Il profumo del giglio

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2020/2021.

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Roberto Bonfanti
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Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

La scuola è iniziata da pochi giorni, la seconda media. Stamattina entro in classe e saluto i soliti amici, quelli che conosco fin dalle elementari. Mancano ancora cinque minuti all’inizio delle lezioni, vado verso il mio banco, ma prima di arrivarci noto una ragazzina che non avevo mai visto prima, nei giorni scorsi non c’era. È seduta in un banco centrale, in seconda fila, è bionda e ha gli occhi azzurri. Mentre passo incrocio con lo sguardo quegli occhi. Mi sembrano di un colore così bello che devo fermarmi a guardarli, come se avessi paura che se non lo faccio ora, in questo momento, potrebbero distogliersi dai miei e io non avrò mai più quest’occasione, quegli occhi saranno persi per me per sempre. Piano piano riempiono tutto il mio campo visivo, facendo scomparire l’aula, i mie compagni e tutto quello che c’è intorno. Mi sento strano. Qualcuno alle mie spalle ha fretta di raggiungere il suo posto e mi urta la schiena. Giro la testa di poco e l’incanto svanisce. La stanza riprende consistenza e meccanicamente ricomincio a muovermi. Vado al mio banco nella quarta fila, apro lo zaino e comincio a tirare fuori le mie cose. Mi siedo e la guardo di spalle. Poco dopo suona la campanella ed entra la professoressa di matematica. Al momento dell’appello memorizzo il suo nome: si chiama Annette. É tedesca, vive in Italia con i suoi genitori da quando era piccola e ora si sono trasferiti qua per lavoro. Resisto a stento all’impulso di alzarmi e andare a verificare con mano se i suoi lunghi capelli biondi mantengono quella promessa di morbidezza setosa che intuisco. Per tutta la mattina non riesco a concentrarmi sulle lezioni.
Quando suona la campanella dell’ultima ora aspetto che Annette esca, la seguo a distanza fino alla strada, la guardo salire su una macchina scura, una Opel, che parte e si allontana, finché la perdo di vista dopo che ha svoltato all’incrocio.
Questa è una giornata densa di eventi cruciali: è la fine dell’estate, l’inizio del mio interesse per le ragazze e il giorno della mia totale riconciliazione con il popolo germanico. Penso che l’intero universo oggi abbia fatto un decisivo passo in avanti verso l’Età dell’Acquario.

***

– Ciao nonno.
Sta leggendo il giornale in soggiorno, inclina un po’ la testa per guardarmi da sopra gli occhiali da lettura.
– Claudio, com’è andata a scuola?
– Bene… senti, ti volevo chiedere una cosa…
Piega in due il quotidiano e lo appoggia sul divano accanto a sé. Io mi siedo sulla poltrona.
– Dimmi pure.
– Oggi, dopo pranzo, viene una mia compagna di classe a fare i compiti, andremo in camera mia e…
– Mmm… – bofonchia – Ma non è meglio se di queste faccende ne parli con il babbo?
– Cosa? No, no, ma che dici!
Mi alzo, sono un po’ in imbarazzo, ma non per il motivo che crede lui.
– È solo che… lei si chiama Annette, è tedesca. Cioè, i suoi lo sono, tedeschi, cioè…
Mi guarda un po’ accigliato.
– E quindi?
– Beh, ecco, voglio dire… lo so che tu… insomma, con i tedeschi…
– Io? Con i tedeschi cosa?
Accidenti, mi sembrava così facile mentre ci pensavo tornando da scuola.
– Dai nonno, hai fatto il partigiano, tu i tedeschi li hai combattuti e…
Mi interrompo perché si mette a ridere. Riprende il giornale, poi lo posa di nuovo.
– Quindi era questo il problema?
Si toglie gli occhiali e si massaggia la parte alta del naso.
– Claudio, io non ho niente contro i tedeschi. Li ho combattuti, è vero, ma è stato tanto tempo fa e quelli erano nazisti. Non ce l’ho con tutti gli abitanti della Germania, ma solo con quelli che stavano con Hitler e la sua combriccola.
Si china un po’ in avanti e mi guarda negli occhi.
– Anche allora non credevo che tutti quei soldati fossero cattivi. Di sicuro c’erano tanti poveracci che avrebbero preferito starsene a casa loro a mangiare kartoffel, solo che c’era la guerra e loro erano qui, a casa nostra, a spararci addosso, a obbedire agli ordini. Sono sempre quelli che comandano i gran bastardi!
Fa una pausa, penso che stia tornando con i ricordi a quei giorni terribili.
– Vedi, anche gli italiani, non dico tutti, ma parecchi, erano i nemici per noi. I fascisti. Dopo il 25 aprile io li avrei voluti trovare tutti, fare piazza pulita. Quei maledetti che avevano portato questo paese alla rovina!
Ora ha gli occhi lucidi, sospira, poi riprende.
– Ma non l’ho fatto, non l’abbiamo fatto. E forse è stato uno sbaglio… allora, alla fine della guerra credevo che le cose sarebbero cambiate, che quelli che…
Non finisce la frase. Guarda il giornale e con un gesto rabbioso lo butta per terra.
– Ma per che cosa abbiamo lottato? – mormora quasi fra sé.
Poi si alza.
– Dai, andiamo a vedere se è pronto da mangiare
Fa due passi, poi si ferma.
– Non ti preoccupare, non ho niente contro la tua tedeschina. Magari con suo nonno ci siamo presi a fucilate qualche volta, su in montagna. Quando viene glielo chiedo.
– Nonno!
Gli è tornato il buonumore.
– Scherzo, Claudio, non ti preoccupare. Vieni, non facciamo aspettare il babbo, quel brontolone!
Mentre esce dalla stanza raccolgo il giornale. Il titolo in prima pagina parla di un certo cardinale Casaroli che ha firmato un nuovo concordato fra stato e chiesa con il primo ministro Craxi.
Penso che mio nonno oggi mi abbia insegnato qualcosa, ma credo che mi ci vorrà del tempo per capire di preciso che cosa.

