avere sofferto parecchio.

7.
Le conventicole segrete e la Mattoneria sono realtà acclarate della Pulcheria (e di tante altre nazioni, sia continentali che no); di solito è in casi come premi, concorsi, assegnazioni di incarichi e/o di appalti che i frammattoni possono esplicare tutta la loro magnificenza nei campi della corruzione, della concussione o della semplice disonestà; Calogero Quagliarulo ne è un campione incontrastato, tenuto conto che è “chiacchierato” da tempo, denunciato da più parti ma sempre assolto con formula piena. Ebbi a che fare con lui l'anno scorso, quando gli diedi da valutare il mio romanzo “Un uomo tranquillo”, che parlava della ribellione di un piccolo borghese ai soprusi della burocrazia e delle banche. Quagliarulo lo stroncò, dicendo che “una simile accozzaglia di luoghi comuni non l'avrebbe scritta nemmeno un bambino ritardato”. Immaginarsi la mia sorpresa (e il mio sconcerto) quando un mese fa il tipo si presenta in tv in uno dei soliti programmi-marketta e propone la propria opera, che ha casualmente lo stesso titolo e lo stesso argomento del mio romanzo!
Naturalmente sono corso a comprarlo: Quagliarulo è stato molto scaltro, ha cambiato tutti i nomi dei personaggi e le ambientazioni, ma non c'è il minimo dubbio che la mia storia sia stata bellamente copiata. Ho interpellato un avvocato, il quale mi dice: ”Non c'è niente da fare, il plagio è difficile da provare e poi, se lui vuole, può trascinare la causa per decenni e tu non vedrai mai un soldo”.
Così non posso fare altro; la mia unica indecisione è in quale girone metterlo: i frodatori o i barattieri?

8.
Quagliarulo aveva un appartamento in centro, ma aveva anche ristrutturato la vecchia casa dei suoi genitori ormai deceduti. Spesso, per fuggire dal caos cittadino e trovare l'ispirazione lontano dalla numerosa famiglia (moglie petulante e tre figli adolescenti), non vedeva l'ora di salire in auto e fare settanta chilometri di una strada tutta curve, pur di trovare un po' di pace.
Così aveva fatto anche quel venerdì sera; imboccò la via laterale che portava alla sua vecchia casa, ma inaspettatamente la trovò bloccata da un furgoncino bianco. La strada era troppo stretta per superarlo, quindi attese qualche secondo; scese spazientito dall'auto: - Ehi, c'è qualcuno qui?
Si avvicinò al posto di guida del furgone, ma era vuoto; sconcertato, si diresse al portellone posteriore quando questo si spalancò improvvisamente, e un tizio mascherato gli mise uno straccio imbevuto di cloroformio sul naso. Quagliarulo perse conoscenza immediatamente.

Anche stavolta, i poliziotti si trovarono di fronte un gran brutto spettacolo: in un bidone di plastica riempito a metà (di pece, a quanto pareva) era stato messo un uomo, a testa in giù. Avrebbero dovuto lavorare, per pulire la sua faccia e permetterne il riconoscimento ai parenti, anche se non c'erano molti dubbi sulla sua identità. La moglie di Quagliarulo, arrivata il giorno dopo sul posto, non aveva avuto il coraggio, e nemmeno la forza, di togliere il corpo dal bidone che troneggiava nel cortile di casa.

