Nato sotto il segno del Leone (autore: Messedaglia)

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Nato sotto il segno del Leone (autore: Messedaglia)

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Carlo lanciò la spugna sul lavandino provando un senso di liberazione, “ho finito, me ne vado”, strillò. Entrò di corsa nello sgabuzzino che, tra le altre cose, fungeva da spogliatoio. Pochi minuti dopo ne uscì, giacca di pelle già indossata e con una borsa a tracolla. Smilzo, dal viso slavato, capigliatura ribelle, dava l’impressione di essere un adolescente, più che un uomo di trentacinque anni quale in realtà era.

“Mi hai sentito? Guarda che sto uscendo!” Non ottenendo risposta, indugiò sulla porta d’ingresso del bar dove lavorava ormai da poco più di tre anni. Senza neanche accorgersene, la sua attenzione fu catturata dallo schermo del televisore appeso al muro. Di solito il datato Mivar trasmetteva partite di calcio, la sua funzione principale consisteva infatti nell’intrattenere gli avventori, dati per la maggioranza da tifosi della squadra locale. Ma, a quell’ora, mezzanotte era passata da un pezzo, e non c’era nemmeno uno straccio di replica di qualche insignificante incontro di una lega minore. Non che gli incontri di serie A e B fossero più interessanti, almeno questa era l’opinione di Carlo. Quando vedeva i clienti esaltarsi per un gol, o insultare pesantemente il direttore di gara per un suo presunto errore, pensava: “Che bestie, pane e cistercenses!”. Le espressioni latine facevano parte del suo intercalare, pur essendo del tutto ignorante in materia, lui, diplomato in ragioneria con il minimo dei voti, dopo che gli insegnanti lo avevano promosso più per pietà che per altro.

“Vai vai, cosa fai lì impalato?” La voce di Mario, il proprietario del locale, un attempato ma energico uomo di mezz’età, lo distolse dal programma televisivo, riportandolo con i piedi dentro al bar. Carlo era di ritorno da una distanza di migliaia di chilometri, dopo che si era perso nell’immensa distesa della savana africana.

“Ehm, sì, vado, vado.”

Mario mosse lo sguardo verso il televisore: “Ma che diavolo stai guardando? Caspita, un documentario di Quark, ti faccio i complimenti per i tuoi molteplici e articolati interessi culturali! Chissà, potresti diventare il nuovo Piero Angela, con tutta pace per Alberto!”

“Ma vaffanculo. Ringrazia che l’unica alternativa a questo cesso di lavoro è la disoccupazione, altrimenti me ne sarei andato via già da tempo.” Rispose senza nemmeno guardarlo in faccia, gli occhi sempre incollati sullo schermo, prigionieri dell’immagine di un possente felino con le zanne conficcate nel collo di una sventurata antilope. “I leoni, quelli sì sono creature superiori, coraggiose, vitali, che mai si devono piegare al volere di chicchessia!” Detto ciò, appoggiò la mano sulla maniglia della porta, rimanendo però inspiegabilmente immobile.

“Va là, va là, tu al massimo potresti essere la gazzella… Allora? Perché non ti muovi? Ah, ho capito, l’omicidio dell’altra notte. Non ti preoccupare, l’assassino di sicuro è alla ricerca di vittime interessanti, non certo di individui insignificanti come te… Vai senza alcun timore, novello Riccardo cuor di leone…”

Carlo aprì la porta e uscì sbattendola, non prima di aver mostrato il dito medio.

“Dimenticavo, nel tuo caso vale il detto meglio cento anni da pecora che uno da leone!” Mario gli urlò dietro, ridendo, poi si aggiustò lo straccio che aveva sulla spalla e tornò a occuparsi delle ultime faccende prima di chiudere il locale.

