Babi Yar

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2021.

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Namio Intile
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Babi Yar

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Ucraina, 29 settembre 1941
Il C.S.I.R. era stato costituito in fretta e furia all'inizio di luglio e messo a disposizione dell'undicesima armata tedesca sul fronte sud, lungo il fiume Dnestr.
Mi ritrovai nel mio vecchio reggimento, il 79° Roma inquadrato nella divisione Pasubio, e all'inizio di luglio fummo inviati, attraverso sterminati campi di grano, solcati da torrenti gonfi d'acqua bruna, che si alternavano a colline colorate dai girasole, nel ventre del gigante eurasiatico.
Sulla strada non incontrammo altro che villaggi abbandonati e dati alle fiamme e colonne di civili in fuga dai combattimenti: tuttavia bastarono quelle poche settimane per farmi perdere le ultime illusioni sulla necessità del regime e ogni residua fiducia sulla lucidità del duce.
Già in agosto il C.S.I.R. aveva affrontato le prime dure battaglie con le retroguardie dell'Armata Rossa, sul fiume Bug, in luoghi dai nomi impronunciabili: Wosnessensk, Pokrovskoje, Yasna Poliana.
Ne uscimmo duramente provati, e io compresi che i tedeschi non avrebbero vinto così facilmente come tutti fino a quel momento avevano creduto e sperato, e come ci avevano raccontato alla partenza dall'Italia.
Capii, dopo averli affrontati, che i russi avrebbero combattuto sino alla fine, senza mai arrendersi, che la Blitzkrieg nazista con loro non avrebbe funzionato.

Non molto tempo dopo il mio arrivo, in un villaggio nei pressi di Kiev, mi trovavo al comando del mio battaglione, in attesa di ordini dal comando di reggimento, ai bordi della strada maestra, quando passarono alcune GAZ M1 requisite con su le insegne da Gruppenführer der SS, scortate da diverse motociclette.
Dopo avermi oltrepassato l'auto al centro si fermò bloccando il corteo, e dall'interno qualcuno trasse fuori una mano facendo segno di avvicinarmi.
Mi accostai al finestrino e riconobbi Manfredi Chiaramonte; da anni non avevo sue notizie, l'amico con cui avevo condiviso gran parte della mia giovinezza, dai tempi della scuola fino all'università, e poi il servizio militare fino alla campagna d'Abissinia.
«Ludovico Velez» esclamò lui, quasi per nulla sorpreso di trovarmi lì, a migliaia di chilometri da casa.
Mi presentò i suoi camerati: «Questo è il Gruppenführer Otto Rasch» disse orgoglioso, stringendo la spalla dell'ufficiale generale.
Il braccio destro di Heydrich a Berlino, seppi poi.
«E questo lo Sturmbannführer della LAH Sigfrid Baumann.»
Scattai sull'attenti e feci il saluto militare.
«Mi sembra proprio impossibile» aggiunse sorridente, nel suo italiano che sapeva ormai di tedesco.
«Ananke ci fa rincontrare a diecimila chilometri dall'ultima battaglia! Quanti anni sono trascorsi?» Mi domandò, come se fosse davvero lieto del nostro incontro.
Indossava la divisa nero e argento delle SS, con le spalline di Standartenführer e le mostrine con i colori di un reggimento che non seppi identificare, ma su cui spiccavano due lettere che avevo imparato a temere: SD.
«Manfredi… » balbettai, stupito non tanto di trovarlo lì, quanto con quella compagnia tanto importante. «Sono passati quasi sei anni. Allora era vero quel che si diceva…»
Mi osservò incuriosito, ma attese che io continuassi.
«Sei passato al nemico… » provai con una battuta aspra.
Senza riuscire a celare tutto il mio livore dietro quel sarcasmo.
Un desolante ghigno spezzò la bocca di Manfredi e ritrovai quel sorriso indecifrabile che avevo imparato a conoscere sin da ragazzo, e che più di una volta mi aveva turbato.
«Attention» mi sussurrò. «Mon ami comprend très bien l'italien» e con un cenno della testa indicò il Gruppenführer seduto al suo fianco.
Uscì dall'auto, mi fece segno d'un largo sorriso, e afferrò poi il mio braccio iniziando una passeggiata, come se fosse la cosa più naturale del mondo e ci trovassimo in via del Corso a Roma invece che in una strada devastata di un villaggio ormai ridotto a un'unica rovina fumante.
In lontananza, a oriente, si intravedevano le cupole dorate della cattedrale di Kiev, mentre stormi di Stukas e di Messerschmitt ruggivano sopra le nostre teste, numerosi come nugoli di mosche sopra una carogna, carichi di bombe da sganciare sulla prossima preda oltre il Dnepr.
«Kiev è caduta e presto toccherà al resto dell'Ucraina… » m'informò, senza mostrare alcuna emozione. «La guerra procede nel migliore dei modi per noi.»
Poi s'illanguidì e cambiò tono.
«Vedi, io non nutro rancore nei tuoi confronti. È trascorsa una vita e migliaia di chilometri da ciò che avvenne in Africa. Tra non molto questa guerra terminerà e il Nuovo Ordine, che da ragazzi avevamo desiderato e sognato, nascerà; e durerà per secoli.»
Mi fermai pieno di fastidio. E sfuggii alla sua stretta. «Il nuovo ordine» ripetei, con una sfumatura di sarcasmo.
«Non ricordi, Ludovico? La nostra speranza era che tutto questo avvenisse il prima possibile. Dovresti gioirne, e invece leggo sgomento nei tuoi occhi» mi rimproverò.
Scrutai Manfredi, gli occhi azzurri e limpidi, il viso asciutto e quasi senza espressione, l'assenza apparente di sentimenti; ed ebbi la certezza che per lui nulla fosse cambiato dai tempi della campagna d'Africa e che, anzi, si fosse rafforzato quel modo di pensare, di vedere il mondo e di sentire la vita. E provai di nuovo quella strana malinconia, quella profonda tristezza, quell'inquietudine priva di contorni che avevo sperimentato al ritorno dal Corno d'Africa.
«Questo è il nuovo ordine per te?»
E allargai le braccia, come un Cristo in croce, a indicare le macerie tutt'intorno a noi, i cadaveri dei mugik abbandonati sulla strada e ridotti a una massa informe dai cingolati dei panzer.
«Non ancora… lo ammetto, ma ci sto lavorando… personalmente» mi rivelò.
E mi parve raggiante.
«Presto tutta la zona sarà Judenfrei. E poi toccherà ai bolscevichi e agli zingari, e poi ancora a tutte le razze inferiori… »
Rabbrividii e provai un senso di nausea. Tentai di irrigidire il ventre per evitare di rimettere l'unico pasto di due giorni.
E ricordai quella sera lontana, nella piana del Gebat, tra Makallé e Addis Abeba.
«E alla fine della giostra toccherà agli italiani? Perché solo alcuni tra voi stabiliscono, di volta in volta, quali siano le razze inferiori e quali le categorie da eliminare.»
«Ti ripeto di stare attento, Ludovico» mi mise in guardia con un tono che non ammetteva repliche.
«Sei rimasto il solito sentimentale, un siciliano incapace di costruire il futuro, come tutti i siciliani, e persino di comprenderlo o interpretarlo. Proprio non riesci a cogliere il bene e le opportunità di questa situazione? Come fai a esser tanto ottuso da non afferrare i lati positivi di una tale, complessa, grandiosa, opera d'ingegneria sociale?»
E mi fece cenno di aspettare. Tornò all'auto, scambiò due battute con Rasch, ed ebbi l'impressione che dei due fosse lui quello a dare ordini; poi si allontanò, non senza l'immancabile saluto al Führer.
«Come sei riuscito a salire tanto in alto, Manfredi? A far allontanare un Gruppenführer con un cenno?»
Gli uscì un sorriso compiaciuto, quasi una smorfia. «I galloni si conquistano sul campo» si limitò a spiegare.
«E tu non cogli l'inutilità di questa immane carneficina, dove a ciascuno è concesso di dar sfogo all'illimitato spettro delle proprie pulsioni? Tutto cambierà, è vero, ma in peggio» affermai, e per farlo feci ricorso a tutta la mia risolutezza.
«Le vite umane non sono che un dettaglio insignificante nell'immensità del progetto» rispose calmo, come se l'orrore intorno fosse un dettaglio insignificante. «Ho fatto fucilare miei ufficiali per aver detto meno» ruggì, d'improvviso feroce: ma subito sorrise e si ammorbidì. «Dopo ogni vittoria, sai bene, è necessaria la pulizia. Vieni con me, dimentichiamo la guerra per oggi: ti voglio portare in un luogo dove ti potrai rilassare e metter da parte la fatica di questi giorni… uno dei vantaggi di essere uno SS Standartenführer.»