***

Esco da scuola e vedo mio padre appoggiato alla macchina, che mi aspetta. Gli vado incontro un po’ sorpreso, non aveva detto che sarebbe venuto.
– Ho accompagnato il nonno a ritirare la pensione alle poste, poi, visto che eravamo in giro, siamo venuti a prenderti.
Apro la portiera posteriore, butto lo zaino sui sedili ed entro nella Volvo.
– Ciao nonno.
– Ciao Claudio, com’è andata a scuola?
– Tutto bene, niente di particolare.
– E la biondina?
– Annette? Forse dopo vado da lei a fare i compiti.
Certo che ci vado. È stata lei a chiedermelo o l’ho proposto io? Non me lo ricordo, eppure, ora che ci penso, mi sembra un dettaglio importante.
Mio padre mette in moto e parte, dopo un po’ accende la radio. Da un paio di giorni nei notiziari non si parla d’altro.
“…la Tass ha dichiarato che l’esplosione del reattore della centrale nucleare ucraina ha causato due morti, mentre sarebbero circa duecento i feriti. L’agenzia di stampa sovietica, quindi, smentisce le prime notizie che parlavano di centinaia di vittime. Ma in tutta Europa cresce la preoccupazione per gli effetti della nube radioattiva. Secondo gli esperti, i paesi a rischio immediato sono la Finlandia, la Norvegia e la Svezia. Intanto la popolazione delle aree intorno a Cernobyl è stata evacuata e…”.
Mio padre guarda per un attimo il nonno.
– Hanno fatto un bel lavoro i compagni, eh?
– Che c’entra! E poi sono sicuro che c’è sotto lo zampino degli americani!
– Sì, sì, gli americani, certo… è sempre colpa degli americani, vero?
– E i missili su Lampedusa, allora?
– Ma che stai dicendo! Quelli li ha lanciati Gheddafi!
– Sì, ma hanno cominciato gli americani! Hanno bombardato loro Tripoli!
– Ma che mi tocca sentire! Quello è un pazzo, un dittatore… e poi questa è un’altra faccenda, questo casino l’hanno combinato i russi.
Continuano per un po’ a battibeccare, poi mio nonno guarda fuori dal finestrino.
– Ma dove vai? Non mi porti alle poste?
– Alle poste? Un’altra volta? A fare che? Ci siamo stati mezz’ora fa!
– Ma che dici? Dai, andiamo, devo ritirare quei quattro soldi che mi danno e…
Il vecchio si ferma a metà della frase, sembra non riuscire ad andare avanti.
Mio padre si volta di nuovo verso di lui, quando parla ha un tono preoccupato.
– Babbo, non ti ricordi? Hai appena ritirato la pensione. Hai messo la busta in tasca, guarda, ci dev’essere anche la ricevuta…
Il nonno prende una busta bianca dalla tasca del soprabito, la apre. Mi aggrappo alle spalliere dei sedili anteriori e mi sporgo per vedere. Nella busta ci sono delle banconote e un foglietto stampato. La tiene in mano come se non capisse da dove salta fuori, nessuno parla più, solo la radio: “…gli esperti ritengono che si tratti del peggiore incidente nucleare della storia, assai più grave di quello accaduto a Three Mile Islands nel 1979. Soltanto nelle prossime settimane sarà possibile stabilire un bilancio effettivo della…”.
Alzo gli occhi e incrocio lo sguardo di mio padre nello specchietto retrovisore.
Forse lui sa già che quello è il primo segnale della malattia di mio nonno.

