Anime Pure
Inviato: 25/03/2021, 16:22
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
Strano, sono in anticipo.
Di solito arrivo sempre trafelata al binario di partenza quando il trillo del campanello ne annuncia già l’arrivo.
Oggi, invece, mancano ancora parecchi minuti prima che quel treno faccia sosta qui, dove ogni mattina lo attendo con impazienza.
Assaporo così il piacere di guardarmi attorno. L’attesa di quel mezzo che tanto amo riesce sempre a regalarmi piacevoli sensazioni. Ogni volta che lo scorgo avvicinarsi lento alla Stazione, nonostante sia abituata al suo arrivo da ormai tanti anni, provo sempre la medesima e familiare sensazione: di accoglienza e protezione. So che di lì a poco, seduta all’interno del suo ventre, vedrò sfilare davanti ai miei occhi il consueto paesaggio circostante, che cambia colori e umori a seconda del tempo e delle stagioni.
Sul binario affollato sostano soprattutto ragazzi che vanno a scuola.
Sono tutti vestiti alla moda e radunati in piccoli gruppi. Ostentano atteggiamenti disinvolti.
Distolgo lo sguardo dai giovani, ci sono anche parecchie persone adulte, gente che del look importa poco. Persino troppo poco.
Appaiono spente, già stanche prima di iniziare la giornata lavorativa, o forse scoraggiate per tutto ciò che la nostra società ci propina ogni giorno: scandali politici, corruzioni, precarietà e perdita di lavoro, caduta di stile e di valori.
Degli anziani, invece, non c’è neppure l’ombra, o quasi, ma è comprensibile.
A quell’ora, forse, dopo una vita di lavoro, i più saranno a casa a godersi il meritato riposo.
Penso con un po’ di tristezza che tra pochi anni farò anch’io parte della nutrita schiera dei pensionati. Ma ancora non ci voglio pensare, passo velocemente oltre col pensiero.
La mia attenzione è quasi subito attratta da una scena a me particolarmente gradita.
Senza rendermene conto, come attirata da una calamita mi avvicino alla panchina dove sostano quelle presenze. Mi metto in ascolto ma senza volerlo dare a vedere, cerco di assumere un’aria distaccata e indifferente.
Poi mi viene da ridere pensando a quante messe in scena noi umani siamo capaci di rappresentare: adesso sto interpretando la parte dell’indifferente mentre invece fremo dalla curiosità di saperne di più.
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“Ti ho detto di tacere, lo sai che altrimenti disturbi”.
Mi giunge questa frase. Colma, però, d’infinita dolcezza. Il tono della voce non lascia dubbi, se ne percepisce l’amore, nonostante le parole pronunciate vogliano essere di leggero rimprovero.
Non riesco a trattenere un sorriso e inizio a dialogare senza rendermene conto. “Beh, avrà pur diritto di parlare. Riesce ad immaginare se ci obbligassero a restare muti? Sa che tristezza, non lo potremmo proprio fare…”
“Sì, lo so, - risponde la donna - ma tanti si lamentano e io non voglio che dia fastidio, non voglio dar motivo…”
“ Ma lasci correre, non si preoccupi, non ne vale la pena. Tanta gente si lamenta per niente. E poi è così bello, ed ha davvero uno sguardo buono”. Intanto la mia mano va a posarsi sulla sua testolina bionda.
E’ piacevole sentirne la morbidezza attraverso il contatto delle mie dita. Pare di affondare le mani tra fiocchi di soffice e morbido cotone. Mentre l’accarezzo ne colgo lo sguardo, i suoi occhi si fissano nei miei con totale fiducia; lui si abbandona felice a quelle coccole inattese.
“ Ma è una "Lei" - precisa la signora - e sì, è molto buona, affettuosa e intelligente. Comprende che tra poco arriverà il treno, è felice e vuol parlare, dimostra così la sua gioia”.
Seduta sulla stessa panchina c’è un'altra donna. Interviene nella conversazione, capisco che si conoscono, rivolge parole d’elogio all'anziana e alla sua tenera amica.
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“Ma lo sa che lei lavora?” Con un tono sommesso e sottovoce, guardandosi un po’ attorno come a non volersi far sentire, mi dice queste parole.
La guardo. Credo di non aver capito bene e penso: “Ma cosa sta dicendo questa? Farnetica forse?”.
Però voglio cercare di capire, forse mi trovo dinnanzi una pazza. La osservo con maggior attenzione.
