Intervista a Giordano Criscuolo
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Intervista a Giordano Criscuolo
La sua penna un plettro che fa vibrare le corde dell'anima
Colgo l'occasione per anticiparvi che giovedì 25 febbraio a partire dalle 20,30 Giordano sarà disponibile on line nel forum di BraviAutori per rispondere alle nostre domande.
1- Cominciamo con una domanda di rito. Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?
A 6 anni mi capitò tra le mani un fumetto bellissimo che ancora conservo gelosamente: L’Inferno di Topolino. Si trattava di una parodia Disney sceneggiata magistralmente da Guido Martina, verseggiatore di terzine dantesche a dir poco fantastiche. Ovviamente ero un bambino ma mi divertiva l’idea di diventare uno di quei poeti con tanto di corona d’alloro. Leggevo in continuazione le prime tre righe della Divina Commedia e, pur non cogliendone del tutto il senso, rimanevo quotidianamente affascinato da quelle parole. Non scrissi mai una poesia perché non ne ero capace ma, un pomeriggio, disegnai un piccolo fumetto con protagonista Paperino.
Qualche anno dopo, in quarta elementare, il maestro ci iniziò alla lettura, anzi, all’ascolto visto che li leggeva lui, dei meravigliosi libri per l’infanzia: Senza Famiglia, Robinson Crusoe, Il Giro del Mondo in 80 Giorni. Furono mattine fantastiche quelle, piene di avventure straordinarie e sogni incantevoli. Oggi ancora rileggo questi romanzi perché, oltre ad essere estremamente belli, devo a loro (e al mio maestro) questa forte passione.
2-Dalla tua biografia apprendiamo che per un certo periodo hai praticato giornalismo, poi hai smesso perché disgustato da questa realtà. Vuoi raccontarci meglio cosa ti ha lasciato questa esperienza e cosa ha determinato la tua delusione?
Quello del giornalismo è un mondo cinico fatto di miserie umane e soprusi disumani. Alla fine ho capito che il giornalista è colui che, trovandosi sul luogo di un incidente e vedendo per terra un solo ferito, sarebbe capace di ucciderlo pur di fare lo scoop. È inutile aggiungere altro, Gaber ha già detto tutto (C’è un’aria). A me non resta che pensare a quella esperienza come una esecrabile perdita di tempo. Io voglio regalare piccoli sogni, briciole di emozioni o anche semplici attimi di quiete. È possibile fare questo solamente con l’arte.
3- Come su un solco di Morrison Hotel è un’opera dalla struttura particolare. Da un certo punto di vista, potremmo definirlo un “romanzo epistolare” moderno. Il protagonista, Cristiano, infatti, si racconta attraverso un blog di myspace e una serie di e-mail indirizzate all’amico Giovanni. Dal tuo punto di vista, come e in che misura internet ha cambiato il modo di comunicare dei giovani?
Internet è stata per davvero una rivoluzione. Da bambini ci dicevano che un giorno avremmo potuto parlare con i nostri “cugini” americani tramite un computer. Era fantascienza. Attraverso un computer… Ora siamo nella fantascienza ed è spettacolare. Bisogna ancora stupirsi di internet così come non bisognerebbe mai abituarsi del tutto alle meraviglie del mondo. Solo in questo modo potremo sfruttarne fino in fondo quelle sue potenzialità che dirle enormi è dire poco.
Un’artista di dieci anni fa non aveva i vantaggi di un’artista di oggi. Se allora con la mia band avessimo inciso un disco, venendo da un piccolo paese di una piccola nazione, ci saremmo dovuti accontentare di venderne 30-40 copie agli amici. Oggi è diverso: ognuno di noi può arrivare ovunque. E a pensarci bene, con in testa i ricordi di ieri, questa cosa è davvero emozionante…
4- Cristiano affida il suo dolore e le sue incertezze al web. I suoi messaggi, però, non ottengono mai risposta. Questa scelta narrativa riflette un certo pessimismo dell’autore? Pensi che la comunicazione attraverso la rete sia destinata a risolversi in uno sfogo virtuale? A conti fatti, internet avvicina le persone o alimenta la solitudine?
