Sono proprio un ragazzaccio

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2025.

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1 - tempo perso
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2 - Mah!
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3 - si lascia leggere
1
17%
4 - hai reso lieve un argomento doloroso
3
50%
5 - Buon lavoro. 3720 caratteri di qualità
2
33%
 
Voti totali: 6

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Alberto Marcolli
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Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Nel mezzo del cammin di mia vita mi ritrovai agonizzante in un lettino d’ospedale, scrutando una maledetta flebo che, goccia dopo goccia, scandiva il tempo della mia fine.
Curioso. Tutti mi avevano sempre ripetuto che ignorare il fatal giorno del trapasso fosse l’unico privilegio permesso a noi miseri scarabocchi, tuffati in un universo che nemmeno riconosce le nostre pene.
Meglio morire tra le mura domestiche, consigliava l’infermiera dell’Hospice, e Daniela, da cui ero separato da almeno dieci anni, ma tuttora moglie con tutti i diritti, compresi quelli ereditari, si era subito organizzata per seguirne il suggerimento.
Daniela era apparsa in ospedale, al mio risveglio dopo l’ultima disperata operazione che aveva cancellato ogni speranza di remissione.
Chi diavolo l’avesse mai avvertita era un mistero. Non ho figli né fratelli, e il mio parente più prossimo vive in Canada. Il sospetto che la mia prematura uscita di scena, a patrimonio ancora pressoché intatto, l’avesse incoraggiata a rifarsi viva, mi consumava più del tumore.
Prima di potermi collocare in camera mia, fu necessario equipaggiarla di ogni strumento idoneo, dalla maschera per l’ossigeno, con bombola annessa, al trespolo per le flebo, oltre a una scorta illimitata di morfina, medicine e molto altro, a cui provvide Daniela con grande efficienza e rapidità, obbligandomi perfino a ringraziarla per tutto quel gran da fare, formalmente gratuito nonché immeritato.
Mi dormiva accanto in un lettino da campeggio, convinta che bastasse accudirmi fino alla fine per veder cancellate tutte le sue colpe, passate e future.
Da parte mia, con l’evolversi inesorabile del disastro, ero totalmente succube delle sue attenzioni. Daniela si impegnava, senza battere ciglia, nelle cure più scomode, provvedendo ad ogni mio bisogno, efficiente più di un’infermiera professionale.
Sfuggire alle sue amorevoli grinfie mi era impossibile, mentre la vita abbandonava il mio corpo con indifferente crudeltà.

-Vuoi che ti legga una poesia, o preferisci un capitolo del tuo ultimo romanzo?

Avrei mai potuto rifiutare un’idea tanto gentile?
Le mie deboli scuse erano viste come un semplice timore di arrecarle troppo disturbo.

Quando ci si trova nella mia penosa condizione, spesso subentra il desiderio di chiuderla al più presto, ma la fine non arrivava, anzi, le cure di Daniela sembrava riuscissero nell’impossibile risultato di farmi riprendere nuovo vigore.
Nel frattempo mi forzava ad assumere una vagonata di odiate pillole, poi mi chiedeva con garbo:

- Te la senti di mangiare un po’ di pastina? Te la preparo? Ho già il brodo sul fuoco.

Purtroppo, quella recita da laboriosa badante aveva il potere di farmi imbestialire. Dovevo per forza sottrarmi a quella tortura. Ma come?

All’improvviso un’idea s’impossessò della mia mente.
Durante una notte, esasperato e pronto a tutto, decisi di staccare la flebo. Dopo molti sforzi strappai l’ago dalla vena, ma subito la luce si accese:

- Vogliamo fare i ragazzacci? – disse Daniela lanciandomi un’occhiata di rimprovero.

Con abilità reinserì l’ago, regolò il flusso e osservò soddisfatta, mentre io chiudevo gli occhi scoraggiato dal fallimento.

Oramai la detestavo, e decisi di punirla per quel suo trionfo di amorevolezza sorniona e possessiva.
Anche per evitare di impazzire completamente, dovevo pur trovare un sistema veloce per farla finita.

Attesi che mi proponesse la lettura di un capitolo del romanzo, e simulai un sonno improvviso.
Rimasto solo, staccai il cannello dall’ago in vena. Ci soffiai dentro a pieni polmoni, visto che il tumore era al colon. Osservai il liquido risalire fino alla boccetta, poi rimisi il cannello nell’ago.
Aspettai soddisfatto…
Minimo avrebbero accusato Daniela di provocata eutanasia, se non di omicidio. Proprio lei, l’unica erede.