Era un bordello quel vantaggio.
Come ce n'erano tanti al seguito degli eserciti, come era sempre stato e come sempre sarà, per rilassare i corpi e rigenerare il morale, per sostituire la stanchezza con un miserevole sfogo di pulsioni sessuali.
Tante ragazze giovani, molte probabilmente neanche maggiorenni.
Ma al contrario delle prostitute dei bordelli che avevo frequentato fino al quel momento, quelle non lo sembravano affatto, piuttosto ragazze di buona famiglia, appena uscite da un collegio o da una casa borghese, con ancora addosso i loro vestiti migliori.
E quegli sguardi tristi tradivano l'umiliazione per ciò che erano costrette a subire e, soprattutto, la paura per ciò che le attendeva alla fine del loro turno di lavoro "volontario" per il Reich.
«Questa è la nostra Frau Honecker, SS Hauptsturmführer» ci presentò Manfredi, in francese, accennando anche alla nostra amicizia di vecchia data.
«Ha qualche novità interessante per me?» Le domandò, questa volta in tedesco. «E qualche dolce ragazza slava per il mio amico capitano… può rimanere tutta la notte, se vuole» aggiunse.
La Frau annuì e sorrise accompagnandomi al piano di sopra.
Entrai in una stanzetta spoglia con un letto disfatto appoggiato al muro, la carta da parati verde ormai sudicia, e una finestra coi vetri rotti affacciata sulla strada.
«Was bist du?» Tu cosa sei, mi chiese la ragazza in tedesco, svestendosi e rimanendo nuda, come se obbedisse a un ordine e non le rimanesse altro da fare.
«Ich bin italianer, je suis un pauvre italien, couvrez-vous, s'il vous plaît» precisai, porgendole una vestaglia.
«Anche voi qui?» si meravigliò lei, con lo stesso francese. «Ma perché siete qui? Perché non rimanete nelle vostre belle città? Perché venite qui, a ucciderci? Cosa sperate di ottenere?» mi rimproverò aspra, facendomi morire dentro.
«Parce que c'est necessaire» mormorai, cercando di confortare me stesso più che lei, cercando di dare una risposta a me più che tentare di spiegare a lei.
«Quel est vôtre nom?» Le domandai.
«Mi chiamo Natasha… fino a tre settimane fa studiavo violino al conservatorio, prima che arrivassero i tedeschi a spazzare via le nostre vite» mi sussurrò, come se se ne vergognasse. «Mi hanno presa in un campo di granturco una settimana fa, mentre tentavo di fuggire, insieme ad altre ragazze ebree come me. Mi hanno convinta a servire in questo bordello militare in cambio della libertà. Mi hanno promesso che alla fine del servizio riabbraccerò la mia famiglia… che loro sono tutti in salvo in un campo di lavoro. Solo tre settimane di servizio mi hanno garantito. È buffo… una settimana fa non conoscevo gli uomini; adesso devo servirne cinque l'ora per diciotto ore, ogni giorno.»
La osservai… sembrava ancora una bambina Natasha, con la pelle diafana di chi non vede il sole da troppo tempo e dita lunghe e sottili usurate dalle corde del violino; occhi tristi e gentili, ardenti per l'intensa stanchezza e la paura, la silenziosa disperazione che nasce dall'incertezza del proprio futuro.
«Il suo amico è un uomo importante, sa» mi rivelò Natasha. «Ha una terribile fama. Anche i generali della Wehrmacht chinano il capo davanti a lui. Ma lei… pare così diverso. Vraiment vous étiez amis?»
«Oui, dans une autre vie» in un altro mondo, risposi.
Mi avvicinai e le offrii una sigaretta.
Natasha fumò voluttuosamente le pessime Milit italiane tagliate con lino e segatura, fumò come se quella fosse la prima sigaretta della sua vita… o forse l'ultima.
«Tous les italiens sont aussi gentils avec les filles?» Mormorò Natasha, con l'improvviso cambio d'umore che hanno i condannati a morte, quando un'improvvisa, incredibile, buona notizia riaccende una sopita speranza.
«Tutti gli italiani sono gentili. Gli italiani non sono cattivi» risposi. «Comme les russes.»
Natasha si mise a piangere, singhiozzando lentamente, tenui accordi di viola in chiave di sol.
E infine lo chiese.
Era la domanda che valeva una vita.
L'unica domanda ad avere importanza.
«Credi che manterranno la parola? Che ci faranno andar via senza farci del male?»
«Perché non dovrebbero?» Risposi sfiorandole il viso, ma sapevo bene che era una menzogna. «I tedeschi mantengono sempre la parola. Riprenderai a suonare il violino e diventerai una grande concertista, non temere» la incoraggiai, con la morte nel cuore.
Si addormentò, esausta com'era, mentre le carezzavo dolcemente i lunghi capelli biondi.
Poi, era quasi l'alba, afferrai la giacca e andai via.
«Herr Prinz Manfred» mi fermò frau Honecker nel suo tedesco dall'inflessione sassone, quindi balbettò in francese. «Le ha lasciato un biglietto e mi ha pregato di dirle che la verrà a prendere domani alle cinque. Si faccia trovare davanti al comando del suo reggimento. I suoi superiori saranno avvisati. La prega di essere puntuale» terminò, sfoderando un magnifico sorriso, come se il luogo in cui si trovava fosse il più normale del mondo e la sua una onorata professione.

