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Avevano detto che sarebbe nevicato nei giorni a venire. Faceva troppo freddo, le temperature si erano abbassate repentinamente e sulle montagne vicine c’era neve quanta non aveva mai fatta in altri tempi nello stesso periodo.
La situazione infastidiva non poco gli abitanti della città, che già immaginavano scenari complicati di vita: viabilità difficile, facilità d’incidenti, impossibilità di raggiungere i luoghi di lavoro, e
quant’altro può pensare in quelle circostanze chi è abituato a convivere con una quotidianità metropolitana non certo semplice.
I bambini invece vivevano quel momento con eccitazione. La neve avrebbe significato non andare a scuola e divertimento assicurato.
Nel parco del quartiere, dove nel pomeriggio le mamme portavano a giocare i loro figli, l’animazione era più fervida del solito. I bambini non parlavano d’altro che della neve in arrivo. Ognuno aveva un’idea su come divertirsi e la comunicava agli altri, che aggiungevano altre idee e così, a valanga, i progetti si moltiplicavano, tra entusiasmi e grida di gioia.
In quell’atmosfera di festa, Nicole e Bruno, una bambina e un bambino di poco più di cinque anni, si erano fermati dal giocare perché incantati da un uccellino che timidamente beccava alcune briciole di pizza davanti ai loro piedini.
Aveva dei colori particolari, un grigio perla misto a un bianco vivo e a un blu cielo, due occhietti a mandorla di colore celeste e una coda lunga colorata di bianco e rosso magenta.
L’uccellino beccò fino all’ultima mollichina, fermandosi a guardare negli occhi i bimbi a ogni beccata, come a chiedere loro il permesso di poterlo fare.
Quando finì, si alzò in volo e si diresse da un’altra parte. Nicole e Bruno però, attratti da quell’esserino minuto, lo seguirono con lo sguardo e vedendo dove si era riposato gli andarono incontro.
Quando furono a lui vicino, l’uccellino mosse la coda e ripartì così veloce che i due bimbi lo persero subito di vista. Ma nel posto dove quello si era fermato, Nicole vide qualcosa che al lieve soffio del vento, leggermente s'agitava arrotolandosi e svolgendosi continuamente. Si abbassò e si accorse che si trattava di una banconota, dal valore imprecisato per lei e per Bruno, che poco s’intendevano di denaro.
Cosa si poteva comprare con quei soldi, si chiesero i due bambini. Caramelle, cioccolatini, patatine fritte, merendine, oppure bambole, giochi elettronici, o cosa altro? Nicole rimase a pensare, con la banconota in mano, stretta penzoloni tra il pollice e l’indice della mano.
Poi Bruno, con una mossa rapida l’afferrò e la trasse a sé. “Portiamola a mamma”, disse a Nicole, ancora imbambolata dalla rapidità del gesto del suo amichetto.
“Sì”, rispose lei, “ma alla mia mamma, perché i soldi li ho trovati io”.
Bruno non si oppose, restituì il denaro a Nicole e di corsa si avviarono verso i loro genitori.
Correndo, Bruno inciampò in un vecchio ramo d’albero caduto, sporcandosi il cappottino di fango. Nicole rise di cuore e lo prese in giro dicendogli che così impiastrato sembrava un clown. Bruno non se ne ebbe e riprese a correre, ma fece appena qualche passo e si fermò.
Si fermò a guardare alla sua destra dove, su di una panchina era coricato un barbone coperto appena da una trapunta lacerata in più parti e da un cartone posato sopra.
Bruno guardò Nicole, anche lei colpita da quell’immagine, le si avvicinò e le chiese: “Sai chi ci sta lì sotto?”. “No!”, rispose sottovoce Nicole. “Io lo so”, disse Bruno. “E chi è?" gli chiese Nicole con gli occhi sbarrati dalla curiosità. “E’ Babbo Natale!”, affermò deciso Bruno.
“Davvero?!?”, esclamò stupita Nicole. “Sì, è proprio lui!”, confermò Bruno asserendo anche con la testa. “E tu come lo sai?”, incalzò Nicole. “Perché una volta l’ho incontrato in un negozio di giocattoli”, sostenne Bruno. “Stava coricato dentro lo sgabuzzino, così come ora, con la stessa copertina e qualche cartone in più. Lui mi ha visto e mi ha schiacciato l’occhio. Io gli ho chiesto se stesse bene, e lui mi ha risposto di sì. Allora gli ho domandato perché non uscisse per andare in giro come tutti. E lui mi rispose: “aspetto che arrivi mezzanotte, quando tutti dormono, per uscire”. Così gli ho chiesto: “Ma tu sei Babbo Natale?”, e lui mi ha rischiacciato l’occhio. Allora io l’ho salutato con la manina e sono andato via. Ma non l’ho detto a nessuno… Lo sai solo tu”.
