Nayla

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2025.

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Yakamoz
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Nayla

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1.
Nel cuor di Samarcanda, dove ai primi raggi del sole le cupole turchesi di moschee e madrase rifulgono come vestigia di regni silenti, viveva, molti secoli fa, una fanciulla che pochissimi potevano vedere, e ancor meno avvicinare. Dicono fosse nata da un sogno di Bayezid e della sua sposa, Olivera Lazarević, prigionieri sotto il cielo straniero dell'Impero Timuride. E che fu Dio stesso, mosso a compassione dalle loro preghiere — non di libertà, ma di pietà e bellezza — a far sbocciare per loro una figlia: Nayla, "colei che raggiunge". Ricordo vivo di un amore ormai reciso.
Nayla, trascorsi gli anni e al limite d'esser donna, non aveva mai visto alcunché del mondo oltre le sontuose mura del giardino del palazzo — il quindicesimo del sovrano Timur — dove era nata, né mai visto il volto di un uomo, poiché l'unica vita che conosceva era quella ovattata delle sue custodi e precettrici. Le sue giornate scorrevano pigre tra lo studio rigoroso delle lingue, gli esercizi di canto e di danza, la poesia, il ricamo e la calligrafia: come se la sua esistenza non fosse che preparazione a un destino ignoto, del quale lei stessa non poteva intuire né gli eventi né il senso. Ogni mattina passeggiava nel giardino chiamato dei "Frutti Vermigli e dei Tulipani", accompagnata da giovani donne velate in seta. Camminavano scalze sull'erba umida, tra chiacchiericci e risate soffocate per non disturbare il canto di un liuto da una scuola lontana. Una di loro, Amina, lanciava in aria una palla di seta ricamata, che poi passava di mano in mano con movimenti fluidi, quasi danzati. «Attenta, Nayla!» scherzava, mentre la più giovane correva a riprenderla tra i filari di tulipani. Un'altra, Soraya, intrecciava invece ghirlande di petali blu indaco, infilando ogni fiore come una perla preziosa. E quella mattina, alle corde dell'oud si unirono i trilli degli usignoli tra i melograni in fiore, mentre il cinguettio dei cardellini si diffondeva tenue sulle fontane ottagonali. Nayla, al centro di quel piccolo corteo, sorrideva appena, mentre lo scampanellio dei suoi monili, lungo i polsi e le caviglie, accompagnava le risate e il coro degli uccelli. Solo ogni tanto, appartandosi e assorta in altri pensieri, si chinava a raccogliere un fiore e osservarlo controluce; poi, al sopraggiungere della realtà, distoglieva lo sguardo e lo lasciava scivolare a terra dalle mani.

2.
Fu allora che Arakel, giovane calligrafo armeno giunto dalla lontana Isfahan per perfezionare i suoi studi in una prestigiosa madrasa della città, si trovò a passare lungo il muro del giardino. Lui, cercatore di bellezza, credeva che ogni lettera fosse un ponte verso il divino. Portava sottobraccio una borsa stracolma di inchiostri, pigmenti e pergamene, dove fili d'oro tracciavano versi in lingue diverse. Avvicinandosi al robusto cancello di ferro battuto, tra i lastroni di una strada per lui sconosciuta e solitaria, fu travolto da un profumo di rosa ed eternità — tanto che, nonostante la fretta, rallentò il passo fino a fermarsi, udendo le note dell'oud che sembravano sedare l'affanno del suo respiro. In quegli istanti, una folata di vento gli strappò di mano la pergamena, facendola turbinare contro le sbarre. E, oltre il ferro scuro, in un battito di ciglia, si accorse di Nayla: un chiarore improvviso, un'immagine strappata a un sogno. I suoi capelli corvini, selvaggi come il deserto del Kizilkum dopo una tempesta, le cadevano sulle spalle, simili a un sipario di misteri, incorniciando un volto dai tratti perfetti. Le braccia, intarsiate d'henné, erano ricamate da volute di costellazioni perdute, ornate di gioielli. Un corpetto d'oro cesellato le fasciava il petto, e un sarong del colore intenso di una melagrana appena spaccata le velava i fianchi. Avanzò verso di lui, librando a ogni passo il dolce squillo dei suoi ornamenti sonori; poi, i suoi occhi, fissi su quelle lettere che danzavano nell'aria, gli concessero il suo sguardo, e parlò con voce limpida:
«Sei un calligrafo? Se, quindi, il tuo Dio ti ha dato il dono della memoria della parola scritta — era la prima volta che si rivolgeva a un uomo — saprai usarla per raggiungere chi non può essere raggiunto?»
«La parola serve a lodare il Creatore», balbettò Arakel.
Lei inclinò appena il capo, e il campanellio dei suoi bracciali fu come una risata sommessa: «E io non sono forse una Sua creatura? Un sogno che Egli ha reso visibile?»
«Qual è il tuo nome?»
«Solo Nayla.»