Carlo camminava a passo veloce. Abitava a pochi isolati di distanza, ma per tornare a casa doveva attraversare un quartiere piuttosto malfamato, infestato in particolare da una baby gang composta da giovani teppisti che si facevano chiamare ‘I bulli del Ciodo’. In più, giusto un paio di giorni prima, era capitato un fattaccio: un anziano signore era stato accoltellato a morte mentre stava aspettando l’ultima corsa serale dell’unica linea tramviaria ancora in funzione. L’omicida si era poi dileguato quasi fosse stato una fantasma, e la polizia brancolava nel buio. ‘Accidenti a quel lavoro di merda’, pensò,’ potessi permettermi almeno un’auto usata, così non avrei il patema di temere di essere aggredito in questo posto dimenticato da Dio…’ Quasi li avesse invocati, vide in lontananza due individui che ciondolavano in prossimità della macchina distributrice di sigarette. Preso dal panico, Carlo scartò in un vicolo a destra: avrebbe allungato la strada di un buon quarto d’ora, ma, se non altro, si sarebbe risparmiato quell’imbarazzante incontro. “Forse sto esagerando con questa mia ossessione di essere aggredito ma, quando si tratta della propria incolumità fisica, come si suol dire, meglius abundare quam deficiente…” mormorò a bassa voce. Nel giro di un minuto si ritrovò nuovamente su una via principale. Accelerò ancor di più il passo, voleva essere a casa il prima possibile. All’improvviso un bidone della spazzatura si rovesciò davanti a lui. “Maledizione, eccoli!” Urlò, e istintivamente corse a nascondersi dietro un camioncino in sosta. Si raggomitolò su sé stesso, tremando di paura. “Miao, miao.” Non appena si accorse della cantonata presa, si alzò in piedi. “È solo uno stramaledetto gatto!”. Gli diede un calcio nel didietro, mentre il povero animale fuggiva terrorizzato si consolò pensando che ‘multe insidie sont bonis’. Sollevò il bavero della giacca, una gelida brezza lo fece rabbrividire, e riprese la via di casa, pochi minuti e sarebbe stato salvo. Ma proprio quando meno se lo aspettava, qualcuno alle sue spalle lo spinse con forza, facendolo cadere rovinosamente a terra.

“Ah, ah, ah, finalmente abbiamo trovato di che divertirci un po’!” Erano i bulli. Brutti stronzi, risus abundat in bocche stultorum… Allungò una mano nella borsa a tracolla, ma non fece in tempo a tirare fuori il coltello a serramanico che prudentemente teneva sempre con sé, una pedata lo fece volare via. “Porca troia che prontezza di riflessi, siamo stati proprio sfortunati, abbiamo incocciato un guerriero della notte…” Il più grosso dei due, sghignazzando, gli assestò due calci nelle costole. Carlo restò disteso inerte, l’unico segno di vita era dato da un leggero tremolio che gli saliva dalle gambe fino a testa. “Povero cucciolo indifeso!”, rincarò l’altro, e tirandolo su per il collo gli mollò un sonoro ceffone con il dorso della mano, Carlo senti in bocca il sapore dolciastro del sangue. “Andiamocene, con un pusillanime del genere è troppo facile. Ciao ciao checca di merda!” Si congedarono dandogli un ultimo cazzotto nelle reni.

Carlo rimase a lungo immobile, in realtà più per lo spavento che per le botte subite. Certo, aveva dei forti dolori che gli percorrevano tutto il corpo, ma se fosse stato sicuro di non avere più i due bulli nei dintorni sarebbe scappato a gambe levate verso casa. Dopo un tempo che gli sembrò adeguato, strisciò dietro un’aiuola e, con cautela, si rimise in piedi. Con la coda dell’occhio vide il coltello a terra, lo raccolse, si guardò intorno. Dei due teppisti non c’era traccia. Zoppicando un po’, riprese la via di casa. Dopo qualche minuto di cammino, notò una strana sagoma disegnata sul ciglio della strada, contornata da chiazze secche di sangue. Senza rendersene conto, a causa dei cambi di percorso causati dagli imprevisti della notte, era finito per passare proprio dove era stato compiuto quell’omicidio particolarmente efferato. L’assassino aveva infierito più volte sul corpo della vittima con un coltello da cucina. Poi si era dileguato. Rimase impietrito. I rilievi della polizia erano tuttora là, muti testimoni dell’atroce delitto. Quale bestia aveva potuto macchiarsi di una tale barbarie? I Bulli del Ciodo? Chissà…

Il giovane rimuginò per qualche istante, poi decise che, a maggior ragione, era meglio levare le tende. Strascicando una gamba, si allontanò da quell’orribile posto. Mentre era ancora immerso in foschi pensieri, sentì qualcuno muoversi dietro di lui. Forse di nuovo i bulli? Era una fredda nottata di metà novembre, eppure grosse gocce di sudore cominciarono a scendergli lungo le tempie. Accelerò il passo, ma l’inseguitore non demordeva, gli sembrava quasi di sentire il suo fiato sul collo… Ormai gli era addosso, ma continuò a camminare come se niente fosse, a parte il ritmo sostenuto della marcia, non voleva mostrare all’esterno quello che provava dentro: i predatori si nutrono della paura delle vittime, se avesse mantenuto il sangue freddo forse stavolta i bulli lo avrebbero lasciato stare. Ma un altro pensiero iniziò a tormentarlo: e se invece, a pochi metri da lui, ci fosse stato l’omicida di quell’anziano signore? Oddio, per lui sarebbe stata la fine. Si mise a correre, a fanculo, una volta di più si ritrovava a giocare il ruolo della gazzella, che vergogna, ma doveva fare tutto il possibile per sopravvivere. Purtroppo, però, le botte subite in precedenza si facevano sentire, continuava a zoppicare vistosamente e l’individuo dietro di lui ci mise poco a raggiungerlo, una mano lo toccò sulla spalla. Carlo iniziò a recitare le sue ultime preghiere, per lui era ormai finita…