“Ma non ti ha detto che era Babbo Natale!” affermò Nicole.
“Sì che me l’ha detto”, rispose deciso Bruno.
“No! Non te l’ha detto!”, insistette Nicole.
“Mi ha schiacciato l’occhio!”, replicò Bruno.
“E che significa?”, incalzò imbronciata Nicole.
“Non lo sai? Quando Babbo Natale incontra un bimbo la vigilia di Natale, lui non dice: “Sono Babbo Natale”, schiaccia l’occhio, sorride e se ne va”. Sostenne sicuro Bruno.
Nicole ascoltò la spiegazione dubbiosa, poi con aria furbetta domandò: “Allora che si fa, lo si sveglia?”.
“Bé”, rispose Bruno un po’ intimidito al pensiero, “possiamo provare”.
Nicole si fece coraggio e si avvicinò al barbone. Con la punta del dito indice toccò il copro dell’uomo che non si mosse.
“Dorme”, disse sottovoce Bruno. Ma Nicole, incuriosita riprovò.
Il barbone si mosse lentamente e i due bambini fecero un balzo indietro.
“Ha aperto gli occhi”, affermò Nicole.
L’uomo guardò i bimbi e si lasciò andare a un sorriso, subito ricambiato dai due.
“Che fate qui?”, domandò loro.
“Abbiamo seguito un uccellino bellissimo che beccava pezzettini di pizza!”, rispose Nicole.
“Era così bello?”, chiese il barbone.
“Molto!”, risposero insieme i due bimbi.
“Perché?” insistette l’uomo.
“Aveva dei colori lucenti e particolari e gli occhietti piccoli e colorati, e la coda, anch’essa piena di colori”, affermarono Nicole e Bruno.
“Lo sapete che fra poco sarà buio, e fa anche freddo, dovreste tornare dalle vostre mamme”, disse il barbone.
“Sì, lo sappiamo”, replicò Bruno, “e tu lo sai che domani forse nevica?”.
“Penso di sì”, rispose l’uomo, “il freddo è quello giusto… Nevicherà!”.
“Ah, lo sai anche tu allora!”, fecero in coro allegri Nicole e Bruno.
Seguì un attimo di silenzio. I bambini si guardarono negli occhi e rivolti al barbone gli chiesero con un filo di voce: “sei tu Babbo Natale?”.
A quella domanda, il barbone si scosse e si mise seduto, guardando in volto i bambini che in tanto si erano avvicinati a lui. Con la mano li accarezzò amorevolmente e sorridendo schiacciò loro l’occhio destro.
Nicole e Bruno spalancarono gli occhi e si lasciarono andare a un grido di gioia.
Poi Nicole si avvicinò a Bruno sussurrandogli qualcosa nell’orecchio e un istante
dopo allungò al barbone la banconota dicendogli: “l’abbiamo trovata vicino a quell’albero.
Prendila tu, ci compri i regali per i bimbi buoni”. E scapparono di corsa salutando di continuo ad ampi gesti il barbone.
Questi guardò la banconota. Valeva 500 euro. Una cifra enorme. Mai vista.
Cercò con lo sguardo Nicole e Bruno, ma si era fatto buio e non si vedeva più in là di una decina di metri.
L’uomo non sapeva cosa fare. Si alzò, fece qualche passo, ma la sera era calata e il vociare dei bimbi si era disperso nel nulla.
Lentamente si avviò oltre il parco, verso la strada, illuminata appena. Il freddo era pungente e così il vento che si era alzato improvviso. I suoi abiti, vecchi e logori non bastavano a difenderlo e i brividi cominciavano a percorrergli il corpo e i denti a battere forte. Si muoveva a fatica e a fatica entrò dentro una vecchia trattoria del posto.
Appena lì, il proprietario gli si fece incontro con sguardo minaccioso.
“Posso pagare!”, disse deciso il barbone, “ho il denaro!”. E mostrò la banconota.