Non ci sono monumenti su Babi Yar. Un burrone ripido come rozza pietra tombale…
Babi Yar, E.Evtushenko

Partimmo all'alba, su di una kubelwagen, diretti ad un luogo chiamato dagli ucraini
Babi Yar
Manfredi mi pareva contento, come se stesse andando a un picnic, e rammentava i vecchi tempi, le gite al mare da ragazzi, gli anni dell'università a Torino, il servizio militare, l'addestramento nella Milizia Volontaria a Sora.
«Porti ancora l'ouroboros di Ananke» osservai, per sfuggire a quei ricordi.
«Ogni cosa nasce, muore e poi ritorna» replicò lui, e mi mostrò l'anello, all'anulare della sinistra, come una fede nuziale.
«Il serpente si avvolge al tempo, e tutto ritorna, unità nella diversità» osservò. «Accompagna la mia famiglia fin dal regno di Ruggero… una storia che ritorna sempre uguale: guerre, massacri, pace e poi ancora guerre» aggiunse, con una sorta di compiaciuta malinconia.
«Forse si può spezzare» azzardai. «È possibile spezzare la catena. Si possono non ripetere sempre gli stessi errori.»
«Può darsi» ammise, con mia sorpresa. «Ho sempre seguito Ananke, non mi sono mai opposto a lei, come invece tenti ancora tu. Per questo sei qui con me» e mi sorrise. «Tu vedrai e capirai: poi cambierai il nostro destino».
«Vedere? Cambiare… » balbettai.
«Vedrai ciò che nessun italiano ha mai visto, prima di te. E, alla fine, comprenderai.»
Rabbrividii. «Dove stiamo andando?»
«Il nome non ti dirà nulla. È solo un luogo anonimo, dietro il cimitero di Kiev. Là aspettano gli uomini del mio Sonderkommando.»
«Sonderkommando?» Feci pieno di stupore.
«Girano voci in Europa… da anni. Le menzogne che le coprono nascondono la realtà. Il nazionalsocialismo ha fatto grandi passi in avanti, ma continua ad aver paura delle parole e nasconde le sue stesse azioni, la sua stessa essenza; come se la verità fosse troppo orribile per essere rivelata, troppo cruda per essere raccontata. Ci costringono a nasconderci… bugie, depistaggi, verità dette a metà o dette al contrario.
Oggi avrai l'opportunità di guardare la realtà in faccia, senza veli» aggiunse, e diede ordine allo staffiere di partire.
Babi Yar era come una ferita sul terreno piatto, come un contorto letto di un fiume privo d'acqua che attraversava la periferia occidentale fradicia di pioggia.
Migliaia di civili erano in fila sulla strada, scortati e sorvegliati dai collaborazionisti ucraini, da giorni avevano avuto l'ordine di recarsi in quel luogo con i propri mezzi, tirandosi dietro lo stretto necessario.
«Cosa sta succedendo» domandai, con voce rotta, quasi gemendo. «Dove stanno portando questa gente? Sono civili… donne, vecchi, bambini.»
«Non sono propriamente persone… sono ebrei, zingari. E bolscevichi: funzionari del partito comunista, commissari politici, con le loro famiglie. A questo servono gli Einsatzgruppen. A eliminare i nemici del popolo.»
«Ma quali nemici… vedo solo donne, bambini, neonati» protestai sbigottito.
Non riuscivo a credere a quello spettacolo, a quel che accadeva.
Manfredi si avvicinò a un gruppo di SS, che lo salutarono saltando sull'attenti e alzando il braccio.
Puzzavano di alcool ed erano visibilmente fuori di testa, le mani lorde di sangue e le divise cosparse di resti umani.
Il fetore della morte avvolgeva ogni cosa, come le grida di uomini e donne disperati condotti a una morte orrenda insieme a tutti i membri delle loro famiglie.
«Siedi» mi ordinò Manfredi, e mi porse un trespolo di legno.
Vomitò dei secchi ordini in tedesco che non compresi.
Un centinaio di donne, alcune giovanissime, altre vecchie, molte madri con i figli stretti al seno, si avvicinarono.
I collaborazionisti ucraini urlarono loro qualcosa e le donne poggiarono a terra i pochi bagagli e piangendo iniziarono a togliersi gli abiti di dosso.
Alcune esitavano, ancora per pudore o bloccate dalla paura, e venivano massacrate con i calci dei fucili, i ventri aperti con le baionette, per incitare le altre a sbrigarsi, a correre senza perder tempo verso il luogo prescelto per la loro morte.
E i neonati, li lanciarono in aria facendo il tiro al bersaglio con le loro Schmeisser.
Poi, in un tripudio di follia, in mezzo a urla, spari, voci disumane, tutte vennero fatte scendere nel fosso.
Manfredi scese con alcune di loro, quasi confortandole, come un lupo che lecchi l'agnello prima di saltargli al collo.
E una volta giù estrasse la Lüger semiautomatica, sistemò le donne in file di tre e sparò loro al capo.
Un colpo ogni tre teste.
E poi ancora e ancora e ancora, fin quando la pistola non si scaricò.
«Un vero toccasana per l'economia del Reich» esultò.«Ventuno inumani con nove colpi.»
Non ci vidi più. L'orrore superò ogni argine e mi costrinse ad agire.
Afferrai la pistola d'ordinanza e scesi nel fosso, intenzionato a uccidere Manfredi e a morire con lui. Ma non feci molta strada che due SS mi ghermirono alle spalle e mi disarmarono.
«Sei un inguaribile sentimentale» rise Manfredi. «Tuttavia mi hai dimostrato di non essere un vigliacco, come tutti i siciliani.»
