Tra grano e girasoli

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2020.

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Carol Bi
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Tra grano e girasoli

Messaggio da leggere da Carol Bi »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

La luce del sole filtrava come lame infuocate attraverso le foglie dei pioppi. Sentivo il crepitio dei rametti secchi calpestati dalle suole dei sandali che interrompevano a tratti il frinire incessante delle cicale e il suo fiato che sapeva di aglio e morte. Riconobbi il bosco di tigli dall’acacia secolare che costeggiava la stradina polverosa di ghiaia. La polvere si insinuava nelle narici furtiva pizzicandomi le mucose, ma non riuscivo nemmeno a starnutire, nonostante lo stimolo. Subito dopo il boschetto smisurati ettari di appezzamenti di granoturco e splendidi campi di girasole. Era una meravigliosa giornata d’estate, un’esplosione di suoni e colori,una varietà di uccelli entusiasmante, soprattutto per il gran numero di falchi e poiane e il fastidioso ronzare degli insetti per me era pura melodia.
Il dolore alle gambe però era sempre più lancinante e il trascinamento sui sassolini rendeva tutto più insopportabile. Qualche volta chiudevo gli occhi e immaginavo la cucina soleggiata di casa, con mia madre che preparava la spremuta di arance e pompelmi mentre Nena dalla veranda brontolava su quanto la scuola le facesse schifo.
Ogni tanto uno scossone mi riportava sulla stradina polverosa, tra grano e girasoli. A tratti le ginocchia incrostate si sollevavano impedendomi per pochi benedetti istanti di evitare lo sfregamento con i sassolini.
Oramai non riuscivo più a sollevare la testa che ondeggiava a ciondoloni come un burattino. Ecco come dovevo apparire a un osservatore esterno: un vecchio burattino da gettare, con il vestito sgualcito e sporco, i capelli incollati tra loro dal fango e dal sangue ormai rappreso. Una bambola di pezza maleodorante sorretta e trascinata dal suo burattinaio verso l’epilogo della storia.
Lo sentivo ansimare per la fatica. Ero una donna esile, ma trascinarmi a peso morto sarebbe stato uno sforzo per chiunque, a poco servivano le cinghie di cuoio che mi aveva stretto sotto le braccia. Sentivo l’odore del suo sudore che si mescolava al mio diventando un tutt’uno con il profumo delle more selvatiche e dell’acqua salmastra dello stagno dei Manicardi. Non saprei dire per quanto avevamo camminato e non me ne importava. Ad un tratto ci fermammo, forse per prendere fiato. Avrei voluto tanto alzare la testa ma proprio non ce la facevo. Avrei dovuto correre via ma non erano le cinghie ad impedirmelo, bensì le gambe che non rispondevano più ai miei comandi. Riprendemmo la marcia e, guardando in basso, vidi che i sassolini venivano sostituiti dall’erba. Poi ci fermammo nuovamente, mi tolse le cinghie e mi adagiò a terra. Rimase lì a guardarmi per un tempo indefinito borbottando qualcosa come “mi dispiace”. Non volevo ascoltare le sue parole che mi giungevano lontane e sgradite, nessun suono riuscivo a percepire, solo un intenso profumo di arance. Finalmente ero in pace, il dolore era scomparso, gli occhi diretti verso la calda e accogliente luce del sole, le gambe poggiate sul terreno molle e una libellula che si posava sul seno sinistro.
In questi anni molte cose sono cambiate: il granoturco è stato sostituito da piantagioni di soia e i girasoli da ettari di vigneti. Molte zone sono state bonificate e coltivate, ma il bosco in cui mi trovo è sempre rimasto lì, intoccabile. Spesso chiedo aiuto e di notte piango, piango così tanto che poi mi riaddormento per lo sfinimento, ma nessuno riesce a udire le mie suppliche.
Mi chiamo Amalia Serraglio e sono scomparsa da casa il 19 luglio del 1976, uccisa e abbandonata il 27 luglio 1981. Avevo solo 19 anni.
Ultima modifica di Carol Bi il 20/07/2020, 16:04, modificato 2 volte in totale.
Selene Barblan
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Un racconto che mi ha fatto stare male; non fraintendermi, il racconto è bello, con buone descrizioni, un ritmo che accompagna la povera protagonista verso la terribile conclusione. È il tema che, forse perché sono un po’ troppo sensibile in questo periodo, mi ha angosciato particolarmente. Trovo sia anche importante parlarne, quindi ti faccio i miei complimenti sia per lo stile che per i contenuti, seppur così truci.
Ida Dainese
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Messaggio da leggere da Ida Dainese »

Racconto che colpisce, trasportando lo sguardo dalla Natura che si apre intorno a quello che sta succedendo e a quello che non si può più cambiare. Nel bel panorama estivo iniziale, la nota sgradevole sul fiato si inserisce come un allarme e, lentamente la comprensione arriva, trascinata come il corpo della ragazza. C'è un'aria di malinconia che cala sui campi estivi, sulla pace dei boschi, e si riallaccia alla nota dolorosa del finale. La narrazione non nasconde la cattiveria della vicenda ma la svolge con delicatezza, quasi con riguardo verso la protagonista, lasciando immaginare la gran parte di ciò che è avvenuto, ma privilegiando un sentimento di pietà rispettosa.
Ti segnalo una ripetizione, all'inizio: "meravigliosi campi" e "meravigliosa giornata".
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

