La Zelfa
Inviato: 30/08/2020, 0:13
Era appena uscito dalla farmacia con la sua consueta confezione di Nux Vomica quando rivide quella donna. Come sempre era in bicicletta, lei, dalla gamba svelta ma non eccessivamente veloce, con fare fugace tanto da distinguerne a malapena i tratti somatici. In quei giorni non si diceva più “bocca” ma “rima buccale”, e tanto si distingueva nei ripetuti passaggi della figura misteriosa. Misteriosa, sì, perché più volte al giorno, ovunque si trovasse, appariva pedalando: sempre lei, sempre lei, sempre lei. Melchiade viveva con una certa inquietudine il fenomeno, giacché non trovava forza nella ragione per illuminarne il significato. Se ne tornava così nella sua piccola casa, stendendosi sul grande letto avvolto nel giallo delle lenzuola estive.
Davanti a sé, la mensolina di legno antico dove poggiava un crocefisso quaresimale in gesso con la scritta Consummatum est alla base. Cercò di distrarsi con la televisione e trovò un documentario su Marte, con la superficie “colore dell’ossido e della sabbia cotta dal sole, ma sotto la polvere si nascondono segni di una vita precedente”.
Ventotto gradi in casa, umidità al 45 percento. Il primo caldo dell’anno e la sensazione di trasformarsi a poco a poco in squacquerone era comune e diffusa. Preferì dunque bere del tè rosso africano con cannella e zenzero lasciato raffreddare nella solita tazza dal bordo violetto. Il ventilatore sputava polvere, perché fino ad allora era stato riposto. Insofferente, Melchiade uscì al tramonto, la temperatura era più o meno la stessa, nessun bisbiglio di vento. Chiusa la porta, vide passare la donna in bicicletta. Cercò di seguirla, col passo e con lo sguardo, ma sparì in una viuzza seminando ogni traccia. Così allungò il passo e si sedette al tavolino per ordinare una birra. Al primo sorso ecco ancora la donna, in direzione opposta rispetto a prima. Pagò, andò verso casa. Dalla tasca dei pantaloncini prelevò le chiavi ed ecco ancora lei: stesso modo di pedalare, stesso abito, era lei senza dubbio, senza alcun dubbio che sarebbe potuto nutrirsi della luce fioca e bluastra dell’ora dopo l’occaso. Salì le scale con l’affanno causato dalla curiosità e dallo strano evento che, dal 27 maggio, si ripeteva ogni giorno in modo sempre uguale e sempre nuovo. Era la notte del 28 giugno quando, dopo la birra, si sporse dal terrazzo e la rivide sul corso, sparendo dopo la curva.
In un mese era diventata la sua ossessione: chi era? Cosa voleva? Nessuno sembrava notarla fuorché lui. Qualche giorno prima era andato a comprare delle ciotoline cinesi da pinzimonio e fuori dal negozio la sorprese, poi la vide ancora davanti alla gelateria, e poi nel parcheggio del vivaio dove aveva comprato piante di pomodoro scatolone per l’orto. E sempre, nelle sue passeggiate quotidiane, la vedeva almeno due volte tanto che ormai gli sarebbe venuto naturale darle del tu. Non osava confidarsi con nessuno perché questa storia sembrava presagire una sua follia, ignorava o faceva finta di ignorare. Ma poi faceva i conti con se stesso, grattandosi con furia la sua folta capigliatura rossa. Inutile consolarsi sgranocchiando due noci del Brasile, il pensiero andava sempre lì.
- È passata la Zelfa, hai sentito?
Disse una donna scarmigliata e cieca appena uscita dal fornaio accompagnata dal figlio che rispose con una negazione roca. Melchiade aveva visto e chiese alla donna che cosa avesse visto. Ella si ritrasse, come infastidita; il figlio le strinse con energia la mano come per dire “andiamo via”.
Aveva uno sguardo intenso quell'uomo dagli occhi scuri, l'età imprecisata rendeva la sua figura ancor più indecifrabile. Folti capelli scuri, un incarnato di chi va spesso al mare, un braccialetto d'argento e poca pazienza. Il suo respiro provocava un sibilo sottile e la sua camicia bianca lasciava intendere che pativa poco il caldo.
Gli occhi perduti della madre fissavano, con il loro grigio uniforme senza luce, il figlio seguendone il respiro. Sembrava risoluta, decisa, voleva tagliar corto senza dare spiegazioni.
Eppure, quasi in un attimo, cambiò idea e rispose:
- Spesso passa una donna ma non è vista da tutti, è lo spirito della signora Zelfa caduta dalla bicicletta due mesi fa e continua a non darsi pace.
- Io la vedo…
- Non credo, è solo suggestione.
