Piangi per l'uomo che eri

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2020/2021.

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Stefyp
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Piangi per l'uomo che eri

Messaggio da leggere da Stefyp »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Apri gli occhi di soprassalto al suono della sveglia. Per un attimo, nel limbo che precede il vero risveglio, hai pensato che fosse per te.
Ma non è così, è per tua moglie, tu non hai più orari da rispettare.
Lei spegne la sveglia con un colpo secco e si alza con un sospiro. Tu rimani lì a fissare il soffitto.
Tra poco si sveglieranno tutti e un altro giorno avrà inizio.
Il profumo del caffè che senti venire dalla cucina, il rumore delle porte che sbattono, i rumori della tua famiglia che si risveglia ti lasciano indifferente, anzi no, ti rendono irrequieto.
Vorresti che se ne andassero tutti in fretta e ti lasciassero solo con i tuoi demoni.
Comunque, ti alzi anche tu per dare alla tua vita una parvenza di normalità.
Vai in bagno e prendi il rasoio. Guardandoti allo specchio quasi ti spaventi, dov’è finito l’uomo che eri? Lo sguardo fiero, il ciuffo ribelle, il sorriso canzonatorio di chi ha capito tutto della vita? Chi è questo spettro d’uomo che si specchia adesso?
Chiudi gli occhi e già cominci a sentire quei sintomi che ben conosci: le dita che prudono, i pensieri che si fanno confusi e l’ansia che aumenta sempre di più e che non potrà essere placata in nessun altro modo.
Vai in cucina e raggiungi la tua famiglia. Saluti, ti muovi, parli con loro, ma niente per te ha davvero importanza.
Fingi di interessarti al compito di matematica di tuo figlio, non te lo ricordavi nemmeno. Fingi di aiutare tua figlia ad allacciarsi le scarpe, ma per te potrebbe andare a scuola anche in ciabatte. Saluti tua moglie, un bacio appena sfiorato, sai che con lei non potrai fingere, lei riconosce ormai quel tuo sguardo confuso.
Non riesci nemmeno a guardarla negli occhi. Occhi un tempo bellissimi nei quali ti perdevi, ora cerchiati di nero e così tristi che ti si spezza il cuore, a volte.
Prima che lei esca le chiederai qualche spicciolo; poco fa in camera hai aperto cassetti, rivoltato tasche, frugato nelle borse, le sue ovviamente. Non hai trovato neanche una monetina; d’altra parte l’avevi già fatto ieri. Mentre cercavi ti sei sentito meschino, fallito, perdente, ti sei sentito tante cose tutte insieme, ma le tue mani non riuscivano a fermarsi.
Adesso non ti resta che chiedere a lei, pregandola, supplicandola magari.
Lei ti guarderà in silenzio, non dirà una parola, ne ha già dette tante, troppe, invano. Vedrai il suo sguardo spegnersi e le spalle incurvarsi, sentirai il suo cuore farsi più pesante, ancora un po’ di più.
Non riuscirai a sopportarlo e darai la colpa a lei anche stavolta. Le urlerai in faccia di piantarla di ossessionarti, di piantarla di compatirti, di piantarla di esistere.
E poi uscirai sbattendo la porta, come ogni mattina.
Tempo fa hai perso il lavoro. «Non è colpa tua» ti han detto tutti, ed è vero non è stata colpa tua, è successo e basta.
«Ci penso io, non preoccuparti cara, sistemo tutto io» hai detto fiducioso all’inizio.
Hai cercato, bussato, chiesto, supplicato, ma nessuno ti ha ascoltato.
Poi un giorno, mentre seduto al bar sfogliavi un giornale, le hai notate. Loro erano lì: luccicanti, colorate, ammiccanti.
«E se provassi anch’io?» devi aver pensato «Lo faccio per loro, non per me! Una volta sola per carità!»
«Ma certo, provaci» ti avrà detto qualcuno «magari cambi vita.»