9.
Il commissario Fedeli, incaricato del caso dell'omicidio di Quagliarulo, stava soppesando tutti gli elementi, cercando di metterli in relazione con le altre morti misteriose degli ultimi mesi: l'assassinio efferato di Trassi e il presunto suicidio della Bigonci. Tutti personaggi di spicco, in qualche modo legati al mondo della letteratura e della critica, con rapporti con l'editoria e i premi che servono da lancio di autori sconosciuti.
Fedeli aveva la sensazione che i tre casi fossero legati: fece una lista dei partecipanti ai tornei letterari (un elenco lunghissimo) e lo mise in relazione con i tre, grazie a un programma informatico che (finalmente!) era a disposizione della polizia pulcheriana.
Vennero fuori ventotto nominativi di persone che potevano avercela con almeno uno dei tre; Fedeli mise sotto torchio i suoi collaboratori, visto che i media già parlavano di un serial killer dei letterati e il questore di Salano aveva cominciato a dare segni di nervosismo, tempestandolo di telefonate.
Giunti al ventunesimo nome, suonò un piccolo campanello d'allarme: un certo Fausto Novelli aveva ricevuto critiche negative sia dalla Bigonci che da Trassi. Interrogato, non risultava avere alibi convincenti per i giorni della loro morte, e il suo cellulare risultava spento; molto strano, pensò Fedeli, che iniziò a indagare a fondo su di lui, interrogandolo più volte.
Nonostante gli sforzi, non trovò nulla di significativo, rimanendo però dell'opinione che Novelli nascondesse qualcosa.
Poi, un venerdì mattina di novembre, Fedeli entrò in banca per parlare con un impiegato col quale aveva un appuntamento: doveva rinegoziare il mutuo, il tasso variabile lo stava strangolando.
Poco dopo entrò un tizio mascherato che tirò fuori dal cappotto un AK47, intimando a tutti la frase classica: - Questa è una rapina!
Fedeli lo guardò con compatimento (ormai le rapine vere si fanno on line, brutto idiota! E non sempre i veri malfattori stanno al di qua del vetro divisorio...) e cercò di farlo ragionare, senza tirare fuori a sua volta l'arma.
Per tutta risposta, quello gli scaricò addosso una raffica di mitra e poi scappò; venne catturato il giorno dopo.
Comunque la morte di Fedeli sancì la fine delle indagini su Novelli, che tirò un sospiro di sollievo.

10.
Alla fine, ho deciso per i barattieri, visto che è (anzi no, era) la colpa principale di Calogero, ben noto per fare compravendita di titoli e premi, dall'alto delle sue numerose cariche.
Specialmente quest'ultimo omicidio ha fatto sensazione: qualcuno comincia a parlare di un serial killer dei critici letterari, che esagerazione!
In ogni caso, è meglio non sfidare il Fato: la polizia era sulle mie tracce ma mi è andata bene. Vorrà dire che ritornerò a fare il cittadino modello, umiliato & offeso.
Tra l'altro, del tutto inaspettatamente, ho ricevuto un'offerta di lavoro: un dirigente di produzione di Canale55 ha letto alcuni miei lavori e gli sono piaciuti. Forse, dopotutto, non sono ancora uno scrittore fallito. E se questo vuol dire lavorare per la tv di Tarasconi (che ho sempre detestato), pazienza.