Il proprietario lo guardò fisso in viso. Vide quegli occhi lucidi di freddo e il volto emaciato e livido. Lo fece sedere in un tavolo defilato, vicino la toilette e gli domandò cosa volesse ordinare.
Il barbone chiese un piatto di minestra calda, del pane, una bottiglia di vino e un po’ di prosciutto.
L’uomo si guardava intorno e si sentiva spaesato in quella situazione che da ragazzo però aveva vissuto non poche volte con la sua famiglia, una famiglia benestante, con un papà dal lavoro indipendente e una mamma affettuosa e premurosa. Una signora semplice, che sapeva infondere dolcezza e calore umano. Poi un incidente stradale aveva distrutto tutto e lui era rimasto solo, a diciotto anni, senza riferimenti e senza più voglia di reagire.
Si era lasciato andare, aveva venduto tutto quel che gli era rimasto e aveva scelto di vivere in strada, tra i poveracci e i disperati. Per molti di questi era stato un punto di riferimento, aiutandoli a superare le difficoltà del giorno, ricambiato sovente dagli stessi con solidarietà minuta. Una mutualità fatta di piccoli gesti, di poche parole, ma in grado di accendere grandi luci nell’animo, in giorni grigi sempre, difficili comunque, vissuti tra piccoli espedienti, tra silenzi e dormiveglia che non finivano mai per le intemperie, ma soprattutto per le paure di sogni che non si potevano avverare.
Mangiò lentamente quanto aveva ordinato, bevve un paio di bicchieri di vino e si sentì meglio. I brividi di freddo erano passati e la voglia di tornare in strada, nel suo ambiente, era tornata.
Chiamò il padrone del locale e gli chiese il conto.
“Oggi è il tuo giorno fortunato. Offro io!”, gli disse questi.
Il barbone lo guardò meravigliato. Era la seconda sorpresa nel giro di poco tempo.
“Ho i soldi!”, affermò con un sussulto di dignità il barbone, mostrando di nuovo la banconota.
“Ho visto. Tienili. Ti serviranno. Ma ora va”, e con la mano lo sollecitò a guadagnare la porta.
Il barbone uscì pensando a quella situazione e ancora non credeva a quanto accadutogli.
Tirò fuori la banconota di 500 euro. La guardò per qualche attimo, come si guardano le cose che non si sono mai viste, e che ci sorprende vedere, o, più ancora possedere.
Davanti a lui c’era la chiesa dove di tanto in tanto andava la sera, quando ormai non c’era più nessuno e lì, in un angolo nascosto, poteva dormire fino a mattina presto con la complicità del sacrestano che faceva finta di nulla.
Aprii con cautela il portone ed entrò. Le ultime persone stavano uscendo. La funzione della sera era finita da poco e già il sacrestano stava iniziando le pratiche per chiudere la cappella.
Quando vide il barbone, lo avvicinò, con la mano gli diede delicatamente una pacca sulla spalla, in segno di amicizia. Lui, come faceva di solito, si avviò lentamente verso il suo posto, dietro la fonte battesimale. Qui si coricò in terra, rannicchiandosi in sé.
Dopo qualche minuto, e prima che la chiesa fosse chiusa, entrò trafelata una signora giovane con un bimbo in grembo, avvolto dentro una coperta di lana. Si avvicinò alla fonte battesimale e si sedette accanto a lui, senza neppure guardarlo in volto, e con uno scatto furtivo abbassò la veste fino al seno, porgendolo delicatamente alla bocca del bimbo che con prontezza vi ci si attaccò.
Il barbone guardava la scena colpito da quello spettacolo d’amore e di vita.
Vedeva il piccino suggere con avidità. Il volto era rosso infuocato, forse dal freddo o dalla foga della fame. Lo sguardo della madre, tenero e dolce, era attento sul fare del piccino.
Il barbone scrutò quella giovane donna. Aveva una giacchetta estiva abbastanza lisa, un paio di scarpe aperte e in testa un fazzoletto blu, dal quale spuntavano dei bei capelli color oro. Ma il volto era pallido ed emaciato e le unghie scure per il gelo.
Il barbone guardò ancora quelle due creature sole e malandate, ma forti di quel sentimento che solo vale la vita e la vita fa.
Lentamente sfilò dalla sua tasca il biglietto di 500 euro e con cura, senza farsene accorgere, lo mise nella tasca della giacca della donna.
