Il tormento della libertà

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Mariovaldo
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Il tormento della libertà

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Quel volto lavorato dal tempo, era segnato dalle rughe verticali, profonde come cicatrici, scavate da insonnie ostinate e abituali. Gli occhi, di solito rivolti verso terra, avevano come dei lampi improvvisi e si accendevano di una luce del tutto particolare, quasi provenisse da un luogo accessibile a lui soltanto.
Chi lo incrociava, mercanti, artigiani, soldati, dame con le loro fantesche, tutta l'umanità che percorreva le stradine della città, alla vista del suo saio gli lasciava il passo accennando una riverenza. Molti sapevano cosa rappresentasse in realta’ quel religioso e, appena fuori dalla portata del suo sguardo inquietante, si segnavano e proseguivano senza voltarsi, ben lieti di essere diretti in un luogo diverso da quello verso il quale si stava affrettando Ignatio de Elgovar, priore dei Domenicani e Inquisitore Provinciale.
Ignatio dedicò uno sguardo al parco che stava attraversando in quella tarda mattina di Ottobre. La luce era appena dorata, filtrata dalle ultime foglie dei platani; un leggero vento, fresco e pulito, spirava dalla campagna portandone i gradevoli profumi e tenendo invece lontani i sentori della umanità che si affollava in Siviglia.
L’Inquisitore fece un profondo respiro, assaporando tutta la bellezza dell'attimo, quasi che, prima di immergersi negli orrori ai quali il suo ufficio lo destinava, volesse rassicurarsi che Dio avesse davvero creato anche la Perfezione. Il suo volto tormentato, per un breve istante si spianò, lasciando spazio a un accenno di sorriso che subito disparve non appena varcato i portale della fortezza. Abbassò lo sguardo e proseguì con passo spedito, preceduto dai due religiosi che lo avevano atteso all'interno. A loro si unì un carceriere e il piccolo corteo silenzioso prese a scendere una stretta scalinata. In breve l'aria pulita e la calda luce autunnale furono un ricordo.
Incurante di gemiti, fetore e disperazione che permeavano la semioscurità del luogo, Ignatio meditava sull'incontro che avrebbe avuto luogo tra breve nella cella più appartata e profonda, e s’interrogava.
Era forse un turbamento, quello che agitava la sua coscienza di uomo risoluto e dalla fede granitica?
Da tempo, nelle notti insonni, il Demonio lo tormentava assumendo la sua forma più insidiosa, quella del dubbio. Sibilando parole di umanità e di ragionevolezza, il Tentatore gli sussurrava che Dio era misericordioso e forse lui, Ignatio de Elgovar, avrebbe dovuto coltivare anche quella virtù.
Ma il dovere era limpido, inequivocabile: salvare le anime attraverso la Confessione e la Penitenza, e se per adempiere a questa missione occorreva mortificare e sacrificare i corpi, ricettacoli di ogni nefandezza e peccato, quella era la volontà di Dio. L'ombra stessa del dubbio costituiva grave peccato del quale Ignatio aveva reso conto a fratello Ferdinando, il suo confessore che molto lo aveva aiutato nel corso dei loro colloqui giornalieri. ”Compiere il proprio dovere, per quanto ripugnante potesse apparire, era il solo modo per scacciare il Demonio e vivere un'esistenza terrena degna di ricevere la ricompensa eterna”, questo gli ripeteva fratello Ferdinando, guidandolo con fermezza nella lotta contro le forze del Male.
Il Priore era ancora immerso in questi pensieri quando il carceriere aprì una massiccia porta di quercia rinforzata in ferro e si scostò.
Sulla soglia, Ignatio si rivolse al suo piccolo seguito:
- Grazie, fratelli; ora richiudete e attendete, che nulla di quanto sarà detto o fatto in questo luogo venga mai risaputo. Vi chiamerò al momento opportuno.-
La cella era ampia, silenziosa e buia, ad eccezione del vago riflesso che giungeva dall'alto, dove un cunicolo protetto da una grata lasciava filtrare il minimo di aria indispensabile alla sopravvivenza. Il fetore era insopportabile, escrementi, urina, sangue, lacrime: tutte le possibili emanazioni di corpi sottoposti alle torture più feroci avevano lasciato negli anni una presenza solida, palpabile, che lentamente aveva impregnato persino la pietra incrostata di salnitro. Un lento stillare d'acqua in qualche andito nascosto, acuiva il tormento del disgraziato prigioniero che, incatenato alla parete, soffriva tra gli altri il tormento della sete. Di lui, unico occupante di quell'inferno terreno creato dagli uomini in nome di Dio Misericordioso, si intuiva la presenza, corpo abbandonato sopra un cumulo di paglia lurida.
- Figlio mio, sono qui per darti una buona notizia, esulta con me!-
