Intervista a Francesco Scardone

Area dedicata alle interviste con gli autori che sono diventati famosi o che hanno capito come uscire dall'ombra. In questa sezione ci si potrà dare appuntamento per discuterne con loro.

Moderatore: Isabella Galeotti

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Intervista a Francesco Scardone

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Francesco Scardone è un giovanissimo autore di grande talento. Nato a Torre Annunziata (Napoli), ha frequentato il liceo classico e attualmente è iscritto al primo anno di lettere moderne. All'inizio del 2010 è stato pubblicato il suo primo romanzo pulp Necrophylia (MjM edizioni). Ha pubblicato poesie e racconti su riviste amatoriali di letteratura. A breve un suo nuovo racconto breve sarà pubblicato in antologia. Ha da poco ultimato il secondo romanzo ed è in cerca di editore. Tra le sue letture: Dostoevskij, Palahniuk, Kerouac, Gogol, Sartre, Ellis.
Dice di sè: "Quando scrivo e quando leggo cerco sempre qualcosa che sia buttato fuori con le budella, mi piacciono le cose viscerali e odio gli accademismi".

La recensione di Necrophylia sul nostro portale:
https://www.braviautori.it/book_necrophylia.html


Intervista:

1- Cominciamo con una domanda di rito. Quando e come nasce la tua passione per la scrittura?
Beh, ricordo un tema delle elementari, il solito tema del tipo "Cosa vuoi fare da grande", nel quale dicevo che mi sarebbe piaciuto fare o lo scrittore o il portiere di calcio. Beh, tenendo conto che ora non vedo una partita intera da un paio di anni, è chiaro quale fosse la mia vera passione, già all'epoca. Ricordo i miei primi raccontini: uno scienziato omosessuale a dir poco strampalato(mi meraviglio io stesso di aver avuto un'idea del genere a soli 7-8 anni!^^), i lupi mannari, i vampiri(i mostri sono stati tra le mie prime passioni letterarie). Diciamo che la mia passione per la scrittura, quindi, nasce circa 20 anni fa, quando, appunto, nascevo io stesso.

2- In Necrophylia, il tuo romanzo d’esordio, affronti un tema complesso e delicato: quello della perversione sessuale. Com’è nata l’idea di affrontare un simile argomento?
Beh, l'idea non saprei proprio dire dove l'ho trovata. Di solito tutto quello che comincio a scrivere parte da un flash, da un'immagine che mi si stampa nella mente. Penso debba essere stato così anche per Necrophylia. Da lì, di solito, comincio a rimuginare per arrivare a qualcosa di più chiaro e concreto. Cerco sempre di ricreare situazioni grottesche, al limite del pensabile. Mi piacciono le storie che stuzzicano, che provocano, che ti lasciano in bocca un sapore amaro, un retrogusto acido. Mi piace, leggere e scrivere, storie che, una volta concluse, ti lasciano alla bocca dello stomaco un senso profondo di malessere e angoscia.

3- Voce narrante è appunto un necrofilo che, attraverso il suo racconto, guida il lettore nei meandri della sua psicologia. Quali difficoltà hai incontrato nell’immedesimarti in un questo personaggio?
Beh, a dire il vero, nessuna vera e propria difficoltà. Ti spiego meglio: io la vedo così: per me il protagonista di Necrophylia non incarna semplicemente un necrofilo, non a caso mi ritrovo in molti dei ragionamenti che egli stesso fa. Attraverso il personaggio principale ho cercato, non so se riuscendoci, di descrivere quello che credo ogni uomo debba sentirsi dentro. Logicamente quello che, credo, ogni uomo abbia dentro scavando sotto tutte le patine sociali e civili delle quali continuamente si fa vanto. Se l'uomo riesce a liberarsi di tutte le sovrastrutture di cui si circonda non può non rendersi conto dell'istinto di autodistruzione che gli è proprio. Difficilmente lo accetterà, però, me ne rendo conto.

4- Hai fatto riferimento a fonti particolari per documentarti sull’argomento?
No, nessuna ricerca particolare. Ho spulciato un pò il web per trovare qualche informazione ma niente di più. In effetti, la necrofilia non viene mai affrontata come un problema sociale o culturale, né in qualsiasi altro modo, è solo il pretesto da cui parte il romanzo per descrivere quello che, io credo, sia il mondo interiore più primitivo e istintivo di ogni uomo.