Eh! Si!
Ero proprio un ragazzaccio.[*]
Ultima modifica di Alberto Marcolli il 16/10/2025, 10:10, modificato 7 volte in totale.
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FeliceF
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Messaggio da leggere da FeliceF »

Buongiorno.
Ma questa non me l'aspettavo!
Sei riuscito a scherzare con una cosa tremendamente seria, senza scadere.
Gli accapo non mi convincono molto, così spaziati, come mai questa impaginazione?
Ti segnalo un "tela senti", al posto di "te la senti".
Vittorio Felugo
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Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Con molta ironia, questo breve racconto tratta il tema del ''voler morire'' del malato terminale. Un ultimo desiderio che gli viene negato, a quanto pare per interesse, non per umanità. Ma questo è un caso semplice: il malato è lucido, e perfettamente consapevole, tanto da organizzare con meticolosità la propria dipartita, che suona pure come una ''dolce'' vendetta. Ma quando il povero disgraziato non è cosciente, o non può comunicare, qual è la scelta giusta? Me lo chiedo perchè mi sono trovato in una situazione simile con mia madre. Qualcuno mi chiese: ''Ha senso vivere così?'' cioè allettati 24h su 24, dipendenti totalmente dagli altri per qualunque necessità? Mia madre amava la vita, di questo ne sono sicuro, e ho fatto di tutto perchè sopravvivesse il più a lungo possibile.
Chiedo scusa dello sfogo personale, e torno al racconto che è ben fatto e ben scritto. Forse forse ... per mantenere l'effetto sorpresa io avrei evitato il primo tentativo di sfilarsi la flebo. L'asterisco finale ha un significato?
Comunque assegno il voto massimo.
Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Buongiorno, Marcolli.

Forse sarebbe meglio aggiungere… (ma è solo un suggerimento)

«Sapevo che con una flebo periferica le probabilità erano basse, ma forse… forse un coagulo…»

"Perché iniettare aria in una vena periferica, in quella quantità e con quel metodo, raramente causa un'embolia fatale: il sistema circolatorio la disperde. Per un esito certo, servirebbe un volume maggiore in una vena centrale."

Detto ciò, la voce narrativa è un coltello affilatissimo che ti porta dritto nella testa del "ragazzaccio". Umorismo nero, scrittura asciutta e precisa, in un racconto breve, semplice, ma psicologicamente complesso. Bravo!

Per ora non voto, aspetto, ma sarà un voto alto…

Antonio

P.S. Anche un "Port-a-Cath", comune in tanti pazienti oncologici, permette un accesso "centrale".
Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Sì, hai reso lieve un argomento doloroso. Anche a me ha fatto venire in mente la perdita dei miei genitori, di come si sentivano loro (o almeno, di come presumo si sentissero) e di come mi sentivo io. Forse un malato terminale così lucido non è frequente, capisco però che quando si arriva a un certo grado di sofferenza percepito come intollerabile, subentri l'accettazione della morte come una liberazione. E se qualcuno, per amore o interesse, lo impedisse al malcapitato? La simulazione di un omicidio è il minimo che gli/le possa capitare :) Comunque tranquilli, alla cara Daniela non capiterà nulla...
Yakamoz
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Re: Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Salve,
"Ebbi tutto il tempo di studiare il piano grazie al quale avrei potuto finalmente morire in santa pace."

Uguale alla situazione del precedente racconto: non è credibile. È un cliché da film pensare che un po' d'aria possa causare la morte per embolia. Almeno 300 ml (a parità di liquido) iniettati velocemente in una vena centrale: altrimenti gli ospedali sarebbero pieni di morti per flebo messe male.
Inoltre, se lui stesso ha volontariamente manipolato la flebo, ha lasciato segni evidenti (esempio: impronte, residui di saliva e altro). Perciò un qualsiasi medico legale capirebbe che non è stata Daniela a "farlo", soprattutto in un contesto di cure domiciliari. Un PM non aprirebbe neppure un processo senza elementi concreti.

Per il resto, la narrazione e la tensione psicologica sono molto ben riuscite.