- Dunque vi siete convinti, mi ridarete la libertà! -
La voce, un sussurro appena percettibile, era quella di Shem Abulafia, "conversos" di facciata e rabbino nel segreto del cuore.
Il priore fece una lunga pausa, sforzandosi di reprimere ogni sentimento di pietà. La sua vista si stava adattando alla penombra e ciò che gli occhi facevano giungere alla sua coscienza era difficilmente sopportabile. Colui che aveva sussurrato quelle parole di speranza, poco aveva della persona fiera, dallo sguardo penetrante, dal viso aperto e piacevole, che aveva incontrato la prima volta all'inizio di Settembre. Oltre un mese di prigionia, interrogatori, torture fisiche e morali, privazioni di cibo e di acqua lo avevano profondamente, irreversibilmente, trasformato.
Quando riprese a parlare, l’Inquisitore evitò di guardare negli occhi il prigioniero.
- Noi abbiamo rinunciato alla tua confessione. Non serve più, almeno nel tuo caso. Rabbino Shem, figlio diletto, presto, domani stesso, ti sarà data la libertà dalla sofferenza, dalla paura e da questo mondo terreno. Tu morirai e la tua anima, mondata dal fuoco, si presenterà alla misericordia di Dio.-
- Dunque avete deciso che sono colpevole e nulla mi salverà dalla vostra caritatevole morte, è così?-
- Noi siamo certi, per le numerose testimonianze giurate dinnanzi a Dio, che tu, pur avendo fatto pubblica abiura della tua fede, in segreto hai continuato a esercitare le tue funzioni di rabbino, qui a Siviglia. Il tuo abominevole peccato di apostasia è provato. Sappiamo che è stato l'amore per tua moglie e i tuoi figli a condurti a ciò, ma i tuoi motivi non ti rendono meno colpevole agli occhi di Dio onnipotente e ai nostri.-
Il tono di voce di Ignatio si fece meno severo, quasi dolce, mentre finalmente guardava il prigioniero negli occhi:
- Noi siamo simili, figlio caro. Siamo entrambi uomini di fede e per la nostra fede siamo disposti a soffrire sino a dare la nostra vita. Io provo per te una sincera compassione e soffro per i tuoi patimenti: quale magnifico uomo di Dio, del vero Dio, avresti potuto essere se soltanto nelle tue vene non scorresse il sangue di Giuda e nella tua anima non albergasse il veleno di chi ha crocifisso Nostro Signore!-
- La vostra pietà è falsa, come falso è il vostro re e falso il vostro salvatore. Quando abiurai ricevendo il battesimo, mi fu garantito che io stesso e la mia famiglia saremmo stati considerati degni di rispetto e protetti dalle leggi di Sua Maestà Cattolica. Ma proprio come cattolico, ora io sono accusato di apostasia e morirò, mentre i veri Ebrei, coloro che ancora frequentano la sinagoga e professano apertamente la nostra fede, sono considerati non credenti e quindi immuni dall'accusa. La vostra fu solo una trappola nella quale siamo caduti in molti, ma come è vero che esiste la giustizia di Dio, la sua spada vi colpirà e vi schiaccerà.-
Pareva che le ultime frasi, pronunciate con veemenza, avessero esaurito le forze del condannato, che abbassò il capo e stette immobile, ansimante, ripiegato su sé stesso come a conservare al suo interno, con quel poco di vita che restava, tutta la sua rabbia e il suo dolore.
- Veri ebrei oramai ne sono rimasti pochi nel regno, e presto non ne rimarrà nessuno,ma io non ho voluto udire le tue bestemmie, fratello caro. Comprendo, anche se non posso perdonare. Ma quello stesso Dio che tu hai invocato come vendicatore potrebbe invece rivelarsi più misericordioso di quanto noi uomini possiamo essere. A volte la porta dell'inferno si riapre, a volte la Luce chiama a sé un peccatore che seguendola trova la salvezza eterna.-
L’inquisitore si avviò verso la porta e bussò per richiamare il carceriere, ma prima di uscire, come ripensando a qualcosa, si voltò verso il rabbino.
- Altri doveri mi attendono. Ora ti farò togliere le catene, e riceverai cibo e acqua, voglio che tu possa trascorrere le tue ultime ore in modo più consono a un essere umano che sta per raggiungere la Grazia di Dio. E rammenta, la Sua misericordia e la Sua luce potrebbero giungere sino a te.-
Restato solo, Shem meditava sull'incontro col priore. Era stranamente calmo, come se la certezza della morte imminente l'avesse liberato dall'ansia e dalla paura. La sua mente razionale, plasmata alla sottigliezza da secoli di sfide per la sopravvivenza in un mondo ostile, gli diceva che qualcosa nelle parole dell'inquisitore non era ciò che sembrava. Quelle frasi insistite sulla Misericordia, sulla Luce e sulla porta dell'inferno... la porta!
