La Zelfa

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2020.

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Umberto Pasqui
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La Zelfa

Messaggio da leggere da Umberto Pasqui »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Era appena uscito dalla farmacia con la sua consueta confezione di Nux Vomica quando rivide quella donna. Come sempre era in bicicletta, lei, dalla gamba svelta ma non eccessivamente veloce, con fare fugace tanto da distinguerne a malapena i tratti somatici. In quei giorni non si diceva più “bocca” ma “rima buccale”, e tanto si distingueva nei ripetuti passaggi della figura misteriosa. Misteriosa, sì, perché più volte al giorno, ovunque si trovasse, appariva pedalando: sempre lei, sempre lei, sempre lei. Melchiade viveva con una certa inquietudine il fenomeno, giacché non trovava forza nella ragione per illuminarne il significato. Se ne tornava così nella sua piccola casa, stendendosi sul grande letto avvolto nel giallo delle lenzuola estive.
Davanti a sé, la mensolina di legno antico dove poggiava un crocefisso quaresimale in gesso con la scritta Consummatum est alla base. Cercò di distrarsi con la televisione e trovò un documentario su Marte, con la superficie “colore dell’ossido e della sabbia cotta dal sole, ma sotto la polvere si nascondono segni di una vita precedente”.
Ventotto gradi in casa, umidità al 45 percento. Il primo caldo dell’anno e la sensazione di trasformarsi a poco a poco in squacquerone era comune e diffusa. Preferì dunque bere del tè rosso africano con cannella e zenzero lasciato raffreddare nella solita tazza dal bordo violetto. Il ventilatore sputava polvere, perché fino ad allora era stato riposto. Insofferente, Melchiade uscì al tramonto, la temperatura era più o meno la stessa, nessun bisbiglio di vento. Chiusa la porta, vide passare la donna in bicicletta. Cercò di seguirla, col passo e con lo sguardo, ma sparì in una viuzza seminando ogni traccia. Così allungò il passo e si sedette al tavolino per ordinare una birra. Al primo sorso ecco ancora la donna, in direzione opposta rispetto a prima. Pagò, andò verso casa. Dalla tasca dei pantaloncini prelevò le chiavi ed ecco ancora lei: stesso modo di pedalare, stesso abito, era lei senza dubbio, senza alcun dubbio che sarebbe potuto nutrirsi della luce fioca e bluastra dell’ora dopo l’occaso. Salì le scale con l’affanno causato dalla curiosità e dallo strano evento che, dal 27 maggio, si ripeteva ogni giorno in modo sempre uguale e sempre nuovo. Era la notte del 28 giugno quando, dopo la birra, si sporse dal terrazzo e la rivide sul corso, sparendo dopo la curva.
In un mese era diventata la sua ossessione: chi era? Cosa voleva? Nessuno sembrava notarla fuorché lui. Qualche giorno prima era andato a comprare delle ciotoline cinesi da pinzimonio e fuori dal negozio la sorprese, poi la vide ancora davanti alla gelateria, e poi nel parcheggio del vivaio dove aveva comprato piante di pomodoro scatolone per l’orto. E sempre, nelle sue passeggiate quotidiane, la vedeva almeno due volte tanto che ormai gli sarebbe venuto naturale darle del tu. Non osava confidarsi con nessuno perché questa storia sembrava presagire una sua follia, ignorava o faceva finta di ignorare. Ma poi faceva i conti con se stesso, grattandosi con furia la sua folta capigliatura rossa. Inutile consolarsi sgranocchiando due noci del Brasile, il pensiero andava sempre lì.
- È passata la Zelfa, hai sentito?
Disse una donna scarmigliata e cieca appena uscita dal fornaio accompagnata dal figlio che rispose con una negazione roca. Melchiade aveva visto e chiese alla donna che cosa avesse visto. Ella si ritrasse, come infastidita; il figlio le strinse con energia la mano come per dire “andiamo via”.
Aveva uno sguardo intenso quell'uomo dagli occhi scuri, l'età imprecisata rendeva la sua figura ancor più indecifrabile. Folti capelli scuri, un incarnato di chi va spesso al mare, un braccialetto d'argento e poca pazienza. Il suo respiro provocava un sibilo sottile e la sua camicia bianca lasciava intendere che pativa poco il caldo.
Gli occhi perduti della madre fissavano, con il loro grigio uniforme senza luce, il figlio seguendone il respiro. Sembrava risoluta, decisa, voleva tagliar corto senza dare spiegazioni.
Eppure, quasi in un attimo, cambiò idea e rispose:
- Spesso passa una donna ma non è vista da tutti, è lo spirito della signora Zelfa caduta dalla bicicletta due mesi fa e continua a non darsi pace.
- Io la vedo…
- Non credo, è solo suggestione.
- Mi perseguita, ogni volta che sono da qualche parte appare – Melchiade si confidò come mai aveva fatto finora – è da un mese che va così, cosa vuol dire? Scusi se la importuno ma lei può aiutarmi.
Il figlio fece capire alla madre che era tardi, ella tacque e se ne andarono, ignorando le richieste dell’uomo. Melchiade, a capo chino, tornò a casa; non avrebbe mai più rivisto la Zelfa.
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Massimo Baglione
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Re: La Zelfa

