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Susette

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Il racconto mi piace molto ma proprio molto, ma i complimenti non servono quanto le critiche che vado a iniziare. Il passaggio da casa degli amici al bar delle puttane avviene senza un chiarimento sul carattere del protagonista, non è da tutti andare a puttane dopo una cena dagli amici. Forse qui ci voleva un espediente. Poi cazzo e non pene; bocchino non fellatio.
Il messaggio in cui si dice che Giulia-Susette ci ha lasciati potrebbe anche essere che ha smesso di prostituirsi e non che è morta il che aprirebbe la strada verso un finale un po' diverso che non scioglie il dubbio, ma lascia il protagonista più indeterminato. haqi pesente le ultime righe del finale di Solaris?
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Re: Commento
Ciao Piero! Intanto grazie per il commento. Le tue critiche sono molto interessanti.Macrelli Piero ha scritto: ↑22/03/2023, 1:14 Non ricordo in questo momento se si chiama epigrafe o epigramma quell'elemento introduttivo fra titolo e racconto, ma siccome ne faccio ampio uso, sono rimasto colpito dalla sua presenza nel tuo racconto.
Il racconto mi piace molto ma proprio molto, ma i complimenti non servono quanto le critiche che vado a iniziare. Il passaggio da casa degli amici al bar delle puttane avviene senza un chiarimento sul carattere del protagonista, non è da tutti andare a puttane dopo una cena dagli amici. Forse qui ci voleva un espediente. Poi cazzo e non pene; bocchino non fellatio.
Il messaggio in cui si dice che Giulia-Susette ci ha lasciati potrebbe anche essere che ha smesso di prostituirsi e non che è morta il che aprirebbe la strada verso un finale un po' diverso che non scioglie il dubbio, ma lascia il protagonista più indeterminato. haqi pesente le ultime righe del finale di Solaris?
La prima, devo dire, mi ha dato una mazzata. Ho pensato "Cazzo, è vero! Perché non ci ho pensato?". Effettivamente non è da tutti passare da una cena tra amici a un bar per puttane. Ho scritto che era un po' brillo ed eccitato per i discorsi della cena, ma forse non basta a giustificare. Proverò ad aggiungere qualche riga di approfondimento anche sul senso di solitudine e sulla voglia di scandalizzare l'ambiente borghese a cui appartiene.
Sulla seconda questione è stata un'autocensura: sentivo che cazzo e bocchino (io preferisco pompino o raspone) sarebbero risultati inutilmente provocatori in un racconto che è molto sobrio da questo punto di vista. Però davanti a una tua più argomentata critica mi sentirei di rivedere la mia posizione.
Ultima, ma non meno importante, la critica sulla vera sorte di Susette. Sinceramente non avevo pensato a un finale tanto aperto. A me bastava lasciare il lettore insoddisfatto riguardo al come era morta. Diciamo che se non è morta, la mia storia perde un po' di senso. Quindi su questo mi è difficile fare marcia indietro.
Grazie ancora per le tue osservazioni. Un abbraccio!
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Dal punto di vista formale ti segnalo quelle che per me, bada bene, sono errori nella punteggiatura. Inserire una virgola o un punto fermo dopo un punto esclamativo o interrogativa in uscita dal discorso diretto è per me errato. I segni di interpunzione che scandiscono il discorso scritto non variano a seconda che si tratti di un discorso riportato o meno. Lo so che sempre ho parlato di coerenza come massima generale e che le case editrici si comportano un po' come vogliono al riguardo, ma per me la coerenza in questo caso è seguire una regola uniforme nell'inserire la punteggiatura, discorso diretto o meno.
Non sei stato coerente in un'altra occasione, quando hai inserito i trattini per interrompere brevemente il discorso diretto. Lo so, alcune case editrici lo fanno. Ma allora, e qui sta la mancanza di coerenza, non adoperare i trattini per gli incisi del narratore. Cambia i segni.
A ogni segno la sua funzione.
Va beh, pistolotto antipatico, lo ammetto.
Quanto al racconto, provi a delineare l'epifania di un rapporto conflittuale, dove per me il conflitto è prevalentemente sociale, di classe. Susette è un'esponente di una minuta borghesia in difficoltà che per mantenere lo status e le prospettive non teme di confrontarsi con la realtà. In Susette c'è coraggio, sfrontatezza, audacia nel lanciarsi in un mestiere che comunque mette a rischio la sua vita.
La sua controparte, senza nome mi pare, e quindi anonima ab initio forse inconsapevolmente, è un professore universitario milanese che lavora in America, si presume stapagato, e che, si desume dalla conversazioni a cena con gli amici, non ha mai conosciuto difficoltà economiche o di altro tipo nella sua vita. Vita da ZTL dicono oggi i giornalisti. La medesima massima vale per Nadia e Francesco (protagonisti à rebours) con i loro bei lavori tranquilli e ben pagati e casa in centro. Così il tuo protagonista, alla fine della cena, decide di farsi adescare da una prostituta ventenne (si suppone) per noia se non per evitare di pensare a Nadia, sua ex fiamma, appena lasciata con un altro. Lui è a Milano in visita di lavoro, sente forse la vita sfuggirgli senza avere osato, senza aver nulla assaggiato. Un po' Humbert, d'altra parte Nabokov lo citi tu, ma la simmetria tra la passione per Susette Giulia e quella per Lolita termina qui, a mio avviso.
