Io sono nessuno
Inviato: 08/01/2021, 18:31
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
La voce dell’altoparlante che annunciava la partenza di un treno lo scosse. Si alzò da quello che era stato il suo letto: una vecchia panca nella sala d’attesa della stazione.
S’ incamminò tra i vialetti del parco. C'era nebbia sui comignoli delle case, le strade erano deserte e non si udiva nemmeno il solito miagolio dei gatti nei cortili. Le luci dei lampioni, dilatate, parevano fantasmi venuti per fargli compagnia. Un velo triste avvolgeva ogni cosa e le speranze sembravano volar via insieme al fumo dei comignoli.
Nu strinse addosso la vecchia giacca che ormai non lo riparava più dal freddo. Era una giacca di panno, una volta bella ed elegante. L’aveva comprata in un negozio del centro col suo primo stipendio; con l’ultimo aveva pagato l’affitto arretrato e poi si era ritrovato per strada.
La panchina del parco era la sua casa, da quando aveva perso il lavoro. Si era trascinato, giorno dopo giorno, rispondendo a tutti gli annunci, ma non era riuscito a trovare un impiego. Di notte dormiva nelle sale d’attesa della stazione e di giorno viveva nei giardini pubblici, contando sul buon cuore di qualcuno.
Rimaneva per ore ad aspettare che il tempo passasse. La gente gli camminava accanto ignorandolo, ma la domenica era diverso. I bambini animavano il parco con i loro giochi, le loro corse e le grida festose gli arrivavano come dolci carezze.
Un giorno mentre attraversava il viale del parco, a passi lenti, un bambino si avvicinò e gli chiese: «Come ti chiami?»
«Nu!»
«Vuoi giocare a palla con me?»
Nu si guardò intorno incredulo. Con tanti coetanei lì vicino, quel bambino stava parlando proprio con lui.
Prima che potesse aggiungere altro il bambino sorridendo gli lanciò la palla e lui la strinse tra le mani trasognato. Giocarono insieme. L’uomo sentiva che una parte di sé era tornata all’infanzia e deliziato continuò a lanciare la palla e a respingerla felice.
Andando via il bambino disse sorridendo: «A domani!»
L’uomo seppe di avere trovato un amico.
Da quel giorno Nu cercò di curare un po’ di più la sua persona, lavandosi come poteva nei bagni della stazione e aspettando con ansia che arrivasse il bambino col pallone, per giocare con lui.
Lo vedeva spuntare da lontano con le ciocche di capelli castani che gli arrivavano sugli occhi, sempre sorridente e con qualcosa da mangiare per lui.
“Strano, non so nemmeno come si chiama” pensava Nu. Ogni volta che glielo chiedeva il bambino trovava il modo di scantonare e andava via.
Un giorno il piccolo porse a Nu una strana bottiglietta.
«È un regalo per te!» disse.
E sorridendo osservò l’uomo che rigirava la bottiglia tra le mani, poi dal tappo estrasse un bastoncino che terminava con un cerchietto, lo rigirò tra le mani incuriosito.
«Devi soffiarci dentro!» rise il piccolo.
E Nu soffiò e soffiò fino a che nell’aria si sparsero tante bolle di sapone colorate.
I bambini che si trovavano nel parco cominciarono ad avvicinarsi e incantati guardavano quelle misteriose bolle diventare sempre più grandi. Il piccolo che aveva fatto il regalo a Nu fece allora una cosa strana: entrò in una bolla e tutti lo videro roteare nel parco.
«Anch’io, anch’io…» fecero gli altri bambini e svelti entrarono pure loro nelle bolle di sapone e cominciarono a rotolare. “Che bel gioco hanno inventato…”
Nu cominciò a preoccuparsi, si chiedeva come avrebbe fatto a fermarli, quando quasi meccanicamente schioccò le dita e le bolle si ruppero.
Un[i] plof [/i]dopo l’altro e tutti i bambini furono liberi.
Ogni giorno succedeva la stessa cosa, ma non a tutti piaceva lo spettacolo che Nu allestiva, ricevendo in cambio pochi spiccioli e qualcosa da mangiare.
Avvertiti da qualcuno vennero i poliziotti. Nu venne accusato di inquinamento ambientale, abuso di suolo pubblico e circonvenzione di minori.
Venne portato in prigione. Non si trovava neanche tanto male in verità: aveva un letto, gli davano da mangiare, solo che gli mancavano terribilmente i bambini e il gioco delle bolle di sapone.
Venne il giorno del processo…
Nu si guardava intorno spaurito, non era riuscito a capire bene di cosa fosse accusato, aveva nella testa solo un grosso punto interrogativo. Gli fecero giurare di dire la verità, poi cominciò il processo. Il giudice fasciato nella toga col suo martelletto sembrava avere fretta, dopo i preliminari la parola fu data al Pubblico Ministero, un omino insignificante che guardava in cagnesco l’imputato: un pezzo di marcantonio alto circa due metri.
«Qual è il suo nome?»
«Nemo Nullus, ma tutti mi chiamano: Nu.»
«E che lavoro fa?»
«Cerco una sistemazione.»
«Dove abita?»
«Nel parco.»
«E come fa a sopravvivere?»
«Grazie alla gente.»
«È vero che lei fa delle enormi bolle di sapone e i bambini vi entrano dentro, mettendo così a repentaglio la loro incolumità?»
«Noi… giochiamo.»
Il mormorio dei presenti costrinse il giudice a intimare il silenzio.
Il Pubblico Ministero cominciò a camminare avanti e indietro, e rivolto al giudice declamò a voce alta con fare cerimonioso.
«Vostro onore! I reati ascritti all’imputato appare ovvio essere fondati su elementi inconfutabili. Egli è colpevole verso la società, il mondo che lo ospita. È un nullafacente che passa il suo tempo a fare bolle di sapone, che attira i bambini con le sue folli rappresentazioni, turbandone l’equilibro psico-fisico. Per cui ritengo cosa giusta che costui venga allontanato e rinchiuso in una località sperduta per almeno tre anni e sei mesi.»
Un segretario di fianco al giudice prendeva nota con cura del procedimento, sforzandosi curvo dietro spessi occhiali. Il difensore, nominato d’ufficio, attendeva che gli fosse data la parola e rigirava i pollici per la noia, annotando con cura tutto. Quando venne il suo turno si alzò impettito e si rivolse a sua volta al giudice.
«Vostro onore! L’imputato che stiamo giudicando non è del tutto colpevole. Ha forse negato di cercare un’occupazione? No! Egli è vittima della società e di se stesso. Però rinchiudendolo non ruberebbe forse il posto a un delinquente o un assassino che ben più di lui merita quel posto? Sì, ha giocato con le bolle di sapone, ma cosa ci può essere di tanto pericoloso in una bolla di sapone? Imputato ci potrebbe mostrare cosa faceva al parco?»
Il giudice si aggiustò gli occhialetti sul naso e guardò l’imputato che appariva stranito e confuso.
Nel silenzio di tomba che si era creato tutti fissarono Nu che tirò fuori dalla tasca la bottiglietta. E soffiò e soffiò fino a che la bolla di sapone divenne enorme, poi ci entrò dentro. Tutti a bocca aperta videro la bolla tutta colorata che roteava su se stessa con l’uomo dentro. A un certo punto si sentì uno schiocco di dita. La bolla scomparve e con essa anche Nu.