Sogno di libertà

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2020.

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Fausto Scatoli
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Sogno di libertà

Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

«Puntate.»
Non voglio vedere, ma ovunque volga lo sguardo l’immagine mi si para davanti.
«Mirate.»
Non posso neppure chiudere gli occhi, mi viene impedito.
«Viva la libertà!» si sente un attimo prima dell’ordine finale: «Fuoco!»
La raffica di colpi falcia i tre condannati. Li conoscevo. Li conosco tutti, i resistenti.
Ho dovuto vedere la loro fine, come impone la legge, ma non avrei potuto evitarlo. Ora il quadro si è spento, ma appena decideranno di mostrarci altro lo riaccenderanno.
Per lo meno sono riuscita a evitare che lo vedesse mia madre, anche se ho dovuto darle un sedativo; non le farà certo bene, ma sarebbe stata peggio osservando la scena appena conclusa.
Ora che la trasmissione imposta è terminata posso uscire. Non ne posso più, voglio provare. Male che vada ci resto, ma tanto non sto certo vivendo.
Mentre mi avvicino alla porta mi arriva una voce: «Dove vai?»
Si è già svegliata, non era un granché quello che le ho dato. E d’altronde è tutta merce di contrabbando, contraffatta.
«Volevo andare da Paco, mamma, devo parlargli» rispondo andandole incontro, «tu riposa pure.» Le do un bacio in fronte e mi riallontano.
«Paco è pericoloso, Daniela, ti farà fare la fine di quei tre di poco fa.»
Ha visto tutto, non dormiva.
«Oh, mamma, non dire così, non vado per quello che pensi.»
«Certo. Tuo padre aveva detto la stessa cosa e abbiamo visto che gli hanno fatto.»
Quando vuole farmi male tira fuori mio padre. Sempre.
«Mamma…»
Si mette a sedere sul letto e mi fissa: «Daniela, non prendiamoci in giro; credi che io sia contenta della situazione? Sono solo stanca e disillusa, è inutile lottare, sono troppo forti.»
«Se ti sentisse papà…»
«Tuo padre è morto, non sente più niente. Non fare la sciocca, lascia perdere e accetta la situazione.»
Mi fa infuriare, ma forse è quello che vuole, istigarmi.
Comunque incazzata lo sono davvero, così esco senza dire altro.

Mani in tasca, muscoli doloranti per la tensione, cammino spedita senza meta. Veramente so dove andare, ma devo agire in questo modo per ingannare, o almeno provare a farlo, tutti quegli occhi che mi stanno guardando. Il cielo è pieno di nuvole, l’aria pesante, come sempre. E dietro le nuvole o nel bel mezzo dell’aria ci sono infinite spie; devono esserci per forza, altrimenti come fanno a sapere sempre tutto?
A volte penso che mi piacerebbe essere un uccello e volare via, ma è un desiderio come tanti altri, inesaudibile.