3.
Da quell'incontro, il tempo si spezzò per Arakel in un "prima" e un "dopo" Nayla, e vi tornò quotidianamente. La primavera lasciò il posto all'estate, ma nel giardino oltre il cancello il tempo sembrava essersi sospeso, restando fresco e immutato. Lui le parlava del mondo: del clamore di Istanbul e dei progetti del sultano Mehmed I, delle carovane che portavano spezie e seta attraverso il deserto, dei libri rilegati a Isfahan e delle imprese del grande ammiraglio Zheng He, che navigava sui mari della Cina. Le raccontava delle visioni di Ibn Khaldun sulla nascita e la caduta degli imperi, e delle stelle che avevano nomi diversi in ogni lingua, come quelle studiate dal nipote di Timur, Ulugh Beg, nella sua città natale. Lei lo ascoltava assetata, ricambiando con il suo silenzio e l'armonia del suo Eden immutabile: un mondo senza fine, e per ciò stesso, senza speranza.
«Perché non scrivi per me?», chiese un pomeriggio lei. «Scrivi di me qualcosa che né fuoco né acqua né aria né terra possano mai cancellare.»

4.
Iniziò così la lunga follia di Arakel. Scrisse il nome di Nayla e poesie dedicate a lei su un aquilone di seta rossa — ma il vento lo lacerò. Incise parole su foglie di platano e le affidò alla corrente — ma l'acqua le disperse. Nascose versi sotto una pietra — ma le piogge li dissolsero. Cucì lettere dorate su seta e le lasciò presso una fiamma sacra — ma il fuoco, lambendole, le incenerì. Ogni suo tentativo era un messaggio d'amore per lei; ogni fallimento, una spina nel proprio cuore. Eppure tornava immancabilmente, e la trovava lì ad attenderlo. Non erano più solo un uomo e una visione; erano due solitudini che si specchiavano attraverso le sbarre. Passarono tanti anni: i capelli di Arakel si striarono d'argento, la schiena si curvò, le mani iniziarono a diventare nodose e a tremare. Samarcanda cambiava, ma Nayla, dietro il cancello, rimaneva identica: gemma perfetta, intoccata dal tempo che invece lo consumava. E fu appunto guardando il suo volto invecchiato in una pozzanghera che Arakel capì la verità: non poteva infrangere le regole di quel luogo sacro. Non poteva portare lei nel suo tempo, né entrare nell'eternità di lei. Il cancello non era fatto per essere aperto. Ma poteva tessere il nome di Nayla nella trama del tempo stesso. Così, l'anziano calligrafo impiegò le ultime forze in un'opera finale. Non scrisse mai più nulla su pergamena, ma visse la sua arte. Continuò ad andare al cancello, e non portò più doni: soltanto la sua presenza. La sua costanza divenne calligrafia; la devozione, inchiostro. La sua vecchiaia era la pergamena su cui il nome di Nayla veniva scritto, lentamente.