Poi, come un automa, posò con levità la testa sulla spalla della signora e si addormentò. Per sempre.
fiaba classica natalizia. pare uno dei film che ogni trasmettono alla tv in questo periodo, dove c'è sempre una storia tragica che, in un modo o nell'altro, finisce in maniera positiva o comunque si crea del bene.
magari fosse davvero così.
non ci sono refusi particolari, forse un uso esagerato di esclamativi, nulla più.
le descrizioni sono buone, ma il tema è talmente abusato che non lascia il segno.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
Nel testo mi sembra di riconoscere il succedersi di tre parti: la prima e l'ultima col sapore della fiaba, la seconda con un tono più realistico, che spiega la storia del barbone. Quest'ultima ci fa capire che è facile giudicare, ma che nessuno conosce veramente la storia di questi uomini senza dimora. Io ho preferito la prima parte, per la presenza dei bambini, la descrizione dell'uccellino e l'equivoco su Babbo Natale. C'è una concatenazione nei gesti d'amore di questa storia e, probabilmente, ci insegna che può essere così anche nella realtà: l'amore che si riceve gratuitamente spesso si restituisce. Il linguaggio è scorrevole e abbassando curato. Segnalo "copro" al posto di "corpo". Ho apprezzato questo testo e anche il titolo: se forse domani nevica, allora tutto è possibile.
Sì, è una fiaba, porta un bel messaggio di speranza e solidarietà, forse un po’ retorico, fra bambini buoni, uccellini magici, barboni generosi, osti burberi ma in fondo sensibili, sacrestani caritatevoli e ragazze madri in difficoltà. Stona un po’ il finale, quel “per sempre…”
Racconto scritto bene, con buone descrizioni e dialoghi coerenti, non mi ha entusiasmato ma il mio voto è positivo.
Una curiosità: quante volte vi è capitata fra le mani una banconota da 500 euro? Hanno ancora validità, ma ormai la loro produzione è cessata da quasi due anni.
Roberto Bonfanti ha scritto: ↑31/12/2020, 23:11
Una curiosità: quante volte vi è capitata fra le mani una banconota da 500 euro? Hanno ancora validità, ma ormai la loro produzione è cessata da quasi due anni.
Te credo! Con l'odio verso i contanti che ci stanno mettendo addosso...
<<< io ero nel Club dei Recensori di BraviAutori.it.
Trovo che sia un buon racconto nonostante alcune piccole imprecisioni, facilmente correggibili. Forse un pò troppo "buono" per i miei gusti, ma dato il periodo ci può anche stare. Concordo con Roberto, il "per sempre" finale non suona molto bene. Globalmente trovo che si lasci leggere senza problemi.
Leggere questo racconto dopo le feste mi ha fatto ritornare indietro nel tempo (anche se poco appena di un mese) facendomi rivivere quella magia che tanto apprezzo come ho apprezzato questo testo, ben strutturato e scritto. È un buon lavoro.
Lodevole nei contenuti e tutto sommato ben scritto, sembra però quasi la sceneggiatura di una serie di spot pubblicitari. Il per sempre finale è un po' eccessivo. É una fiaba e come tale va letta, perché purtroppo la sospensione dell'incredulità richiesta è tanta.
Una bella favola che intenerisce, di quelle che tutti vorremmo sentire a Natale. Ma la cosa positività è che un gesto fatto ma fin di bene ne scatena altri sempre sulla stessa linea. Bello pensare che il bene si diffonda da un individuo all'altro in maniera contagiosa e che si possa costruire in tal modo un mondo migliore. Piaciuto.
Considerandolo come una fiaba, allora tutto sta al suo posto, con creature povere e buone, sorprese un po' magiche, bambini teneri e ingenui e un bel titolo. Una fiaba che insegna il valore di un gesto buono che si ripete di mano in mano facendo del bene e dove un barbone può essere scambiato per Babbo Natale. Gli adulti ne percepiscono il messaggio ma non possono fare a meno di pensare quanto il mondo reale e i suoi personaggi siano in realtà molto più meschini e cinici.
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo. Di Mario Stallone A cura di Massimo Baglione.
Nota:questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Scene da coronavirus
antologia di racconti, testi teatrali brevi e sceneggiature di cortometraggi di carattere umoristico e satirico che raccontano la permanenza in casa legata alla pandemia del Covid-19
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