5- Tema centrale del tuo libro è la necrofilia, tuttavia, affronti anche altre forme di perversione sessuale. Il protagonista, spesso indugia nei piaceri del voyerismo e la coprotagonista nonna Ester assume un comportamento feticista. Secondo dove si colloca il confine tra “normalità” e devianza?
Beh, rispondere a questa domanda per me è molto facile. Sinceramente non sono molto interessato alla normalità, a chi lo sia, a cosa significhi esserlo e cose di questo tipo. Io credo che l'unica cosa importante sia non reprimere se stessi, nè chi ci circonda. Credo che per avere una vita, almeno sotto il profilo degli istinti, soddisfacente, non ci si debba tirare indietro di fronte a nessuna delle proprie piccole perversioni. In effetti, sono convinto che quelle perversioni più malate, quelle che, diciamo, rappresentano dei veri e propri problemi, siano, per lo più(non sempre però), dovute a delle repressioni precedenti. Il problema è che la gente, come diceva Bukowski, pensa troppo spesso a quello che potrebbero pensare e dire i vicini.

6- Amore e morte spesso figurano come due facce di una stessa medaglia. Nella letteratura romantica, soprattutto, è ricorrente questo binomio. Quale la tua opinione in proposito? Pensi che l’amore sia inevitabilmente fonte di sofferenza o che il dolore sia necessario per poter comprendere a apprezzare i piaceri dell’amore?
Per amore io intendo annullamento di sè nell'altro. Nulla più. E' un pò, diciamo, la stessa definizione che do alla parola orgasmo. L'amore e la morte, sotto un certo punto di vista, sono la stessa cosa perchè presuppongono l'assenza di chi le prova, non so se sono chiaro in questa espressione. Si ama, se lo si può fare sul serio, perchè ci si vuole allontanare dalle pene, perchè non si vuole sentire il peso di sè, perchè ci si vuole amputare del proprio io. L'amore, a differenza della morte, ci permette, diciamo così, di morire solo per qualche istante e di tornare indietro ogni qual volta lo vogliamo. Detto questo, però, volevo precisare che nel romanzo non c'è mai nessun richiamo al suicidio. Il protagonista non fa altro che dirci quanto desideri morire, quanto odi la vita eppure non ci sono mai veri e propri propositi sul suicidio. Questo è anche un mio pensiero: non so perchè ma credo si debba vivere. Nei confronti di chi crede che il suicidio sia una via non so veramente come pormi: non so se con disprezzo, con pietà, con comprensione, con ammirazione. Su questo non ho ancora maturato un vero e proprio pensiero definitivo.

7- Il tuo è un romanzo a tinte forti. Scabrosi gli argomenti trattati, esplicite le immagini, diretto e irriverente il linguaggio. E’ inevitabile che un libro con queste caratteristiche susciti reazioni contrastanti e altrettanto forti. Secondo te, quali sono gli elementi del romanzo che suscitano maggior turbamento in chi legge? Questo turbamento ti sorprende o è frutto di una scelta premeditata?
Più di tutto, almeno dai pareri che ho avuto fino ad ora, sono due le cose che più fanno parlare. In primo luogo, come c'era da aspettarsi, alcuni si lamentano per le tinte troppo forti del romanzo. Beh, su queste critiche non ho molto da controbattere. E' sicuramente un romanzo dalle tinte forti ma credo non ci sia niente di cui veramente scandalizzarsi al suo interno. La violenza non è mai fine a se stessa nel libro(è da dire che, anche se lo fosse non sarebbe, secondo me, un punto negativo). Altre persone non sopportano il fatto che spesso il protagonista si appelli al lettore e si confronti con esso: beh, era proprio quello che volevo! Io volevo che le persone ragionassero sul fatto che ognuno di noi è un potenziale assassino, un potenziale necrofilo, un potenziale qualsiasi cosa.(logicamente questa affermazione è da prendere con le pinze e si dovrebbe approfondire un bel pò). Quindi, quando mi dicono che non si sentono per niente simili al protagonista della storia, e che loro cose del genere non potrebbero né pensarle né farle, beh (so di attirarmi molti odi con questa affermazione) ma credo che sia proprio di loro che si debba aver paura, se veramente c'è un'entità concreta della quale avere paura.