***

Sarà la decima volta che vediamo la colonna di carri armati e quell’uomo con i sacchetti della spesa, Annette spegne la TV.
- Pensa a quanto siamo fortunati, potevamo nascere là.
Lei ignora la mia ingenua retorica, sembra distratta. Cerco di ricordare in quale esatto momento il nostro sentire ha smesso di essere comune, quando il mio è rimasto indietro, un po’ distaccato.
Si alza e va a rovistare fra i libri sullo scaffale, prende un volume, lo osserva e lo rimette a posto, ne sceglie un altro e lo apre. Non vedo la copertina, ma scommetto che è Prevert. Legge una frase ad alta voce, sì, è Prevert.
- Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l’esempio.
Mi sento in colpa e non capisco perché. È tutto il pomeriggio che cerco il momento giusto, non l’ho trovato, ma glielo dico lo stesso.
- Mio nonno sta sempre peggio. Ieri i miei ne parlavano, il dottore ha consigliato una struttura…
Con il libro in mano mi guarda, so quanto Annette le sia affezionata.
- Un ospizio?
- Qualcosa del genere, un posto dove lo possono curare.
- Tu che ne pensi?
Non lo so, cerco solo di sembrare più sicuro di come sono. Vorrei dire altre cose, vorrei che tutto fosse come prima. Vorrei, ma forse non posso e basta.
- È la cosa migliore, per lui.
Mentre ripeto le parole di mio padre rifletto sul significato che diamo all’espressione “la cosa migliore”. Mi arriva come un’epifania in tutta la sua soggettività: esiste sempre un confine fra quello che pensiamo sia giusto e quello che lo è davvero. Per alcuni è un deserto sterminato, per altri è un breve sentiero, in ogni caso ora capisco quanto sia faticoso attraversarlo.

***

– E così sei pronta a mollare tutto? Hai proprio deciso?
Annette non parla e non mi guarda, continua a giocherellare con il portachiavi.
Le cose ormai vanno un po’ così fra di noi: lei parlava di andarsene e io pensavo che fosse tanto per dire.
– Non mi rispondi più neanche? Che ci è successo Annette?
– Claudio, guarda, non è come credi… davvero, qui non mi ci sento più, mi sembra di sprecare il mio tempo.
– Ho capito, e pensi che in Germania le cose andranno meglio?
Sospira.
– Non lo so, credo che cambiare aria mi farà bene. È solo per un anno, un anno e mezzo al massimo.
– Un anno e mezzo… è tanto tempo.
– Ci ho pensato, davvero, ci ho pensato. Staremo lontani per un po’, ma per le vacanze e per Natale ci vedremo, non è un addio, è solo una pausa.
Una pausa. A me sembra la fine.
– E che farai? A questo ci hai pensato?
– Beh, intanto un posto dove stare ce l’ho. Mia nonna ha una casa grande, ora è sola. Mi ha detto che dopo la caduta del muro ci sono un sacco di possibilità a Berlino. Magari farò dei corsi d’arte, lo sai che mi piace disegnare.
– Ma l’università, tutti i progetti…
– Sai, non credo che sia così importante. E poi ora non riesco a immaginare cosa voglio fare da grande.
Mi appoggio alla sua Renault 5 bianca. Non so più che dire.
Si avvicina e mi abbraccia. Ci baciamo.
Accarezzo i suoi lunghi capelli biondi, sono soffici come la prima volta che li ho toccati.
– Pensaci, magari potresti decidere di venire anche tu, prima o poi.
– Certo, chissà? Forse non sarebbe una cattiva idea.
So di mentire a me stesso, ma non ne posso fare a meno. Il mio mondo sta crollando, pezzo dopo pezzo.