«Dovevo ucciderti quel giorno nella piana del Gebat» gli urlai in faccia, con tutta la rabbia di cui ero capace. «Dovevi morire tu, non gli altri uomini della colonna Diamanti! Io ti dovevo uccidere!»
«Ma non l'hai fatto» mi disse con un tono pacato, e si avvicinò mentre tentavo di divincolarmi dalla stretta dei suoi sgherri.
Il suo viso aveva un'espressione dolce e mi carezzò, come aveva fatto con i suoi ebrei.
Poi aggiunse: «In quei giorni del trentasei ho compreso tante cose. E tante altre sono venute dopo, girovagando per quest'immenso braciere che è l'Europa. In Spagna, in Polonia, in Francia, qui in Russia. Adesso sono io che posso uccidere te, quando voglio, come credo. E potrò farlo sempre, perché io ho capito. Io ho visto Ananke in faccia.»
«E allora uccidimi, che aspetti!» Gli gridai contro, dando fondo a tutto l'odio che avevo dentro.
«Non ti ucciderò» e mi abbracciò.
Mi trascinò lontano da quel massacro, lontano dai suoi uomini trasformati in mostri disumani, e il suo sguardo mi sembrò che si fosse addolcito.
«Se vuoi porre fine a questo macello un modo c'è» mi confidò, cambiando tono, come se mi parlasse per la prima volta.
Ed ebbi l'impressione che i suoi occhi si riempissero dell'antica luce mediterranea pervasa dalla Misura.
Ci avvicinammo alla kubelwagen, mentre non distante continuava a regnare l'orrore.
«Ma dovrai esser pronto a sacrificare ogni cosa» mi rivelò. «In cambio di milioni, decine di milioni di vite: non esiste altra via. Babi Yar non è che l'inizio, Ludovico.»
La sua voce si era fatta sottile, come se stesse pregando.
«Continua» lo esortai, cercando di reprimere la diffidenza e il disgusto nei suoi confronti.
«Ho numerose amicizie all'interno dell'OKH» mi rivelò. «A fine agosto doveva avvenire una visita alle truppe del Duce e del Führer: dovevano visitare le retrovie, non lontano da Uman'. L'incontro invece avverrà domani, qui a Kiev. Insieme faranno visita al Savoia Cavalleria, a reparti della Legione Tagliamento e della LAH; insieme conferiranno delle onorificenze.»
«Non capisco» balbettai, provando a farmi coraggio.
«Diversi esponenti dell'Alto Comando sono sicuri di andare incontro a una rovinosa disfatta; più volte, negli anni passati, hanno provato a eliminare il Führer per dare vita a un putsch. E con un governo militare porre fine al conflitto. Ma ogni volta i tentativi non si sono concretizzati.»
Mi afferrò per le spalle e mi guardò dritto negli occhi.
«Questa è la volta buona» mi rivelò, pieno d'entusiasmo. Pensa quante vite potranno essere risparmiate.»
«Immagino che avrai un posto d'onore nel nuovo governo… » lo rimproverai, aspro.
Cercavo ancora di capire quali fossero le sue reali intenzioni.
«Non chiedo nulla per me» fece, e, questa volta, mi parve sincero.
«E Goëring, il tuo Himmler? Non sono addirittura peggio di Hitler?»
«Possiamo contare sulla fedeltà di molte divisioni dell'esercito. Disarmeremo le SS non appena giungerà notizia della morte del Führer» mi confidò.
Aprì il bagagliaio dell'auto e prese in mano una boccetta cilindrica, di vetro trasparente.
Svitò il coperchio e mi fece annusare il liquido incolore.
«Sembra acqua» mormorai. «Ti stai prendendo gioco di me?»
Avvitò il coperchio. «Basta premere col pollice qui, è il detonatore, con forza, e il gioco è fatto.»
Si avvicinò a una fossa piena di cadaveri e lo lanciò dentro. L'esplosione fu devastante.
La strage si fermò per un attimo, e poi riprese, come se nulla fosse accaduto.
Manfredi si avvicinò di nuovo.
«È un esplosivo sperimentale. Molto compatto e potente, quanto una granata da 81 per farti capire. Sono riuscito a inserire il tuo nome nella lista degli ufficiali che verranno decorati, Ludovico. Ti dovrà esser conferita la croce di ferro di prima classe: e faremo in modo che sia il Führer in persona ad appuntartela al petto.»
«Le sue guardie del corpo mi perquisiranno» obiettai.
«Ti leveranno solo l'arma. Invece terrai la boccetta nella tasca della giubba, insieme alla mano, che fingeremo offesa. Se le troveranno dirai che si tratta di un tonico per l'endocardite contratta al fronte. Non ti faranno storie.»
«Dunque mi chiedi di sacrificare la mia vita… »
«No, Ludovico. Io ti sto supplicando; per cambiare la Storia, il Mondo… Non sospetteranno di te, e quando Hitler si avvicinerà…»
«Per cambiare la Storia» ripetei.
E adagiò, tra le mie mani giunte, un'altra boccetta. Sul coperchio c'era una scritta che mi parve in inglese e una sigla: Astrolite A.
Babi Yar
Ultima modifica di Namio Intile il 21/11/2021, 12:06, modificato 2 volte in totale.
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Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Beh, ci riprovo. Il racconto in precedenza spostato si trova per intero nella mia pagina.
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Alberto Marcolli
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Commento : Babi Yar