“Signore, mi può aiutare? Mi sono perso…” Dopo un primo momento di smarrimento, durante il quale non capì nulla, Carlo si rese conto che il suo inseguitore non era altro che un ragazzino. Tirò un profondo sospiro di sollievo. La razionalità ritornò lentamente in lui. Cosa ci faceva un moccioso per strada a quell’ora di notte? Non perse tempo, nel giro di qualche istante estrasse il coltello a serramanico dalla tasca e lo conficcò nel collo della giovane vittima, che stramazzò a terra, esanime.

Carlo si guardò intorno con un’espressione trionfante sul viso. “Che occasione insperata, non potevo farmela sfuggire!” Mormorò con tono soddisfatto. Alzò in alto un pugno in segno di vittoria: “Uterum rugit leo!” Quella notte sarebbe stato lui il re della foresta. Si voltò indietro e alzò il dito medio, immaginandosi di avere davanti a lui i due bulli del Ciodo. L’indomani sarebbe stato il loro turno, gliela avrebbe fatta pagare. Eccome se gliela avrebbe fatta pagare. Forse.
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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 1

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Tutto molto stereotipato. La trama ricorda un po’ gli incipit di alcuni vecchi album di Dylan Dog. Il tizio che esce dal bar, il classico gatto che smuove i bidoni, i bulli di quartiere e infine un ragazzino da solo in piena notte che corre dietro a uno che a sua volta corre. Man mano che leggevo mi chiedevo: ma non mi dire che l’assassino è il frustrato di turno? Purtroppo, la banalità della trama ha colpito ancora.

Qualche errore qua e là, ma principalmente non ho avuto grandi difficoltà di lettura. Pertanto, il voto arriva alla sufficienza.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 2

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La struttura narrativa è debole. L'autore ha scelto di seguire il protagonista dall'esterno, con un narratore esterno, che però oltre a quanto dovrebbe fare un narratore esterno (seguire il protagonista, offrirci il suo punto di vista, i suoi pensieri) ogni tanto fa proprie le considerazioni di Carlo. Dunque la voce narrante eterodiegetica si comporta a tratti da io narrante pur non essendolo propriamente. Questa vicinanza e lontananza al contempo a mio avviso crea confusione in me che leggo e mi lascia una sensazione di disagio.

Quanto ai dialoghi, e ai pensieri, sono forse troppo manierosi per i personaggi che li interpretano, con quei riferimenti agli Angela e i vari chicchessia. Senza contare le finte citazioni in latino. Una va bene, ma quattro o cinque? Si scivola nel genere umoristico e non credo che l'autore lo voglia veramente, pure se qualche dubbio mi è venuto. Quindi anche il tono (ironico, comico, drammatico) tenuto dall'autore è un po' confuso.

Il finale, seppur scontato, mostra quel colpo di scena, quel rovesciamento, che tutte le storie brevi dovrebbe avere e spesso invece vengono dimenticate, come se si stia leggendo un romanzo di Calvino o di Pavese.

La vittima, la gazzella (per adoperare la metafora faunistica) si trasforma in leone (o non piuttosto in iena?). Il finale ben costruito salva un racconto in fondo un po' pallido e dalla struttura narrativa a mio avviso incerta.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 3

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La parte viva di questo racconto, cioè i dialoghi, appare forzata. E' un racconto che termina con una chiusura quasi scontata (non mi riferisco al finale e al suo risvolto, ma proprio alle ultime frasi di chiusura del testo) e -se la trama ha tratti interessanti- la scrittura mi sembra tirata via, cosa che invece con una struttura maggiore avrebbe reso questo racconto dai tratti horror valido sotto tutti gli aspetti dato che i requisiti del genere horror ci sono tutti.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 4

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Inizio il commento con il rischio di prendere un granchio bello grosso.

Chi ha scritto il racconto ha messo in evidenza che il coltello di Carlo è a serramanico, mentre il vecchio fu ucciso con un coltello da cucina. Io non credo che sia stato Carlo a uccidere la prima vittima, propenderei per il bambino: l’uomo si chiede cosa cia faccia un bambino a quell’ora per strada da solo, fa due più due e reagisce per salvarsi la vita.