non so se fai riferimento a un episodio realmente accaduto o meno, anche se credo di no.
le descrizioni sono buone e riescono a creare un'atmosfera particolare, che affascina il lettore.
però non sono del tutto convinto da questa prova.
secondo me ci sono espressioni e punti di vista che paiono artificiali, quasi gonfiati.
probabilmente è solo una mia cattiva interpretazione, in ogni caso non è male
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Lucia De Falco
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Il testo affronta una tematica molto importante. Molte persone scompaiono nel nulla, rapite, inghiottite dalla terra, come la protagonista di questo brevissimo racconto. Mi ha colpito una cosa: la ragazza è stata così a lungo segregata che si entusiasma per il tripudio della natura. La cosa che mi è piaciuta di più è stata il finale perchè è drammatico, scioccante, proprio perchè a narrare è ancora la ragazza.
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Ida Daneri
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Una storia forte per una tematica forte. E' ben costruita, il lettore si aspetta qualcosa di idilliaco tra grano e girasoli, e inceve sta accadendo una cosa tremenda. Solo un piccolo indizio all'inizio, che non quadra con tutto il resto (il fiato che sa di aglio e di morte). Poi la scena cambia, ma grano e girasoli rimangono, a intermittenza, come i ricordi, ad alleggerire la cupezza del racconto.
Il finale m lascia molto perplessa: è ancora narrato dalla voce della protagonista, laddove l'io narrante è morto da anni e quindi non dovrebbe più parlare, salvo una sua presenze soprannaturale, che mi sembra però incongruente con il contesto del racconto. Avrei preferito magari un foglio di giornale che vola nell'aria e riporta astrattamente l'informazione, ovviamente senza il riferimento ai cambiamenti avvenuti nel bosco. Sembra quasi un voler attirare l'attenzione su un dolore e disperazione che erano già stati mostrati in modo molto più incisivo nel resto del racconto e qui perdono invece di nerbo.
Simone_Non_é
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Messaggio da leggere da Simone_Non_é »

Ciao Carol! Bel racconto che arriva, scritto davvero bene. Ho seguito parecchi docu-film a riguardo e devo dire che hai inquadrato al meglio la situazione. Molto lontano dal mio modo di approcciarmi ad un racconto in quanto solitamente mi faccio prendere da ciò che mi da spunti riflessivi nuovi, qui non ne ho trovati. Detto questo è una ben riuscita fotografia di quei momenti. Voto 4, solo perché mi è mancato quello spunto in più
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Ayako Satomi
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Il fatto che alcuni lettori siano rimasti sconvolti dalla storia indica la tua abilità nel coinvolgere emotivamente, quindi io lo vedrei come un fattore positivo.
Ho letto per tutto il tempo con la curiosità di scoprire cosa stava per accadere, immaginando bellissimi scenari estivi. Il finale poi mi ha riportato alla realtà, ovvero che possono accadere cose terribili anche in una splendida giornata estiva.
Mi trovo quindi d'accordo con il commento di @Ida-59 (anche per sviluppo, forma e tutto il resto)
In bocca al lupo!
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Andrepoz
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Messaggio da leggere da Andrepoz »

Il racconto ha un impatto emotivo indubbio, e la narrazione riesce a creare in modo efficace una tensione che tiene il lettore con il fiato sospeso. Come hanno detto già altri prima di me, però, c'è una caduta di tono nel finale, che è troppo brusco e non coerente con il fatto che la protagonista è morta. Dovresti trovare una soluzione alternativa per chiudere il racconto senza fare crollare il pathos narrativo.
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Laura Traverso
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Hai parlato di fatti tristemente noti, e lo hai fatto con molta maestria nel senso di aver saputo alleggerire la drammaticità della storia con i colori e i profumi della natura circostante. Sembra, leggendo il tuo racconto, di assistere ad una delle tante brutture umane mandate in onda dal noto programma "Chi l'ha visto?" Brava!
Luca Palla
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Dal mio modesto punto di vista il racconto è ben articolato e scorre bene. Le descrizioni sono molto belle e coinvolgono il lettore in quello che è l'ultimo viaggio della sventurata ragazza. Ho dato 4 e non 5, perchè a mio gusto avrei preferito intuire "più tardi" il finale crudo del racconto. Tolto questo, secondo me un buonissimo lavoro.
Ibbor OB
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Racconto leggermente disturbante che porta ad immedesimarsi e sentire per un attimo sulla propria pelle una storia davvero tetra e inquietante. I dettagli come i profumi ed i fugaci ricordi ne accentuano l'effetto mettendo ulteriormente a nudo la fredda tragedia che si consuma.
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Umberto Pasqui
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Una prova interessante nella sua tragicità. Si fa leva sui sensi in un ultimo fiotto di consapevolezza prima della fine, vista come liberazione in tutti i sensi, dal rapitore (?), dal dolore, dalla lunga e orribile prigionia. Si eccede, forse, nel descrittivo ma pare che la vista flebile della ragazza si appigli a quanto vede a quanto sente come ultimo inebriarsi di vita. Certe espressioni mi suonano un po' barocche ("la polvere si insinuava furtiva pizzicandomi le mucose", l'avrei reso con "s'insinuava di tanto in tanto polvere irritante" o simili) e il titolo non merita, avrei preferito "Mi dispiace".
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Stefyp
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Non so davvero come commentare questo racconto. È ben scritto, con immagini evocative che aiutano il lettore ha penetrare l'animo della donna. Il non sapere niente di quanto le è successo però a me personalmente ha disturbato un pochino. Parere personale il mio, però il finale così senza un prima e un dopo (anzi un dopo sì visto il finale) mi ha lasciato un po' di rammarico. Rispetto allo stile però niente da dire è ben fatto.
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Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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