8- A tuo parere, chi è il lettore ideale di Necrophylia? A chi ne consiglieresti e a chi ne sconsiglieresti la lettura?
Non credo ci sia un lettore ideale di Necrophylia. Chi lo legge lo deve prendere per quello che è: una storia di deviazione, di malattia, di dolore, di angoscia. Ma la deviazione, la malattia, il dolore, l'angoscia di tutti noi, non di un cosiddetto malato mentale. Già delle prime pagine può dare un senso di antipatia(i continui richiami del "malato protagonista" con la vita del lettore e di ognuno di noi) ma se si supera l'antipatia preventiva e quella sorta di arroganza che ci porta a pensare di essere sempre sani e correttamente indirizzati, credo qualche spunto ci sia. Poi, per chi ama il pulp è la lettura ideale: ci sono sbudellamenti, sangue e sesso a volontà!

9- Ti va di parlarci un po’ del tuo rapporto con il mondo dell’editoria? E’ stato facile o difficile trovare un editore che pubblicasse il tuo libro?
Beh, su questo non ho molto da dire. Quando ho accettato la proposta dell'editore non conoscevo niente dell'editoria(ancora ora non che ci capisca molto) e ho accettato la prima proposta che ho avuto. Il libro è uscito da poco e non mi sento ancora di dare un giudizio. Logicamente, come credo un pò tutti, non sono per niente soddisfatto delle dinamiche editoriali. Poi, soprattutto quando si scrive un genere come il mio, quando si ha una scrittura così forte e provocatoria, così al limite diciamo, si devono fare i conti con molte problematiche.

10- Spesso si dice che la pubblicazione di un libro sia solo il primo passo di un percorso lungo e irto di difficoltà. Condividi questo pensiero? Si sta rivelando impegnativa la promozione del romanzo? A tal fine quanto pensi che sia utile il web?
Beh, io faccio quel che posso. Cerco di contattare blog che fanno recensioni, di rilasciare qualche intervista(come in questo caso^^), di partecipare a catene di lettura e simili. Poi per il resto stampo volantini, cerco di organizzare qualche presentazione nelle mie zone. In pratica, quello che, credo, è costretto a fare ogni esordiente.

11- Quanto è importante, per te, leggere? Ci sono degli autori che ami particolarmente o ai quali ti ispiri?
Il fatto che in Italia ci siano così tanti aspiranti scrittori è dovuto al fatto che questi presunti tali, almeno la maggioranza di loro, non abbiano mai letto un libro. Se buona parte di questi aspiranti scrittori si degnasse, ogni tanto, di leggerlo anche qualche libro, capirebbe che non è scrivere quello che vuole. Per quel che mi riguarda amo la letteratura americana in particolare: Palahniuk; Kerouac, Ellis, Henry Miller, Dennis Cooper. Apprezzo molto Sartre tra i francesi, anche se, almeno per quel che riguarda la narrativa, non ha scritto molto. Poi una menzione speciale al mio scrittore preferito, l'unico ed insuperabile Dostoevskij. Uno scrittore ed un uomo irripetibili.

12- Quali progetti hai per il futuro ?
A breve uscirà un mio racconto su un'antologia della Caravaggio. Poi in autunno pubblicherò alcuni racconti con un'altra casa editrice. Mi capita di scrivere, talvolta, qualcosa per qualche rivista amatoriale. Inoltre, ho da poco ultimato il mio secondo romanzo e sono alla ricerca di un editore. Speriamo di trovarne uno valido che creda in quello che scrivo!^^
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Re: Intervista a Francesco Scardone

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Bravo Francesco :-)
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Re: Intervista a Francesco Scardone

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bel personaggio, non c'è dubbio :wink:
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Re: Intervista a Francesco Scardone

Messaggio da leggere da pia »

grazie Francesco, complimenti anche a te e a presto :wink:
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Re: Intervista a Francesco Scardone

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Benvenuto Francesco!
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