11.
Mia moglie è tornata a casa. Ho il sospetto che questo fatto sia in correlazione con il miglioramento della mia situazione economica (ho un contratto annuale, rinnovabile, di centomila soldi; prima, da impiegato in un ufficio, ne percepivo la metà), anche se lei mi ha detto che non è così, che ora sono molto più sicuro di me e meno lamentoso, e bla, bla, bla.
Quando le ho dato il pass (riservatissimo) per l'accesso agli studi di Canale55 per assistere sia alle prove che alle prime serate delle trasmissioni che (lei) segue con assiduità, i suoi occhi si sono messi a brillare e mi ha detto una cosa che non mi diceva più da anni: - Ti amo, caro.
E' stato allora che ho capito la verità.
Il mio nuovo lavoro è ben pagato, ma non mi dà grandi soddisfazioni intellettuali, solo quelle economiche; faccio il ghost writer per i reality simbolo della rete, come “Una voce per voi” e “Il mio migliore amico”. In breve, scrivo le sceneggiature dei falsi battibecchi tra Samantha e Hannah per rubare il cuore di Uilliam, il quale è invece innamorato di Deborah che però è impegnata con Gionny. Insomma, con le mie parole gli adolescenti della Pulcheria impareranno ad avere come modelli ideali questi giovinastri, che non sarebbero capaci nemmeno di avvitare una lampadina senza un aiuto.
Se la televisione fosse un animale, questi programmi sarebbero la sua cacca: un lungo, immenso fiume di sterco che io contribuisco a creare.
Questa è la mia legge del contrappasso: sposato con una donna che sta con me solo per interesse, come gli adulatori e i lusingatori dell'inferno passerò la vita nel letame. È il prezzo della libertà.
Namio Intile
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Ciao, Andr.
Parto dalle cose che non vanno: dovresti lavorare sui tempi verbali, o tutto al presente o tutto al passato.
Quanto al contenuto, si tratta a mio avviso di un'invettiva camuffata da racconto e come tale andrebbe considerata. Il protagonista scopre a sue spese che il mondo dell'editoria è marcio, che non c'è nulla di vero e che tale finzione è subordinata agli interessi di pochi. E che per farsi avanti non conta quello che si dice, né come, ma la disponibilità a vendere se stessi, a ridursi a nient'altro che un oggetto, una merce messa all'asta e senza incanto. Consapevole della propria alienazione lo scrittore depone il linguaggio scritto, rinuncia a essere ciò che è (o che forse non è mai stato), a scrivere e a parlare, e uccide. Uccide coloro che ritiene siano i soggetti colpevoli di quella sua condizione. L'omicidio non come vendetta ma come soluzione.
Ma anche la soluzione è un inganno, perché lo scrittore, la vittima, non è migliore dei suoi carnefici. La corruzione è già dilagata dentro di lui e gli basterà un'occasione perché avvenga un totale capovolgimento: e la trasposizione da vittima a carnefice.
L'ho trovata un'azzeccata metafora della moderna condizione umana.
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Non conosco bene il mondo dell’editoria e non ho mai “subito” angherie di questo tipo, posso però comprendere i sentimenti negativi che si creano attorno ad un rifiuto, alle ingiustizie e alle prevaricazioni, avendole vissute in altri contesti. Forse per questa comprensione il racconto mi ha inquietato un po’... il pensare a cosa arriva a fare una persona in determinate situazioni. Per poi arrivare ad una condizione anche peggiore, pur anche nella consapevolezza di cadere in un buio sempre più profondo. Scritto bene, un buon racconto secondo me, voto 4
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Laura Traverso
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Ho trovato il racconto molto divertente, nonostante i numerosi omicidi. Il tutto è condito con una feroce ironia che pone l'accento in quello che, non è difficile da immaginare, succede nel mondo dell'editoria. Il tema trattato, anche con la parte noir (che è la più divertente, secondo me) è originale. La stesura del testo direi che è perfetta (non ho trovato refusi). I nomi scelti sono simpaticissimi; dal "Premio Megera" "Tarasconi" "Canale 55" che quindi ci sarebbe da dire, ridendo, 'ogni riferimento è puramente casuale...' E per finire la rassegnazione all'adeguamento del "così fan tutti", per non soccombere. Concludo dicendo Ok, il pezzo è giusto! Bravo.