***

– …pulviscolo atmosferico! Allora non si parlava d’altro. Era ovunque, bastava un raggio di sole che filtrava dalle tende e lo vedevi. Tutte quelle particelle microscopiche che danzavano nell’aria, sempre in movimento, inafferrabili. Poi ci hanno portato via tutto, i nostri sogni, le speranze… quei porci dei politici si sono presi tutto! Anche il pulviscolo atmosferico! Io me lo ricordo bene, ma ora non lo vedo più, non lo vedo più…
– Nonno, forse è perché non ci vedi più bene, i tuoi occhi non sono più quelli di una volta.
– Ma che diavolo stai dicendo? E tu chi sei? Che ci fai qui?
– Nonno, sono io, Claudio. Non mi riconosci?
– Claudio? Non conosco nessun Claudio! Ti hanno mandato loro? Ah! Gli faccio ancora paura, vero? Sono vecchio, ma quelli come me vanno tenuti d’occhio, eh? Io non dirò niente, mi porterò i miei segreti nella tomba! Diglielo, diglielo pure, con me non c’è niente da fare!
Mi alzo e vado alla finestra. Sta piovigginando, una leggera pioggia d’aprile, fresca e finissima, simile a rugiada. Fra le nubi si è aperto uno squarcio e il sole fa capolino, disegnando un tenue arcobaleno che finisce oltre il tetto del palazzo di fronte, dopo il giardino.
– …quelle minuscole particelle di polvere che danzavano nell’aria…
Guardo giù, la panchina su cui ci siamo seduti tante volte con il nonno. È bagnata, ma non troppo, l’albero l’ha in parte riparata dalla pioggia. Un giorno che lei mi aveva accompagnato, sarà stato l’estate scorsa, eravamo tutti e tre a goderci l’ombra di quel leccio.
– …il governo, sono stati loro…
Mi volto a guardare il vecchio, ripiegato nella poltrona, con le gambe coperte da un plaid, perso nel suo mondo di ricordi, alcuni veri altri solo immaginati, ma non per questo meno reali per la sua mente corrosa dall’alzheimer.
– …io ho combattuto per la libertà di questo paese, e loro ci hanno portato via tutto…
Torno a sedermi accanto a lui.
– Davvero non mi riconosci? Non ti ricordi di me?
Il vecchio mi guarda con gli occhi velati dalle lacrime, sembra riflettere per un attimo prima di rispondere.
– Certo che mi ricordo di te, Giuseppe. Eravamo insieme, dalle suore, poi noi ci siamo trasferiti, non ti avevo più visto. Siete venuti qua anche voi?
Gli appoggio una mano sulla spalla e sorrido.
– Sì. Siamo venuti anche noi qua, adesso.
Annuisce e mi sembra più sereno. Rimaniamo per un po’ a guardarci, poi mi alzo.
– Ora devo andare, tornerò presto a trovarti.
– Va bene… ah, senti, salutami tuo padre.
– Mio padre?
– Sì, quando vado da lui in farmacia, con la mamma, mi regala sempre qualcuna di quelle caramelle d’orzo…
– Certo, lo farò – rispondo, mentre gli sistemo la coperta sulle ginocchia. Mi volto ed esco dalla grande stanza bianca. Nessuno di quei precari ospiti presta attenzione al mio passaggio.
Fuori, nel freddo della sera, fantastico su un’altra vita nella quale mio padre fa il farmacista e io sono quel ragazzino, l’amico di una versione fanciullesca, quasi inconcepibile prima d’ora, di mio nonno.
Questo pensiero mi accompagna fin sull’autobus per tornare a casa ma, lì, in mezzo a quelle facce sconosciute, d’improvviso mi colpisce la certezza che non lo vedrò mai più da vivo.