Prima di bussare mi guardo intorno, pur se temo sia inutile; se vogliono vedere, vedono.
Tre colpi veloci, pausa e altri tre. È la prassi per farsi ricevere dai resistenti, anche se mi pare una sciocchezza. Si apre uno spiraglio nella porta, qualcuno guarda e poi apre.
«Che vuoi?» chiede il ragazzo sulla soglia, Mallo.
«Paco.»
Allunga lo sguardo e mi fa cenno di entrare.
«Non c’è» dice, «se vuoi c’è Ernesto.»
Non mi piace Ernesto. «Rientra?»
«Sì, certo, ma non so dirti quando. Può darsi arrivi tra poco come domani, dipende.»
Annuisco. No, Ernesto meglio di no, piuttosto rinvio ogni cosa.
Faccio per ringraziare Mallo e andarmene, ma un braccio mi si posa sulla spalla, da dietro.
«Daniela, che sorpresa. Come mai qui, ti serve qualcosa?»
Dannazione, è proprio Ernesto.
«Vieni con me» dice, «ci sono novità.»
«Veramente me ne stavo per andare…»
«Daniela… su, mica avrai paura di me?»
Sì, ho paura di te ma non riesco a dirtelo.
La stanza è piena di mini computer, come quella di Paco, che mi aveva spiegato a cosa servono: creano una difesa dal governo, isolando la zona. Non ho capito bene, non me ne intendo di queste cose, ma so che sono indispensabili alla resistenza.
Mi guarda. «Per cosa sei venuta, Daniela? Paco è fuori per una azione e non sappiamo quando torna, posso provare io ad aiutarti, se ti va.»
Decido di parlare, dopotutto è uno dei suoi più stretti collaboratori.
«Voglio portare fuori mia madre, non ne posso più di vederla in quelle condizioni. È rassegnata, depressa…»
«E dove la vorresti portare?»
«Oltre frontiera.»
«Hai agganci, di là?»
«No, però…»
«Non se ne parla neppure.»
«Ma Paco…»
«Paco non c’è, e comunque ti direbbe la stessa cosa. Non è un buon momento.»
Mi arrabbio: «Ma cazzo, non è mai un buon momento! Non esistono buoni momenti in questo paese di merda… se non facciamo qualcosa crepiamo tutti. Stanno tirando i fili delle nostre vite come facevano i burattinai, e io sono stufa di fare il burattino!»
«Il tuo fare qualcosa consisterebbe nello scappare?»
«Non scappo, voglio portare via mia madre! E comunque, anche scappare sarebbe un segno, se ce ne andassimo tutti il governo che farebbe?»
«Non ce lo lascerebbero fare, Daniela. Uno ogni tanto lo fanno andare, non gli interessa, ma un gruppo no, non passerebbe. Non ora. Dobbiamo batterli in un altro modo, lottando.»
Scuoto la testa, delusa. Anch’io voglio lottare, ma dovrei unirmi a loro, entrare tra le fila dei ribelli, compiere attentati.
Ma c’è mamma, prima. No, forse è meglio scappare per davvero, anche se non so come fare.
«Se vuoi, per il momento c’è questo» dice Ernesto mostrandomi un minuscolo oggetto. «Come un apparecchio acustico, lo metti nell’orecchio e premi questo pulsantino.»
«A che serve?»
«Inibisce i segnali governativi. Non tutti ma quasi. Per esempio, non saresti più obbligata a guardare gli schermi e loro non se ne accorgerebbero.»
Sarebbe utilissimo per mia madre. E anche per me.
«Posso averne due?»
«Hai soldi? Costano parecchio.»
«No, ma posso procurarmeli.»
«Te ne posso dare uno sulla fiducia, una volta pagato ti darò l’altro.»
Annuisco, è una buona proposta. «Va bene, accetto» dico allungando la mano.
«Voglio un anticipo.»
«Cosa intendi dire?»
«Abbassati i pantaloni, Daniela.»
Lo guardo, sorpresa.
«E anche gli slip.»
«Ma io…»
«Allora torna con i soldi per tutti e due i pezzi.»
Faccio per andarmene, poi le mie mani cominciano a slacciare la cintura.

Cammino lentamente verso casa, più depressa di mia madre. Ogni tanto una lacrima esce, non riesco a trattenerle tutte. Se mi vede in queste condizioni capisce tutto, devo riprendermi.
Maledizione, penso, perché ci deve sempre essere chi se ne approfitta, anche al di qua della barriera. Perché?
Il sibilo delle sirene governative mi rimbomba in testa: altra esecuzione? O magari è solo uno dei tanti messaggi che lanciano per sottomettere il popolo.
Ho pochi minuti per arrivare a casa o trovare un pubblico ritrovo e guardare la scena, altrimenti sono passibile d’arresto. Accelero il passo.

Apro la porta ed entro con in mano l’apparecchio datomi da Ernesto, voglio che mia madre lo provi subito.
Ma è già tardi, purtroppo, e davanti a nostri occhi si materializza lo schermo. Mi è stato detto che bisogna metterlo prima, altrimenti non funziona perché il segnale è già arrivato a livello cerebrale, e probabilmente è vero.
Pochi istanti di sigla poi partono le immagini, senza commento. Non serve, si capisce benissimo cos’è accaduto.
Tre croci di legno a forma di X, ognuna con un corpo appeso: braccia e gambe aperte, nudi.
«Paco…» la voce mi si strozza in gola e mia madre mi guarda un istante, poi il governo la obbliga a fissare o schermo.
«Paco, Estrella e Rubio… non è possibile…»
Lui e Rubio sono senza genitali, glieli hanno tagliati. Estrella sanguina forte, anche lei vilipesa nell’intimo.
Piango a dirotto mentre la camera li inquadra impietosamente, uno per volta, agonizzanti.
«È finita, mamma, non abbiamo speranza.» Non dice nulla, continua a guardare la scena.
Lascio cadere l’inibitore, a che serve, ormai?
Lo schermo svanisce.
Mia madre raccoglie l’apparecchio e mi guarda: «Non so cosa sia, ma di sicuro ti è costato parecchio. Non lasciarlo, non mollare, Daniela. Arriverà un altro Paco a guidare la rivolta, ci saranno altre lotte, ci sarai anche tu.»
«Mamma…» l’abbraccio.
Ha ragione, arriverà qualcun altro, ma non ora, per il momento le nostre vite sono fili neri, si confondono sopra vestiti troppo scuri, sospesi in aria, senza una direzione, in assenza di punti da unire.
Quante persone dovranno ancora morire inseguendo il desiderio di libertà.
Io intanto rimango chiusa, costruisco dentro di me il sogno che porterà lontano dalla nostra prigione me e mia madre.
Non so quando, non so dove.
Ultima modifica di Fausto Scatoli il 09/05/2020, 17:27, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