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Ciao, Namio. Ho usato i tempi al presente per il racconto in soggettiva, e i tempi al passato per quello in terza persona, tanto per dare dinamicità al racconto (non so se ci sono riuscito). Il racconto non è autobiografico (non ho simili pretese, non parteciperò mai al Premio Str..., cioè Megera, per dire), ma non è un mistero che nel mondo dell'editoria, come in altri, domini la corruzione. Hai colto perfettamente il nocciolo della questione, come sempre. Inoltre ho voluto fare un omaggio al giorno dedicato al sommo poeta, con gli omicidi ispirati alla Divina Commedia.
A presto
Namio Intile ha scritto: 27/03/2020, 12:02 Ciao, Andr.
Parto dalle cose che non vanno: dovresti lavorare sui tempi verbali, o tutto al presente o tutto al passato.
Quanto al contenuto, si tratta a mio avviso di un'invettiva camuffata da racconto e come tale andrebbe considerata. Il protagonista scopre a sue spese che il mondo dell'editoria è marcio, che non c'è nulla di vero e che tale finzione è subordinata agli interessi di pochi. E che per farsi avanti non conta quello che si dice, né come, ma la disponibilità a vendere se stessi, a ridursi a nient'altro che un oggetto, una merce messa all'asta e senza incanto. Consapevole della propria alienazione lo scrittore depone il linguaggio scritto, rinuncia a essere ciò che è (o che forse non è mai stato), a scrivere e a parlare, e uccide. Uccide coloro che ritiene siano i soggetti colpevoli di quella sua condizione. L'omicidio non come vendetta ma come soluzione.
Ma anche la soluzione è un inganno, perché lo scrittore, la vittima, non è migliore dei suoi carnefici. La corruzione è già dilagata dentro di lui e gli basterà un'occasione perché avvenga un totale capovolgimento: e la trasposizione da vittima a carnefice.
L'ho trovata un'azzeccata metafora della moderna condizione umana.
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Selene Barblan ha scritto: 27/03/2020, 14:07 Non conosco bene il mondo dell’editoria e non ho mai “subito” angherie di questo tipo, posso però comprendere i sentimenti negativi che si creano attorno ad un rifiuto, alle ingiustizie e alle prevaricazioni, avendole vissute in altri contesti. Forse per questa comprensione il racconto mi ha inquietato un po’... il pensare a cosa arriva a fare una persona in determinate situazioni. Per poi arrivare ad una condizione anche peggiore, pur anche nella consapevolezza di cadere in un buio sempre più profondo. Scritto bene, un buon racconto secondo me, voto 4
Ovviamente ho esagerato, se tutti gli scrittori rifiutati reagissero così, ci sarebbe una strage...
Però mi sono divertito a scriverlo. Grazie del commento
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Selene Barblan ha scritto: 27/03/2020, 14:07 Non conosco bene il mondo dell’editoria e non ho mai “subito” angherie di questo tipo, posso però comprendere i sentimenti negativi che si creano attorno ad un rifiuto, alle ingiustizie e alle prevaricazioni, avendole vissute in altri contesti. Forse per questa comprensione il racconto mi ha inquietato un po’... il pensare a cosa arriva a fare una persona in determinate situazioni. Per poi arrivare ad una condizione anche peggiore, pur anche nella consapevolezza di cadere in un buio sempre più profondo. Scritto bene, un buon racconto secondo me, voto 4
Ovviamente ho esagerato, se tutti gli scrittori rifiutati reagissero così, ci sarebbe una strage...
Però mi sono divertito a scriverlo. Grazie del commento
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Laura Traverso ha scritto: 27/03/2020, 16:49 Ho trovato il racconto molto divertente, nonostante i numerosi omicidi. Il tutto è condito con una feroce ironia che pone l'accento in quello che, non è difficile da immaginare, succede nel mondo dell'editoria. Il tema trattato, anche con la parte noir (che è la più divertente, secondo me) è originale. La stesura del testo direi che è perfetta (non ho trovato refusi). I nomi scelti sono simpaticissimi; dal "Premio Megera" "Tarasconi" "Canale 55" che quindi ci sarebbe da dire, ridendo, 'ogni riferimento è puramente casuale...' E per finire la rassegnazione all'adeguamento del "così fan tutti", per non soccombere. Concludo dicendo Ok, il pezzo è giusto! Bravo.
Ti ringrazio del commento: come ho detto più sopra, mi sono divertito parecchio a scrivere degli omicidi di critici di grande cultura ma con difetti umani, troppo umani. E il protagonista, a quale pena potrebbe essere condannato, per i suoi crimini? Nemmeno il genio di Dante avrebbe escogitato una pena così terribile: la prima serata su Canale 55...
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Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