Ora rammentava un particolare. Il carceriere era venuto a togliere le catene dai suoi polsi, gli aveva lasciato una ciotola di cibo e una di acqua, poi uscendo aveva ovviamente chiuso la porta. Ma il rumore era stato diverso dal solito. Si avvicinò, malfermo sulle gambe e vide, tra il pesante battente e la parete, un barlume di luce.
La Luce!
Incredulo, provò a spingere. La porta si mosse e il barlume di luce si rivelò essere il vago chiarore di un corridoio.
Un passo: era fuori dalla cella, fuori dall'inferno. Non ancora, si corresse, tutto quell'edificio era l'inferno, solo se fosse uscito da lì ne sarebbe stato davvero fuori. Non era possibile, mai nessuno, a quanto si diceva, era fuggito da quella prigione. Ma cosa rischiava a provare?
"La luce chiama a sé un peccatore", questo aveva detto l'Inquisitore. E se la porta si era davvero aperta, perché non seguire ancora le sue parole? Shem si avviò a fatica lungo il corridoio.
Aveva camminato per pochi passi, quando udì un sommesso parlottio che accompagnava due persone che si avvicinavano. Si guardò intorno disperato. La fuga era già terminata?
Si trovava oltre una svolta ad angolo retto, dove il buio era profondo. I passi si avvicinavano e con essi il riflesso di un lume. Presto sarebbe stato visto, la sua speranza dissolta.
Nel muro scoprì una rientranza, in essa, a tentoni, individuò una porticina. La spinse. La porta si aprì e vi sgusciò dentro senza richiuderla, non ne avrebbe avuto il tempo. I due uomini passarono davanti alla rientranza e il suono dei loro passi si affievolì.
Shem attese qualche minuto, mentre il ritmo del suo cuore rallentava e il respiro si faceva meno affannoso. Stava per ritornare sul corridoio, quando udì avvicinarsi altre persone. Evidentemente quel percorso era frequentato, da quella parte non aveva possibilità di fuga. Forse poteva tentare di proseguire in quel passaggio secondario. Chiuse la porticina e si inoltrò in quello che pareva uno stretto cunicolo che subito lo portò ai piedi di una ripida scala a chiocciola. Shem era sicuro che la sua cella si trovasse nel sottosuolo, quindi salire andava bene, pensò. Gradino dopo gradino, il buio si andava attenuando e dopo alcuni giri completi, il rabbino si trovò dinnanzi a una stretta feritoia dalla quale entrava la luce del sole, oramai basso sull'orizzonte. Era più di un mese che non vedeva il sole; quei pochi raggi gli diedero una gioia immensa e gli aprirono il cuore alla speranza. Speranza che si fece ancora più concreta quando i suoi occhi, abituati all'oscurità, iniziarono a vedere ciò che si scorgeva dalla feritoia: i campi, gli alberi, le colline. Conosceva quel panorama, era stato spesso in quella campagna con sua moglie e i suoi figli. Una fitta di nostalgia lo attraversò e lo fece quasi lacrimare. Forse sarebbe riuscito a rivederli, dopotutto.
Si riscosse, occorreva tutta la sua freddezza se voleva uscire da lì. Ora sapeva che si trovava all'interno del muro ovest della fortezza, quello che dava sull'aperta campagna e la libertà.
L'euforia di quella scoperta fu frenata subito da una considerazione ovvia: lui si trovava ancora all'interno, la libertà era all'esterno e forse, beffardamente, quando pareva a portata di mano, non sarebbe mai stata raggiunta. Eppure, ragionò, se quel passaggio portava alle mura, una ragione doveva esserci.
E la ragione gli apparve dopo pochi passi: una porta, verso l'esterno. Ma si sarebbe aperta?
Quasi tremando per l'emozione Shem si avvicinò. La verità gli apparve quasi subito, incredibile ma reale. La porta doveva essere un'uscita segreta, e come tale era chiusa solo dall'interno, con un pesante chiavistello di ferro, ma senza serratura. Evidentemente, ragionò, era stata predisposta per una fuga d'emergenza, e nella fretta di una fuga, non ci sarebbe stato il tempo di cercare una chiave.
La speranza gli esplose nel cuore: la vita, la libertà, tutto ciò che amava era lì, a pochi passi, bastava un ultimo sforzo e più nulla lo avrebbe potuto fermare,
Shem radunò le sue forze, togliere quel chiavistello arrugginito e pesante non sarebbe stato facile e infatti il suo corpo martoriato gli urlò tutto il suo dolore mentre, facendo forza sulle gambe, con le mani tirava a sé quell'ultimo ostacolo verso la libertà.
Nell'ansia e nella concentrazione dello sforzo che l'attendeva, Shem non fece caso al grasso che era stato dato al chiavistello, che infatti si aprì di colpo. Shem perse l'equilibrio e urtò violentemente la testa sull'angolo di una pietra. Crollando sulla porta, il suo peso la fece aprire e il rabbino riuscì a scorgere la luce che inondava i campi: libero, pensò con gioia mentre il dolore lo invadeva e le forze lo abbandonavano, facendogli perdere i sensi.
Non fece a tempo ad udire il rumore e il vocio di un gruppo di uomini che si stava avvicinando.
 
