Il mondo è fatto a scale

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2025.

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Alphaorg
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Il mondo è fatto a scale

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Ogni volta che visito Manhattan rimango impressionato dalle scale di accesso alle più vecchie linee della metropolitana. In quelle stazioni non trovi scale mobili o ascensori perché non c'è letteralmente spazio: a livello stradale le scale appaiono all'improvviso senza particolari segnalazioni, quasi fossero delle buche nel marciapiede, e portano direttamente giù a un piccolo mezzanino dove c'è spazio soltanto per il tornello oltre il quale sei già nella galleria dei treni.
Sono scale strette, lunghe e ripide. In discesa devi soltanto stare attento a non scivolare, ma a salire è tutta un'altra faccenda, soprattutto se le anche e le ginocchia hanno già iniziato a esplicitare cosa ne pensano delle tue passeggiate.
Adesso mi trovo proprio ai piedi di una di queste scale e per prima cosa devo guardarmi indietro per evitare di essere tamponato, perché chi sta dietro si aspetta che in salita tu mantenga lo stesso passo che avevi in pianura. Non può sospettare che le tue articolazioni possano avere venti anni più di te. Non appena sono sicuro che tra me e gli inseguitori ci siano almeno un paio di metri di distanza, mi aggrappo al corrimano e inizio la mia lenta scalata.
Di solito i primi a sorpassarmi sono dei giovanotti rampanti, per intenderci quelli che fanno i gradini a due per volta rivolgendomi una smorfia di fastidio o di scherno. Poi è la volta degli adulti, che sono talmente immersi nei loro pensieri da superarmi a capo chino senza nemmeno accorgersi della mia presenza. E quando se ne accorgono, allora mi guardano preoccupati che tra poco possa toccare anche a loro la mia stessa sorte. A volte capita di essere superato anche da qualche anziano, che di solito procede tutto rigido e a scatti, con uno sguardo complice che esprime un misto di rassegnazione e solidarietà. Infine, c'è la categoria delle ragazzine, quelle che mi superano con educata gentilezza esibendo il sorriso buono perché a seconda dell'età gli ricordo il papà o il nonno.
Insomma, mi sorpassano in tanti, ma alla fine anche io arrivo in cima e allora mi appoggio al corrimano per riposare un po' e riprendere fiato. Di solito, per evitare di dare nell'occhio, mi guardo attorno facendo finta di essere un turista, ma qui a Manhattan non devo fingere perché turista lo sono per davvero. Dall'altra parte della strada un'insegna cattura la mia attenzione: c'è scritto "Paradise", c'è anche una freccia che punta verso il basso e qualche altra parola che non riesco a leggere perché nascosta dalla foschia. A questo proposito è doverosa una precisazione: Manhattan è a tutti gli effetti una città di mare dove nella bella stagione può capitare di svegliarsi con la nebbia, fare colazione con il sole e uscire con la pioggia. E spesso questa alternanza prosegue nel corso di tutta la giornata. Ma in questo caso la foschia è soltanto il vapore che si forma nelle gallerie della metropolitana, e che fuoriesce dai marciapiedi attraverso le iconiche canne fumarie che abbiamo imparato a conoscere in tutti i film di azione ambientati nella grande Mela.
Vorrei fotografare la scena, ma ecco che sul più bello mi ritrovo circondato da uno stormo di piccioni svolazzanti. Getto uno sguardo dietro di me ed intravedo un giovane allampanato vestito in giacca e cravatta che sparge del mangime su tutto il marciapiede. Difficile capire la sua nazionalità: ha tratti orientali, pelle ramata, capelli biondi. Potrebbe essere contemporaneamente asiatico, africano, ma anche europeo, quindi probabilmente è americano. E infatti lo straniero sono io: lo capisco non appena rivolgo lo sguardo alle altre persone che camminano lungo il marciapiede. Nessuno sembra fare caso al tizio dei piccioni, ma tutti sembrano notare me, fermo davanti alle scale della metropolitana. Decido allora di attraversare la strada, e giunto sull'altro lato del marciapiede riesco finalmente a leggere per intero l'insegna del locale. Dice: "Paradise - entrance on the left" con la freccia che punta all'entrata di quello che sembra un teatro di spettacoli per adulti. Di fronte all'ingresso c'è un buttafuori afro americano che sembra un cubo di due metri rivestito con un completo nero da sera. Accanto a lui una ragazza in topless con le orecchie da Bugs Bunny mi fa cenno di affrettarmi perché lo spettacolo sta per iniziare. Il biglietto di ingresso costa un botto, lo strip club non è esattamente la mia idea di paradiso, il buttafuori non assomiglia a San Pietro e anche la ragazza non ha l'aspetto di un angelo. Eppure, le mie gambe varcano la soglia del locale senza che quasi me ne accorga. Mi rendo conto che a decidere non sono stato io ma le mie anche e le mie ginocchia, perché per loro il paradiso è un comodo posto a sedere senza scale da salire. E io mi adeguo. Perché il mondo è fatto a scale: chi scende va all'inferno, chi sale va in paradiso, e a tutti gli altri rimane la prima porta sulla sinistra, dove per sognare di essere in paradiso è sufficiente pagare con la carta di credito e mettersi comodi.
Ultima modifica di Alphaorg il 01/11/2025, 21:08, modificato 3 volte in totale.
Yakamoz
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Re: Il mondo è fatto a scale, c'è chi scende e c'è chi sale