E chi vuole più fare lo scrittore, ora? Le riflessioni amare che stanno alla base di questo bel racconto penso che le abbiano fatte in molti tra coloro che anche soltanto temporaneamente hanno vagheggiato di poter cambiare la propria vita ordinaria, e immaginato che la passione artistica potesse diventare il proprio principale mezzo di sussistenza. Ovviamente facendo acquisire ciò a cui qualsiasi essere umano credo aneli, e cioè attenzione e rispetto. Personalmente ritengo il tuo punto di vista ben motivato e più che legittimo. Magari non è sempre una questione di denaro, ma certo lo è di potere, anche quando si tratta di un potere piccolo piccolo e patetico come potrebbe essere quello di un giudice di gara o di uno scrittore con uno straccio di mercato. Sono riflessioni, credo, che rischiano di compromettere il piacere autentico dell'espressione e della creazione artistica.
Il protagonista sembra confermarlo e la sua delusione va ben oltre i confini del mondo letterario, estendendosi come un virus (mannaggia, mi ero ripromesso di cancellare il vocabolo dal mio dizionario) a tutto il contesto sociale in cui vive, finanche alle relazioni personali e familiari.
Un mondo senza speranza, dunque, come spesso traspare dai tuoi scritti e come purtroppo è legittimo pensare. Bravo Andr, come sempre.
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Roberto Ballardini ha scritto: 28/03/2020, 9:48 E chi vuole più fare lo scrittore, ora? Le riflessioni amare che stanno alla base di questo bel racconto penso che le abbiano fatte in molti tra coloro che anche soltanto temporaneamente hanno vagheggiato di poter cambiare la propria vita ordinaria, e immaginato che la passione artistica potesse diventare il proprio principale mezzo di sussistenza. Ovviamente facendo acquisire ciò a cui qualsiasi essere umano credo aneli, e cioè attenzione e rispetto. Personalmente ritengo il tuo punto di vista ben motivato e più che legittimo. Magari non è sempre una questione di denaro, ma certo lo è di potere, anche quando si tratta di un potere piccolo piccolo e patetico come potrebbe essere quello di un giudice di gara o di uno scrittore con uno straccio di mercato. Sono riflessioni, credo, che rischiano di compromettere il piacere autentico dell'espressione e della creazione artistica.
Il protagonista sembra confermarlo e la sua delusione va ben oltre i confini del mondo letterario, estendendosi come un virus (mannaggia, mi ero ripromesso di cancellare il vocabolo dal mio dizionario) a tutto il contesto sociale in cui vive, finanche alle relazioni personali e familiari.
Un mondo senza speranza, dunque, come spesso traspare dai tuoi scritti e come purtroppo è legittimo pensare. Bravo Andr, come sempre.
Ti ringrazio del commento e della stima, ricambiata. Come è stato detto in altra sede, lo scopo di scrivere può essere quello di esprimere le proprie emozioni, ma anche quello di descrivere ciò che detestiamo, nel mondo o nelle persone. Pensando al cinema, preferisco Ken Loach a Bergman o Antonioni. E secondo me, in un mondo che ormai ha privilegiato la dimensione economica, a scapito di tutto il resto, rimane l'unico modo per resistere.
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Andr60 ha scritto: 27/03/2020, 19:46 Ti ringrazio del commento: come ho detto più sopra, mi sono divertito parecchio a scrivere degli omicidi di critici di grande cultura ma con difetti umani, troppo umani. E il protagonista, a quale pena potrebbe essere condannato, per i suoi crimini? Nemmeno il genio di Dante avrebbe escogitato una pena così terribile: la prima serata su Canale 55...
Vero! Nessun girone infernale potrebbe essere peggio di "Canale 55" :lol: :lol: :lol: :lol:
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Caro Signor Andr60, lei è un pazzo furioso. Molto divertente, cinico, diretto e cattivo, ma di una cattiveria mirata al proprio personaggio, che mai si sarebbe sognato di diventare uno scrittore, tanto meno un autore della TV spazzatura, giusta punizione ad hoc per le sue malefatte.
Mi è piaciuta la suddivisione in paragrafi e ho apprezzato l'abilità nel dire tutto l'essenziale in cosi poche righe.
A presto
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte

POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO


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Eliseo Palumbo ha scritto: 14/04/2020, 11:58 Caro Signor Andr60, lei è un pazzo furioso. Molto divertente, cinico, diretto e cattivo, ma di una cattiveria mirata al proprio personaggio, che mai si sarebbe sognato di diventare uno scrittore, tanto meno un autore della TV spazzatura, giusta punizione ad hoc per le sue malefatte.
Mi è piaciuta la suddivisione in paragrafi e ho apprezzato l'abilità nel dire tutto l'essenziale in cosi poche righe.
A presto
Vero che 60 è la mia età nonché il mio anno di nascita (sob!), ma almeno tra di noi diamoci del tu...
Sto cercando di mantenere la mia follia nei limiti socialmente accettabili, cosa sempre più difficile in questa situazione; meno male che - per ora - riesco a sfogarmi così...
Grazie del commento.
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Roberto Bonfanti
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Mi è piaciuta l’ironia feroce e il sarcasmo del racconto, la rappresentazione di una società che non tiene conto del merito ma funziona solo tramite conoscenze, favori e corruzione, fin troppo simile a quella in cui viviamo.
Mi è sembrato un po’ forzato il repentino cambio di atteggiamento del protagonista: dal distacco iniziale verso la sua attività di scrittore (in fondo dice che il favore della critica “sarebbe solo una piccola soddisfazione, e nulla più”) passa allo sterminio del mondo editoriale solo perché si rende conto che non è un ambiente immacolato, con tanto di omicidi rituali.
Azzeccato invece il contrappasso finale, lo scendere rapidamente a patti con la sua rigidità morale, per convenienza, come pure i nomi che sbeffeggiano gli equivalenti reali.
Scritto bene e con uno stile accattivante, si vede che ti sei divertito nella stesura, come hai detto.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Roberto Bonfanti ha scritto: 26/04/2020, 14:40 Mi è piaciuta l’ironia feroce e il sarcasmo del racconto, la rappresentazione di una società che non tiene conto del merito ma funziona solo tramite conoscenze, favori e corruzione, fin troppo simile a quella in cui viviamo.
Mi è sembrato un po’ forzato il repentino cambio di atteggiamento del protagonista: dal distacco iniziale verso la sua attività di scrittore (in fondo dice che il favore della critica “sarebbe solo una piccola soddisfazione, e nulla più”) passa allo sterminio del mondo editoriale solo perché si rende conto che non è un ambiente immacolato, con tanto di omicidi rituali.
Azzeccato invece il contrappasso finale, lo scendere rapidamente a patti con la sua rigidità morale, per convenienza, come pure i nomi che sbeffeggiano gli equivalenti reali.
Scritto bene e con uno stile accattivante, si vede che ti sei divertito nella stesura, come hai detto.
Diciamo che il veloce cambio di atteggiamento del protagonista, che passa da tranquillo travet a serial killer, è innescato dallo shock di scoprire la corruzione di quel mondo. Però passa dal pensiero all'azione perché è già, potenzialmente, un assassino. Forse gli bastava solo un pretesto, uno qualunque, per giustificare delle pulsioni criminali per le quali era portato, e che non osava confessare neanche a se stesso.
Grazie del commento e dell'apprezzamento e alla prossima
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Fausto Scatoli
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ma se dico che a me non è piaciuto granché, che accade?