I gendarmi caricarono il rabbino sul carro, gli misero ai polsi e alle caviglie delle pesanti catene, poi lasciarono rispettosamente il passo all’Inquisitore che si stava avvicinando.
Ignatio de Elgovar accarezzò amorevolmente il capo insanguinato del rabbino che aveva appena ripreso conoscenza. Le rughe del suo volto s'incurvarono in un sorriso mentre gli si rivolgeva in tono di bonario rimprovero:
- Figlio mio, Dio non ti ha aperto la porta dell'inferno e non ti ha guidato verso la Luce. Noi lo abbiamo fatto e ti stavamo aspettando. Ma tu per poco riuscivi a fuggire andando incontro a sorella Morte senza alcuna purificazione -, aggiunse l'inquisitore guardando la ferita del rabbino - ma Dio, che ama anche l'ultima delle sue pecorelle smarrite, è misericordioso e non te l'ha permesso. Ora ti porteremo dove finalmente il fuoco ti darà quella libertà che tanto desideri.-
Marcello Rizza
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Re: Il tormento della libertà

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Ciao Mariovaldo. Ci mancavi. Ti ho letto. Appunto, ci mancavi. Aspetto che esca il sondaggio per recensirti (parolone) e votarti.
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

scritto piuttosto bene, con buone descrizioni scenografiche. giungono un po meno quelle a livello emozionale.
racconto che narra un episodio ripetutosi, purtroppo, infinite volte nell'epoca buia dell'Europa.
ci sono alcube virgole di troppo, soprattutto all'inizio, e alcuni refusi, ma nulla di particolare.
non capisco il motivo del trattino a fine dialogo, superfluo.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Marcello Rizza
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Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Serve a poco contrastare alcune recensioni. Vale la personale opinione. Su questa pesa la considerazione, nel tuo caso alta, di quanto vale la personale letteratura. Su BA spicchi per tematiche e per eleganza. Il tuo racconto è bellissimo, scritto perfettamente. Se proprio, proprio volessi trovarci un appunto sarebbe sul fatto che è ambientato in un periodo datato e i fatti hanno lo sguardo di una mentalità contemporanea. Ma se ti dovessi "punire" per questo mi sentirei scorretto. Il tuo è un racconto di chi sa scrivere, con la capacità di reggere un finale non preannunciato dall'inizio, il piacere della sorpresa che manca in quasi tutti i racconti su questa kermesse, curato nei minimi particolari. A prescindere dall'argomento, non nelle mie corde, come potrei non riconoscere l'arte, l'eleganza, la forma e il gusto? Il mio è "5" pieno e ti giochi il podio assieme a Isramith. E in questo gioco di classifica ti auguro, come all'altro competitor, fortuna. Bravo!
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Racconto molto lungo, ma condotto con maestria. Un tema delicato che tratta un periodo pesante e oscuro della nostra storia. Un finale che non mi aspettavo e che mi ha lasciato senza fiato. Ho apprezzato anche la parte iniziale con i dubbi e le incertezze di Ignazio.
Posso permettermi di dissentire rispetto all'uso di un verbo? "un accenno di sorriso che subito disparve" Disparve proprio non mi piace.
Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Un racconto scritto benissimo, più lungo della media per una gara ma che non annoia affatto, con sorpresa finale. Curiosamente, entrambi i racconti che guidano la classifica hanno una tematica religiosa: coincidenza, oppure lockdown, paura della malattia e del futuro hanno risvegliato tematiche introspettive?
Ho notato anch'io l'uso del trattino alla fine della frase, e credo che sia inutile.
Comunque voto 5
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MattyManf
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Messaggio da leggere da MattyManf »