Ti sei fatto attirare da chi ti raccontava che poteva essere la soluzione ai tuoi mali. Da chi ti diceva: «Tentaci ancora, non hai niente da perdere, semmai da guadagnare; la tua occasione arriverà, arriva sempre.»
E così hai cominciato. Prima sembravi farlo quasi per gioco, esitavi, indugiavi con la moneta in mano sentendoti un po’ sciocco, poi a poco a poco ti sei fatto più sicuro più deciso. Qualche volta un piccolo gruzzolo tornava tra le tue mani e allora ti facevi più spavaldo.
«Visto» dicevi «è facile, basta insistere e prima o poi la fortuna arriva sempre.»
A chi tentava di scuoterti per riportarti alla realtà ripetevi di aver tutto sotto controllo.
«Non c’è problema, smetto quando voglio, anzi smetterò domani se tu lo vuoi, te lo prometto» dicevi ogni sera a tua moglie.
Ti ci è voluto un po’ di tempo per capire che era tutto un bluff, che le promesse non sarebbero state mantenute. Alla fine hai capito. Solo che a quel punto era troppo tardi e smettere non era più così semplice. Non eri più tu il padrone di te stesso.
Per questo sei ancora più arrabbiato, perché adesso sai che non è giusto quello che stai facendo, non è intelligente, non è sensato, non è leale e tu una volta lo eri intelligente, sensato, leale.
Continui a farlo tutti i giorni, appena puoi e anche quando non puoi, con ogni mezzo, smarrendo ogni giorno un po’ della tua dignità.
Schiacci quei tasti con tutta la rabbia e la disperazione che ti appartengono, guardi scorrere i numeri e le immagini sperando che si fermino come vuoi tu, sperando di sentire almeno per una volta, il suono della vincita.
Anche questa mattina infilerai in quella maledetta fessura i pochi soldi che ti rimangono, quelli che qualche amico ti ha prestato, sapendo che non glieli renderai mai.
Come hai infilato nella fessura i soldi che servivano a tua figlia per la gita con la scuola, il denaro che tuo figlio aveva chiesto per poter uscire con gli amici una volta tanto, il denaro di cui tua moglie avrebbe bisogno per le bollette che arrivano implacabili.
Ma tu, anche oggi, quel denaro lo giocherai e lo perderai.
Ti fermi un attimo e ti prendi la testa fra le mani e piangi.
Piangi per l’uomo che eri e per l’uomo che sei diventato. Piangi pensando agli occhi di tua moglie, allo sguardo di tuo figlio, al quale non puoi più a nascondere nulla, all’innocenza di tua figlia che non è andata in gita e non sa perché…
Piangi perché sai già che domani ricomincerai tutto da capo…
Ultima modifica di Stefyp il 12/01/2021, 18:33, modificato 4 volte in totale.
Lucia De Falco
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Il vizio del gioco come una droga, come una malattia: questo è il tema al centro del racconto. Il testo ne illustra i meccanismi in modo efficace, così come lo stato d'animo del protagonista. Singolare è la scelta di raccontare usando la seconda persona, sembra quasi che a parlare sia lo stesso protagonista o qualcuno che gli è molto vicino.
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Il dramma della ludopatia in una famiglia tipo. Abitando vicino alla Svizzera ho l'occasione di frequentare i casinò di Campione (unica sala da gioco al mondo fallita), Lugano e Mendrisio. Che dire? Il gioco è qualcosa di magico. Nelle sale da gioco le poche finestre sono oscurate e non ci sono orologi. L'atmosfera è onirica e il tempo vola. La notte è sempre giovane e il saliscendi delle vincite e delle perdite è continuo. Il giocatore cerca quell'adrenalina che raramente trova nella vita di tutti i giorni poi, come dice il proverbio, il gioco è bello se dura poco, deve essere conscio dei rischi che rappresenta. Per l'uomo in questione sento sinceramente pietà e tristezza perché è precipitato in quella tragica spirale giocando nei bar, dove il girone infernale è sinceramente meno attraente.