5.
Finché, un giorno, dopo un lungo periodo di malattia e assenza, sentendo la fine vicina, Arakel si trascinò per l'ultima volta fino al giardino. La trovò lì, seduta su uno sgabello sotto un melograno in fiore, come l'aveva vista la prima volta. Lei, che non conosceva la vecchiaia, la malattia né la morte, lo riconobbe all'istante. Nei suoi occhi non c'era sorpresa, ma la dolcezza di chi sa comprendere, come se in lui non vedesse un corpo fragile, ma l'anima che l'aveva amata attraverso le stagioni. Si alzò, raggiunse il cancello, e con un gesto lento e solenne posò le mani sui battenti. Non cigolò. Non resistette. Lo spalancò davanti a lui con la facilità di qualcosa che non era mai stato davvero chiuso, lasciandogli libero il passo. Nessuna guardia. Nessun incantesimo. Nessun confine. Solo la possibilità di entrare. Ma Arakel non avanzò; rimase lì, in piedi sulla soglia, le mani tremanti, lo sguardo fisso su di lei. Aveva atteso tutta la vita quel momento, e ora sapeva che varcare quel limite avrebbe rotto l'incanto. Non perché non la volesse, ma perché l'amore che aveva vissuto, tra lettere, stagioni, silenzi, era già completo, eterno e intoccabile. Entrare sarebbe stato come forzare il mistero, renderlo terreno. Nayla lo guardò, e nei suoi occhi non c'era delusione, ma indulgenza. Fece un passo indietro, poi un altro. Si voltò e si allontanò, sparendo tra i tulipani color indaco. Fin tanto che il tintinnio dei suoi bracciali si affievolì, confondendosi con il fruscio delle foglie, e fu il silenzio. Arakel rimase lì, immobile ancora per poco, poi si lasciò cadere in ginocchio. Morì con un sorriso sul volto, ai piedi di un cancello che era sempre stato aperto. E una leggenda, ancora oggi, narra che a Samarcanda, quando il vento della sera si insinua tra i vicoli e fa vibrare le maioliche delle madrase, alcuni giurano di udire un suono argenteo, lieve e lontano: come l'eco dei bracciali di Nayla. La prova che il più grande amore non è quello che attraversa la soglia, ma quello che sceglie di restare al confine, per non rompere il miracolo.
Ultima modifica di Yakamoz il 19/10/2025, 16:53, modificato 16 volte in totale.
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Massimo Baglione
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Scusa yakamoz, ho tolto l'immagine che avevi allegato: nelle Gare e nei Grandprix non sono ammesse.
So che nel regolamento era specificato diversamente, ma si era trattato di un refuso proveniente da altri bandi.
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Buondì, Max,
l'avevo messa così… (mi sa che era un po' troppo grande).
Non importa :)
Il racconto è importante, non l'immagine.
:)
P.S. L'immagine era il pezzo forte del racconto!
Uff! Troppo audace?
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Massimo Baglione
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Re: Nayla

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Yakamoz ha scritto: 25/09/2025, 7:46Uff! Troppo audace?
No, è solo una questione di gestione del concorso e dei conseguenti ebook: solo testi.
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Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Bellissimo racconto, che sembra tratto da ''Le Mille e una notte'', non solo per l'ambientazione orientale, ma pure per il suo fascino e la sua morale. Sì, un'amore può essere meraviglioso anche solo immaginato, alla giusta distanza, per una persona idealizzata, che il tempo non può corrompere. Sulle tua abilità descrittive è inutile tornare, perchè dovrei ripetere i complimenti. Mi sa che per competere dovevo scegliere un altro tipo di racconto ... Pazienza.
Voto 5, ovviamente.
Curiosa coincidenza: pure io volevo inserire un'immagine a corredo del testo e Massimo mi ha spiegato che non si può.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Ho apprezzato molto la ricerca dello stile, per rendere nel modo migliore il tono di una favola orientale. Il contenuto mi ricorda le poesie di Gozzano e la sua preferenza per le rose che non colse, come promessa di una felicità possibile solo se immaginata e non realizzata.
A questo punto, però, urge visualizzare l'immagine di Nayla!
Yakamoz
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Caro Vittorio e Caro Andr60.

Grazie dei vostri commenti, ne sono lusingato :) : ma ora non riesco a rispondere in modo esaustivo, perché ho un mal d testa terribile. Quindi è meglio se mi riposo.