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

La scrittura è quella di un “quasi” professionista, forse senza il quasi.
Se mi impegnassi a fondo, qualche suggerimento forse lo troverei.
Dalle due letture, un po' superficiali, lo ammetto, ho trovato solo qualche punteggiatura mancante. Farò un esempio: alla fine di qualche dialogo ci vedrei bene la virgola come in questo caso: «Ti ripeto di stare attento, Ludovico» mi mise in guardia…
In generale io sono per i periodi brevi e per capire quando una virgola o un punto migliorerebbero la lettura, utilizzo la lettura ad alta voce.
Veniamo al contenuto: mi spieghi perché con tutti i racconti che avrai scritto (immagino data la tua abilità di scrittura), hai voluto inviare proprio questo testo a una gara di racconti abbastanza leggeri e brevi? L’hai fatto perché volevi dei commenti in più?
Io ti do un 4 e non un cinque proprio perché “che c’azzecca”? come direbbe Di Pietro.
Marcello Rizza
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Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

La stima che ho per te, Namio, mi induce a commentarti e non votarti. Il tuo racconto non è solamente un'esercizio di stile (purtroppo è anche questo) ma anche, e soprattutto, uno scritto adulto e impegnato. È bellissimo, se ci si convince a non seguire tutti quei nomi tedeschi. È quello che ho fatto, a un certo punto disperato, quando a ogni parola tedesca mi fermavo, provando a capire. All'economia di questo splendido lavoro, a cosa occorreva tanto puntiglio? Non voto. Il range andrebbe da 5 a 2, e sarei pentito di qualsiasi voto dovessi assegnarti.
Namio Intile
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Alberto, grazie per l'intervento.
Da tre anni partecipo alle gare, e non ne ho perduta una. Quando pubblico racconti umoristici qualcuno mi tira l'orecchio perché la leggerezza non si addice alla gara, quando i racconti son più corposi c'è chi si lamenta di questa sostanza. In tre anni ho visto gare a volte con maggioranza di racconti brevi e leggeri altre volte con l'esatto contrario. Per quanto attiene al tema il regolamento prevede, vado a memoria, libertà di contenuti, e, per quanto ho visto finora, nulla di contrario stabilisce anche la consuetudine e la prassi.
Quanto alla virgole alle fine dei discorsi diretti, di regola non ne inserisco mai. Devo aver letto da qualche parte, la mia memoria non è più quella di una volta ed è una citazione senza citazione, che è possibile ometterle.
Un caro saluto e un grazie.
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Namio Intile
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Marcello. Innanzitutto grazie per il commento. E anche per il non voto, il secondo in meno di quindici giorni (a proposito, ho seguito il tuo consiglio per l'altro racconto e l'ho postato per intero).
Cerco sempre di far tesoro delle critiche, ma per coerenza sono anche costretto a difendere il mio racconto, e il suo stile. Sostantivo che nel tuo commento assume una connotazione negativa che a mio avviso lo stile di per sé non possiede.
Cos'è uno stile letterario, o meglio uno stile in letteratura? A mio avviso è il modo di procedere, di offrire alle idee una forma e quindi una struttura, al fine di rendere il testo uniforme e anche identificabile a primo acchitto.
Quindi lo stile può essere, precisato da un aggettivo, alto, poetico, colloquiale, ma anche indicare il contenuto del testo, come la forma del poliziesco, del thriller e così via.
Reputo che lo stile sia essenzialmente forma, e quindi struttura. Sarà per una deformazione dovuta agli studi, ma la forma io ritengo che sia essenziale per un testo scritto, come lo è, ad esempio, nei nostri codici di procedura. Un processo è in primis forma entro cui si materializza la sostanza. Processo viene dal latino procedere, ossia andare avanti. Ed è quello per cui, a dispetto della volontà degli uomini, è stato creato il procedimento giuridico. Andare avanti sino all'accertamento di una verità qualunque, buona per tutti o magari solo per le parti o una sola parte o anche nessuna. Ma nel processo senza la forma non verrebbe accertatato alcunché quindi la forma precede la sostanza, non è dunque soltanto un mezzo per raggiungere il fine, ma fa parte del fine stesso.
Come in un testo scritto d'altra parte.
Ma quello che mi rimproveri è, credo, di aver dato vita a un d.d. esercizio di stile. Forse a causa dell'abuso di un linguaggio alto, forse per l'uso gratuito di vocaboli non italiani o di parti del testo non scritte in italiano, forse per l'abbondanza di particolari che non aggiungono nulla al racconto inteso come sostanza.
Eppure il racconto ti ha colpito, e fai capire per i contenuti più che per la forma.
Ma questi contenuti avrebbero posseduto l'identica forza senza quella forma, quello stile?
Per come la vedo io no. La forma è essa stessa sostanza e sono sicuro che se non avessi adoperato quel linguaggio e quel modo di organizzare il testo, di soffermarmi su particolari in apparenza irrilevanti, anche per te il racconto non avrebbe avuto il medesimo valore che ha adesso.
Molte volte sono stato preso dall'impeto di smontare per intero un testo. Perché ci vedevo qualcosa, la sostanza, ma la forma non mi convinceva. Ma in altrettante occasioni mi sono reso conto che la sostanza era il modo in cui era costruito il testo. E cambiare stile avrebbe mutato in modo irreparabile la ratio stessa di quanto avevo scritto.
Questo, è naturale, a mio avviso. E finché non avrò cambiato idea.
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Marcello Rizza
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Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Ok, Namio. Non mi sono spiegato bene. Inoltre ho riletto (volentieri) il racconto. La forma è perfetta. Il testo "brilla" per la ricchezza. La storia è fantastica, crea da subito, e a scalare, un climax che "tiene sul pezzo". Ciò che mi ha affaticato, in prima lettura, sono state quelle sigle, quei nomi di armi, di auto, quei gradi militari in tedesco. Mi costringevano a fermarmi, a rileggere il periodo per "materializzare" quella parola, e non sempre ci sono riuscito. Quello che intendevo è che invece di GAZ M1 potresti dire "auto" o "motociclette". Mentre, senza fare una ricerca in internet, non posso capire dal testo Einsatzgruppen. Se fosse l'unica parola, ok, si può fare. Sono tante quelle parole "precise" ma che affaticano. Non voglio sembrare presuntuoso, ma penso che, pur io conoscendo il termine, quante persone che ti leggono conoscono l'ouroboros? In ogni caso, convinto, voto 5 perché alla seconda rilettura ho incontrato meno difficoltà. E perché questo è la tua forma. Posso anche chiederti di venire incontro a noi lettori, usando nomi meno precisi, sostituendoli per il loro utilizzo, ma non ti divertiresti a scrivere, perderesti il desiderio e non voglio rinunciare a leggerti. Andrò a leggermi il giallo siciliano completo. Grazie.
Selene Barblan
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Ciao Namio, inutile dire che trovo i tuoi racconti sempre estremamente ricchi, di dettagli, sfumature, ricerca, messaggi più o meno espliciti. Le tue capacità di scrittura penso siano un punto di riferimento, un po’ come un faro che indica la via. Io sono in mare aperto e sto usando un telescopio, spero prima o poi di vedere quella luce a occhio nudo, ma ne dubito. La storia mi è piaciuta molto, pur essendo molto ignorante in materia ho compreso per lo meno in linee generali tutto. Certo per poterlo apprezzare appieno bisognerebbe avere una cultura superiore a quella che ho, ma è proprio leggendo opere come questa che ci si costruisce. Riassumendo, leggerti è come leggere un classico, non potrei darti consigli neanche a sognarmeli di notte. Personaggi, trama, cambi di scena, capacità di colpire anche lo stomaco di chi legge, forma… c’è tutto. Assieme al racconto di Marcello il tuo per ora è quello che ritengo meriti il podio; a livello emotivo forse mi ha preso meno, forse perché l’aria che mi ha fatto respirare mi ha un po’ raggelato.
Voto 5 per me

Ti segnalo tre cose:

“Indossava la divisa nero e argento delle SS, con le spalline di Standartenführer e le mostrine con i colori di un reggimento che non seppi identificare, ma su cui spiccavano due lettere che avevo imparato a temere:SD”
Manca uno spazio prima di SD

“hanno provato a eliminare il Führer per dare vita un putsch.” Non sarebbe dare vita a un putsch