***

Mio padre mi ha chiesto se volevo guidare, non è da molto che ho preso la patente, forse era un suo modo per farmi sentire adulto. Ho risposto di no, avevo paura di distrarmi, di pensare ad altro. Mentre venivamo qua, seduto nei posti dietro in macchina, guardavo stupito la parata di bandiere rosse alle finestre e davanti alle case, per la strada. L’ho presa come un gioioso saluto a mio nonno, un tributo alla sua fede politica, ai suoi ideali. Poi ho capito che erano solo le rimanenze di ieri, il 1° Maggio, la Festa dei Lavoratori. Ma è stato bello lo stesso, a lui di sicuro sarebbe piaciuto.
C’è il sole al cimitero, ormai fa caldo, la primavera è arrivata di colpo, qualche giorno fa sembrava che quest’anno l’inverno non se ne volesse andare, e invece…
Sono rimasto fuori della chiesa per quasi tutto il tempo. L’educazione laica è una delle poche cose che sento di aver assorbito dai miei, ora mi ritrovo a essere ateo quasi senza volerlo. Non per consapevole convinzione, ma per una specie di tradizione di famiglia. E così è a causa dell’influenza che l’ambiente ha avuto su di me che non mi sono inginocchiato sulla panca a recitare preghiere come un mantra. L’idea mi fa sorridere, poi mi ricordo perché sono qui e torno serio di colpo. Mi guardo intorno, scruto le facce di parenti e amici. Ci sono delle persone anziane con uno stendardo dell’ANPI. Mi vengono in mente i racconti che mio nonno mi faceva da bambino, sulla guerra partigiana, soprattutto quando mio padre non c’era. Allora lo vedevo come un eroe, una specie di Capitan America che lottava senza paura contro le forze dell’Asse. Mi immaginavo da grande, anch’io avrei combattuto i nazisti come lui. Solo più tardi realizzai che Hitler non c’era più e che l’unica supremazia a cui la Germania aspirava in Europa era quella economica. Ne rimasi un po’ deluso, la mia occasione era svanita.
Ieri sera Annette mi ha telefonato. Dopo tutto questo tempo non sapevo cosa dirle, cercavo di immaginarla lì, davanti a me, ma la sua figura era molto sfocata, afferravo solo delle macchie di colore, il cielo degli occhi, l’oro dei capelli. Lei era triste, per mio nonno, forse un po’ anche per noi.
Mentre mi avvicino per vedere quello che succede passo vicino alle corone. Sento il profumo intenso e penetrante dei gigli bianchi, sono quasi stordito dalla loro fragranza. In una specie di vertigine sensoriale guardo affascinato il muratore che sistema i mattoni e li unisce con la calce fresca. Tutta la scena scorre quasi al rallentatore, finché la lapide viene sistemata al suo posto e solo allora mi scuoto un po’ dal mio stordimento.
Una stagione della mia vita finisce oggi e credo che per me, da questo momento, la morte avrà per sempre il profumo inebriante del giglio.
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Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Roberto, che bello rileggerti! Spero che questa stagione sia trascorsa senza grandi danni per te e i tuoi cari e rivederti qui rinverdisce questa speranza.
Mi sono mancati i ricordi con cui cuci i tuoi racconti. Splendido questo tuo, scritto con un occhio cinematografico, mi ha ricordato tanto La famiglia di Scola, una pellicola davvero magnifica.
Il tuo protagonista ragazzino, Claudio, quasi come il Carlo di Scola, ci accompagna crescendo lungo un pezzo della storia d'Italia e l'inizio della sua vita, che è anche la nostra vita.
Il nonno partigiano con le sue storie, una vittoria in parte tradita, e quell'invito a non odiare neanche il nemico, che magari è solo un altro povero disgraziato mandato a uccidere e a morire e che non avrebbe altro desiderio che starsene a casa sua. Una lezione d'amore alla fine, in cui diventa carne viva la fratellanza degli uomini, che sono lavoratori, e che oggi non si sa più cosa sia, impegnati come siamo a scannarci tra di noi per un tozzo di pane.
Curioso, anch'io avevo una compagna tedesca al liceo e con lei ho capito che i tedeschi non erano i cattivi a ogni costo che ci restituiva certa propaganda travestita da storiografia e tutta la filmografia americana da cui non si poteva fare a meno di prescindere.
Ma se noi non ce la passavamo bene, con Craxi impegnato a far lo statista in salsa italiana con la firma del nuovo Concordato, neanche i compagni, ci ricordi, erano combinati meglio, e Chernobyl sta lì a dimostrarlo.
E poi il primo amore di Claudio che naufraga per quella necessità di andare via, di costruirsi il proprio futuro altrove dove le possibilità sono maggiori, una parabola non ancora conclusa che cominciò proprio con la caduta del muro di Berlino e l'edificazione dell'Europa di Maastricht; possibilità che hanno spacciato per una grande conquista di civiltà e un'occasione irripetibile per le nuove generazioni, quando invece ha distrutto e sta distruggendo intere comunità trasformando i lavoratori in monadi nomadi senza radici e quindi senza diritti.
Non più l'emigrazione traumatica dei decenni precedenti, ma un'allegra e gioiosa possibilità da cogliere al volo.
E poi la malattia del nonno con questa magnifica riflessione finale: "Fuori, nel freddo della sera, fantastico su un’altra vita nella quale mio padre fa il farmacista e io sono quel ragazzino, l’amico di una versione fanciullesca, quasi inconcepibile prima d’ora, di mio nonno."
A questo, infine, riduce la malattia la vita di un uomo prima che ridiventi polvere.
E prima che rimangano solo i ricordi, e poi anche quelli spariscano, come quel primo maggio, che tu evochi, la festa dei lavoratori, che si consuma in una stanca liturgia priva di significato, perché del suo significato si è perduto il ricordo.
Delicato il finale, ancora con ricordi che si trasformano in riflessioni:
" L’educazione laica è una delle poche cose che sento di aver assorbito dai miei, ora mi ritrovo a essere ateo quasi senza volerlo. Non per consapevole convinzione, ma per una specie di tradizione di famiglia. "
Il finale arriva inaspettato, troppo in fretta, ma è comprensibile; però io lo continuerei questo racconto che già non è più un racconto grazie alle tante digressioni e ci metterei mano e proverei a farlo diventare qualcosa di più complesso.
È questa la letteratura che amo leggere.
Un unico appunto sul finale, Roberto, nell'incontro con Annette i tempi verbali virano al passato. Io avrei continuato al presente.
Magnifico testo, ben ritrovato e buone feste
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Macrelli Piero
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Messaggio da leggere da Macrelli Piero »

Amo i racconti in prima persona e anche l'so del tempo presente che è difficile e che rischia di stancare se il racconto è troppo lungo. Non sono un esperto, ma io non considero un errore il salto del tempo verbale se è innestato bene nella struttura. Invece, avrei preferito ( e il racconto in prima persona facilita la cosa) che il protagonista narrante fosse sceso di più in profondità nelle emozioni che prova: in fondo la doppia perdita affettiva era una occasione per raccontarci cosa pensa della vita, dell'universo e di tutto quanto.
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Grazie Namio, un'analisi attenta e precisa che mi lusinga molto. Mi ha dato anche diversi spunti di riflessione da approfondire.
Terrò certamente conto del tuo appunto e del tuo invito a sviluppare il racconto.