Sia perché Susette è comunque un'adulta, sia perché tu offri al lettore una impronta marcatamente di differenza di classe tra i due protagonisti. Le differenze sociali si assopiscono durante la breve relazione tra i due, ma fanno capolino quando a lui sfugge un riferimento al possibile interesse di lei per un professore. Un professore qualsiasi, ma in realtà lui sottintende se stesso. Quasi che la relazione con il professore che lui è possa aiutarla a far carriera, a superare le avversità. Lui in questo modo dimostra di sentirsi usato. Beh, i ricchi si sentono sempre usati quando danno lavoro ai propri dipendenti, è un fatto. Fanno dei favori a dei morti di fame, non è mai l'esatto contrario, ossia lo sfruttamento del debole da parte del forte.
Quando Susette si avvede che il suo regalarsi, donarsi, con l'unica reciprocità possibile che è l'amore condiviso, è scambiato per una profferta, una transazione economica, come quella tra richiedente e committente, ecco che lei subito lo lascia.
La reciprocità per Susette era il darsi per amore, o semplice trasporto, amicizia. Per lui era lo sfruttamento della sua posizione.
L'essenza della lotta di classe.
Quanto alla struttura, la lunga sequenza introduttiva, quella della cena, che culmina in una sequenza dialogica, benché illuminante della personalità del protagonista è forse preponderante rispetto al resto del racconto. Seppure sia scritta molto bene. Più che accorciarla allungherei il resto. Su Susette Giulia dici poco e forse varrebbe la pena sapere di più per bilanciare quanto so del professore. Anche la relazione tra i due andrebbe approfondita. L'epilogo l'ho trovato forzato. La morte di Susette, a mio avviso bada bene, non aggiunge nulla alla narrazione. Lei se n'è andata quando doveva farlo. È quello l'epilogo perfetto.
Il racconto mi ha un po' ricordato il discreto romanzo di Villain, Pas son Genre, da cui è stato tratto un buon film, forse sottovalutato. Situazione simile, non identica, appassionante relazione, poi lei lo lascia e va via. Perché si rende conto che le differenze tra loro due vanno al di là delle disparità culturali (quindi forse risolvibili, che con Susette neanche sono poi così pronunciate), ma vi è una diffrenza di classe, un salto sociale non riducibile. Lei sa che verrà usata, che si trova in una posizione di minorità non risolvibile, e perciò scappa. La fuga è l'unica alternativa, come per la tua Susette. Per Susette si aggiunge il marchio d'infamia della prostituzione che scava un solco maggiore dello iato culturale di Villain.
A ogni modo, un buon racconto, bravo. L'ho letto volentieri. Ne hai abbastanza per scrivere un romanzo.
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Il finale, poi, è un po' cosi, direi superfluo. Avrei preferito leggere solo l'ultima parte in cui lui, ricordandola indipendentemente dal messaggio che la dichiarava defunta, esprime per le meretrici pensieri e sentimenti di rispetto e gratitudine. Perché in fondo è così che dovrebbe essere... Circa la valutazione non saprei, ci devo pensare un poco. Ciao Domenico, un caro saluto
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Re: Commento
Caro Namio! Grazie mille per il tuo commento. Riguardo alla punteggiatura, ogni tanto la uso a "sentimento". Cercherò di starci più attento.Namio Intile ha scritto: ↑22/03/2023, 17:54 Un buon racconto, Domenico.
Dal punto di vista formale ti segnalo quelle che per me, bada bene, sono errori nella punteggiatura. Inserire una virgola o un punto fermo dopo un punto esclamativo o interrogativa in uscita dal discorso diretto è per me errato. I segni di interpunzione che scandiscono il discorso scritto non variano a seconda che si tratti di un discorso riportato o meno. Lo so che sempre ho parlato di coerenza come massima generale e che le case editrici si comportano un po' come vogliono al riguardo, ma per me la coerenza in questo caso è seguire una regola uniforme nell'inserire la punteggiatura, discorso diretto o meno.
Non sei stato coerente in un'altra occasione, quando hai inserito i trattini per interrompere brevemente il discorso diretto. Lo so, alcune case editrici lo fanno. Ma allora, e qui sta la mancanza di coerenza, non adoperare i trattini per gli incisi del narratore. Cambia i segni.
A ogni segno la sua funzione.
Va beh, pistolotto antipatico, lo ammetto.
Quanto al racconto, provi a delineare l'epifania di un rapporto conflittuale, dove per me il conflitto è prevalentemente sociale, di classe. Susette è un'esponente di una minuta borghesia in difficoltà che per mantenere lo status e le prospettive non teme di confrontarsi con la realtà. In Susette c'è coraggio, sfrontatezza, audacia nel lanciarsi in un mestiere che comunque mette a rischio la sua vita.