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Ciao, Alphaorg :)
La punteggiatura e qualche dettaglio minore mi sono sembrati l'aspetto più "debole" del racconto. Forse una piccola revisione prima dei commenti? ;)
Vittorio Felugo
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Più che un racconto, le riflessioni, il pensiero interiore dell'anonimo protagonista, che si concentra su un dettaglio, le scale, e ne trae una riflessione filosofica sulla vita. Come il brandy di una vecchia pubblicità (chi hai capelli bianchi come me magari se la ricorderà) è un testo che crea l'atmosfera: sembra proprio di essere lì, a percorrere quelle scale, a ritrovarsi solo in mezzo a una folla, tra il via vai affaccendato della metropoli. Non mi è chiaro sei il locale "Paradise" fosse la meta del protagonista già all'inizio, o ci sia finito per caso, ma è un dettaglio, perchè la metafora regge comunque.
Bella prova, voto 4.
Yakamoz
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Fidandomi della revisione sulla punteggiatura e su altre cosette, mi sembra un buon testo. La morale sta tutta nel titolo. Mi piace il finale; ci voglio venire pure io al "Paradise Club". In verità, solo una volta sono stato in un posto con donne che si esibivano… mi ricordo che c'erano tutti baldi giovanotti di 75-80 anni nelle prime file, con lenti spesse come fondi di bottiglia. Guardavano le esibizioni, silenziosi e immobili, come se stessero osservando il pulpito di una chiesa. Solo che il prete non c'era (o era nascosto da qualche parte). Ma io ero (e sono) giovane e stavo all'ultimo banco: perché ci vedo bene da lontano. Però era un postaccio, nulla di eccezionale!

Voto 4/5

P.S. Esempio di distrazione nel punteggiare, proprio a inizio racconto:
"Ogni volta che visito Manhattan (,) rimango impressionato dalle scale di accesso alle più vecchie linee della metropolitana."
Dopo "Manhattan, " ci va la ", " = Sub. Temp.

E ci sono altre cosette da aggiustare, come uno "stà" e gli intercalari non isolati, quando occorre farlo. Consiglio anche di "spezzare" qualche frase per dare un ritmo più veloce. Ma, nel complesso, la scrittura è buona come il racconto. Va solo rifinito il testo.

Riciao…
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Alphaorg
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Re: Il mondo è fatto a scale, c'è chi scende e c'è chi sale

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grazie per i consigli!
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Laura Traverso
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Il racconto mi è piaciuto, a parte alcuni periodi che andrebbero spezzati con la punteggiatura adeguata. Non ho capito ciò:" tra me e gli inseguitori ci siano almeno un paio di metri di distanza" gli inseguitori nel senso di chi ti stava dietro? Normalmente si usa il termine "inseguire" per dire di qualcuno che ti insegue per altri scopi, tipo pedinamento, e non perché ti è solo dietro. Ma penso avrai voluto usarlo con lo scopo di dire di chi ti stava dietro, perché non dai seguito al "pedinamento". Mi è piaciuta la descrizione di Manhattan, sembra davvero di trovarsi lì, e bella anche la descrizione del "Paradiso", assai terreno, anzi terra a terra, dove il malcapitato é, appunto, capitato. Non mi è piaciuto il titolo che hai dato al tuo scritto: troppo lungo e mi pare sminuente per quello che il racconto è; significativo e non spiritoso come il titolo farebbe immaginare. Ciao, voto 4
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Laura Traverso
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Re: Il mondo è fatto a scale, c'è chi scende e c'è chi sale

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PER ALPHAORG: ti ho scritto un appunto circa il tuo commento dato al mio racconto, Se credi leggilo, (di seguito al tuo commento al mio racconto). Ciao
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Alphaorg
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Re: Il mondo è fatto a scale, c'è chi scende e c'è chi sale

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sì, esatto: con "inseguitori" intendevo "chi cammina dietro di me". Grazie per i consigli!
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