Faccio tanti auguri a te e a tutti i Bravi Autori, speriamo in un 2021 migliore di quest'anno da dimenticare.
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Grazie per il commento Piero. Forse scavare troppo a fondo nei sentimenti dei miei personaggi va al di là delle mie capacità e del mio gusto, preferisco mantenermi un po' distaccato e suggerirli soltanto.
E poi, della vita, l'universo e tutto quanto ne ha già raccontato Douglas Adams :D

Grazie di nuovo e buone feste.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Per i diversamente giovani come me, questo racconto mi fa tornare in mente immagini sbiadite ma sempre presenti. Per gli ex-partigiani, vedere in che condizioni si è ridotta l'Italia è stato un grande dolore, che li ha accompagnati fino alla fine; anche per mio padre è stato così.
Ci sarebbe del materiale per farne qualcosa di più, come approfondire l'educazione sentimentale del ragazzo o il suo rapporto col nonno (e le diverse opinioni politiche di padre e nonno del narrante).
Se l'autore cambierà idea in proposito, sarei felice di leggerne gli sviluppi.
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Ciao Roberto, mi fa davvero piacere che tu sia tornato... Alcuni dei "vecchi" parevano spariti da qui e tra questi avevo notato anche la tua assenza, e mi dispiaceva. Sono arrivati molti "nuovi", con alcuni dei quali si è instaurato un buon rapporto, fatto di educati e attenti commenti sui pezzi in gara. Ma sto divagando... Il tuo racconto mi è piaciuto, mi è piaciuto il percorso temporale che lo ha caratterizzato, a partire da quell'incontro avvenuto in seconda media. E poi il ricordo della vita vissuta coi fatti storici narrati da quella bella figura, sempre più un declino, sino alla prevedibile fine, del nonno. Ho molto apprezzato il finale, col profumo dei gigli... Bravo!
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

bello. bello e profondo, penetra all'interno e scava, lavora.
leggere poi di un partigiano è ancora più bello, visto che oggi sembrano tutti averli scordati o, addirittura, irriderli.
siamo messi davvero male, come paese, se arriviamo a mettere in discussione l'operato di chi ci ha salvato le chiappe.
tornando alla storia, ben scritta, non ho notato refusi o errori.
le descrizioni sono più che buone, le situazioni non tanto, visto quel che accade...
complimenti
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Grazie Andr60, mi fa piacere che questo racconto tocchi certe corde in chi lo legge.
Ti sono grato anche per l'invito a svilupparlo, in effetti ho sintetizzato molto per postarlo qui.
Mi associo agli auguri.
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ciao Laura, ho seguito un po' le ultime gare, anche se non ho partecipato e commentato, ho visto che sono arrivati molti nuovi Bravi Autori.
Grazie per il bentornato e per il tuo bel commento.
Tanti auguri di Buon Natale!
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

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Grazie Fausto, mi fa molto piacere il tuo commento, che tu abbia apprezzato sia la forma che il contenuto.
Rinnovo gli auguri a te e a tutti gli appassionati utenti di questo forum.
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Messaggio da leggere da RobediKarta »

Ciao Roberto, nel complesso mi è piaciuto anche se non è il mio genere come scrittore. Ma come lettore mi ha ricordato "Archeologia del presente" di Sebastiano Vassalli, che considero un piccolo capolavoro. É scritto molto bene, possono esserci dei piccoli errori di formattazione ma non sono un correttore di bozze e non ci guardo molto. Sembra un soggetto pronto per una serie tv del tipo "Come eravamo". Mi è piaciuta però maggiormente la parte più "privata", personale, per esempio la descrizione del primo incontro con Annette e l'ultima parte al funerale del nonno, con i pensieri del protagonista. Sebbene molte riflessioni siano condivisibili, mi ha convinto meno il lato "pubblico", l'influenza degli eventi storici sulle vite dei personaggi, a volte sfiori lo stereotipo, la retorica. Mi ha colpito invece quella frase sul pulviscolo atmosferico, è un termine in effetti caduto un po' in disuso, oggi si parla di polveri sottili. Cosa volevi dire ? Ultima domanda: "Sarà la decima volta che vediamo la colonna di carri armati e quell’uomo con i sacchetti della spesa, Annette spegne la TV". Si tratta di Tien Ammen ?
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

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Ciao Francesco, sono contento di aver risvegliato i tuoi ricordi.
Grazie mille per il commento e il voto, ti auguro un felice 2021!
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