La sua controparte, senza nome mi pare, e quindi anonima ab initio forse inconsapevolmente, è un professore universitario milanese che lavora in America, si presume stapagato, e che, si desume dalla conversazioni a cena con gli amici, non ha mai conosciuto difficoltà economiche o di altro tipo nella sua vita. Vita da ZTL dicono oggi i giornalisti. La medesima massima vale per Nadia e Francesco (protagonisti à rebours) con i loro bei lavori tranquilli e ben pagati e casa in centro. Così il tuo protagonista, alla fine della cena, decide di farsi adescare da una prostituta ventenne (si suppone) per noia se non per evitare di pensare a Nadia, sua ex fiamma, appena lasciata con un altro. Lui è a Milano in visita di lavoro, sente forse la vita sfuggirgli senza avere osato, senza aver nulla assaggiato. Un po' Humbert, d'altra parte Nabokov lo citi tu, ma la simmetria tra la passione per Susette Giulia e quella per Lolita termina qui, a mio avviso.
Sia perché Susette è comunque un'adulta, sia perché tu offri al lettore una impronta marcatamente di differenza di classe tra i due protagonisti. Le differenze sociali si assopiscono durante la breve relazione tra i due, ma fanno capolino quando a lui sfugge un riferimento al possibile interesse di lei per un professore. Un professore qualsiasi, ma in realtà lui sottintende se stesso. Quasi che la relazione con il professore che lui è possa aiutarla a far carriera, a superare le avversità. Lui in questo modo dimostra di sentirsi usato. Beh, i ricchi si sentono sempre usati quando danno lavoro ai propri dipendenti, è un fatto. Fanno dei favori a dei morti di fame, non è mai l'esatto contrario, ossia lo sfruttamento del debole da parte del forte.
Quando Susette si avvede che il suo regalarsi, donarsi, con l'unica reciprocità possibile che è l'amore condiviso, è scambiato per una profferta, una transazione economica, come quella tra richiedente e committente, ecco che lei subito lo lascia.
La reciprocità per Susette era il darsi per amore, o semplice trasporto, amicizia. Per lui era lo sfruttamento della sua posizione.
L'essenza della lotta di classe.
Quanto alla struttura, la lunga sequenza introduttiva, quella della cena, che culmina in una sequenza dialogica, benché illuminante della personalità del protagonista è forse preponderante rispetto al resto del racconto. Seppure sia scritta molto bene. Più che accorciarla allungherei il resto. Su Susette Giulia dici poco e forse varrebbe la pena sapere di più per bilanciare quanto so del professore. Anche la relazione tra i due andrebbe approfondita. L'epilogo l'ho trovato forzato. La morte di Susette, a mio avviso bada bene, non aggiunge nulla alla narrazione. Lei se n'è andata quando doveva farlo. È quello l'epilogo perfetto.
Il racconto mi ha un po' ricordato il discreto romanzo di Villain, Pas son Genre, da cui è stato tratto un buon film, forse sottovalutato. Situazione simile, non identica, appassionante relazione, poi lei lo lascia e va via. Perché si rende conto che le differenze tra loro due vanno al di là delle disparità culturali (quindi forse risolvibili, che con Susette neanche sono poi così pronunciate), ma vi è una diffrenza di classe, un salto sociale non riducibile. Lei sa che verrà usata, che si trova in una posizione di minorità non risolvibile, e perciò scappa. La fuga è l'unica alternativa, come per la tua Susette. Per Susette si aggiunge il marchio d'infamia della prostituzione che scava un solco maggiore dello iato culturale di Villain.
A ogni modo, un buon racconto, bravo. L'ho letto volentieri. Ne hai abbastanza per scrivere un romanzo.
Trovo giusta la tua critica: effettivamente avrei dovuto dare più spazio al rapporto tra i protagonisti e, in particolare, alla figura di Susette. Ne terrò conto per rivedere il racconto.
In quanto alla tua analisi è sostanzialmente corretta, anche se tu estremizzi una lettura marxista in termini di lotta di classe, che io non volevo dare. Quello che mi solletica della faccenda è la contrapposizione tra un certo romanticismo ottocentesco nella sua forma ideale (questo sì molto borghese, come genesi storica) e il carattere prosaico della relazione cliente/prostituta come si svolge nei fatti (compresi i pagamenti sempre richiesti e soddisfatti). In fondo il protagonista è un borghese annoiato e un po' disilluso, che cerca in un rapporto atipico e clandestino quell'emozione di matrice rousseauiana per un amore pre-sociale (fuori dagli schemi rigidi della morale borghese). Ma il tutto è palesemente falso, è solo una fantasia. E lui finisce per rendersene conto. Forse è proprio per il fatto di essermi molto più concentrato sulla figura maschile (che del resto è il narratore), che ho trascurato il lato femminile. In fondo mi interessava molto meno la Susette reale rispetto a quella ideale, che il protagonista va costruendo nel racconto. Ed è per questo che anch'io - buon borghese - ho finito per innamorarmi follemente di Susette man mano che scrivevo la storia. Ti dirò di più: nella mia mente Susette non ha mai neanche pensato che quel rapporto potesse essere qualcosa di diverso da un semplice commercio.
