E la chiamavano musica...
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E la chiamavano musica...
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Un racconto che mi ha trasportato in quella lontana era geologica, in cui la musica era quella rock (e quella beat, nella versione italica) e il rap/hip hop era confinato nel Bronx.
Oggi il rap è uscito dal ghetto ed è diventato la versione musicale della scatoletta di ravioli in tomato sauce: indigesta e insopportabile.
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Commento: E la chiamavano musica ...
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La scrittura riconda quella di Miller, non so perché ma per un attimo mi è sembrato di rileggere il Tropico del cancro. Sulla punteggiatura o refusi nulla da dire, tutto in ordine e niente stona. La storia è bella, mi dispiace non aver vissuto quei momenti. Azzardarei un commento di pancia (non voglio essere antipatico, davvero): rispetto alla gara precedente solita ottima scrittura, ma spessore della storia completamente differente. Voto 5.
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Questo racconto è totalmente autobiografico e, come hai letto, non riuscii proprio a godermi quella pazza tre giorni. Tanto meno a scrivere appunti sui miei quaderni. Seguii le varie performance, ricordo bene quella di Donovan, gli Spirits, forse anche Country Joe, che non avevo mai sentito prima, ma, come avrai capito, quello non fu certo l'unico festival a cui partecipai in quegli anni. Posso dire, modestia a parte, che furono ben pochi gli eventi a cui non assistetti. Capisco la tua delusione per la mancanza di particolari. Se vuoi ho scritto, per esempio, di un altro concerto al Roundhouse di Camden dei mitici Doors nel 1968 e sono disponibile a inviartelo, o magari anche a pubblicarlo nella prossima gara.Francesco Pino ha scritto: ↑02/01/2022, 9:40 Non avevo mai sentito parlare del Bikershaw e sono andato a cercarmi alcune informazioni. In quel 1972 ci suonarono i Graetful Dead, gli Hawkins (nei quali all'epoca militava Lemmy Kilmister), i Kinks... avresti dovuto parlare anche (e non poco) della musica per trasportare il lettore in quel luogo e in quel tempo. E poi, non si dovevano prendere appunti sulle band che suonavano? Che fine hanno fatto? Possibile poi che in tre giorni non si sia incontrato nessun personaggio particolare tra il pubblico?
Va bene tutto quello che c'è scritto, ma secondi me manca il festival.
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Cosa ti posso dire? Spero tu sia ancora abbastanza giovane per ricrederti. Io sono tagliato fuori, ormai, ma un Vasco Rossi potrebbe andarti bene?Egidio ha scritto: ↑03/01/2022, 5:53 Ho apprezzato il tuo racconto, Alberto, scritto con un linguaggio originale (c'era un "raggiante di essere riuscito ecc." che mi ha stupito, e altre costruzioni formali interessanti). Sui contenuti non saprei che dire. Non ho mai partecipato ad alcun concerto rock, pop... Sono andato con parsimonia in disco, ma l'obiettivo principale era un altro...
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Racconto totalmente autobiografico. Come hai capito, a quel Festival non mi andò molto bene, e non mi sembrava giusto inventare avventure che non avevo vissuto.Mariovaldo ha scritto: ↑02/01/2022, 10:21 Un racconto ben pensato e ben scritto, che tratta di un avvenimento che non conoscevo, sara' forse perchè i miei gusti musicali erano e sono molto diversi. Comunque, pur col limite gia' segnalato da qualcuno, cioe' la mancanza di una vera storia, ho apprezzato.
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Re: Commento
Spiacente, ma la birra era vietata, se ben ricordo, e il profumino, non tanto particolare, che aleggiava era quello delle latrine a cielo aperto.Athosg ha scritto: ↑01/01/2022, 15:27 Anche questo racconto musicale gronda la nostalgia dei grandi raduni musicali della nostra gioventù. Sono convinto che non l'hai raccontata tutta visto che manca l'odore della birra e di qualche altro profumino particolare! Rimane un bel racconto di un passato che tutti ricordiamo con grande piacere. Le inglesine io me le ricordo nel contesto delle vacanze a Lloret de Mar: biondine, carine, con le scarpe color pastello in tinta con il vestito.