«Pourqoui c'est necessaire» mormorai,
In francese la risposta a pourquoi dovrebbe essere parce que
Namio Intile
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Grazie per le segnalazioni, Selene. Parce que, hai ragione, eppure l'ho letto un milione di volte.
Mi guardi col telescopio, perché sei tu ad avere il talento tra noi due.
Quanto hai scritto mi ha fatto riflettere. Mi ero soffermato sulla necessità o meno di inserire delle note per agevolare la lettura, e quindi la comprensione, di termini non italiani, ma alla fine ho ritenuto che fossero essi stessi un ulteriore ostacolo alla lettura senza offrire in cambio delle informazioni rilevanti.
In fondo un testo si può leggere più volte e di volta in volta ritornare su ciò che non si è compreso o che si vuole approfondire. È il bello della lettura.
Beh, grazie di nuovo per il bell'intervento, Selene, e quanto al gelo: la temperatura si è abbassata anche qui, oggi per la prima volta da maggio niente bagno a mare.
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Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Bellissimo racconto che ci ricorda una delle più grandi tragedie italiane della II GM, ossia la Campagna di Russia: qui il protagonista comincia a rendersi conto delle difficoltà di combattere in quelle condizioni e contro quell'esercito, mentre il lettore conosce già il destino ultimo dell'ARMIR.
E' molto efficace anche la descrizione dell'amico Manfredi arruolatosi nelle Waffen SS: anche qui, ci sono precisi riferimenti storici, infatti le SS accettavano reclute non tedesche provenienti da varie nazionalità, sia di paesi alleati che di quelli occupati.
Vero è che pochissimi di loro erano ufficiali, d'altra parte Manfredi dimostra di meritare appieno quel grado (di efferatezza)... oppure no? E' invece tutta una finta, per non far sorgere sospetti nelle alte gerarchie, e dietro la facciata del fanatismo nasconde una sincera volontà di porre fine alla carneficina, o vuole solo prenderne il posto? Mi è piaciuto anche il riferimento '"alla grandiosa opera d'ingegneria sociale": all'epoca andavano per le spicce, oggi sono più sofisticati, ma il fine è sempre lo stesso.
Voto 5
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Sì, le cose sono cambiate, ma anch'io penso non i fini ultimi. Sai come la penso. La vera guerra non è orizzontale, russi contro tedeschi, sovetici contro americani, oriente contro occidente, bianchi contro neri, musulmani contro cristiani, vax contro no vax, ma verticale: ricchi contro poveri. Chi ha occhi per vedere questa guerra nascosta invece delle altre ben evidenti e pubblicizzate sa chi sta vincendo e per quali motivi.
Va beh... paradossalmente le Waffen SS sono state il primo esercito europeo moderno. Oltre alle quattro o cinque tedesche quelle europee erano una ventina. Ce n'era pure una musulmana bosniaca. Particolarmente agguerrite erano quelle finlandesi e ungheresi, allora come oggi forse più realisti del re. Solo i comandanti di divisione, credo, fossero tedeschi, gli altri ufficiali, anche generali erano locali.
Grazie per il passaggio Andr, a rileggerti.
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Roberto Bonfanti
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Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ottimo racconto che fa incontrare la Grande Storia, quella fatta di date e nomi sulla carta geografica, da tramandare nei libri, con le vicende degli uomini e le loro relazioni.
Il contesto è tristemente noto: uno dei più efferati eccidi commessi dalle Einsatzgruppen sul fronte orientale, fra l'altro "dimenticato" dalle autorità sovietiche, sempre ambigue sulle implicazioni della Shoah, anche riguardo al proprio popolo.
Ben disegnate le figure dei due protagonisti, l'arrivista e calcolatore Manfredi, che ha fatto del destino il suo credo, e Ludovico, aggrappato alla sua umanità, nonostante tutto.
Il finale distopico (utopico?) ci ricorda che è la volontà a indirizzare gli eventi. Anche quando non arriva a compimento, com'è presumibile in questo caso.
Solo una curiosità, di carattere tecnico: l'Astrolite era già in uso nel 1941?
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Caspita, Roberto. Sei unico. No, l'Astrolite non era stato ancora inventato nel '41, vado a memoria ma mi pare nel 1965. Non dirmi che sei un esperto di esplosivi oltre che di storia? Il racconto è distopico - a Massimo piacciono tanto - , hai ragione (utopico, te lo concedo, fino al punto finale), l'incontro tra Mussolini e Hitler in realtà è avvenuto ad Uman' in Ucraina sul finire del mese di agosto del 1941, mentre Kiev cadde solo il 26 settembre. Quindi Ludovico e Manfredi vivono in un orizzonte distopico dato che l'incontro tra i due leader si svolge nella Kiev occupata, cosa che non è stata. Babi Yar si trova a Kiev e subito finita la conquista gli Einsatzgruppen hanno provveduto al massacro. Che tra l'altro, viste le dimensioni, e le conseguenze di ordine psicologico sulle truppe impiegate portò alla decisione di procedere nel futuro nel modo che tutti conosciamo.
Il racconto, autoconclusivo, ha un seguito autoconclusivo anche lui e distopico lui pure ambientato in un ipotetico futuro.
Un caro saluto
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Roberto Bonfanti
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Namio Intile ha scritto: 13/10/2021, 16:49 Non dirmi che sei un esperto di esplosivi oltre che di storia?
No, ma quale esperto, sono solo curioso, mi piace documentarmi sulle cose che non conosco.
Grazie per le precisazioni, Namio. Ricambio il saluto.
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Messaggio da leggere da Egidio »

Ho letto il tuo racconto di ambientamento storico e lo trovo di ottimo livello. Sei davvero un bravo narratore. Anch'io scrivo, ma non così bene.
Sto considerando se sia il caso di mettermi in gioco, inserendo un lavoro dei miei. Di narrativa, ho scritto poco. Più che altro, ho scritto, e scrivo poesie.
Ultima modifica di Egidio il 14/10/2021, 8:31, modificato 2 volte in totale.
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Messaggio da leggere da Messedaglia »