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Un racconto che conduce il lettore nel tunnel della dipendenza: non è un caso che la ludopatia sia stata assimilata al consumo delle droghe pesanti, e trattata (per quanto possibile) nei luoghi deputati, ossia i SerD, ex SerT.
Ho visto anch'io degli anziani giocarsi la pensione alle slot machine o al Grattaevinci nelle tabaccherie. Comunque lo Stato ci guadagna: bene così, servirà per pagare i vaccini a BigPharma, visto che Lorsignori ci tengono molto, alla nostra salute.
Purtroppo la seconda vittima di questa storia è la famiglia del protagonista, e il racconto lo descrive in modo efficace. Voto alto
Selene Barblan
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Mi piace come ti approcci ai problemi della società, che possono essere di tutti, che spesso vengono “ignorati”, piuttosto nascosti o non sufficientemente considerati. Mi piace anche che non vedo giudizio ma piuttosto io bisogno di parlarne, proprio per togliere quell’ombra che cerca di nascondere tutto ciò che è difficile affrontare. Trovo più penetrante la prima parte, dove i sentimenti mi sono arrivati di più; globalmente lo trovo un bel racconto, ben scritto.
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Roberto Bonfanti
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La dipendenza da gioco, più frequente di quanto si pensi, spesso sottovalutata e che invece è una vera e propria piaga.
Il racconto descrive bene tutti gli aspetti di questa malattia, la coscienza combattuta ma impotente del protagonista, gli effetti devastanti sulla famiglia, la subdola spirale che porta in questo inferno, spesso accompagnata dalla perdita o dalla precarietà del lavoro.
Ti segnalo solo un "perché", nel finale.
Un buon racconto e, curiosità, il secondo che leggo in questa gara che usa (in maniera efficace) la seconda persona, cosa non frequente.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
https://chiacchieredistintivorb.blogspot.com/
Intervista su BraviAutori.it: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... =76&t=5384
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Marcello Rizza
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Un buon racconto, senza refusi, veloce, efficace nelle descrizioni e nel tratteggiare il personaggio e il suo dramma in crescendo, dalla perdita del lavoro alla speranza di risolvere col gioco e che da speranza diventa prigione per lui e per la sua famiglia. Eppure manca qualcosina, quel qualcosa che faccia alzare il sopracciglio, l'elemento sorpresa che fa restare impressa una buona storia. A rileggerti, volentieri, con la stessa forma e con uno spunto originale anche nel raccontare il quotidiano. Buon Anno nuovo!
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Lucia De Falco ha scritto: 29/12/2020, 13:58 Il vizio del gioco come una droga, come una malattia: questo è il tema al centro del racconto. Il testo ne illustra i meccanismi in modo efficace, così come lo stato d'animo del protagonista. Singolare è la scelta di raccontare usando la seconda persona, sembra quasi che a parlare sia lo stesso protagonista o qualcuno che gli è molto vicino.
Ti ringrazio per il tuo apprezzamento. È la prima volta che sperimento l'uso della seconda persona, non è facile ma mi sono divertita parecchio. Grazie ancora