I nomi nel racconto sono spagnoli-sudamericani, ma potrebbe benissimo essere ambientato da altre parti, tra qualche anno: basta solo avere un po' di pazienza.
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Roberto Bonfanti
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Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Una cupa distopia che echeggia un po’ Matrix, un po’ 1984, ma più estrema.
Racconto veramente bello, senza scendere troppo nei particolari della situazione, con pochi dettagli rende tutto il senso d’angoscia di Daniela, la sua frustrazione e disperazione che la spingono anche a vili compromessi, in un gioco crudele in cui è difficile distinguere gli amici dai nemici.
Scritto in uno stile efficace, si affida in gran parte ai dialoghi e a qualche riflessione sul valore della libertà; ottimo uso dello “show, don’t tell”, mi piace.
Ti segnalo solo questo refuso: “Scuto la testa, delusa”.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Roberto Bonfanti ha scritto: 09/05/2020, 9:42 Una cupa distopia che echeggia un po’ Matrix, un po’ 1984, ma più estrema.
Racconto veramente bello, senza scendere troppo nei particolari della situazione, con pochi dettagli rende tutto il senso d’angoscia di Daniela, la sua frustrazione e disperazione che la spingono anche a vili compromessi, in un gioco crudele in cui è difficile distinguere gli amici dai nemici.
Scritto in uno stile efficace, si affida in gran parte ai dialoghi e a qualche riflessione sul valore della libertà; ottimo uso dello “show, don’t tell”, mi piace.
Ti segnalo solo questo refuso: “Scuto la testa, delusa”.
grazie per la bella recensione, Roberto
hai recepito esattamente cosa volevo trasmettere; a volte ci si trova in un guado e non sai più qual è la riva che stai cercando di raggiungere.
e grazie anche per la segnalazione del refuso.
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Francesco Pino ha scritto: 10/05/2020, 10:48 E' un racconto che fa pensare al passato e anche al futuro. Il mio primo pensiero, leggendo l'inizio, è andato istintivamente alla Resistenza italiana. Continuando a leggere mi ha fatto pensare a dove potrebbe portarci la tendenza al restrignimento della volontà popolare e all'accentramento dei poteri. In questo periodo in cui stiamo sperimentando le app che controllano i nostri spostamenti possiamo spaventarci di un futuro distopico come quello descritto nel racconto?
Complimenti!
già, possiamo spaventarci?
è ambientato nel futuro prossimo, vista la tecnologia, ma fa riferimento a presente e passato in vari luoghi del mondo, con la speranza che il futuro riservi qualcosa di meglio, anche se ho forti dubbi in merito.
grazie per il commento
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Stilisticamente mi piace molto, non ho niente da dire se non che è scritto molto bene.
Proprio perchè non ho niente da dire, mi permetto di evidenziare una frase che mi suona poco bene: "Prima di bussare mi guardo intorno, pur se temo sia inutile; se vogliono vedere, vedono" cambierei il "pur". Ma è veramente una sciocchezza.
Io non amo molto i racconti distopici di questo genere, così angoscianti poi!. Ma questo è un problema mio, perchè il racconto è molto ben fatto.
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Stefyp ha scritto: 18/05/2020, 20:15 Stilisticamente mi piace molto, non ho niente da dire se non che è scritto molto bene.
Proprio perchè non ho niente da dire, mi permetto di evidenziare una frase che mi suona poco bene: "Prima di bussare mi guardo intorno, pur se temo sia inutile; se vogliono vedere, vedono" cambierei il "pur". Ma è veramente una sciocchezza.
Io non amo molto i racconti distopici di questo genere, così angoscianti poi!. Ma questo è un problema mio, perchè il racconto è molto ben fatto.
grazie per il commento, stefyp
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Fausto.
Un racconto teso, inquietante, ma anche lucido e potente, che mi ha colpito.
Daniela si muove in un universo controllato e uniforme, dove è impossibile chiudere gli occhi e non vedere, dove si vive sorvegliati e non esiste altra verità se non quella che si vuole venga conosciuta.
Lasci trasparire l'angoscia della protagonista, una monade troppo impaurita per ribellarsi, che nasconde il suo desiderio di fuga dietro la necessità di metter in salvo la madre. Una figura davvero riuscita.
Come quella di Ernesto (un nome a caso) che quella paura alimenta (né più né meno che i suoi aguzzini) per approfittarsene; dove anche i buoni non sono poi così buoni, anzi non lo sono affatto.
Non lasci spazio alla speranza neanche nel finale. Sono troppo forti, troppo ben strutturati, scrivi, e a Daniela non resta che rimaner chiusa in se stessa nell'attesa di una speranza che non arriverà; in quello che mi è sembrato anzi l'elemento più disperante dell'intero racconto.
Quell'essere costretti a vedere mi ha colpito, lo confesso, perché è l'elemento più umano di tutta questa disumana narrazione; e quel desiderio di libertà che rimane nella bocca di quei corpi straziati, davanti a un plotone di esecuzione, mi rendo contro che potrebbe essere solo un'apparenza, quasi come se faccia parte anche questa visione di una narrazione e la resistenza non sia altro che un modo di organizzare il dissenso, un po' alla Orwell. E come in 1984 l'esser costretti a vedere per non capire mi pare la copia speculare di quanto accade adesso: dove la costrizione non è materiale, più sottile e profonda agisce a livello inconscio, ma dove l'incapacità di comprendere i nessi e i rapporti è la stessa.