Ho trovato il racconto particolarmente evocativo, gli ambienti e i personaggi sono descritti così bene che nel giro di poche righe ci si ritrova completamente immersi in quel terribile inferno vissuto dai nostri soldati dello Csir prima e dell’Armir dopo. I dettagli dell’eccidio sono a tratti truculenti, quasi fossero parte di una storia dell’orrore, ma purtroppo riflettono fedelmente le nefandezze compiute dalle Einsatzgruppen in terra di Russia. Racconto davvero bello sia da un punto di vista narrativo che storico. Sarebbe bello sapere se il protagonista (che sembra accettare la proposta di Manfredi) avrà più fortuna del colonnello Von Stauffenberg… Voto 5
Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Bellissimo racconto, ho aspettato a dirlo ma ad oggi il miglior racconto in concorso (non me ne voglia nessuno). Gli argomenti che si trattano nel racconto sono veramente interessanti, un mondo da scoprire . La scrittura è da professionista.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Qualche refuso di poco conto non interrompe una lettura che, seppure lunga, va giù tutta d'un fiato.
È crudo al punto giusto, vivo, sporco, umano, schifoso eppure dolce a tratti, come immaginiamo che sia stata la guerra vera.
E fantastico, il che è poi IL piano narrativo della vicenda.
Ma... Perché non finisce qui? È bello, ok, e magari leggendo il resto sarebbe stato ulteriormente fantastico, e forse il regolamento non obbliga a presentare racconti completi, ma arrivare lì e trovarsi la vicenda troncata dopo aver teso tanto l'attesa del lettore è davvero irritante.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Namio Intile
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Grazie, Giovanni.
E, a scanso di equivoci, Marino, il racconto finisce qui. Mi pare che il finale ci sia, seppure lasci spazio all'immaginazione. Una prosecuzione ideale, e distopica anch'essa, avverrà in un altro tempo e in un altro luogo, ma se non l'avessi anticipato nulla quaestio.
Questo racconto è autoconclusivo.
Quanto ai refusi, d'accordo ci sono, ma segnalarli sarebbe più costruttivo almeno per me. Così li posso solo immaginare come tu un finale alternativo.
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Mariovaldo
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Messaggio da leggere da Mariovaldo »

Al termine della maratona... pardon, lettura, si rimane un momento attoniti, travolti da sensazioni contrastanti.
Da un lato, qualche perplessita' sulla forma, cose soggettive come per esempio la mia preferenza per frasi brevi, senza tanti incisi e virgole all'interno... roba da poco ma che in un racconto complesso, lungo e magnificamente strutturato disturbano appena un poco. Dall'altro, l'ammirazione per un lavoro cosi' sentito, cosi' ben scritto e davvero articolato alla grande,
Tutti i miei complimenti e tutta la mia ammirazione, oltre che , ovviamente, un voto molto alto
Ultima modifica di Mariovaldo il 02/11/2021, 7:34, modificato 2 volte in totale.
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Caro Namio, proseguendo nella lettura del tuo racconto ho vissuto l'orrore (che ho solo sentito raccontare) di quella guerra; ma devo dirti che, una sorta di angoscia mi ha attanagliato sin dall'inizio, ancora di più, perché istintivamente la storia narrata mi ha riportato al presente, ai tempi nostri: perché anche se con armi assai diverse,
- ma non meno pericolose - qualcosa di analogo percepisco nell'aria... e mi terrorizza. Spero ardentemente di sbagliarmi e che il mio sentore sia solo dettato dal periodo assai buio che abbiamo, tutti, vissuto e stiamo vivendo. Il tuo racconto mi è piaciuto molto, è scritto con la consueta tua precisione e correttezza. Anche per me le sigle riportate, e assai ripetute, sono risultate difficili, sia da leggere che da capire. Hai però descritto al meglio la mostruosità delle guerre: con i personaggi malvagi, le stragi di innocenti, e di coloro che hanno mantenuto, nonostante tutto, il cuore puro. Emozioni, tristezza e... paura. Il tuo racconto mi ha riportato a ciò che è capace la belva umana. Allora i perseguitati erano gli ebrei, oggi altro... ma sempre di discriminazione si parla. E' triste davvero prenderne atto. Bravo! Massimo dei voti, 5
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Re: Babi Yar

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Ciao, Laura. Contento che il racconto ti sia piaciuto. Gli Einsatzgruppen erano delle unità speciali delle SS che si occupavano, nelle fasi iniziali del genocidio, di eliminare fisicamente gli ebrei come gli zingari, i bolscevichi come gli omosessuali e via discorrendo. Dovendolo fare vis à vis e a mani nude, ne uscivano psicologicamente distrutti, per questo motivo sono state inventate le camere a gas, per preservare la salute mentale delle SS. Lo CSIR era il corpo di spedizione italiano in Russia, che precedette la formazione dell'Armir, armata italiana in Russia, per gli acronimi. Quanto ai termini, Gruppenfuhrer, o Standartenfuhrer, sono gradi delle SS corrispondenti pressappoco agli italiani Generale di Corpo d'Armata e Colonnello.
Ho provato poi a inserire una storia minima, quella del bordello, per cercare di avvicinare il lettore alla storia narrata. Si comprende più ciò che è piccolo rispetto a ciò che à grande e credo che abbia funzionato.
Una delle tante funzione della Storia, o della storiografia come direbbe qualcuno, non è quella di metterci in guardia sull'identico affinché non si ripeta (ciò che è accaduto non ritorna mai con le medesime modalità), ma di offrirci i mezzi critici per capire dove si annida l'identico nell'inevitabile diversità.
Il conformismo creato dalle dittature del secolo passato è assimilabile al conformismo delle democrazie contemporanee? Lascio al lettore la domanda.
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Re: Babi Yar

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E un saluto a Mariovaldo. Sono molto attratto dalla complessità e dalle strutture. Mi hai fatto un gran complimento, grazie.
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Namio Intile ha scritto: 29/10/2021, 16:26 Ciao, Laura. Contento che il racconto ti sia piaciuto. Gli Einsatzgruppen erano delle unità speciali delle SS che si occupavano, nelle fasi iniziali del genocidio, di eliminare fisicamente gli ebrei come gli zingari, i bolscevichi come gli omosessuali e via discorrendo. Dovendolo fare vis à vis e a mani nude, ne uscivano psicologicamente distrutti, per questo motivo sono state inventate le camere a gas, per preservare la salute mentale delle SS. Lo CSIR era il corpo di spedizione italiano in Russia, che precedette la formazione dell'Armir, armata italiana in Russia, per gli acronimi. Quanto ai termini, Gruppenfuhrer, o Standartenfuhrer, sono gradi delle SS corrispondenti pressappoco agli italiani Generale di Corpo d'Armata e Colonnello.
Ho provato poi a inserire una storia minima, quella del bordello, per cercare di avvicinare il lettore alla storia narrata. Si comprende più ciò che è piccolo rispetto a ciò che à grande e credo che abbia funzionato.
Una delle tante funzione della Storia, o della storiografia come direbbe qualcuno, non è quella di metterci in guardia sull'identico affinché non si ripeta (ciò che è accaduto non ritorna mai con le medesime modalità), ma di offrirci i mezzi critici per capire dove si annida l'identico nell'inevitabile diversità.
Il conformismo creato dalle dittature del secolo passato è assimilabile al conformismo delle democrazie contemporanee? Lascio al lettore la domanda.
Ti ringrazio Namio per le utili precisazioni, mi ha fatto piacere apprenderne i dettagli che non conoscevo minimamente. Circa l'ultima tua frase, già, che ognuno si ponga delle domande... Non è questo il luogo adatto per altri discorsi... Ciao
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Re: Babi Yar