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Marcello Rizza ha scritto: 01/01/2021, 23:14 Un buon racconto, senza refusi, veloce, efficace nelle descrizioni e nel tratteggiare il personaggio e il suo dramma in crescendo, dalla perdita del lavoro alla speranza di risolvere col gioco e che da speranza diventa prigione per lui e per la sua famiglia. Eppure manca qualcosina, quel qualcosa che faccia alzare il sopracciglio, l'elemento sorpresa che fa restare impressa una buona storia. A rileggerti, volentieri, con la stessa forma e con uno spunto originale anche nel raccontare il quotidiano. Buon Anno nuovo!
L'elemento a sorpresa non ce lo metto di proposito, a volte. Mi piace riprodurre la realtà per quella che è, e spesso nella vita l'elemento a sorpresa non c'è. Ci sono i fatti nudi e crudi. Ti ringrazio per i complimenti. Buon anno anche a te.
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Roberto Bonfanti ha scritto: 01/01/2021, 17:05 La dipendenza da gioco, più frequente di quanto si pensi, spesso sottovalutata e che invece è una vera e propria piaga.
Il racconto descrive bene tutti gli aspetti di questa malattia, la coscienza combattuta ma impotente del protagonista, gli effetti devastanti sulla famiglia, la subdola spirale che porta in questo inferno, spesso accompagnata dalla perdita o dalla precarietà del lavoro.
Ti segnalo solo un "perché", nel finale.
Un buon racconto e, curiosità, il secondo che leggo in questa gara che usa (in maniera efficace) la seconda persona, cosa non frequente.
Refuso corretto. Che occhio! E si che lo riletto parecchie volte e non l'ho proprio notato.
Grazie mille per le parole di apprezzamento e buon anno.
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Francesco Pino ha scritto: 29/12/2020, 18:58 E' una malattia, tutte le dipendenze lo sono. Le dipendenze costano e questa puo' essere una rovina non solo per il soggetto in questione, ma per la sua intera famiglia. Questo è messo bene a fuoco nel racconto e siamo tutti d'accordo. C'è un altro dramma alla fonte pero': la disoccupazione. Scrivi bene di come il protagonista abbia provato e riprovato a inserirsi nel mondo del lavoro… ma niente. Chissà quanta gente crolla a furia di porte in faccia, e ne conosco di persone finite nel tunnel delle dipendenze a causa di cio'.
E' una malattia dicevamo. Quando si è malati si va dal medico, oppure ti ci portano. Troppe persone escludono ancora questa possibilità.
Hai ragione è una malattia e come tale andrebbe curata. Ma ancora siamo lontani dalla presa di coscienza vera di questo. Figurati che c'è gente che davanti a una persona affetta da depressione liquida la cosa con un bel: alzati e vai a lavorare che è meglio... (Sentito con le mie orecchie). Grazie mille per il tuo commento.
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Selene Barblan ha scritto: 30/12/2020, 17:13 Mi piace come ti approcci ai problemi della società, che possono essere di tutti, che spesso vengono “ignorati”, piuttosto nascosti o non sufficientemente considerati. Mi piace anche che non vedo giudizio ma piuttosto io bisogno di parlarne, proprio per togliere quell’ombra che cerca di nascondere tutto ciò che è difficile affrontare. Trovo più penetrante la prima parte, dove i sentimenti mi sono arrivati di più; globalmente lo trovo un bel racconto, ben scritto.
In effetti è proprio questo il motivo per cui mi piace scrivere. Perché dietro ai "problemi" della società ci sono gli uomini che ne fanno parte e ogni uomo ha diritto di uscire dall'ombra. Quando scrivo una cosa parto sempre da una persona che in qualche modo ho incrociato sulla mia strada.
Grazie mille per le tue parole e buon anno
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