mi butti da qualche grattacielo o in un pozzo?
è scritto abbastanza bene, con buone descrizioni, però gli errori non mancano
punteggiatura, dialoghi, tempi verbali...
ma quello che non mi è piaciuto è proprio il senso della storia
certo, vuole essere ironico, sarcastico o sardonico, ma a me proprio non passa
mi spiace
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Fausto Scatoli ha scritto: 04/05/2020, 21:47 ma se dico che a me non è piaciuto granché, che accade?
mi butti da qualche grattacielo o in un pozzo?
è scritto abbastanza bene, con buone descrizioni, però gli errori non mancano
punteggiatura, dialoghi, tempi verbali...
ma quello che non mi è piaciuto è proprio il senso della storia
certo, vuole essere ironico, sarcastico o sardonico, ma a me proprio non passa
mi spiace
Non è mica obbligatorio che i racconti in gara piacciano a tutti, visto che ognuno di noi ha dei gusti personali che non sono uguali a quelli di un altro, e meno male...
Non sono vendicativo e, d'altra parte, Dante colloca nei gironi infernali adulatori e lusingatori, non i critici severi.
Solo, mi piacerebbe che tu mi facessi un esempio di errore di tempo verbale, visto che avevo riletto il racconto diverse volte prima di inviarlo.
Sul senso del racconto: è una variazione della storia de "L'abominevole dottor Phibes", nel quale il protagonista ammazza medici e infermieri. Visto che questo è un sito letterario, le vittime non potevano che essere appartenenti a quel mondo.
Alla prossima
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Andr60 ha scritto: 05/05/2020, 14:19 Non è mica obbligatorio che i racconti in gara piacciano a tutti, visto che ognuno di noi ha dei gusti personali che non sono uguali a quelli di un altro, e meno male...
Non sono vendicativo e, d'altra parte, Dante colloca nei gironi infernali adulatori e lusingatori, non i critici severi.
Solo, mi piacerebbe che tu mi facessi un esempio di errore di tempo verbale, visto che avevo riletto il racconto diverse volte prima di inviarlo.
Sul senso del racconto: è una variazione della storia de "L'abominevole dottor Phibes", nel quale il protagonista ammazza medici e infermieri. Visto che questo è un sito letterario, le vittime non potevano che essere appartenenti a quel mondo.
Alla prossima
ho letto le risposte dati ad altri commenti e adesso ho capito come mai vi sono tempi verbali diversi.
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Il racconto ha tenuto fino al punto 6-7 poi mi ha un po' spento. L'ho letto fino in fondo naturalmente, ma l'entusiasmo è andato scemando. Stilisticamente mi ha convinto. Il cambio dei tempi verbali forse io non lo avrei adottato, ma capisco il tuo punto di vista.
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Un racconto bellissimo, ben costruito e molto divertente. Una godibilissima metafora del mondo letterario e dei concorsi che molti di noi conoscono fin troppo bene, all'interno di una nuova Commedia che, se non divina, è sicuramente in grado di strappare tanti sorrisi grazie all'intelligente ironia dell'autore/autrice.
Davvero bello, bravo: voto 5
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Guarda, guarda: un novello Licofrone.
Come faceva notare Aristotele: L’enigma non è un puro gioco intellettuale, ma il campo di prova in cui si misura l’abilità del sapiente, come pure saper cogliere belle metafore è indizio di talento naturale.