La morte: per me è un'ossessione più che un espediente narrativo. Non riesco a chiudere un racconto senza la morte; non riesco a pensare altrimenti. E' un limite, lo riconosco. Magari con il tempo e l'esperienza riuscirò a superare questa fissazione.
Un grazie immenso come sempre, perché con i tuoi commenti mi dai modi di ragionare più a fondo su ciò che scrivo.
Un abbraccio!
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Cara Laura! Hai ragione, il mio protagonista si comporta da "gran cafone". E' il frutto della tensione tra ideale e reale: tra il rapporto fantasticato e quello concreto. Si finisce per ritornare alla normalità per l'incapacità di conciliare questi due estremi. D'altra parte la mia non voleva essere una favola, ma il racconto della fine di un'illusione: e le illusioni non hanno un lieto fine.Laura Traverso ha scritto: ↑22/03/2023, 19:16 Il tuo racconto fa incetta di personaggi odiosi. A partire dalla radical chic Nadia per poi estendersi alla figura principale della storia che hai narrato: in quanto nonostante la parvenza di una sensibilità intravista, si è comportato infine da gran cafone. Circa la terminologia usata per descrivere il consueto rapporto tra cliente e prostituta per me va bene: detesto la volgarità inutile quando si può descrivere comunque un fatto senza cadere nel becero con parole a effetto. In merito alla trama del tuo racconto, non saprei tanto che dire. Il racconto scorre e non annoia, la scrittura è corretta e bene impostata; la trama, appunto come dicevo, non è molto coinvolgente, secondo me. Trovo non offra nulla di originale.
Il finale, poi, è un po' cosi, direi inutile. Avrei preferito leggere solo l'ultima parte in cui lui, ricordandola indipendentemente dal messaggio che la dichiarava defunta, esprime per le meretrici pensieri e sentimenti di rispetto e gratitudine. Perché in fondo è così che dovrebbe essere... Circa la valutazione non saprei, ci devo pensare un poco. Ciao Domenico, un caro saluto
Mi spiace che il racconto non ti abbia coinvolto. Ma è giusto così: ognuno ha la sua sensibilità.
Grazie per il tuo commento e un abbraccio!
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Re: commento
Ciao Domenico, ho modificato un poco il commento, questo sopra, in quanto mi è parso di essere stata poco cortese e non vorrei mai. Ho valutato e optato per il voto alto = 4Domenico Gigante ha scritto: ↑22/03/2023, 21:59 Cara Laura! Hai ragione, il mio protagonista si comporta da "gran cafone". E' il frutto della tensione tra ideale e reale: tra il rapporto fantasticato e quello concreto. Si finisce per ritornare alla normalità per l'incapacità di conciliare questi due estremi. D'altra parte la mia non voleva essere una favola, ma il racconto della fine di un'illusione: e le illusioni non hanno un lieto fine.
Mi spiace che il racconto non ti abbia coinvolto. Ma è giusto così: ognuno ha la sua sensibilità.
Grazie per il tuo commento e un abbraccio!
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Re: commento
Grazie! Ma non mi sono sentito affatto offeso. Anzi! Hai espresso la tua opinione in maniera sincera. Non c'è nulla di offensivo nella sincerità.Laura Traverso ha scritto: ↑22/03/2023, 22:09 Ciao Domenico, ho modificato un poco il commento, questo sopra, in quanto mi è parso di essere stata poco cortese e non vorrei mai.
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Si, però occorre fare attenzione alle parole, e io a volte vado troppo d'impulso e rischio di infastidire, e come detto poco fa, davvero mi dispiacerebbe farlo, soprattutto con persone come te estremamente gentili.Domenico Gigante ha scritto: ↑22/03/2023, 22:15 Grazie! Ma non mi sono sentito affatto offeso. Anzi! Hai espresso la tua opinione in maniera sincera. Non c'è nulla di offensivo nella sincerità.
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Ciao Piero! Ho aggiunto poche righe dal momento in cui il protagonista lascia la casa a quando si dirige al bar di via vitruvio. Vedi se è quello che pensavi. Fammi sapere.Macrelli Piero ha scritto: ↑22/03/2023, 1:14 Non ricordo in questo momento se si chiama epigrafe o epigramma quell'elemento introduttivo fra titolo e racconto, ma siccome ne faccio ampio uso, sono rimasto colpito dalla sua presenza nel tuo racconto.
Il racconto mi piace molto ma proprio molto, ma i complimenti non servono quanto le critiche che vado a iniziare. Il passaggio da casa degli amici al bar delle puttane avviene senza un chiarimento sul carattere del protagonista, non è da tutti andare a puttane dopo una cena dagli amici. Forse qui ci voleva un espediente. Poi cazzo e non pene; bocchino non fellatio.
Il messaggio in cui si dice che Giulia-Susette ci ha lasciati potrebbe anche essere che ha smesso di prostituirsi e non che è morta il che aprirebbe la strada verso un finale un po' diverso che non scioglie il dubbio, ma lascia il protagonista più indeterminato. haqi pesente le ultime righe del finale di Solaris?