E' davvero un bel racconto efficace in merito alla ludopatia e ai drammi che si porta appresso, coinvolgendo, prima di tutto, i parenti più prossimi. Lo hai scritto in modo corretto e molto realisticamente. Hai descritto al meglio la discesa nell'abisso del protagonista malato. E' triste sapere che ciò è una tragica realtà che riguarda molte persone, che con la speranza di un riscatto economico, economicamente, e non solo, si distruggono. E' una dipendenza atroce. Brava ad averne parlato.
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

è una droga e, come tale, provoca dipendenza e crisi di astinenza micidiali.
e miseria.
conosco qualche persona, non molte, per fortuna, che ci si è trovata dentro.
e ancora ci sta.
problema notevole del nostro tempo, spesso sottovalutato, qui ben raccontato e presentato.
pochi i refusi, buone le descrizioni.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Laura Traverso ha scritto: 05/01/2021, 16:50 E' davvero un bel racconto efficace in merito alla ludopatia e ai drammi che si porta appresso, coinvolgendo, prima di tutto, i parenti più prossimi. Lo hai scritto in modo corretto e molto realisticamente. Hai descritto al meglio la discesa nell'abisso del protagonista malato. E' triste sapere che ciò è una tragica realtà che riguarda molte persone, che con la speranza di un riscatto economico, economicamente, e non solo, si distruggono. E' una dipendenza atroce. Brava ad averne parlato.
Ti ringrazio per le tue parole; è vero, è una dipendenza atroce ed è più diffuso di quello che si pensi. A presto
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Fausto Scatoli ha scritto: 10/01/2021, 9:39 è una droga e, come tale, provoca dipendenza e crisi di astinenza micidiali.
e miseria.
conosco qualche persona, non molte, per fortuna, che ci si è trovata dentro.
e ancora ci sta.
problema notevole del nostro tempo, spesso sottovalutato, qui ben raccontato e presentato.
pochi i refusi, buone le descrizioni.
Ti ringrazio per il tuo commento. Avresti voglia di indicarmi i refusi? Mi sono sfuggiti e vorrei correggerli. Grazie ancora e a rileggerti.
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Mi piace la fluidità della tua scrittura, l'essenzialita' descrittiva dei fatti è unica nel suo genere, non lascia distrarre il lettore coinvolgendolo pienamente a 360 gradi. Convincente e contemporaneo ma estremamente realistico. Bravo
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Stefyp ha scritto: 10/01/2021, 11:11 Ti ringrazio per il tuo commento. Avresti voglia di indicarmi i refusi? Mi sono sfuggiti e vorrei correggerli. Grazie ancora e a rileggerti.
questo non è un vero e proprio refuso, ma c'è un CHE di troppo
"l’ansia che aumenta sempre di più e che non potrà essere placata"
"Lo faccio per loro non per me!" manca una virgola
"«tentaci ancora" o metti la maiuscola o usi il corsivo
"Non c’è problema smetto quando voglio" manca una virgola
"scorrere i numeri, le immagini sperando" o metti una virgola in più o togli quella che c'è inserendo una e
"ancora una volta, per l’ultima volta" ripetizione
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Fausto Scatoli ha scritto: 12/01/2021, 12:27 questo non è un vero e proprio refuso, ma c'è un CHE di troppo
"l’ansia che aumenta sempre di più e che non potrà essere placata"
"Lo faccio per loro non per me!" manca una virgola
"«tentaci ancora" o metti la maiuscola o usi il corsivo
"Non c’è problema smetto quando voglio" manca una virgola
"scorrere i numeri, le immagini sperando" o metti una virgola in più o togli quella che c'è inserendo una e
"ancora una volta, per l’ultima volta" ripetizione
Grazie per i tuoi preziosissimi consigli, soprattutto per la punteggiatura, bestia nera per me. Correggo subito.
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Re: Piangi per l'uomo che eri

