Amnesia
Inviato: 22/06/2020, 20:14
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
Era dolente in ogni parte del corpo. Non riusciva quasi a muoversi, provò
ad aprire gli occhi ma non cambiò niente. L’oscurità era totale. Fu colta da un brivido
di terrore, una sorta di scossa elettrica attraversò tutto il suo essere scuotendola da
cima a fondo. Ma dove era? Cos’era successo? Chi l’aveva portata lì? Quell’ odore
poi, che strano? Sembrava che nelle vicinanze ci fosse qualcosa in putrefazione, ma
cosa? Si sentiva soffocare. Cercò di trattenere i conati di vomito. Non ci riuscì, anche
il suo stomaco si ribellava. Dalla sua bocca uscirono di getto grosse quantità di cibo.
Adesso era anche tutta impiastricciata di vomito acquoso. La situazione andava
sempre più peggiorando, l’ansia era in crescente aumento. Anche il suo cuore
sembrava impazzito. I battiti erano troppo accelerati, li sentiva rimbombare attraverso
la cassa toracica. O forse era solo un’impressione.
Forse era soltanto la situazione assurda in cui si trovava ad esaltare il tutto, la paura
dilatava ogni cosa: era avvolta da un’impenetrabile oscurità, nell’impossibilità di
muoversi e costretta a respirare miasmi insopportabili. In più aveva freddo, molto
freddo.
Cercò di ripulirsi dal vomito appena versato. Le sue mani raggiunsero la bocca con
l’intento di eliminare i residui di cibo, anche le sue mani erano sporche e bagnate.
L’odore acido del vomito appena emesso prevaleva sul resto. Il fetore intenso rendeva
l’aria pesante e irrespirabile. E lei, in preda ad una crisi isterica, cominciò ad
ispezionare minuziosamente il proprio corpo. I piedi erano infilati in un paio di
scarpe che parevano essere di cartone dal tanto che erano fradice d’acqua, pensò bene
di sfilarsele, restò con i piedi scoperti: le parve di stare meglio, si sentì risollevata ad
averli liberati dal quel pediluvio infernale. Si toccò le gambe, sembrava che neppure
le appartenessero tanto erano irrigidite dal freddo, poi cominciò a salire verso il petto.
I battiti del suo cuore, così fortemente martellanti, la terrorizzarono ancora di più. Le
mani tremavano violentemente e non riuscivano a fermarsi. Sentì sotto le dita i propri
abiti, erano umidi e strappati. Salì ancora ispezionandosi, raggiunse finalmente la
testa. Chi era? Di chi era quel volto? Toccò con ansia ogni tratto di ciò che avvertiva;
ispezionò gli occhi, le labbra, il naso e quei capelli così folti, ricci, lunghi e bagnati.
Non riusciva proprio a darsi un’identità. Cercava disperatamente di capire, di dare un
senso alla situazione, ma non riusciva proprio a venirne a capo. Le pareva di
scivolare in un baratro sempre più nero e profondo, molto più scuro e spaventoso
della reale oscurità che la circondava.
Cercò di calmarsi e di fare chiarezza, di ricordare, ma niente, la memoria era
bloccata. L’unica cosa che percepiva era il presente, e il presente era terrificante. I
sensi erano all’erta come quelli di un’animale braccato. Cominciò a sentire dei rumori
in lontananza, mise a fuoco con difficoltà e comprese che si trattava dell’ululato di un
cane. Sembrava disperato e pieno di dolore. Ciò la rassicurò un poco, le parve in quel
momento di essere in compagnia di qualcuno che soffriva come lei. Calde lacrime
iniziarono a bagnarle il volto. Quel corpo, il suo corpo cominciava a reagire. Si disse
che era un buon segno. Cercò ancora di muoversi, di allungare le gambe, ma ogni
movimento era una pena, un altro dolore aggiunto. Il tremito era inarrestabile e
continuava ad essere irrigidita dal freddo e dalla paura. Nel silenzio, quasi totale, le
parve di udire un sibilo. Si spaventò ancora di più ma poi comprese cos’era. Era il
suo respiro che fuoriusciva strozzato dalle sue labbra. Era l’affanno che le stringeva
la gola a farle emettere quel suono soffocato. Deglutì e cercò di respirare con più
regolarità, ciò la calmò un poco.
Forse è vero che più di tanto è impossibile sopportare. Da un certo punto in poi si
muore oppure si sopravvive. I segnali vitali che il suo corpo trasmetteva erano
amplificati e anormali, ma c’erano. Sperava solo di non soccombere, si augurava che
il suo cuore reggesse a tutto quanto le stava accadendo, all’incubo in atto. Dopo aver
controllato il respiro, con inspirazioni profonde ed espirazioni totali al limite
dell’apnea, poco alla volta sopraggiunse la calma. Gli occhi smisero di versare
liquidi, il tremore alle mani si fece più lieve, persino il corpo riuscì a trattenere un po’
di calore e il buio che regnava tutto attorno le parve meno spaventoso. Il latrato del
cane giunto da lontano la rassicurò ancora di più, si sentì un po’ meno sola e
disperata. Finalmente l’oblio fu totale. Si addormentò.