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Ciao RobediKarta, cominciamo dalle parti che ti sono piaciute meno: gli accenni a eventi famosi mi sono serviti per definire il contesto storico e sociale del racconto, sul fatto che possano sembrare stereotipati e retorici non posso che concordare, in fondo è un po' quella la loro funzione nell'economia della narrazione.
Veniamo al pulviscolo atmosferico: anch'io ho avuto l'impressione che sia una definizione caduta in disuso o comunque meno comune di un tempo, proprio per questo mi ha suggestionato per parlare dell'alzheimer del nonno di Claudio, malattia nella quale ricordi e amnesie vengono frullati in maniera imprevedibile.
Sì, la colonna dei carri armati e l'uomo con i sacchetti della spesa è l'immagine simbolo della rivolta di Piazza Tienanmen e della sua sanguinosa repressione da parte del governo cinese.
Ti sono grato per il commento positivo e per l'implicito suggerimento riguardo al romanzo di Vassalli, che non ho letto.
Buon anno nuovo!
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Ciao Roberto. Ho letto i commenti e non ancora il tuo racconto. È un racconto lungo, che probabilmente richiede attenzione. Non vedo l'ora di leggerlo quando entrerà in gara. È una mia scelta, anche approvata da Massimo. Esaminerò e commenterò e voterò quando entrerai in gara, vale a dire quando anche tu ti spenderai per gli altri/e che partecipano col tuo commento. 🤗
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Roberto Bonfanti
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Re: Commento

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Marcello Rizza ha scritto: 27/12/2020, 13:13 Esaminerò e commenterò e voterò quando entrerai in gara, vale a dire quando anche tu ti spenderai per gli altri/e che partecipano col tuo commento. 🤗
Ciao Marcello, lo farò senz'altro!
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Marcello Rizza ha scritto: 27/12/2020, 13:13 Non vedo l'ora di leggerlo quando entrerà in gara. È una mia scelta, anche approvata da Massimo.
Sì, ma io mi riferivo ai nuovi arrivati, non ai veterani :-)
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Eh! Ma io sono entrato da poco, non conosco i veterani...😁
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Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

E va bene. Commento ora il tuo racconto entrato in gara e lo voto. Parto raccontando cosa non mi piace di norma in un racconto: il tempo presente. Quasi sempre trovo faticoso concentrarmi su questi racconti. Anche come argomento letterario non è tra i miei preferiti. C'erano, quindi, tutti i presupposti perché abbandonassi a metà il tuo lavoro. Inoltre, proprio l'uso del tempo presente in un racconto che abbraccia un excursus di vita prolungato, mi sembra di capire circa otto - dieci anni del protagonista, può essere "pericoloso" per chi scrive. E invece...ho letto il tuo lavoro tutto di un fiato. Forse per quel "di un fiato" o forse perché sei uno scrittore attento e valido, non ho riscontrato refusi, forse un dubbio solo quando hai usato un esclamativo anziché un interrogativo. Nel mentre che lo leggevo ci ho trovato quella magia triste del "La meglio gioventù", continuava a ronzarmi in testa quel titolo, quella storia, quelle immagini. E, ti dirò di più, questo tuo racconto mi ha "intimidito", mi ha messo con le spalle, ambiziose di voler scrivere, al muro. Chi sono io per confrontarmi con persone che sanno veramente scrivere? Prima di leggerti ero indeciso se pubblicare in concorso un racconto vecchio, rivisto e adeguato, o se scriverne uno nuovo. Ora mi chiedo se sia opportuno distrarre con il mio scritto altri da racconti così belli come il tuo. Ah! Il voto. Devo dirtelo? Buon anno e grazie di averci fatto leggere la tua arte.
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

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Ciao Marcello, rispondo di getto.
Il tuo commento da una parte mi gratifica molto, sarei ipocrita se dicessi il conrtrario, dall'altra mi intimorisce.
Guarda che è più o meno quello che penso io leggendo alcuni racconti qui; senza andare a scomodare paragoni imbarazzanti (chi scriverebbe dopo avere letto Dostoevskij, Carver, Buzzati o chi pare a te?), ognuno ha il suo stile e scrive secondo le proprie possibilità, anzi, queste gare sono un'ottima palestra per migliorare, ti confesso che da quando partecipo ho iniziato a prestare molta più attenzione di prima a certi aspetti, le ripetizioni, la scelta dei vocaboli, la coerenza dei tempi verbali, la cura della punteggiatura ecc. E questo sia perché stimolato da racconti migliori dei miei, sia perché mi hanno fatto notare i difetti della mia scrittura, cosa che andrebbe sempre, e ripeto sempre, apprezzata.
Dicevo che il tuo commento un po' mi preoccupa perché io mi sento tutt'altro che un "bravo autore", sono uno che si diletta a mettere nero su bianco le cose che gli frullano in testa, con risultati sempre incerti. Altro che arte, il mio è al massimo artigianato amatoriale, e va benissimo così.
Quindi ti invito a proporre le tue storie, qualcuna sarà più apprezzata, qualcun'altra meno, ma tutto questo ti servirà e, soprattutto, ti divertirà, che è la cosa fondamentale.
Ti ringrazio molto e auguro anche a te un bel 2021!
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Messaggio da leggere da Lucia De Falco »