Bravo, Andr60, mi hai "sgamato": il racconto si rifà molto alle poesie di Gozzano, ma anche ad altre cose. È un potpourrì. :)

Antonio

A rileggerci…

Domani posto l'immagine di Nayla (a parte) … ora non ci riesco…
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FeliceF
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Messaggio da leggere da FeliceF »

Buongiorno.
Yakamoz ha scritto: 25/09/2025, 6:30 Lei, che non conosceva la vecchiaia, malattia, né la morte, lo riconobbe all'istante.
davanti a "malattia" bisogna aggiungere l'articolo, visto che è stato messo davanti a "vecchiaia" e a "morte". Quel "né", forse, è di troppo.
Yakamoz ha scritto: 25/09/2025, 6:30 e del quale lei stessa non poteva intuire né gli eventi o il senso.
Qui il "né" è di troppo, oppure bisogna aggiungerne un altro al posto di "o".
Per il resto, che dire? Una favola con una dolce morale impreziosita da un abile mano. La tua capacità di descrizione è decisamente notevole e in un momento in cui nei libri sembra che le descrizioni siano messe al bando o, peggio, condannate, questo è una vera ventata di freschezza! I miei complimenti. Mi capita spesso di rileggere i racconti solamente per tentare di far pace con la logica o la grammatica, il tuo, invece, l'ho riletto volentieri per gustarmelo.
Grazie per questo racconto!
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Yakamoz »

FeliceF ha scritto: 25/09/2025, 21:07 Grazie per questo racconto!
Ciao, FeliceF, (mi hai fatto felice, scusa il gioco di parole)
grazie di cuore per il tuo commento, mi ha fatto piacere leggerlo! Sono davvero felice che il racconto ti sia piaciuto, il "riconoscimento" è uno dei complimenti più belli che un piccolo scrittore come me possa ricevere. 😊

E grazie mille anche per le correzioni/refusi. Hai assolutamente ragione, mi erano sfuggiti del tutto sia l'articolo mancante davanti a "malattia" che la costruzione sbagliata "né… o". Apprezzo tantissimo, occhio di falco, la tua attenzione al dettaglio. Provvedo subito a sistemare.

E grazie ancora per il tuo tempo speso a leggermi e per le tue belle parole incoraggianti!

A presto…

Antonio
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Giuseppe Gargano
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Messaggio da leggere da Giuseppe Gargano »

Piacere di incontrarti, gli altri lettori mi hanno anticipato; non posso fare che confermare la loro opinione. Si tratta indubbiamente di un racconto che parla di passione coltivata senza "rompere" la barriera tra chi adora e chi è adorato. Un rapporto (forse) malato (?) che spinge all'ossessione? Mi permetto di aggiungere questa opinione personale, che si discosta dal pensiero altrui perché mi incuriosisce sapere se ci sia un messaggio nascosto di questo tipo: un amore idealizzato, fatto solo di "giusta distanza", fino a che punto può definirsi romantico? Fino a che punto nutre chi ama e quando comincia invece a consumarlo?
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao, Giuseppe,
cerco di rispondere punto per punto alle tue legittime perplessità (che, in parte, sono anche mie).

a) Un rapporto (forse) malato?
La risposta è semplice: non si tratta di un'ossessione malata, ma di un'evoluzione spirituale. La "follia" iniziale di Arakel era ossessione, quando cercava di fissare Nayla nel mondo materiale, ma è una fase che fallisce. Il vero amore, quello più nobile, nasce proprio dalla comprensione che Nayla gli offre alla fine.

b) Fino a che punto nutre e quando comincia a consumare?
Lo consumava quando cercava di possederla simbolicamente con le sue opere, perché lottava contro una legge metafisica (il tempo vs. l'eterno) ed era, per logica, destinato a fallire, logorandosi. Lo ha nutrito, invece, quando ha capito che l'amore non era possesso, ma dedizione. La sua vita, anche nella decadenza fisica, ha acquisito uno scopo più alto: essere la testimonianza vivente di quella bellezza, trovando una pace che supera la frustrazione del desiderio insoddisfatto.

c) È romantico?
Il Romanticismo classico celebra quasi sempre la passione che travolge. La mia fiaba esplora un'idea diversa, forse più vicina all'amor cortese (come Dante e Beatrice, Don Chisciotte e Dulcinea e tanti altri) o a certa mistica: l'idea che la distanza non sia un impedimento, ma l'essenza stessa per preservare la purezza del sentimento.
Varcare la soglia non avrebbe coronato nessun sogno: lo avrebbe dissolto. Non è una rinuncia, ma l'accettazione di una verità più alta: alcuni ideali sono così perfetti che la loro bellezza risiede proprio nella loro inaccessibilità.