L’esile figura che mi sta davanti, devo ammettere, non ha davvero nulla di strano; è una signora anziana vestita in modo semplice e ordinato.
Sul suo volto sorridente e mesto trovo l’espressione di un contenuto orgoglio per quello che mi ha appena rivelato.
Mentre mi parla guardo i suoi occhi e vi scorgo una luce che scalda il cuore e rassicura la mente.
Il mio istinto mi suggerisce di fidarmi.
Avverto la quasi certezza di essere dinnanzi a qualcosa di eccezionale, che nulla ha a che vedere con l’essere fuori di testa.
Sono stata precipitosa nel giudicare, mi vergogno un po’, a volte si è davvero troppo rapidi e critici nel tacciare giudizi sugli altri.
Ma intanto la curiosità sale, non riesco più a trattenere lo stupore: chiedo spiegazioni su ciò che, intuisco, è ben felice di raccontarmi.
Non senza imbarazzo dico: “La prego, si spieghi meglio, cosa vuol dire che lei lavora?”
“Certo, lei lavora, si occupa dei risvegli” risponde.
“Ah, ho capito, veglia le persone che non stanno bene, le sta accanto…”
“No, è proprio il contrario di ciò, lei non veglia, ma sveglia, o meglio, risveglia”.
La guardo stralunata cercando di incrociare lo sguardo della giovane donna, la stessa che si era introdotta nella conversazione e che pareva essere a conoscenza anche di quel dettaglio "lavorativo".
Lei, però, non dimostra stupore. Sorride pacatamente e senza l’ombra di ironia accondiscende al racconto dell’anziana signora.
Sono tesa e attenta a quanto accade sotto i miei occhi.
Comprendo che stia dicendo il vero. Non c’è l’ombra della menzogna in quelle parole che ancora continuo a non capire e che mai mi sarei potuta immaginare.
“Si, lei si chiama Alessia; è famosa. Ci chiamano da tutte le parti d’Italia. Siamo state anche in Sardegna”
“Siete state anche in Sardegna? Mi dica, mi faccia capire, non ho mai sentito nulla di simile, sono veramente senza parole…”
“Certo, andiamo ovunque e a volte siamo tanto stanche. Alessia si occupa di risvegliare i bambini dal coma”
“I bambini dal coma? Ma è incredibile, come fa?”
“Le va vicino e respira loro sul cuore e sui piedini, poco alla volta si risvegliano di solito, è successo già tante volte…”.
Per un lungo attimo resto senza parlare. Sapevo certamente delle tante doti che i cani possiedono. Alcuni sono specializzati nei salvataggi in mare, altri, i cani molecolari, son capaci di trovare le persone scomparse, o perlomeno di condurre sulle loro tracce.
Avevo sempre osservato, con infinita tenerezza, i cani guida che, lenti e pazienti, accompagnano i non vedenti, ma l’aspetto appena appreso proprio mi mancava.
Un simile potere, una così eccelsa particolarità, davvero non l’avevo mai sentita raccontare.
Riprendo ad accarezzare la piccola creatura a pelo raso e di colore biondo.
Mi guarda, i suoi occhi dolci e buoni esprimono amore e io mi sento piccola e inutile dinnanzi ad un simile prodigio.
Chiedo: “Non ha paura che gliela portino via? Faccia attenzione, sono al corrente dei pericoli che incombono sul mondo animale, soprattutto in questi ultimi tempi ci sono stati tanti furti di cani, avvengono anche da giardini privati. Persone senza scrupoli li rubano per poi destinarli all’accattonaggio e anche ad altro, di peggio… “ .
“Non la perdo d’occhio un istante. La tengo sempre vicina a me. Pensi che mi hanno offerto tanto denaro per averla, per utilizzarla ancora di più a scopo terapeutico. Ma io non la darei per tutto l’oro del mondo. E anche se sono anziana mi trascino assieme a lei affinché possa svolgere il suo lavoro di risveglio. Speriamo di poterlo fare ancora per molto, neppure Alessia è più tanto giovane, ha già compiuto i sei anni”.
Intanto il trillo del campanello ha annunciato l’arrivo del treno, la cagnolina sembra elettrizzata; freme, è seduta e guarda in direzione di quel mezzo sferragliante che già si vede in lontananza.
Alza una zampetta. Mi preoccupo e domando se per caso non abbia male alla zampa anteriore che tiene piegata e sollevata.