La forma mi sembra buona e non ho notato refusi. Ho delle perplessità sul linguaggio usato dai ragazzi della baby gang, non ce li vedo a usare termini come “pusillanime”.

Se Mario e Carlo non sono legati da una certa confidenza il loro dialogo mi sembra inverosimile, non credo che nella realtà un datore di lavoro faccia passare con tanta leggerezza il modo di parlargli che usa Carlo.



Racconto poco originale che si lascia comunque leggere volentieri.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 5

Messaggio da leggere da Il Guru »

In generale le scene vengono descritte bene, potrebbe essere facilmente tradotto in un fumetto, anche per via dei colpi di scena e i dialoghi, così come alcune immagini (es.: la sagoma del morto a terra).

I dialoghi a tratti risultano un po’ forzati, magari con qualche scambio di battute risulterebbero più naturali (mi sembrano, alcuni, troppo studiati allo scopo di far emergere delle informazioni e questo a scapito della naturalezza del discorso).

Gli insulti e i gestacci mi sembrano un po’ eccessivi, per quantità.

Secondo me il finale non è coerente; il personaggio, per come viene descritto, attraverso i gesti e i pensieri interni, non combacia con le sue azioni finali. Mi sembra che questa soluzione sia stata scelta per sorprendere ma in me lascia un senso di scetticismo.

Alcune considerazioni:

“ ma, se non altro, si sarebbe risparmiato quell’imbarazzante incontro. “ forse lo definirei in un altro modo… perché imbarazzante? Da come viene descritto il personaggio sarebbe forse la paura, il timore, l’ansia l’emozione predominante.

“Ma, a quell’ora, mezzanotte era passata da un pezzo, e non c’era nemmeno uno straccio di replica di qualche insignificante incontro di una lega minore. “ toglierei quella e

“Carlo era di ritorno da una distanza di migliaia di chilometri, dopo che si era perso nell’immensa distesa della savana africana.” Si capisce cosa vuol dire l’autore e va bene anche come immagine ma secondo me andrebbe riformulata la frase.

Globalmente trovo aspetti positivi e altri che mi convincono meno abbastanza bilanciati, direi che si lascia leggere.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 6

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Mi trovo davvero in difficoltà a commentare questo racconto. Molto buono per alcuni aspetti, nettamente carente sotto altri. Sorvolo sugli errori grammaticali e sintattici, che sono un po’ randomizzati all’interno della storia: credo si tratti di errori causati da una stesura molto frettolosa, senza controlli successivi, e proprio per questo ancora più gravi che se fossero “seriali”.
La trama sembra reggere fino al termine, forse non è una novità assoluta, ma in un thriller di poche pagine non credo si possa fare di meglio senza tralasciare fette importanti della narrazione. Da questo punto di vista promozione completa, pur non incontrando il mio gusto. Mi piace anche il fatto che l’assassino si ponga delle domande sull’omicidio della sera precedente, come se vi fosse uno sdoppiamento della sua personalità.

Arriviamo allo stile: anche qui giudizio pienamente contrastante. Riconosco la grande abilità dell’autore nel descrivere le persone e le ambientazioni in modo breve e conciso, ma comunque molto efficace; peccato che non ci sia un vero e proprio cambio di ritmo quando si passa all’azione: la costruzione delle frasi rimane più o meno sempre la stessa. Il gergo utilizzato va bene, ma andrebbe mantenuto per tutta la narrazione: chi, dopo aver insultato il proprio capo, userebbe “auto” al posto di un po’ colloquiale “macchina”? Il latino maccheronico ci sta invece, caratterizza bene il personaggio.

Nel complesso, usando un paragone giuridico, le attenuanti pareggiano le aggravanti, dunque mi esprimo con un:

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 7

Messaggio da leggere da Il Guru »

Il testo non mi ha convinto, forse per mia mancanza di attenzione nella lettura.
Non facilmente incasellabile (e questo è un pregio, dal mio punto di
vista), personaggio principale non coerente (Carlo), dialoghi ben
strutturati ma banali, a mio avviso, finale poco convincente.
L'autore, secondo me, si è messo alla prova volendo affrontare
argomenti non rispondenti alle sue opinioni. Può darsi che l'opera
mostri degli aspetti che mi sono sfuggiti.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 8

Messaggio da leggere da Il Guru »

Purtroppo il titolo, troppo rivelatore, fa molto presto intendere dove andrà a parare il racconto. Soprattutto nel mentre che si scopre che il protagonista è armato di coltello. Ma non è l’unico problema di questo lavoro autoriale. Le citazioni grottesche in latinorum sono troppe, inutili, apposte forzatamente. Il racconto è zeppo di informazioni inutili, che tolgono lo spazio alla fantasia del lettore a favore di una conoscenza superflua. Nel merito, il testo avrebbe potuto essere sfrondato a favore di un’azione più agile e consona all’intento autoriale. I dialoghi sono irreali, nessuno parlerebbe o penserebbe nei termini e nelle forme scelte. Sarebbe anche scritto benino, ma la punteggiatura personalizzata è i troppi errori e refusi pesano molto.
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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 9

Messaggio da leggere da Il Guru »

Il finale sorprende? Non troppo.