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Sarebbe sempre utile ricevere, assieme al voto, un commento non banale sulle altrui impressioni di lettura. Ciò non sempre avviene e va bene, il gioco lo consente. Ma sarebbe cortese, quando il voto emette un giudizio tagliente e inappellabile, che l'autore dello stesso esprimesse comunque un commento per illustrare a chi la riceve la propria posizione.
Se non altro per evitare la sgradevole sensazione di non aver meritato, non solo la lettura del racconto, ma anche la possibilità di un confronto o di un chiarimento qualunque.
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Messaggio da leggere da Ibbor OB »

Che dire? Il racconto mi sembra scritto davvero molto bene e dimostra sia una grande padronanza dal punto di vista della scrittura che dal lato della documentazione storica. Non posso che dare la votazione massima.
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Messaggio da leggere da Temistocle »

Che dire… a volte davanti ad un testo resti così, affascinato. Sarà la scrittura, sarà la narrazione ma sembra tutto perfetto.
Se proprio devo essere 'cattivo', per i miei gusti è lungo; ma mi rendo conto che una storia così va raccontata così, lunghezza compresa.
Bravo!
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Re: Babi Yar

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ringrazio Ibbor Ob, Temistocle e la giovane Lyanna.
Quanto ai tuoi interrogativi, Francesco, Gruppenfuhrer e Standartenfuhrer sono gradi di ufficiali delle SS corrispondenti a quelli militari rispettivamente di generale di corpo d'armata e colonnello. Gli Einsatzgruppen erano unità per lo più delle SS impiegate inizialmente durante la campagna di Russia per sterminare ebrei, zingari e i quadri del Partito Comunista Sovietico. Il CSIR era il corpo di spedizione italiano in Russia trasformatosi l'anno dopo, nel 1942, in ARMIR, Armata italiana in Russia. Mentre la LAH era la prima divisione delle Waffen SS (SS combattenti), quella costruita da Sepp Dietrich nel 1933. Era una divisione corazzata, la più forte, la più temibile. L'acronimo sta per Leibestandarte Adofl Hitler, Guardia del Corpo di Adolf Hitler.
Le Waffen SS divennero in pratica l'esercito del NSDAP, il partito nazional socialista dei lavoratori tedeschi, i cui organici e il cui operato non dipendeva dalla Wehrmacht o dall'OKW o dall'OKH, ma soltanto da Himmler e da Hitler in persona.
E alcune unità specializzate, come l'SD (Sicherheitdienst o Dipartimento Sicurezza, una sorta di CIA ed FBI alla Hoover insieme) di Reinhard Heydrich in definitiva rispondevano solo a loro stesse.
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

beh, che posso dire se non "complimenti"?
scritto benissimo e con fantastiche descrizioni, pur essendo di una certa lunghezza scorre fino al termine senza intoppi.
l'unico appunto che posso fare, come ha scritto qualcun altro, è relativo alle virgole: in alcuni punti sono di troppo e in altri mancano, però comincio a pensare che siano punti di vista e niente altro.
io modificherei, ma questo non inficia la bellezza della storia e la sua efficacia.
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Messaggio da leggere da Teseo Tesei »

Tempo tiranno! Devo scegliere un solo racconto. Lo sguardo cade su uno in particolare e chi ti trovo? Namio che ricorda un massacro di un centinaio di migliaia di anime russe che perfino gli stessi sovietici, per anni, preferivano non ricordare.
Ben fatto, ci sono almeno 100.000 buone ragioni per ricordare.

"Diafolo" d'un Manfredi: demone che si finge demone al fine di perpetrare un piano diabolico. In molteplici sensi.

Un solo appunto sul l'esplosivo.
Sorvolando sulla corrispondenza temporale già detta.
L'astrolite ha un odore caratteristico di pesce marcio.
Tanto è vero che alcuni anni orsono una cellula terroristica di al-Qa‛ida aveva escogitato uno stratagemma affinché quell'odore non tradisse il loro scellerato proposito. Infatti se quel liquido viene versato su indumenti o altro e lasciato seccare è possibile farlo detonare anche fino a quattro giorni dopo il rilascio. Quindi come mai Ludovico che sente bene l'odore di alcol dei "crucchi" fuori di testa non percepisce quell'odore? Non mi dirai che i teutonici dell'epoca avevano già scambiato quattro chiacchere con i loro colleghi storditi di al-Qa‛ida in un altro salto temporale? Puntiglio a parte per me voto 5. Bravo Zulu, Namio. 👍
Le stelle brillano soltanto in notte oscura.
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I sogni di Titano

I sogni di Titano

Il "cubo sognatore" su Titano aveva rivelato una verità sconvolgente sull'Umanità, sulla Galassia e, in definitiva, sull'intero Universo, una verità capace di suscitare interrogativi sufficienti per una vita intera. Come poteva essere bonariamente digerito il concetto che la nostra civiltà, la nostra tecnologia e tutto ciò che riguardava l'Umanità… non esisteva?
"Siamo solo… i sogni di Titano", aveva riportato il comandante Sylvia Harrison dopo il primo contatto col cubo, ma in che modo avrebbe potuto l'orgoglio dell'Uomo accettarlo? Ovviamente, l'insaziabile sete di conoscenza dell'Essere umano anelava delle risposte, e la sua naturale curiosità non poteva che spingerlo alla ricerca dell'origine del cubo e delle ragioni della sua peculiare funzione.
Gli autori GLAUCO De BONA (vincitore del Premio Urania 2013) e MASSIMO BAGLIONE (amministratore di BraviAutori.it) vi presentano una versione alternativa del "Tutto" che vi lascerà senza parole. Di Glauco De Bona e Massimo Baglione.

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.



Cuori di fiele

Cuori di fiele

antologia di opere ispirate all'ineluttabile tormento

A cura di Roberto Virdo'.

Contiene opere di: nwMarcello Rizza, nwIda Daneri, nwFrancesca Paolucci, nwEnrico Teodorani, nwMario Flammia, Francesca La Froscia, nwIbbor OB, nwAlessandro Mazzi, Marco Fusi, nwPeter Hubscher, Marco Pugacioff, Giacomo Baù, Essea, Francesco Pino, nwFranco Giori, nwUmberto Pasqui, Giacomo Maccari, nwAnnamaria Ricco, Monica Galli, nwNicolandrea Riccio, nwAndrea Teodorani, nwAndr60.

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