Il pessimismo è la forma più esecrabile dell’egoismo. La filosofia del “così deve andare” o “domani andrà anche peggio” non mi appartiene, è una resa comoda e, in certo senso, anche un po’ vigliacca. Forse non c’è rimedio a tutto ma se smettiamo di lottare perché le cose migliorino siamo veramente finiti.
La risposta alle mail di Cristiano è l’ascolto che Giovanni, con la sua amicizia pura e disinteressata, gli offre. Quando si ha un amico al quale raccontare le proprie gioie e i propri dolori, anche se questo avviene attraverso la rete, si ha un bene da non sottovalutare.
5- Tra i vari temi trattati nel romanzo c’è quello della tossicodipendenza. A pag. 20 Cristiano dichiara: “Io, da qualche tempo, amo profondamente la lucidità. E’ una scoperta rivoluzionaria che ti cambia la vita. O semplicemente te la da”.
Quanto ti riconosci nel pensiero affidato al tuo protagonista? Secondo te, una simile affermazione, per i giovani d’oggi, può suonare più come un messaggio controcorrente o come un messaggio condivisibile?
Il mio è un messaggio universale e, soprattutto, è Rock. Oggi il musicista che si droga non è più il rocker maledetto e affascinante di un tempo, è semplicemente un’idiota. Nei miei romanzi, che alcuni superficialmente giudicano “troppo pieni di alcool e droghe”, la mia posizione è chiarissima: i protagonisti principali sono circondati da erba e siringhe ma non hanno mai fatto un tiro a una canna. Quando si lanciano dei messaggi bisogna valutarne le conseguenze e per me, oggi, non esistono né droghe leggere, né droghe pesanti. Esiste solamente un’unica droga che è quella che poi va ad alimentare quotidianamente quel sistema mafioso e camorrista che in passato ha ucciso persone come Peppino Impastato, Falcone e Borsellino. Essere drogati oggi significa prima di tutto far parte di questo sistema. Ma ci si può ribellare…
6- Il ricordo degli anni ’90 affiora tra le pagine di questo libro con un pizzico di nostalgia. Anche nel tuo romanzo precedente, Le parole che non scrivo, ci racconti di questo decennio e della sua generazione, in parte riscattandola dal pregiudizio che la definisce “generazioneX”, priva di una vera identità. Cosa rappresentano per te gli anni ’90? Da cosa nasce il desiderio di raccontarli e di immortalarli nella letteratura?
Sono gli anni che mi hanno forgiato e di cui sono maledettamente orgoglioso. Allora c’erano i Nirvana che, secondo me, hanno reso gli anni 90 degni di esser vissuti. C’era il Grunge, c’era ancora il Rock. Sono stati anni ricchi dal punto di vista culturale ed artistico. Sono usciti album storici che ci accompagneranno per sempre. Penso al black album dei Metallica, a Ten dei Pearl Jam, a Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins o, in Italia, a Catartica dei Marlene Kuntz, Hai Paura del Buio? degli Afterhours ma anche ad Anime Salve di Fabrizio De André, un capolavoro assoluto che non ammette repliche. Erano gli anni di Jack Frusciante è Uscito dal Gruppo e non di Tre Metri Sopra il Cielo. Erano gli anni di tutto questo ma, soprattutto, gli anni della mia adolescenza e, fossero anche stati gli anni più stupidi di sempre, li avrei comunque difesi con tutte le mie forze.
7- Oltre che scrittore sei un “silente cantautore”. La musica irrompe con forza nelle tue pagine al punto da inserirsi di diritto nella rosa dei protagonisti. La tua narrazione è costantemente arricchita di citazioni musicali che spaziano da De Andrè agli Afterhours. Cosa rappresenta per te la musica? Quale il suo legame con la scrittura?
Per me esiste l’arte. La musica, la scrittura, la pittura e la scultura sono solo alcune delle sue incantevoli espressioni. Gli artisti mirano sempre alla bellezza delle cose e, seguendo ognuno il proprio istinto, le reinterpretano riproponendocele nelle più svariate forme. Io sogno un disco, sogno un film, sogno un libro bellissimo. E l’arte un sogno lo regala sempre.
8- Come su un solco di Morrison Hotel ci racconta di solitudine, dolore, morte eppure è un inno alla vita. Cristiano non soccombe alle delusioni ma reagisce in modo costruttivo e, infine, veicola un messaggio carico di speranza. A tuo parere, la letteratura può essere uno strumento efficace al fine di riflettere le problematiche del nostro presente e suggerire possibili vie d’uscita?