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Se ci fosse il 6, poi avresti bisogno di un 7 e via dicendo :-)
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Lucia De Falco
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Messaggio da leggere da Lucia De Falco »

Il testo è scorrevole e incuriosisce. Il ritmo è veloce e il racconto non stanca. Il racconto sembra ambientato in un paesino piccolo, dove si conoscono tutti e dove la vita scorre lentamente. Interessante è la figura della vecchia cieca. Sicuramente bisogna approfondire il finale, che non appaga le aspettative create.
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Sono d'accordo con Lucia: il testo è scritto bene ed è scorrevole, incuriosisce e coinvolge. Convengo che sul finale ci voglia un approfondimento. Trovo che sia stato chiuso troppo frettolosamente lasciando il lettore un po' a bocca asciutta.
Comunque, ripeto, scrittura di ottima qualità.
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Umberto Pasqui
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Re: La Zelfa

Messaggio da leggere da Umberto Pasqui »

Ringrazio per i commenti lusinghieri, e pensare che tutto è nato leggendo un necrologio dove saltava all'occhio il nome bizzarro "Zelfa". Per il resto concordo, il finale è un po' secco: avrei voluto lasciare intendere un'apertura dove il lettore avrebbe potuto spaziare, effettivamente sembra che tutto precipiti in fretta. Grazie a tutti!
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

piaciuto.
molto ben scritto, senza errori o refusi, si legge con piacere fino alla fine.
dove poi si rimane un po' così, vista la chiusa.
certo, è una storia particolare, ben esposta e con ottime descrizioni, però con tutte le aspettative che crei, chiuderla in quel modo lascia di stucco.
è comunque un bel lavoro.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Andrepoz
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Messaggio da leggere da Andrepoz »

Mi accodo a quello che già ti hanno segnalato negli altri commenti: il finale è affrettato, tutta la tensione che si era venuta costruendo cala in modo troppo brusco e il lettore rimane con l'amaro in bocca. E' un ottimo racconto, sarebbe un peccato lasciarlo così, un po' incompiuto.
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Valerio Geraci
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Messaggio da leggere da Valerio Geraci »

Ciao Umberto,
mi trovo anch'io d'accordo con la maggior parte dei commenti precedenti: il tuo racconto è molto scorrevole ed incuriosisce, ma un finale poco convincente ed esplicativo, a mio avviso, trasforma quello che sarebbe stato un 4 pieno in un 3.
Stefyp
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Concordo anch'io con i precedenti commenti. Aspetti tutto il racconto per vedere chi sarà mai questa Zelfa e poi ti rimane l'amaro in bocca. La scelta di alcune frasi e di alcune parole non mi hanno convinto particolarmente, ma non le sto a citare perchè si tratta solo di un gusto personale e quindi vince il gusto di chi scrive. A presto
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Roberto Paradiso
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Messaggio da leggere da Roberto Paradiso »

Il finale mi lascia in sospeso...
Racconto molto scorrevole e scritto ottimamente. Mi è piaciuto
Non esistono situazioni senza via d'uscita (James Tiberius Kirk)

77, le gambe delle donne
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Selene Barblan
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Trovo che ogni dettaglio sia stato studiato con cura, molto bello ad esempio il passaggio:

“sì, perché più volte al giorno, ovunque si trovasse, appariva pedalando: sempre lei, sempre lei, sempre lei“

Dà proprio l’idea della ruota che gira, gira, gira.

Tanti dettagli che vengono dati in modo apparentemente casuale ma che invece completano e arricchiscono il racconto.

Anche il finale secondo me rende l’idea della delusione del protagonista, che mai potrà veder soddisfatta la propria curiosità.

Scritto poi molto bene. Mi è piaciuto molto.
Mauro Conti
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Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Avevo voglia di leggere qualcosa di diverso e il titolo Zelfa mi ha attirato...
Nomi curiosi, Zelfa e Melchiade, caratteristici del "paesotto", o almeno è quello che mi sono immaginato leggendo il racconto. Se l'idea poi è nata da un necrologio...che ispirazione! :lol:
La trama direi un super classico, l'uomo ossessionato dalla donna in bicicletta che l'attende in ogni dove. Adoro le trame semplici. Molto curato nel dettaglio e nell'ambientazione (tipo le ciotoline cinesi per il pinzimonio e il documentario su Marte, geniali). Chiuso un po' frettolosamente. Anche per me. Considerando il fatto che mi è stata fatta su alcuni miei racconti lo stesso rilievo, è tutto dire. Si lascia leggere tranquillamente. Se avessi sviluppato diversamente il finale sicuramente avresti preso un punteggio tale da arrivare nei primi 5.
Simone_Non_é
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Messaggio da leggere da Simone_Non_é »

Ciao Umberto! Il racconto ha un ritmo molto bello unica pecca per me il finale, fosse stato un attimo meno secco lo avrei gradito decisamente di più. Molto bello a livello figurativo "il vedere" della donna cieca, l'ho trovato un dettaglio degno di nota
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