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all'epoca avevo 15 anni, quindi eran giorni d'oro, per me.
ma era un momento particolare per tutti, esplosione di vita a non finire, il via a un mondo nuovo,
resoconto di un'avventura, ricordo di ciò che fu.
ben narrato, scorrevole e di piacevole lettura.
non ho notato refusi, è scritto molto bene e con punteggiatura appropriata.
gradevoli le descrizioni e le scene createsi.
piaciuto
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Re: Commento
Giustamente, mi hanno fatto notare come il lettore rimanga insoddisfatto per la mancanza di descrizioni dei vari concerti, artista per artista. Allora non mi fu possibile, ma ho assistito a molti altri eventi e per alcuni ho scritto dei racconti molto particolareggiati. Non escludo che parteciperò con uno di questi alla prossima gara.Andr60 ha scritto: ↑29/12/2021, 16:41 Confesso che non ricordavo di aver sentito parlare ( a suo tempo) di questo festival rock, a differenza di quello nell'isola di Wight del '70.
Un racconto che mi ha trasportato in quella lontana era geologica, in cui la musica era quella rock (e quella beat, nella versione italica) e il rap/hip hop era confinato nel Bronx.
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Re: E la chiamavano musica...
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Arranca forzatamente, cercando di ficcare con prepotenza il lettore in un tempo e in una situazione: è la sensazione che ricevo quando ogni parola ha il suo aggettivo e ogni frase ne ha un'altra che la "colloca".
Capisco (credo) sia la nostalgia, la voglia di "tirare le somme" per qualcuno che il tale evento ha vissuto, ma questo è compito più affine alla cronaca che alla narrazione. Analizzo elementi della prima frase per fare un esempio (sebbene sia forse la meno indicata, perché ogni prima frase serve proprio all'immersione del lettore).
"agli inizi di un decennio ricco di fermenti e contraddizioni in ogni campo dell’attività umana" - totalmente pleonastico: se racconto per immergere il lettore nel momento del racconto, non so NULLA di quello che sarà il decennio a venire. D'altronde, non citi queste contraddizioni, quindi questa pare proprio una personale considerazione, e il fermento sul quale ti fissi è quello musicale. Dov'è quindi "ogni campo dell'attività umana"?
"andò in scena [...] uno spettacolo così inconsueto" - uno "spettacolo" è sempre alcunché di preparato. Infatti, tu usi addirittura l'espressione "andare in scena", quasi ci fosse una regia.
"dai piazzali ai marciapiedi, dagli ingressi delle tube stations a qualunque altro spazio calpestabile" - ok, ok, "ogni angolo della stazione" rendeva già abbastanza bene l'idea. Nota a margine: in italiano (in altre lingue l'uso può essere diverso) non si declinano al plurale le parole straniere, quindi resta "tube station" e, più avanti, "coach".
In seguito, raggiungendo la narrazione e una dimensione più personale, il racconto fila meglio ed è gradevolmente avventuroso, sebbene l'iperbolico (per la vicenda narrata) stile da "racconto d'armi" mi stona.
Qualche virgola di troppo, forse, come in "beat generation, rendendoli simili a maschere di creta", "tra le mille possibili, in questa metropoli immensa", "via o parco, anche molto distante da Vittoria", "calorosamente, come tra valorosi compagni d’armi" (e questo è solo il primo paragrafo).
Resta un'impressione: che questo materiale sarebbe molto più adatto a un romanzo lungo, dove i tempi per godere i tanti piccoli dettagli che hai tratteggiato sono più consoni alla tua scrittura. Un esempio: "famosissimo Marquee Club, osannato tempio del rock londinese". In un racconto breve come quelli che proponiamo in queste gare, che il Marquee sia osannato non ha molto valore: come lettore, voglio concentrarmi sul protagonista e i comprimari, ma entrare nell'eccitazione che oggi può dare il pensiero di essere stato al Marquee mi distrae dalla narrazione e dalle emozioni del momento di un racconto breve.