- Mi perseguita, ogni volta che sono da qualche parte appare – Melchiade si confidò come mai aveva fatto finora – è da un mese che va così, cosa vuol dire? Scusi se la importuno ma lei può aiutarmi.
Il figlio fece capire alla madre che era tardi, ella tacque e se ne andarono, ignorando le richieste dell’uomo. Melchiade, a capo chino, tornò a casa; non avrebbe mai più rivisto la Zelfa.
Davanti a sé, la mensolina di legno antico dove poggiava un crocefisso quaresimale in gesso con la scritta Consummatum est alla base. Cercò di distrarsi con la televisione e trovò un documentario su Marte, con la superficie “colore dell’ossido e della sabbia cotta dal sole, ma sotto la polvere si nascondono segni di una vita precedente”.
Ventotto gradi in casa, umidità al 45 percento. Il primo caldo dell’anno e la sensazione di trasformarsi a poco a poco in squacquerone era comune e diffusa. Preferì dunque bere del tè rosso africano con cannella e zenzero lasciato raffreddare nella solita tazza dal bordo violetto. Il ventilatore sputava polvere, perché fino ad allora era stato riposto. Insofferente, Melchiade uscì al tramonto, la temperatura era più o meno la stessa, nessun bisbiglio di vento. Chiusa la porta, vide passare la donna in bicicletta. Cercò di seguirla, col passo e con lo sguardo, ma sparì in una viuzza seminando ogni traccia. Così allungò il passo e si sedette al tavolino per ordinare una birra. Al primo sorso ecco ancora la donna, in direzione opposta rispetto a prima. Pagò, andò verso casa. Dalla tasca dei pantaloncini prelevò le chiavi ed ecco ancora lei: stesso modo di pedalare, stesso abito, era lei senza dubbio, senza alcun dubbio che sarebbe potuto nutrirsi della luce fioca e bluastra dell’ora dopo l’occaso. Salì le scale con l’affanno causato dalla curiosità e dallo strano evento che, dal 27 maggio, si ripeteva ogni giorno in modo sempre uguale e sempre nuovo. Era la notte del 28 giugno quando, dopo la birra, si sporse dal terrazzo e la rivide sul corso, sparendo dopo la curva.
In un mese era diventata la sua ossessione: chi era? Cosa voleva? Nessuno sembrava notarla fuorché lui. Qualche giorno prima era andato a comprare delle ciotoline cinesi da pinzimonio e fuori dal negozio la sorprese, poi la vide ancora davanti alla gelateria, e poi nel parcheggio del vivaio dove aveva comprato piante di pomodoro scatolone per l’orto. E sempre, nelle sue passeggiate quotidiane, la vedeva almeno due volte tanto che ormai gli sarebbe venuto naturale darle del tu. Non osava confidarsi con nessuno perché questa storia sembrava presagire una sua follia, ignorava o faceva finta di ignorare. Ma poi faceva i conti con se stesso, grattandosi con furia la sua folta capigliatura rossa. Inutile consolarsi sgranocchiando due noci del Brasile, il pensiero andava sempre lì.
- È passata la Zelfa, hai sentito?
Disse una donna scarmigliata e cieca appena uscita dal fornaio accompagnata dal figlio che rispose con una negazione roca. Melchiade aveva visto e chiese alla donna che cosa avesse visto. Ella si ritrasse, come infastidita; il figlio le strinse con energia la mano come per dire “andiamo via”.
Aveva uno sguardo intenso quell'uomo dagli occhi scuri, l'età imprecisata rendeva la sua figura ancor più indecifrabile. Folti capelli scuri, un incarnato di chi va spesso al mare, un braccialetto d'argento e poca pazienza. Il suo respiro provocava un sibilo sottile e la sua camicia bianca lasciava intendere che pativa poco il caldo.
Gli occhi perduti della madre fissavano, con il loro grigio uniforme senza luce, il figlio seguendone il respiro. Sembrava risoluta, decisa, voleva tagliar corto senza dare spiegazioni.
Eppure, quasi in un attimo, cambiò idea e rispose:
- Spesso passa una donna ma non è vista da tutti, è lo spirito della signora Zelfa caduta dalla bicicletta due mesi fa e continua a non darsi pace.
- Io la vedo…
- Non credo, è solo suggestione.
- Mi perseguita, ogni volta che sono da qualche parte appare – Melchiade si confidò come mai aveva fatto finora – è da un mese che va così, cosa vuol dire? Scusi se la importuno ma lei può aiutarmi.
Il figlio fece capire alla madre che era tardi, ella tacque e se ne andarono, ignorando le richieste dell’uomo. Melchiade, a capo chino, tornò a casa; non avrebbe mai più rivisto la Zelfa.