“Ma no, fa sempre così, è il suo modo per manifestare la gioia di viaggiare, le piace andare in treno, si emoziona, è felice”.
Il treno sosta e saliamo tutti.
Mi piacerebbe andare a sedermi vicino a loro ma temo di esagerare. Ho già saputo tanto. Non vorrei apparire indiscreta e impicciona.
Ci salutiamo. Salgo e mi avvio, con dispiacere, in un altro scompartimento.
Ho il cuore in tumulto per quello che ho appena appreso.
La mia mente vaga, sono vicino al finestrino come sempre, ma non vedo praticamente nulla, penso soltanto alla straordinarietà degli animali, soprattutto dei cani, e mai avrei potuto immaginare ciò che avevo appena vissuto e visto con i miei occhi: che avessero anche il potere di risvegliare i bambini dal coma.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime.
Ho appena incontrato due anime meravigliose: l’anziana donna con la sua cagnolina prodigio.
Intanto son passati parecchi minuti, sono quasi giunta in centro città. Alla fermata precedente al capolinea vedo scendere Alessia con la sua mamma umana.
Sono bellissime mentre si avviano lentamente verso l’uscita del binario, al sottopasso.
E intanto continuo a pensare, a visualizzare la possibile e prossima scena; mi domando verso quale bambino saranno dirette. Grazie a quel soffio amorevole e continuo che la cagnolina gli appoggerà sul cuore, quel bimbo, poco alla volta, si risveglierà e tornerà a vivere.
Mi sembra un’alchimia, un sogno; invece è tutto vero.
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La bella e mite Alessia sgambetta tutta fiera. La signora, invece, avanza un po’ faticosamente trattenendola con un guinzaglio rosso avvolto nella mano, come una madre premurosa e attenta.
Camminano una a fianco all’altra e sono davvero incantevoli a vedersi.
Dopo pochi istanti spariscono, non si vedono più. Il mio sguardo le insegue inutilmente, si sono ormai addentrate nel sottopassaggio.
Il treno si muove lentamente, sferraglia, riprende la sua corsa, si fa per dire…
Tra poco arriverò a destinazione. Siamo un po’ in ritardo. Quel mezzo locale che ogni giorno trasporta tanti pendolari accusa il suo tempo. A volte sembra perdere un po’ i colpi.
Il ritardo di quel giorno, però, al momento non mi viene neppure in mente. Adesso ho altro a cui pensare, sono ancora troppo immersa in quella storia che sa di magia, ma che magia non è.
Il treno sbuffa, si ferma, siamo arrivati al capolinea. Scendo.
Mentre mi incammino rivolgo un pensiero colmo di gratitudine alla vita, alle tante cose belle e inaspettate che sempre ci regala. Oggi mi ha fatto incontrare due anime meravigliose che non dimenticherò mai.
Son certa che ogni volta che sarò in attesa del treno il mio sguardo vagherà attorno con la speranza di incontrarle ancora.
Sento una spinta, la gente ha fretta e qualcuno mi ha urtato, il mio andare così lento disturba il passo veloce di chi deve camminare alla svelta. Guardo l’orologio e affretto l’andatura. Accidenti, devo sbrigarmi. L’inesorabile passare del tempo, registrato attraverso il monotono movimento delle lancette dell’orologio, mi indica che è tardi, più del solito. Non mi va arrivare in ritardo e dare al mio capo la soddisfazione di potersi sfogare su di me.
A lui non sembra vero di poter infierire con chi gli capita a tiro. E’ sempre scontento e nervoso. Gli sale facilmente l’embolo, e quanto accade, e accade, si salvi chi può.
Adesso procedo rapida, la fretta mi spinge quasi a correre. Mi sono immediatamente adeguata al passo frettoloso degli altri. Avanzo, mi pare quasi di volare. Colpa del vento di mare che quel mattino soffia più del solito sulla mia città. Intanto si è messo anche a piovere, ma è una pioggia leggera quella che cade, è davvero poca cosa; non sto neppure a tirare fuori l’ombrello dalla borsa. Ormai sono quasi arrivata.
Finalmente eccomi a destinazione. Sono davanti al portone dell’ufficio e come un fulmine mi catapulto al suo interno.
Sono trafelata ma felice e in orario. Il cerbero dovrà trovare un altro motivo per sclerare.
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Questa che ho narrato è una storia VERA. (Ho incontrato Alessia con la sua mamma umana il 3 ottobre 2014 alle ore 7,30 alla Stazione di Genova).