L’arte forse non potrà cambiare il mondo ma può cambiare una persona. A me è successo. Tanto vale imbottirla di speranze incorruttibili …
9- A pag. 81 leggiamo: “Il passato è sempre poetico: tutti si lamentano del tempo che passa ma mai nessuno si accorge della magia che esso forgia”. Qual è il tuo rapporto con il passato? La scrittura, in qualche modo, ha il potere di fermare il tempo?
La mia è una sorta di nostalgia a “breve termine”. Da sempre sento un lieto e malinconico nodo alla gola quando ripenso alle cose belle di pochi anni, o anche pochi mesi, prima: un concerto, una vacanza, una semplice gita fuori porta. In realtà mi mancano poco o niente gli anni dell’adolescenza. Credo che quei giorni siano solo un pretesto per farci un romanzo leggero o una canzonetta, niente di più. La rincorsa alla ricerca di qualcosa che possa fermare il tempo la lascio agli scienziati pazzi.
La scrittura, d’altro canto, non ferma nulla ma eterna tutto.
10- Parliamo di Giordano lettore. Ci sono degli autori che hanno segnato la tua formazione, ai quali ti ispiri o che senti particolarmente vicini al tuo modo di scrivere?
Sembrerà assurdo ma, pur avendo scritto tre romanzi (l’ultimo, 1000 Anni Con Elide, uscirà a fine febbraio 2010) pieni di Rock, parolacce e jeans strappati, i miei punti di riferimento resteranno per sempre quegli artisti che, ognuno a modo loro, hanno regalato sogni fantastici ai bambini di ogni età: penso a Walt Disney, a Gianni Rodari, ai Fratelli Grimm, a Guido Gozzano, a Andersen, a Jules Verne.
L’autore dal quale cerco di apprendere di più è, almeno in questo periodo, Leonardo Sciascia. La sua è la scrittura più perfetta, semplice e divina che abbia mai incontrato.
Ancora, romanzi come Frankenstein, Cristo si è Fermato a Eboli, La Svastica sul Sole, Il Sentiero dei Nidi di Ragno, Il Monaco e autori come Edgar Alla Poe, Charles Bukowski, Italo Svevo e Iginio Ugo Tarchetti mi hanno regalato avventure indescrivibili. È ovvio quindi che i loro grandi viaggi abbiano influenzato anche i miei piccoli percorsi.
11- Da autore emergente, cosa puoi dirci della tua esperienza nel mondo dell’editoria? Quali le maggiori difficoltà con cui hai dovuto confrontarti, quali le soddisfazioni?
È un brutto mondo, purtroppo.
Le piccole Case Editrici fondamentalmente si dividono in due categorie: quelle a pagamento che chiedono agli scrittori 2000-3000 € per la pubblicazione di un libro che nessuno leggerà mai e quelle che non chiedono niente ma che poi, all’atto pratico, gli vendono 100-150 copie a prezzo pieno o leggermente scontate, acquisendo quasi sempre i diritti dell’opera per vent’anni e forse più.
Per me questi editori sono deplorevoli sanguisughe e, se esiste una nemesi storica, e io ci credo, prima o poi sconteranno tutto il dolore che hanno inflitto ai poveri artisti e alle loro speranze cristalline.
L’uomo è artefice del proprio destino e, per il momento, noi dobbiamo credere ardentemente nei nostri sogni, diffonderli con tutte le nostre forze e lottare, lottare, lottare.
12- Cito da pag. 103: “Rimasi a guardare le stelle sperando profondamente che qualcuna si staccasse dal soffitto per esprimere un desiderio”. Immaginiamo che una stella venga giù adesso, qual è il desiderio di Giordano?
Vivere di arte e non necessariamente con l’arte.
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Giovedì ci sarò, promesso
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Benvenuto tra noi
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Re: Intervista a Giordano Criscuolo
Che bella accoglienza... grazie davvero a tuttiNecrophilia ha scritto:Benvenuto Giordano!
Ho letto entrambi i tuoi libri e sono dei veri capolavori. A mio avviso sei un poeta contemporaneo. Spero di poter leggere al più presto la tua nuova "creazione". Complimenti davvero!!
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Re: Intervista a Giordano Criscuolo
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