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Re: Commento
Ciao Albapratalia! Intanto grazie per il commento.Albapratalia ha scritto: ↑28/03/2023, 18:41 Riscrivo il post
Ho letto e riletto il racconto, i commenti e ho riflettuto su quello che avrei potuto scrivere
Mi spiego, non mi sto riferendo a una riflessione di "calcolo" né a un dire le cose cercando di piacere.
Condivido il commento di Laura, forse un racconto del genere meriterebbe un maggior approfondimento caratteriale dei personaggi, ma, tutto sommato, va bene così.
Non ho capito bene dov'è la differenza tra i due post che hai scritto.
Perdonami, ma non sono riuscito neanche a capire questa tua frase: "Mi spiego, non mi sto riferendo a una riflessione di "calcolo" né a un dire le cose cercando di piacere.". Che cosa intendi?
Cmq grazie di aver letto e riletto il testo: significa che in qualche modo ha catturato la tua attenzione.
A questo punto, però, mi hai messo la curiosità: tu come avresti approfondito i personaggi? Magari può essere un buon suggerimento per sistemare il testo.
Grazie ancora e un abbraccio!
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Il continuo rimestare nelle classi sociali fa molto anni '60 ed è noioso.
Non mi ha molto coinvolto.
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Re: Commento
Ciao! Intanto grazie per il commento. Sì, forse il ricorso alle classi sociali fa un po' anni Sessanta. Mi spiace che non ti abbia coinvolto. Spero di fare meglio la prossima volta. Un abbraccio!
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Fai bene a rimarcare le differenze di classe, e che nei giovani sia talmente introiettata da essere diventata invisibile: è il progresso, bellezza!
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Re: Commento
Ciao Andr60! Hai, secondo me, colto un aspetto importante del racconto quel mix tra poetico e prosaico, tra romanticismo e gretto realismo. Sì, il protagonista vive (o immagina di vivere) un avventura con un'amante che ha i tratti ideali della Musa, ma che è e resta una prostituta che fa i conti con la realtà. Un po' come Catullo con la sua Lesbia, che - ci dicono i critici - storicamente era una tenutrice di un bordello.Andr60 ha scritto: ↑06/04/2023, 10:16 Ho trovato questo racconto ben scritto e anche piuttosto "spinto", considerando il contesto. In effetti il protagonista passa disinvoltamente da una cena a una sveltina rimediata in un bar, e questo un po' destabilizza un lettore come me che s'aspettava un tipo che almeno s'illudesse di trovare una parvenza di romanticismo nella situazione. Chessò, magari che Susette gli sussurrasse all'orecchio:"σ' αγαπάω", come nel film "Il giovane favoloso" di Martone. Poi però inizia davvero una relazione simil-romantica, anche se la ragazza è la prima a non crederci.
Fai bene a rimarcare le differenze di classe, e che nei giovani sia talmente introiettata da essere diventata invisibile: è il progresso, bellezza!
Il mondo oggi è fatto di questi "eroi romantici" che hanno abbandonato ideali e battaglie politiche e si sono arresi all'idea che si sopravvive solo nella loro piccola isola di illusioni poetiche. Io sono tra questi.
Un grande abbraccio!
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Re: Commento
Ciao Athosg! Grazie come sempre per il commento.Athosg ha scritto: ↑20/04/2023, 15:57 Dicono che sia l'argomento più vecchio del mondo e secondo me l'hai toccato con la giusta delicatezza (forse troppo nel passaggio clou). Mi sembra anche una storia che potrebbe accadere ogni sera in una grande città come Milano. A parte la morale finale, poetica ma forse troppo lunga, mi sono fatto l'idea che Carlo potrebbe non essere la prima volta che cerca un amore mercenario, mentre Susette non è morta ma ha cambiato vita e ha mandato il messaggio ad un uomo che non aveva dimenticato. Perchè anche le puttane hanno un cuore.
Mia moglie mi aveva già stroncato il finale. Quindi lo avevo un po' ridotto di lunghezza - senza toglierlo, perché a me è caro. Però comincio a pensare che abbiate ragione voi e bisogna rivederlo e ridurlo ai minimi termini. In questo senso ti chiedo di segnalarmi anche tu la parte che reputi di troppo, in modo da farmi un'idea più precisa di come intervenire.
Per quanto riguarda la vita dei due personaggi sono profondamente agnostico. Ho lasciato volutamente vago il riferimento ad altri episodi del genere da parte di Carlo e sulle cause della morte di Susette non mi sono pronunciato. Quindi - sì - è possibile che non sia morta, ma abbia semplicemente cambiato vita e quindi rotto i rapporti in modo drastico con i precedenti clienti.
Non sta a me deciderlo. D'altra parte scrivere questo racconto è stato per me tremendamente coinvolgente. E' come se Susette avesse una vita propria... e io mi sono follemente innamorato di lei. E ho finito addirittura per scriverle una poesia, che adesso è in gara nel GranPrix https://www.braviautori.it/forum/viewtopic.php?t=7051
Figurati come sono messo

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Re: Susette
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Commento : Susette
Concordo con la segnalazione di Namio sulla punteggiatura e il resto. Parole sue “pistolotto antipatico”.
Sempre Namio ti ha già fatto una dettagliata disanima e non mi ripeto.
Se anche una sola delle mie considerazioni la troverai utile, allora avrò già raggiunto il mio scopo.