Il messaggio nascosto, se c'è, non è la celebrazione di un rapporto malato, ma l'elogio dell'amore come atto di rispetto assoluto per l'alterità dell'amato, anche quando questo significa amare da lontano, per non profanare il miracolo che li ha uniti.

È una visione molto platonica: l'amore vero vive nel desiderio puro, non nel suo appagamento. Il compimento è nel percorso, non nell'arrivo.

Faccio un esempio mistico di amore non di coppia:
l'amore verso Dio, che appartiene al trascendente e quindi non è accessibile in modo diretto, ma di cui possiamo cogliere i segni nel mondo sensibile: nella bellezza del creato, nell'armonia delle leggi naturali, negli atti di carità. Il credente non pretende di possedere Dio, ma Lo ama attraverso la devota contemplazione di queste tracce.

Perciò Nayla, in un'ipotetica allegoria, potrebbe benissimo essere l'Altissimo che si manifesta attraverso la bellezza di una sua creatura, e l'amore di Arakel una forma di devozione, perché nulla si può comprendere o possedere totalmente, fino alla morte, ultimo atto di fede in un mistero più grande di lui.

Grazie per la riflessione profonda, Giuseppe,

Antonio

P.S.

Lo dice anche Nazim Hikmet:

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
"di saperti inaccessibile"
nel momento stesso
in cui ti afferro.


Non tutto è accessibile!

Ora davvero sembra che sono un "turco": racconto orientaleggiante, nick turco, poi posto poesie turche… ma sono italiano, di Salerno. :) Diciamo che sono un turco-napoletano. In realtà, a chi potrebbe interessare (immagino nessuno), sono un incrocio tra Varese e Napoli: un terrone del nord, perché io mi sento campano. Nulla contro i turchi, ovvio!

Ultima cosa:

Per la fiaba/racconto mi sono ispirato alla poesia "Cocotte" di Guido Gozzano, poeta post-decadente, non di "elogi" ma di "crepuscoli". Basta leggerla per trovarne le analogie e le similitudini. Difatti, Andr60, che è torinese come Gozzano, subito mi ha sgamato!
Erinni
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Messaggio da leggere da Erinni »

Grazie Antonio del racconto "magico" ed evocativo, dello stile ricercato. Della storia che tradisce una verità: l'ideale esercita un potere più forte del reale. E, a volte, non si vuole nient'altro che quell'idealità
Yakamoz
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Erinni ha scritto: 30/09/2025, 22:08 Grazie Antonio del racconto "magico" ed evocativo, dello stile ricercato. Della storia che tradisce una verità: l'ideale esercita un potere più forte del reale. E, a volte, non si vuole nient'altro che quell'idealità
Grazie di essere passato, Erinni, e del tuo commento: sintetico ma efficace. :)

A rileggerci… :)
Stefano M.
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Stefano M. »