Dal punto di vista formale il racconto è perfetto, ti segnalo solo:
"Ho dovuto vedere la loro fine, come impone la legge, ma non avrei potuto evitarlo." dove il ma mi pare superfluo e "Quante persone dovranno ancora morire inseguendo il desiderio di libertà." dove la domanda esige l'apposto segno grafico alla fine.
Un ottimo lavoro davvero, i miei complimenti.
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Fausto Scatoli
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Re: Sogno di libertà

Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

grazie, Namio, per le belle parole del commento.
noto con piacere che sei entrato alla perfezione nella storia.
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Senz’altro un buon racconto, scritto bene, con un buon equilibrio tra dialoghi e pensiero, ciò che viene detto e ciò che viene fatto intendere danno un quadro chiaro della situazione, della società in cui è immersa la protagonista. Nonostante il dramma non ho empatizzato molto con i personaggi, forse in un racconto più lungo avrebbero più tridimensionalità. Voto 4.
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Messaggio da leggere da Ida Daneri »

Tremendo racconto disopico in cui la speranza impallidisce sempre più, riga dopo riga e sembra di colpo svanire. Eppure, indomita resiste: la rinuncia sembra lì, ma c'è ancora una parola, un incoraggiamento che risveglia la speranza e le conferisce nuova vita.
Racconto ben scritto, crudo e diretto, con poche spiegazioni, ma la fantasia del lettore può sopperire: un luogo non luogo, in un tempo senza tempo, per una lotta che qualcuno, sempre, porterà avanti per la libertà.
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Ultima modifica di Ida Daneri il 06/06/2020, 17:18, modificato 1 volta in totale.
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Ida-59 ha scritto: 05/06/2020, 18:03 Tremendo racconto disopico in cui la speranza impallidisce sempre più, riga dopo riga e sembra di colpo svanire. Eppure, indomita resiste: la rinuncia sembra lì, ma c'è ancora una parola, un incoraggiamento che risveglia la speranza e le conferisce nuova vita.
Racconto ben scritto, crudo e diretto, con poche spiegazioni, ma la fantasia del lettore può sopperire: un luongo non luogo, in un tempo senza tempo, per una lotta che qualcuno, sempre, porterà avanti per la libertà.
Voto 4
grazie per il voto e complimenti per l'interpretazione, ottimale
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Selene Barblan ha scritto: 26/05/2020, 12:40 Senz’altro un buon racconto, scritto bene, con un buon equilibrio tra dialoghi e pensiero, ciò che viene detto e ciò che viene fatto intendere danno un quadro chiaro della situazione, della società in cui è immersa la protagonista. Nonostante il dramma non ho empatizzato molto con i personaggi, forse in un racconto più lungo avrebbero più tridimensionalità. Voto 4.
grazie, selene
mi spiace per la mancata empatia, ma la comprendo
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