Racconto scritto benissimo e con lo stile unico di Mariovaldo.
Leggerti è sempre un piacere!
Ho apprezzato moltissimo le descrizioni della prigione e i dialoghi iniziali.
Anche la parte della fuga crea il giusto tipo di angoscia e la chiusa dell'inquisitore mi ha divertito per la sua (apparente) incoerenza.
Devo dire che ho apprezzato di più il finale di altri tuoi scritti, ma questo rimane sicuramente uno dei racconti più validi in competizione.
Complimenti!


PS: mi piace la scelta del nome che hai dato al protagonista.
Ultima modifica di MattyManf il 09/09/2021, 8:51, modificato 1 volta in totale.
Selene Barblan
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Davvero un bel racconto, l’inquisitore prende più spazio come personaggio, forse anche perché la personalità del rabbino è stata tanto ferita dalle tremende vicissitudini. Hai saputo parlare di tanto con pennellate delicate e accenni, sfumature, in modo mai banale. Bello anche il finale, che non mi aspettavo. Non saprei dare nessun input, è ottimo così com’è, voto 5.
Mariovaldo
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Re: Il tormento della libertà

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Marcello Rizza ha scritto: 30/08/2021, 21:19 Ciao Mariovaldo. Ci mancavi. Ti ho letto. Appunto, ci mancavi. Aspetto che esca il sondaggio per recensirti (parolone) e votarti.
Marcello, al solito sei generoso nei tuoi commenti alle mie operine, ti ringrazio e spero di non deluderti con i prossimi lavori (se ci saranno, sono in un periodo di totale mancanza di tempo e idee)
Mariovaldo
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Mariovaldo »

Fausto Scatoli ha scritto: 31/08/2021, 20:23 scritto piuttosto bene, con buone descrizioni scenografiche. giungono un po meno quelle a livello emozionale.
racconto che narra un episodio ripetutosi, purtroppo, infinite volte nell'epoca buia dell'Europa.
ci sono alcube virgole di troppo, soprattutto all'inizio, e alcuni refusi, ma nulla di particolare.
non capisco il motivo del trattino a fine dialogo, superfluo.
Grazie Fausto, quando scrivo ho un canestro pieno di virgole che devo spargere qua e là... scherzo ovviamente, per le virgole io cerco di seguire il ritmo naturale della lettura a voce alta e non sempre ci riesco, a quanto pare. Se puoi, continua a seguirmi e a criticare in modo costruttivo come fai sempre, non fa che bene, grazie ancora
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Alberto Marcolli
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Commento - Il tormento della libertà

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

In un commento si scrive che il finale giunge così inaspettato da togliere il respiro. Non nel mio caso: date le premesse, sarebbe stato assolutamente illogico immaginare una fuga tanto rocambolesca, se non perché studiata a tavolino dagli stessi aguzzini, allo scopo di rendere ancora più dolorosa la fine del povero rabbino. Bella l'dea dell'incidente nell'aprire il chiavistello finale verso la libertà. Dirò di più: avrei fatto morire il rabbino giusto qui, sottraendo al sadico Ignatio de Elgovar l’ultimo piacere e risparmiando al rabbino una morte ben più atroce.
Ciò premesso, il racconto è molto ben scritto, qualche piccola imperfezione che potrà essere sistemata senza difficoltà dall’autore, giusti i consigli dei commenti precedenti.
Il racconto non rientra nel genere che prediligo, ma questo non deve importare.
Voto 4
Mariovaldo
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Re: Commento - Il tormento della libertà