Ciao, Marcolli,

Antonio

Voto 4/5 (un punto in meno perché il gesto finale non credibile da un punto di vista tecnico/scientifico)

P.S. Un PM non aprirebbe neppure un'indagine preliminare senza elementi concreti, ma se arrivasse una denuncia da terzi… potrebbe anche avviarla (anche se poi, molto probabilmente, la chiuderebbe senza procedere).
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Alberto Marcolli
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Re: Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Yakamoz ha scritto: 06/10/2025, 18:30 P.S. Un PM non aprirebbe neppure un'indagine preliminare senza elementi concreti, ma se arrivasse una denuncia da terzi… potrebbe anche avviarla (anche se poi, molto probabilmente, la chiuderebbe senza procedere).
"Quando ci si trova nella mia penosa condizione, spesso subentra il desiderio di chiuderla al più presto"
Cosa poteva fare questo povero cristo?
tu dici: "Un PM non aprirebbe neppure un'indagine preliminare senza elementi concreti"
e per noi che stiamo davanti a uno schermo e possiamo analizzare con lucidità la descrizione del fatto, è ovvio che esso ci appaia poco credibile, ma, ripeto, quel povero cristo ce l'aveva quella lucidità? Ha fatto quello che ha potuto, poveraccio.
E speriamo di non dover fare la stessa fine!
Yakamoz
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Re: Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao, Marcolli (scusa se rispondo un po' in ritardo),
ringrazio per la risposta, ma devo fare un'altra piccola precisazione, perché qui la questione non è solo tecnica, ma tocca anche un po' la "psicologia" del personaggio.
Capisco che tu voglia difendere l'azione come un gesto di "disperazione istintiva e illogica" (scrivi: "quel povero cristo ce l'aveva quella lucidità?"), ma è il personaggio stesso a smentirti quando afferma:

"Ebbi tutto il tempo di studiare il piano grazie al quale avrei potuto finalmente morire in santa pace."

Questa frase è l'affermazione di un atto lucido, premeditato e documentato. Se il personaggio ha "studiato il piano", il lettore è indotto a credere che quel piano sia razionale (almeno per lui), anche se non lo è nella realtà.
Quindi, non è l'azione in sé a essere non credibile, ma la contraddizione tra il tuo intento di "autore" (azione dettata dall'assenza di lucidità) e ciò che il tuo "personaggio" dice (azione studiata per trovare pace).

Detto questo, l'aspetto che rimane più incisivo nel tuo racconto è proprio il sentimento di fondo: la disperazione, il senso di abbandono e la voglia di "chiuderla al più presto" che molte persone provano in quelle condizioni.
Sono sensazioni che capisco da osservatore, per esperienza indiretta. Mi ricordo di una mia amica che lottava sia contro il tumore sia contro una profonda solitudine, una situazione che la spingeva ad agire, spesso, in modo autodistruttivo.
Condizione aggravata, nel tuo testo, anche a causa dell'ambiguità tra la vera o finta amorevolezza possessiva di Daniela (il rapporto tossico) e il bisogno del protagonista di farla finita "in santa pace e con una piccola speranza di vendetta post mortem".
E, nonostante le mie osservazioni, trovo questo aspetto descritto con buona/ottima efficacia.

A rileggerci,

Antonio

P.S. Basterebbe solo cambiare la frase in questione. Io posso solo suggerire, ma poi tocca all'autore farlo. Solo a titolo di esempio (poi troverai tu la frase più adatta):

"Mentre la rabbia mi montava, dovevo trovare un modo, un sistema veloce per farla finita."
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Alberto Marcolli
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Re: Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Yakamoz ha scritto: 14/10/2025, 10:24 P.S. Basterebbe solo cambiare la frase in questione. Io posso solo suggerire, ma poi tocca all'autore farlo. Solo a titolo di esempio (poi troverai tu la frase più adatta):

"Mentre la rabbia mi montava, dovevo trovare un modo, un sistema veloce per farla finita."
Caro Antonio,
hai ragione al 100%
suggerimento accettato. Grazie.
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Ciao, il tuo breve ma intenso racconto mi è piaciuto. In poco hai saputo parlare di tanto. L'argomento è serio, anche se lo hai trattato con sufficiente "allegria". Anche io, come alcuni altri commentatori, ho trovato alcune incongruenze sulla modalità del protagonista circa il procurato trapasso, però va beh, ci sta, un po' di fantasia va bene, secondo me. La lucidità del trapassante, sia nei pensieri di come morire che per l'analisi fatta mentalmente sulla ex moglie, non sono tanto da "agonia" ma anche qui, va bene lo stesso. D'altra parte se non avessi dato quella lucidità di pensiero al ragazzaccio, non sarebbe stato facile sviluppare il racconto. Voto 4
Yakamoz
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Re: Sono proprio un ragazzaccio

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Marcolli, ti ho alzato il voto a 5/5, perché mi piace molto il tuo racconto, a prescindere dai miei suggerimenti (che comunque hanno reso il personaggio più coerente). Ma il merito è tutto tuo, perché in poche righe sei riuscito a creare un personaggio credibile: cosa non facile.

Ciao,

Antonio
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