L'aspetto che più colpisce dello scritto è l'atmosfera di mito, di passato che sei riuscito a donare alla narrazione: qualcosa di sospeso nel tempo, non ben definito, aleggiante sopra la storia senza che si riescano a vedersene le radici. Complimenti anche per la ricerca relativa ai nomi, dietro cui immagino ci sia uno studio non indifferente.
Proprio alla luce di questo, penso che sia del tutto perdonabile una trama tutto sommato inverosimile: possibile che da lì non passi proprio nessuno? Ogni tentativo di mandare a lei qualcosa è andato storto: un sortilegio? Invecchia solo uno dei due, l'altra resta un fiorellino? Ma del resto, qualsiasi mito, qualsiasi leggenda ha le sue incongruenze: del resto, altrimenti, sarebbe una storia come tutte le altre.
L'unico aspetto che non mi convince del tutto, per quanto comunque funzionale, è il finale, che appare forse un po' "telefonato", facilmente prevedibile.
Non è un genere che adoro, ma comunque ti assegno volentieri un 4.
PS: credo che la mancanza dell'immagine che volevi aggiungere sia stata una fortuna, altrimenti avresti "rovinato" la freschezza delle ottime descrizioni della ragazza.
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao Stefano,
molti dei temi che sollevi sono già stati affrontati nella mia risposta a Giuseppe (che trovi un po' più sopra). Per me, Nayla non è una storia d'amore "inverosimile", ma un'allegoria. Il cancello era la prova che la vera bellezza non si possiede, si contempla. Arakel non entra non per debolezza, ma per un atto di supremo rispetto. Grazie comunque per commento e per il voto alto. :)

Tante belle cose, Stefano,

Antonio

P.S. Nayla e Arakel non sono "persone", sono "archetipi puri" Non si può dare un'interpretazione realista. È tutto molto allegorico/concettuale. Nayla non è la ragazza sexy che uno la vede e dice "Aò, che spettacolo de femmina! Me ce butterei ar volo!" Non si trombano le idee. :)
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da FeliceF »

Yakamoz ha scritto: 01/10/2025, 18:44 P.S. Nayla e Arakel non sono "persone", sono "archetipi puri" Non si può dare un'interpretazione realista. È tutto molto allegorico/concettuale.
e lo hai reso molto bene!
Yakamoz ha scritto: 01/10/2025, 18:44 Non si trombano le idee.
Questa te la rubo! Troppo bella!!! :D
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Ciao Antonio, inizio da questa piccola cosa: " si chinava a raccogliere un fiore e osservarlo controluce" mi pare che non sia corretto. "...PER poi osservarlo in controluce. Oppure... e A osservarlo IN controluce," però, in questo ultimo caso, le doppie vocali avvicinate non mi piacciono molto. Ed eccomi al tuo bel racconto. Anche nella raccolta di fiabe "Le mille e una notte" ambientate in Medio Oriente e Asia meridionale, si parla del tema da te trattato. Avevo letto il libro molti anni fa, senza esserne rimasta troppo entusiasta. L'ambientazione del tuo scritto, e di conseguenza i nomi, non sono quelli da me preferiti ma, la tua fiaba è molto poetica, il finale poi, di "rimanere nella soglia, di non oltrepassare il confine, per non rompere l'incantesimo" è moltissimo romantico, adatto, appunto, a una fiaba, a un qualcosa che di rado potrebbe, nella realtà, rendere felici e appagati. La scrittura, come sempre nei tuoi pezzi, è molto scorrevole e corretta, il brano si lascia leggere bene, non stanca e coinvolge. Mi devi scusare se valuto solo col 4 il tuo racconto-fiaba: la ragione l'ho spiegata appena sopra. Un caro saluto. Ciao. Laura
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Devo uscire a momenti, purtroppo:

Nella lingua italiana, quando si coordinano due o più verbi all'infinito che dipendono dalla stessa preposizione (in questo caso "a"), si ha la facoltà di omettere la preposizione davanti al secondo, al terzo, ecc.

Quindi: "si chinava a raccogliere un fiore e osservarlo controluce" è corretta.

Grazie di avermi letto, Laura :)

Poi rispondo con più calma… ma è Uzbekistan (Asia centrale), non Medio Oriente.

Ciao,

Antonio
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Per Laura Traverso: (ti imito)

Giusto per essere precisi, faccio un esempio con una frase più semplice:

"Da oggi ho deciso di non mangiare, bere e dormire."

Ma anche questa versione è corretta:

"Da oggi ho deciso di non mangiare, di bere e di dormire."

Ne consegue che anche la frase:

"Si chinava a raccogliere un fiore e (a) osservarlo controluce"
è corretta (con due infiniti: raccogliere e osservare, con "lo" come pronome oggetto diretto).
Anche se suona leggermente insolita all'orecchio, è grammaticalmente elegante e ben costruita.