Messaggio da leggere da Mariovaldo »

Alberto Marcolli ha scritto: 18/09/2021, 11:10 In un commento si scrive che il finale giunge così inaspettato...
Il racconto non rientra nel genere che prediligo, ma questo non deve importare.
Voto 4
Grazie Alberto, lo so per esperienza diretta, e' difficile essere obiettivi leggendo qualcosa che non rientra nei propri gusti, quindi apprezzo ancora di piu' il tuo commento positivo. Nel merito, hai perfettamente ragione, un finale diverso sarebbe stato illogico e avrebbe tolto molto del significato al racconto.
Mariovaldo
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Mariovaldo »

Marcello Rizza ha scritto: 31/08/2021, 20:40 Serve a poco contrastare alcune recensioni. Vale la personale opinione. Su questa pesa la considerazione, nel tuo caso alta, di quanto vale la personale letteratura. Su BA spicchi per tematiche e per eleganza. Il tuo racconto è bellissimo, scritto perfettamente. Se proprio, proprio volessi trovarci un appunto sarebbe sul fatto che è ambientato in un periodo datato e i fatti hanno lo sguardo di una mentalità contemporanea. Ma se ti dovessi "punire" per questo mi sentirei scorretto. Il tuo è un racconto di chi sa scrivere, con la capacità di reggere un finale non preannunciato dall'inizio, il piacere della sorpresa che manca in quasi tutti i racconti su questa kermesse, curato nei minimi particolari. A prescindere dall'argomento, non nelle mie corde, come potrei non riconoscere l'arte, l'eleganza, la forma e il gusto? Il mio è "5" pieno e ti giochi il podio assieme a Isramith. E in questo gioco di classifica ti auguro, come all'altro competitor, fortuna. Bravo!
Non c'è nulla da fare, credo che se pubblicassi l'elenco telefonico tu troveresti lo spunto per elogiarmi. Non che la cosa mi dispiaccia, anzi, ne sono orgoglioso e pure un poco preoccupato: mantenermi a livello del tuo apprezzamento non e' facile e la delusione è dietro l''angolo.
Ancora grazie e a rileggerti
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Introduzione del Prof. Marco Vallicelli.
Copertina di Giorgio Pondi.

Contiene opere di: nwClaudia Cuomo, Enrico Arlandini, Sandra Ludovici, Eleonora Lupi, Francesca Santucci, Antonio Amodio, nwIsabella Galeotti, nwTiziano Legati, nwAngelo Manarola, Pasquale Aversano, nwGiorgio Leone, nwAlberto Tivoli, nwAnna Rita Foschini, nwAnnamaria Vernuccio, William Grifò, nwMaria Rosaria Spirito, nwCristina Giuntini, nwMarina Paolucci, nwRosanna Fontana, nwUmberto Pasqui.

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Bagliori Cosmici

Bagliori Cosmici

la Poesia nella Fantascienza

Il sonetto "Aspettativa" di H. P. Lovecraft è stato il faro che ha guidato decine di autori nella composizioni delle loro poesie fantascientifiche pubblicate in questo libro. Scoprirete che quel faro ha condotto i nostri poeti in molteplici luoghi; ognuno degli autori ha infatti accettato e interpretato quel punto fermo tracciando la propria rotta verso confini inimmaginabili.
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.

Contiene opere di: Sandro Battisti, Meth Sambiase, Antonella Taravella, nwTullio Aragona, Serena M. Barbacetto, Francesco Bellia, Gabriele Beltrame, Mara Bomben, Luigi Brasili, Antonio Ciervo, nwIunio Marcello Clementi, nwDiego Cocco, Vittorio Cotronei, Lorenzo Crescentini, Lorenzo Davia, nwAngela Di Salvo, nwBruno Elpis, Carla de Falco, Claudio Fallani, Marco Ferrari, Antonella Jacoli, Maurizio Landini, nwAndrea Leonelli, nwPaolo Leoni, Lia Lo Bue, Sandra Ludovici, Matteo Mancini, Domenico Mastrapasqua, nwRoberto Monti, Daniele Moretti, Tamara Muresu, nwAlessandro Napolitano, Alex Panigada, nwUmberto Pasqui, nwSimone Pelatti, nwAlessandro Pedretta, Mattia Nicolò Scavo, nwSer Stefano, Marco Signorelli, nwSalvatore Stefanelli, Alex Tonelli, Francesco Omar Zamboni.

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