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Ricordatevi di specificare esattamente "Commento" come titolo del messaggio usato per commentare le opere in Gara (senza prefissi come "Re:" o altro), altrimenti non verranno conteggiati dal sistema, grazie!
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Nando71 ha scritto: 10/01/2021, 20:06 Mi piace la fluidità della tua scrittura, l'essenzialita' descrittiva dei fatti è unica nel suo genere, non lascia distrarre il lettore coinvolgendolo pienamente a 360 gradi. Convincente e contemporaneo ma estremamente realistico. Bravo
Grazie di cuore per queste belle parole.
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Messaggio da leggere da Liliana Tuozzo »

un racconto che lascia senza fiato. Inizialmente credevo si trattasse di depressione, quell'indifferenza nei confronti della famiglia, quel disinteresse denotavano una malattia. In effetti una malattia c'è: la ludopatia che facilmente aggredisce le persone in difficoltà e dalla quale è difficile uscire. Il racconto arriva con tutta la sua tristezza. Spero che quelle lacrime possano aiutare l'uomo a cercare di smettere.
Un ottimo lavoro.
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Ida Dainese
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Messaggio da leggere da Ida Dainese »

Un bel, triste racconto, dal titolo amaro. Anche in questa storia, trovo l'uso della seconda persona molto adatto ad "avvicinare" il lettore al protagonista, fargli sentire quella disperazione che si sfoga in rabbia e paura. Ben descritta la giornata-tipo di quest'uomo, diviso tra un padrone (il gioco) che non gli dà tregua e la sua incapacità di reagire, incapacità che gli fa fare del male a familiari e amici, e lo stringe in una morsa da cui non riesce a uscire. Mi piace come hai fatto notare l'illusione dello "smetto quando voglio", e soprattutto come nemmeno quel dolore che prova quando ripensa a ciò che ha tolto ai figli e alla moglie, riesca a fermarlo.
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La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani

La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani

(novembre 2017, 30 pagine, 736,36 KB)

Autori partecipanti: nwNunzio Campanelli, nwAlberto Tivoli, nwDaniele Missiroli, nwLodovico, Massimo Tivoli, nwConrad, nwCarlocelenza, nwPatrizia Chini,
A cura di Ida Dainese.
Scarica questo testo in formato PDF (736,36 KB) - scaricato 117 volte.
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwIda Dainese, nwDaniele Missiroli, nwFausto Scatoli, nwAngela Di Salvo, nwFrancesco Gallina, nwThomas M. Pitt, Milena Contini, Massimo Tivoli, Franca Scapellato, Vittorio Del Ponte, nwEnrico Teodorani, nwUmberto Pasqui, nwSelene Barblan, Antonella Jacoli, Renzo Maltoni, nwGiuseppe Gallato, Mirta D, nwFabio Maltese, nwFrancesca Paolucci, nwMarco Bertoli, Maria Rosaria Del Ciello, nwAlberto Tivoli, nwDebora Aprile, nwGiorgio Leone, Luca Valmont, Letteria Tomasello, nwAlberto Marcolli, nwAnnamaria Vernuccio, Juri Zanin, Linda Fantoni, Federico Casadei, Giovanna Evangelista, nwMaria Elena Lorefice, nwAlessandro Faustini, nwMarilina Daniele, nwFrancesco Zanni Bertelli, nwAnnarita Petrino, nwRoberto Paradiso, Alessandro Dalla Lana, nwLaura Traverso, nwAntonio Mattera, nwIunio Marcello Clementi, Federick Nowir, Sandra Ludovici.

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A modo mio

A modo mio

antologia AA.VV. di opere ispirate a storie famose, ma rimaneggiate dai nostri autori

A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwSusanna Boccalari, nwRemo Badoer, nwFranco Giori, nwIda Daneri, nwEnrico Teodorani, Il Babbano, nwFlorindo Di Monaco, Xarabass, Andrea Perina, Stefania Paganelli, Mike Vignali, Mario Malgieri, nwNicolandrea Riccio, Francesco Cau, Eliana Farotto.

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I sogni di Titano

I sogni di Titano

Il "cubo sognatore" su Titano aveva rivelato una verità sconvolgente sull'Umanità, sulla Galassia e, in definitiva, sull'intero Universo, una verità capace di suscitare interrogativi sufficienti per una vita intera. Come poteva essere bonariamente digerito il concetto che la nostra civiltà, la nostra tecnologia e tutto ciò che riguardava l'Umanità… non esisteva?
"Siamo solo… i sogni di Titano", aveva riportato il comandante Sylvia Harrison dopo il primo contatto col cubo, ma in che modo avrebbe potuto l'orgoglio dell'Uomo accettarlo? Ovviamente, l'insaziabile sete di conoscenza dell'Essere umano anelava delle risposte, e la sua naturale curiosità non poteva che spingerlo alla ricerca dell'origine del cubo e delle ragioni della sua peculiare funzione.
Gli autori GLAUCO De BONA (vincitore del Premio Urania 2013) e MASSIMO BAGLIONE (amministratore di BraviAutori.it) vi presentano una versione alternativa del "Tutto" che vi lascerà senza parole. Di Glauco De Bona e Massimo Baglione.

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.