Ciao Laura, e grazie ancora per il tuo commento! :)

Ma non è una fiaba o una favola, è un racconto Sufi. È allegorico!

Leggi https://discrimen.it/ipertesti/davanti- ... output=pdf

Ma Kafka è realismo magico e parla di altro nel suo racconto, ma è sempre allegorico.

Antonio
Ultima modifica di Yakamoz il 21/10/2025, 12:39, modificato 1 volta in totale.
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Yakamoz ha scritto: 21/10/2025, 11:27 Ma anche questa versione è corretta:
"Da oggi ho deciso, di non mangiare, di bere e di dormire."
In realtà, no: la virgola non dovrebbe essere messa tra il verbo e la congiunzione quando questa introduce l'oggetto o il verbo.
Al limite, potrebbe andare come elenco di cose da non fare:
"Da oggi ho deciso: di non mangiare, di non bere e di non dormire."
cioè usando i due punti (che introducono una spiegazione o una lista) e aggiungendo "non" a ogni cosa che si è deciso di non fare.
Oppure, meno elegante:
"Da oggi ho deciso: non mangerò più, non berrò più e non dormirò più."
Se poi parliamo di licenze letterarie personali, allora entriamo in un altro mondo.
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

"Da oggi ho deciso di non mangiare, di bere e di dormire." Refuso, Max. Sono distratto! Hai ragione… scusa… Non rileggo quello che scrivo. :) Aggiusto!

A titolo esemplificativo, Serianni osserva che:

"La congiunzione tra verbi all'infinito retti dalla stessa preposizione (di, a, per, ecc.) può avvenire sia con ripetizione della preposizione che senza, a seconda dell'effetto stilistico o del ritmo della frase"
(Serianni, Grammatica italiana, vol. II, § 203).

Non lo dico io.
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Massimo Baglione
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Yakamoz ha scritto: 21/10/2025, 12:38Refuso, Max. Sono distratto! Hai ragione… scusa… Non rileggo quello che scrivo. :)
Qui stiamo attenti alle virgole, e tu non rileggi? Ma, vuoi, forse, morire!? :smt005
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Re: Nayla

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Buondì (come dice lo Zingaro in "Lo chiamavano Jeeg Robot"), Max,

Serianni è morto in modo strano… attraversando la strada. Investito. Una morte casuale, banale. La morte arriva in modo banale, e se ne frega che tu sia Serianni – sacro custode della precisione grammaticale. Come in Samarcanda di Vecchioni… tutto si collega, vedi?

Schemino, ma fatto bene e con un certo eloquio (ci vuole per spiegarlo):

Elementi: La Soglia / Il Confine / L'Ironia Tragica (La Sconfitta dell'Ordine)

A) Kafka – Davanti alla legge
La Porta che conduce alla Legge/Verità.

"L'uomo di campagna muore aspettando, senza osare attraversare – solo per scoprire che la Porta era solo per lui e sta per chiudersi."

B) Il mio racconto – Nayla
Il Cancello/Porta di ferro: confine tra il finito e l'eterno, tra l'amore terreno e la pace mistica.

"Arakel muore sulla soglia, raggiungendo la liberazione (e la Nayla eterna) solo attraverso il blocco della morte."

C) Serianni – La vita reale
L'attraversamento della strada: il confine tra sicurezza e pericolo.

"Il più grande custode dell'Ordine grammaticale viene annullato dal Caos banale (l'incidente), proprio nel momento di attraversare la linea."

Certamente non oso paragonarmi a Kafka e Serianni: ma ci sono strane analogie, un fil rouge non voluto.

È tutto un discorso sulla "liminalità", sul confine tra la vita e la morte, tra il conoscere e il non conoscere, tra il volere e non potere: come tra il dentro e il fuori della cassa dell'orologio di Jacopo Serafinelli.

Ma io sono un GENIO!

Tante belle cose,

Antonio

Il mio immancabile P.S. Leggere il mondo attraverso le sue metafore. (Il segreto per essere uno "scrittore")
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