Temo tu sia caduto nella trappola del “che” (81), ma non ti preoccupare. È solo una mia “menata”. Avendo a disposizione decine di migliaia di romanzi pubblicati in formato WORD, a volte mi sacrifico a cercare quanti “che” ha usato questo o quello scrittore osannato e ne trovo parecchi di questi “geni della scrittura” lanciati in un utilizzo pazzo di questo magico “che”.
Quasi ti direi: “Vai tranquillo, più ne usi e meglio è.”
Ci sono ben 27 avverbi in …mente.
Refuso - …stretta l’abbraccia forte e finii…
Quando il protagonista dice a Nadia, sua ex-fidanzata, la frase: «Gli stavi rovinando la piazza», entra decisamente a gamba tesa, dopo una “conversazione molto piacevole per tutta la cena” e spiazza totalmente il lettore, non preparato a una simile “uscita”. Carlo sembra voglia rivangare passati rancori di cui nulla si è detto fino a questo punto.
La reazione di Francesco per me non ci sta. Non può aver capito tutto dalla semplice frase di Nadia: “Mi davo solo un po’ da fare”, permettendogli di saltare subito alle conclusioni. Minimo una domanda, Francesco l'avrebbe dovuta fare, prima di partire in quarta.
“Non feci a tempo a scendere” – io preferirei - Non feci tempo a scendere –
“un po’ brillo ed eccitato da quei discorsi.” – più che eccitato io direi incazzato. Rinfaccia alla sua ex dopo molti anni di essere stata una quasi puttana e poi si eccita?
“acuire il mio senso di noia” – ma se era eccitato? Io quando mi eccitavo, mica ero annoiato, ti pare?
“come se stessi per commettere un incesto: un atto riprovevole nei confronti di mia madre.” – io cambierei la similitudine. Perché tirare in ballo un rapporto incestuoso con la madre, di cui non sappiamo niente?
“«Non andartene via, ti prego!», la supplicai.” – uno che prega già sta supplicando, per me “la supplicai” non ci vuole.
“Non mi va di ritornare nella mia stanza.” – detto così sembra che Carlo alloggiasse in quello stesso albergo a ore.
“ad iniziare” – a iniziare
“nella mia doppia vita” – perché doppia vita? Non ne sappiamo nulla.
“all’improvviso è riapparso il suo nome sul mio cellulare:” presumo il nome sia quello di Susette. Da qui a intuire che il vero nome di Susette sia Giulia ce ne corre.
A questo punto Carlo presume una serie di cose abbastanza confuse.
Primo. I cellulari sono due: uno per il lavoro e uno privato?
Secondo. Quello perso deve essere quello di lavoro, perché poi?
Terzo. Chi l’ha detto che Susette avesse tutti i nomi dei clienti anche sul suo cellulare privato? Se ha smarrito quello di lavoro, infatti, i numeri di cellulari dei clienti non li aveva più.
Quarto. Sembra di capire che i messaggi li invii Susette, e perché non lo sconosciuto che si diverte a nominare questa Giulia, nome che Carlo non ha mai sentito, spedendo messaggi con WhatsApp inventati di sua sana pianta.
Quinto. Se è Susette a spedire i messaggi, per proteggere il suo segreto con la madre, e Carlo vede apparire il nome di Susette sul suo cellulare, allora lui doveva avere in rubrica anche il numero privato di Susette, o no? E quanti altri clienti lo avevano?
Spero di non essermi confuso anch’io con questa storia ingarbugliata, se così mi scuso in anticipo.
I miei dubbi non sono finiti, ma preferisco fermarmi qui. Direi che è abbastanza.
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Re: Commento : Susette
Ciao Alberto! Grazie moltissimo per il tuo commento. Ogni nota è preziosa. Dato che le cose sottolineate sono molte, ti rispondo di seguito, citando quanto scrivi. (Per quanto riguarda gli avverbi in ...mente, sono la mia ossessione: certe volte mi capita di scherzarci sopra pure io).Alberto Marcolli ha scritto: ↑11/05/2023, 20:19 Apprezzo le tue capacità e perciò ho deciso di farti una critica impietosa, perché il tuo racconto merita molto, anzi, potrebbe essere la trama di un romanzo, come dice Namio.
Quando il protagonista dice a Nadia, sua ex-fidanzata, la frase: «Gli stavi rovinando la piazza», ...
Io l'ho intesa come una battuta, che ci può stare tra persone che si conoscono da tanto tempo e hanno avuto anche una relazione. Non mi sembra strana.
---
La reazione di Francesco per me non ci sta. Non può aver capito tutto dalla semplice frase di Nadia...
Mi sembra chiaro dalla battuta del protagonista e dalla successiva risposta di Nadia il senso del discorso. Forse la cosa che suppongo è il fatto che Francesco sapesse abbastanza del passato della moglie. D'altra parte non vedo perché Nadia doveva nasconderglielo. L'imbarazzo è dovuto al fatto che si faccia riferimento alla cosa (un po' di orgoglio virile ferito)
---
“un po’ brillo ed eccitato da quei discorsi.” – più che eccitato io direi incazzato...