Qualcosa di mai letto? No, la storia non è originalissima, anche se rifarsi a qualcosa di già scritto non è un delitto ma l’occasione per mostrare altre facce di una stessa storia.

Ricorda molto la trama del film “Chi è senza colpa” (The Drop) con uno strepitoso Tom Hardy nella parte di un barista in apparenza sempliciotto e senza spina dorsale, ma che poi risulta essere tutta un’altra cosa.

Un racconto che rileggerei? Non in questa stesura: lo vedrei funzionare meglio scritto in prima persona, rendendo così più efficacemente le descrizioni del senso di inquietudine e paura prima e la freddezza del finale poi.

Questo perché il personaggio Carlo è ben delineato: giovane uomo insoddisfatto del lavoro, che vive un’epoca dove anche aspettare il tram può finire in tragedia, per poi mostrare l’altra dimensione della sua personalità disturbata.

Un racconto che, quanto a stile, mi lascia qualche perplessità, anche ad una seconda lettura. La scrittura ha un che di ondivago: a tratti gira bene, le descrizioni sono buone, per poi diventare quasi l’imitazione dello stile di qualche autore di gialli o di noir (e qui la prima persona sarebbe stata vincente), inserendo persino un classicissimo e abusato “la Polizia brancola nel buio”.

Se il desiderio della Penna - prendo a prestito da un altro commento questo termine - è di dare un ritmo pressante al racconto per arrivare al finale con sorpresa, allora a mio parere occorrerebbe sfrondare un po’, far pesare più le azioni, lo stress della situazione che non i pensieri, che alla fine sarebbero sensazioni secche, adrenaliniche.

I dialoghi appaiono molto forzati, non in linea con i personaggi per come vengono descritti, così come anche i pensieri di Carlo: non so se uno che ha fifa, pensi “avrei il patema”, così come “pusillanime”, scusa, ma non ce lo vedo proprio detto da un teppista. E pure le citazioni in latino: troppe, pur essendo caratterizzanti per il protagonista, e inserite in momenti in cui nella realtà si avrebbero ben altri pensieri. Ammesso che uno pestato e dolorante riesca a pensare, per di più in latinorum.

Nel complesso un racconto con del potenziale, ma da rivedere nella struttura per portare il lettore alla fine con decisione.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 10

Messaggio da leggere da Il Guru »

Un protagonista che non risulta proprio simpatico con le sue reazioni, le sue invettive, con quel modo di vedere gli altri come suoi nemici. In realtà è lui a non essere contento di sé, con quel sognare di comportarsi da leone con tutti sapendo di essere invece un “pusillanime”. Il racconto riesce a tratteggiare bene l’immagine di questo giovanotto e della sua vita un po’ squallida, la lettura non è difficile, ma le descrizioni e i dialoghi non riescono a convincere del tutto.

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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 11

Messaggio da leggere da Il Guru »

Il testo funziona dal punto di vista narrativo ma appare sin dall'inizio carente di emozione , situazioni abbastanza stereotipate accompagnano un protagonista che ha le classiche caratteristiche dell'essere un pò noioso.
Trovo che il racconto abbia come ho detto una base argomentativa e di inventiva molto buone ma finisce per cadere nel banale se non per il finale .
Il finale appunto risolleva il tutto ma risuona sempre un po scontato ,è come se il lettore , non se lo aspettasse ma in realtà non si stupisce nemmeno poi così tanto(forse anche a causa del titolo che ci fà sapere sin dall'inizio che il personaggio sarà un inetto, per riprendere una categoria di personaggi cara alla letteratura del 900).
Per concludere è un testo con una buona base(soprattutto autoriale) ma che non ha riscontrato nel mio gusto personale molte emozioni..
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Re: Nato sotto il segno del Leone-commento 12

Messaggio da leggere da Il Guru »

Le citazioni in latino non aggiungono spessore a un racconto che, per stile e soggetto, non crea certo entusiasmo nella lettura. La morale finale (siamo tutti entrambi leone e gazzella in base alle circostanze?) lascia un senso di delusione.


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