Il novello Licofrone nello stender questa rivista "Alessandra", si diverte.
Indubbio, divertimento assicurato in questo gener di scrittura, così come per alcuni è un piacer questa lettura.

Capolavoro di vizi letterari d'ogni tempo.
Questa Alessandra calza a pennello come preziosa fotografia Italica dello viver presente.

Se poi framattoni e mattoneria non dovessero gradire o fingessero di non capire ... che dire:
Braccia rubate all'agricoltura, menti erroneamente dirottate verso un edilizia assai scadente e più adatte allo tagliar frumento che allo scinder petroblocchi cosi come allo spostar macigni.
Peraltro cosa impossibile per framattoni e simil marmaglia.

Racconto sicuramente spiritoso.
Un solo appunto mi impedisce di formular voto immediato.

Nella tradizione oracolare Licofrone si adopera con acrobazie lessicali, con ermetismo verbale e dunque, nell’enigma.
Qui, per quanto tutto ciò presente, siamo scaduti di livello.
Indubbio che altrimenti, la critica sarebbe stata feroce, tanti non avrebbero colto, vuoi per pigrizia o per disinteresse, tutto inutile insomma ... salvo che per il divertimento tratto. :-D
Ma vuoi mettere, novello Licofrone: framattoni ed affini non sarebbero riusciti a decifrarne il contenuto ... avrebbero continuato a dormir sonni tranquilli tra le beate coltri di quell'ignoranza che li rende ciechi e convinti d'esser superiori a tutti nel tagliar pietre e nel costruir templi al ... demonio. :-D
Le stelle brillano soltanto in notte oscura.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk

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Ida-59 ha scritto: 06/06/2020, 17:44 Un racconto bellissimo, ben costruito e molto divertente. Una godibilissima metafora del mondo letterario e dei concorsi che molti di noi conoscono fin troppo bene, all'interno di una nuova Commedia che, se non divina, è sicuramente in grado di strappare tanti sorrisi grazie all'intelligente ironia dell'autore/autrice.
Davvero bello, bravo: voto 5
Ti ringrazio del commento e dell'apprezzamento; proprio in questo periodo, sulle reti mediaset va in onda uno spot auto-celebrativo, per un'industria che ha tenuto compagnia agli italiani dagli anni '80 e ha contribuito a formarne la cultura e il gusto. Infatti ne vediamo i risultati.
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Teseo Tesei ha scritto: 06/06/2020, 18:37 Guarda, guarda: un novello Licofrone.
Come faceva notare Aristotele: L’enigma non è un puro gioco intellettuale, ma il campo di prova in cui si misura l’abilità del sapiente, come pure saper cogliere belle metafore è indizio di talento naturale.

Il novello Licofrone nello stender questa rivista "Alessandra", si diverte.
Indubbio, divertimento assicurato in questo gener di scrittura, così come per alcuni è un piacer questa lettura.

Capolavoro di vizi letterari d'ogni tempo.
Questa Alessandra calza a pennello come preziosa fotografia Italica dello viver presente.

Se poi framattoni e mattoneria non dovessero gradire o fingessero di non capire ... che dire:
Braccia rubate all'agricoltura, menti erroneamente dirottate verso un edilizia assai scadente e più adatte allo tagliar frumento che allo scinder petroblocchi cosi come allo spostar macigni.
Peraltro cosa impossibile per framattoni e simil marmaglia.

Racconto sicuramente spiritoso.
Un solo appunto mi impedisce di formular voto immediato.

Nella tradizione oracolare Licofrone si adopera con acrobazie lessicali, con ermetismo verbale e dunque, nell’enigma.
Qui, per quanto tutto ciò presente, siamo scaduti di livello.
Indubbio che altrimenti, la critica sarebbe stata feroce, tanti non avrebbero colto, vuoi per pigrizia o per disinteresse, tutto inutile insomma ... salvo che per il divertimento tratto. :-D
Ma vuoi mettere, novello Licofrone: framattoni ed affini non sarebbero riusciti a decifrarne il contenuto ... avrebbero continuato a dormir sonni tranquilli tra le beate coltri di quell'ignoranza che li rende ciechi e convinti d'esser superiori a tutti nel tagliar pietre e nel costruir templi al ... demonio. :-D
In effetti avrei voluto scrivere il racconto in trimetri giambici, purtroppo questa sezione è dedicata alla prosa.
Vorrà dire che comporrò un poema usando l'esametro dattilico, adatto alla poesia epica, dedicato al conquistatore dell'Italia in soli tre mesi. Saluti classici a tutti.
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Andr60 ha scritto: 10/06/2020, 16:10 Vorrà dire che comporrò un poema usando l'esametro dattilico, adatto alla poesia epica, dedicato al conquistatore dell'Italia in soli tre mesi. Saluti classici a tutti.
Già pregusto il centillinar gesta del satiro lillipuziano.
Mai altro mandrillo sotto italico vessillo ne sarebbe maggiormente degno.
Ad maiora! :smt006

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Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.