Proprio il fatto che la conversazione verteva sul sesso può generare eccitazione. D'altra parte non do l'idea che il protagonista si sia incazzato. Quella incazzata è Nadia.
---
“acuire il mio senso di noia” – ma se era eccitato? ...
Giusta considerazione! Ha senso.
---
“come se stessi per commettere un incesto: un atto riprovevole nei confronti di mia madre.”...
Vero! E' una parte che mi proponevo di cambiare, perché suona strana.
---
“«Non andartene via, ti prego!», la supplicai.” – uno che prega...
Anche questa è una giusta osservazione. Però non penso che sia pleonastico; rafforza il concetto.
---
“Non mi va di ritornare nella mia stanza.”...
Oddio! Forse hai ragione, ma con cosa sostituirlo? "a casa"? ma non ha una casa. "nel mio appartamento"? Suona poco naturale. Non so... Se hai un consiglio...
---
“nella mia doppia vita” – perché doppia vita? Non ne sappiamo nulla...
Concordo! Non so perché me ne sono uscito così.
---
“all’improvviso è riapparso il suo nome sul mio cellulare:” presumo...
Il nome Giulia è citato nel messaggio che ha ricevuto, non lo presume.
---
Primo. I cellulari sono due: uno per il lavoro e uno privato?...
Ipotizza che usasse due cellulari, il che è abbastanza comune.
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Secondo. Quello perso deve essere quello di lavoro, perché poi?...
Perché perso? Non ho mai detto che lo ha perso.
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Terzo. Chi l’ha detto che Susette avesse tutti i nomi dei clienti...
Non ha smarrito il cellulare di lavoro. Qualcuno lo sta usando per inviare messaggi ai clienti, avvisandoli che Giulia/Susette è morta.
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Quarto. Sembra di capire che i messaggi li invii Susette...
Susette è morta (forse ha solo deciso di fingere per chiudere definitivamente con la prostituzione). Carlo ha il nome Susette in rubrica, ma nel messaggio si fa riferimento a Giulia. Lui sa che Susette non è il vero nome della ragazza (non sappiamo se lei gliel'ha mai detto, ma la cosa ha poca importanza). Il punto è che Carlo fa semplicemente due più due.
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Quinto. Se è Susette a spedire i messaggi...
Non aveva il numero privato. Il messaggio gli viene inviato da quello di lavoro. Non so veramente come sia nato questo equivoco. Magari segnalami dove ti sembra che creo questa confusione.
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Grazie ancora e un abbraccio forte!
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Re: Susette
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“Non mi va di ritornare nella mia stanza.” -- non mi va di rimanere solo questa notte.
--
“all’improvviso è riapparso il suo nome sul mio cellulare:” - il nome che appare può essere solo quello di Susette. Che Giulia sia il vero nome e Carlo faccia due più due è possibile.
A scanso di equivoci io riscriverei l’intero paragrafo così:
- Non ho saputo più nulla di lei per due anni. Poi ieri, all’improvviso, è apparso sul mio cellulare un misterioso messaggio WhatsApp con il suo nome:
“Salve! Lei non mi conosce. Sto inviando lo stesso messaggio a tutti i contatti di questa rubrica per avvisarvi che Giulia ci ha lasciato una settimana fa. Mi spiace darle in questo modo la notizia e spero di non averla disturbata”.
Rimasi interdetto. Era lei l’autrice del messaggio oppure Susette, alias Giulia, era veramente morta e il suo cellulare era stato usato da uno sconosciuto?
Preferii pensare che Susette avesse deciso di troncare con la prostituzione, e volesse spezzare ogni legame con tutti i suoi ex-clienti, soprattutto per proteggere il suo segreto con la madre; e anche come una sorta di castigo: per suscitare un ricordo imbarazzante o un rimorso crudele in noi che eravamo stati insieme a lei. Con me aveva colto nel segno.
Un possibile cambiamento della frase finale potrebbe anche essere quello di aggiungere un “forse”, allo scopo di non voler chiudere del tutto questa esperienza “intima ed estrema con lei”
- – il mio è solo il rimpianto per aver perso, forse per sempre, una cosa bella.
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Re: Susette
Grazie mille! Nel we mi metto a lavorare per accogliere i tuoi suggerimenti.Alberto Marcolli ha scritto: ↑12/05/2023, 10:24 Il tuo è tuo è un racconto che finalmente (avverbio in ...mente!) mi esercita a pensare.
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“all’improvviso è riapparso il suo nome sul mio cellulare:” - il nome che appare può essere solo quello di Susette. Che Giulia sia il vero nome e Carlo faccia due più due è possibile.
A scanso di equivoci io riscriverei l’intero paragrafo così:
- Non ho saputo più nulla di lei per due anni. Poi ieri, all’improvviso, è apparso sul mio cellulare un misterioso messaggio WhatsApp con il suo nome:
“Salve! Lei non mi conosce. Sto inviando lo stesso messaggio a tutti i contatti di questa rubrica per avvisarvi che Giulia ci ha lasciato una settimana fa. Mi spiace darle in questo modo la notizia e spero di non averla disturbata”.