Questo racconto è una perla rara. È un sapiente equilbrio tra ricordi di scuola, un grande amore giovanile, ricordi privati, alternati da frammenti di storia, buttati qua e là in modo solo apparentemente casuale. Storia del presente coevo al narratore, storia del passato dell'epoca della lotta partigiana, tutti frammenti di storia unificati da un unico filo conduttore: il nonno. È lui il fulcro della storia, tra il timore di ferirlo con la fidanzata tedesca, i suoi ricordi di gioventù, che si intrecciano con la storia più recente, fino alla sua morte, evento che segna la crescita del ragazzo. Per certi aspetti, molti di noi possono identificarsi nel ragazzo narratore. Questa storia è molto bella e, per certi aspetti, mi ha fatto venire in mente mio nonno, coi suoi ricordi dell'epoca della guerra. Complimenti per la successione delle sequenze narrative, che non appesantisce il racconto.
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Ciao, mi piace molto come riesci a rendere momenti di vita quotidiana in modo così reale e sincero, susciti emozioni con storie che, in un modo o nell’altro, tanti altri possono aver vissuto.

In particolare questo pezzo:

“Mentre ripeto le parole di mio padre rifletto sul significato che diamo all’espressione “la cosa migliore”. Mi arriva come un’epifania in tutta la sua soggettività: esiste sempre un confine fra quello che pensiamo sia giusto e quello che lo è davvero. Per alcuni è un deserto sterminato, per altri è un breve sentiero, in ogni caso ora capisco quanto sia faticoso attraversarlo.”

È molto bello e significativo per me, in questo periodo.

Non ho grandi spunti da darti, non cambierei niente... davvero molto bello!
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Roberto Bonfanti
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Grazie Lucia, mi fa molto piacere essere riuscito a farti arrivare i punti cruciali del mio racconto.
Prima di pubblicarlo ero un po' dubbioso, vuoi per la lunghezza, vuoi per la frammentazione in capitoletti distanti nel tempo, pensavo che non sarebbe stato apprezzato. Invece le tue parole (e quelle di altri che hanno commentato) mi rincuorano.
Ti faccio tanti auguri per il nuovo anno, grazie ancora.
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ciao Selene, grazie davvero. Quello che dici è molto bello, in fondo quello che mi piace raccontare sono le storie comuni, sapere che ti arrivano e suscitano emozioni è gratificante.
Tanti auguri!
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ciao Roberto, non so come ringraziarti per tutti i complimenti che leggo nel tuo commento, è un vero piacere ricevere analisi così attente e particolareggiate.
Quanto alle preferenze sui personaggi non mi pronuncio, è giusto che ogni lettore abbia le sue interpretazioni e le sue simpatie. Com'è giusto che diventino spunti di riflessione.
Grazie di nuovo e tanti auguri per questo 2021!
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Ciao Roberto ho letto il tuo racconto e mi è piaciuto molto. Lo vedo quasi come un 'autobiografia,. il protagonista adolescente è tenerissimo nel descrivere la prima fidanzatina, tedesca, al nonno partigiano che lui adora. I vari eventi storici inquadrano in maniera precisa la tua storia. La parte finale è commovente, ci sono sempre dei particolari che ci legano al ricordo delle persone care che abbiamo perduto e il tuo protagonista lo ha trovato nel profumo dei gigli che sono fiori profumatissimi e stordiscono col loro odore.
L' unico difetto se così si può chiamare è la lunghezza forse potresti lavorarci per un lavoro più esteso tipo romanzo breve.
È stato un piacere leggeri.
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Re: Il profumo del giglio

Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ciao Liliana, mi dai l'occasione per chiarire che il racconto non è autobiografico, anche se ci sono delle anologie fra le vicende che ho fatto vivere al mio protagonista e qualcuna che mi è toccata in sorte.
Ti ringrazio molto per gli apprezzamenti e per la riflessione sui ricordi dei nostri cari, il tuo consiglio lo terrò sicuramente in considerazione.
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Che bella storia, mi sono commosso. Mi è piaciuto molto il finale, è la parte del racconto che trovo estremamente intima a perfetto completamento di un bel capolavoro. Non c'è null'altro da aggiungere se non un invidiabile bravissimo.
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Re: Il profumo del giglio

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Ciao Nando, ti ringrazio per il tuo commento. È una bella soddisfazione scoprire che un mio racconto ha toccato qualche corda emotiva in chi lo legge.
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Racconti come questo mi spingono a migliorare, a cercare di alzare il tiro. Ha tutti gli elementi che vorrei mi appartenessero: ottimo stile, buona tenuta del ritmo, originalità, capacità di emozionare ecc. ecc. Complimenti!
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