Rimasi interdetto. Era lei l’autrice del messaggio oppure Susette, alias Giulia, era veramente morta e il suo cellulare era stato usato da uno sconosciuto?
Preferii pensare che Susette avesse deciso di troncare con la prostituzione, e volesse spezzare ogni legame con tutti i suoi ex-clienti, soprattutto per proteggere il suo segreto con la madre; e anche come una sorta di castigo: per suscitare un ricordo imbarazzante o un rimorso crudele in noi che eravamo stati insieme a lei. Con me aveva colto nel segno.
Un possibile cambiamento della frase finale potrebbe anche essere quello di aggiungere un “forse”, allo scopo di non voler chiudere del tutto questa esperienza “intima ed estrema con lei”
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Re: Susette
Ciao Alberto! Ho fatto diverse modifiche approfittando del tuo aiuto.Alberto Marcolli ha scritto: ↑12/05/2023, 10:24 Il tuo è tuo è un racconto che finalmente (avverbio in ...mente!) mi esercita a pensare.
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“all’improvviso è riapparso il suo nome sul mio cellulare:” - il nome che appare può essere solo quello di Susette. Che Giulia sia il vero nome e Carlo faccia due più due è possibile.
A scanso di equivoci io riscriverei l’intero paragrafo così:
- Non ho saputo più nulla di lei per due anni. Poi ieri, all’improvviso, è apparso sul mio cellulare un misterioso messaggio WhatsApp con il suo nome:
“Salve! Lei non mi conosce. Sto inviando lo stesso messaggio a tutti i contatti di questa rubrica per avvisarvi che Giulia ci ha lasciato una settimana fa. Mi spiace darle in questo modo la notizia e spero di non averla disturbata”.
Rimasi interdetto. Era lei l’autrice del messaggio oppure Susette, alias Giulia, era veramente morta e il suo cellulare era stato usato da uno sconosciuto?
Preferii pensare che Susette avesse deciso di troncare con la prostituzione, e volesse spezzare ogni legame con tutti i suoi ex-clienti, soprattutto per proteggere il suo segreto con la madre; e anche come una sorta di castigo: per suscitare un ricordo imbarazzante o un rimorso crudele in noi che eravamo stati insieme a lei. Con me aveva colto nel segno.
Un possibile cambiamento della frase finale potrebbe anche essere quello di aggiungere un “forse”, allo scopo di non voler chiudere del tutto questa esperienza “intima ed estrema con lei”
- – il mio è solo il rimpianto per aver perso, forse per sempre, una cosa bella.
Non so come ringraziarti. I tuoi suggerimenti sono stati preziosi e hanno certamente reso più chiaro il testo.
Un abbraccio!
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Re: Susette
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Re: Susette
Lo penso anch'io. I consigli sono stati molto utili.Namio Intile ha scritto: ↑15/05/2023, 10:19 Riletto, direi che è migliorato, Domenico. Soprattutto il finale, se non sbaglio, mi pare meno evanescente, più rotondo.
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commento : Susette
Scrittura matura e scorrevole. I "che", come sai, sono un mio pallino, ma sembra non interessi a nessuno.
Sei riuscito, nel finale, a rendere quasi simpatico il tuo protagonista, e non è poco.
voto 5
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Re: commento : Susette
Grazie ancora a te per l'aiuto! Chissà come mai vi sta così antipatico il protagonista? Io lo trovo così ironico con la sua disillusione da sinistra liberal.Alberto Marcolli ha scritto: ↑22/05/2023, 17:29 Se Namio approva, sei a cavallo.
Scrittura matura e scorrevole. I "che", come sai, sono un mio pallino, ma sembra non interessi a nessuno.
Sei riuscito, nel finale, a rendere quasi simpatico il tuo protagonista, e non è poco.
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Curiosità: a parte l'utilizzo di marchingegni attuali, il testo reggerebbe benissimo se riferito agli anni '80 con dei reduci del '68 e una ragazza "moderna", cioè dell'epoca. Questa curiosità stuzzica.
Comunque è scritto bene, e l'aver "limato" le situazioni più "crude" non lo considero un difetto, anzi...
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Time City
amanti nel tempo
Con questo romanzo scopriremo in che modo un rivoluzionario viaggio nel Tempo darà il via a un innovativo sistema di colonizzare la Luna e, forse, l'intero Universo. Partendo dalla Terra con una macchina del Tempo, è possibile arrivare sulla Luna? In queste pagine vi sarà raccontato del lato "Tempo" di questa domanda. La parte "Luna" (qui solo accennata) verrà sviluppata più corposamente nel seguito di questo libro auto-conclusivo. L'autore ha cercato a lungo qualche riferimento a opere che narrassero di un crononauta che sfrutti il viaggio nel Tempo per raggiungere il nostro satellite naturale, ma non è riuscito a trovarne alcuna. Lo scrittore Giovanni Mongini (autore, tra le varie cose, dello splendido articolo "Viaggio al centro del tempo") lo ha confortato in tal senso, perciò si vuole concedere il lusso di indicare la sua persona come colei che ha inventato per prima questo tipo di viaggio Terra-Tempo-Luna. Concedeteglielo, vi prego, almeno per un po' di… tempo.
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