Insomma, leggo un racconto "annegato" dal resto che è fuori scala, debordante. È vita e si sente, non lo metto in dubbio, anzi! Ma "cum grano salis", perché è la <i>tua</i> vita, le tue emozioni, le tue sensazioni. Faccele vivere <i>accanto</i> a te, non <i>dentro</i> di te, perché nemmeno potremmo.
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Re: Commento
Questo era il capitolo un romanzo a suo tempo premiato nei soliti concorsi per amatori. Questo capitolo in particolare è anche stato pubblicato (senza contributo) in un libro di racconti dedicati ad avventure di viaggio di tutti i tipi e anche questa storia faceva la sua figura.Marino Maiorino ha scritto: ↑09/01/2022, 11:14
Resta un'impressione: che questo materiale sarebbe molto più adatto a un romanzo lungo, dove i tempi per godere i tanti piccoli dettagli che hai tratteggiato sono più consoni alla tua scrittura. Un esempio: "famosissimo Marquee Club, osannato tempio del rock londinese". In un racconto breve come quelli che proponiamo in queste gare,
Mi sono limitato a inviare la copia di questo capitolo scritto almeno una ventina di anni fa.
In effetti il linguaggio è un po' troppo "romanzato". Provvedo ad apportare le rettifiche che spero lo rendano più fruibile.
Grazie del commento. Sono queste le critiche che apprezzo.
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Re: E la chiamavano musica...
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Re: E la chiamavano musica...
Scusami. Ti ricordo che se non scrivi la parola Commento nel titolo del commento (esempio Commento: E la chiamavano musica...) il sistema non te lo considera valido al fine del voto e, inoltre, non ammette in gara il tuo racconto per assenza di commenti.AlexNohman ha scritto: ↑10/01/2022, 20:31 Un racconto interessante, che mette un certo buon umore. Non essendo vissuto in quegli anni, ne essendo mai stato in Inghilterra, non posso nient'altro che far viaggiare la fantasia per evocare ciò che è scritto, ma lo stile è talmente fluido che scorre che è un piacere...
Ti è possibile rimediare cliccando, dopo che ti sei "loggato", sull'icona simile e una matita collocata alla destra del titolo del suddetto commento ed eseguire la rettifica.
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Avrei lasciato parlare i protagonisti piuttosto che raccontare, forse è questo il limite maggiore del testo. Spogliarsi dei ricordi per far vivere chi ha assistito al Festival.
Alla fine più che la musica il ricordo prevalente pare sia quello del pessimo cibo. È inutile, siamo proprio italiani, prima si mangia e poi il resto.
Dal punto di vista formale ti segnalo alcune imperfezioni:
"Ma raccontiamo la storia dall'inizio." Qui viri al presente e la voce narrante passa al plurale. Noi chi? Io avrei scritto: Ma adesso è bene raccontare... o giù di lì.
"Tuttora convito di non riuscire..." Perché tuttora? È sinonimo di adesso. In quel momento sarebbe più adatto.
Ma bravi anche gli inglesi, e Ma non era primavera, sembrano più che riflessioni della voce narrante delle intrusioni dell'autore nel racconto. Purtroppo ripeti le incursioni anche di seguito.
"Era capire cosa c'era di commestibile": direi, cosa vi fosse stato di commestibile.
"Per colazione invece berremo" direi bevemmo.
" Il cruccio successivo era...": direi, sarebbe stato.
"Il giorno appresso ci dotammo": direi, il giorno seguente.
I tempi verbali sono comunque spesso ballerini.
A rileggerti
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Commento prezioso. GrazieNamio Intile ha scritto: ↑12/01/2022, 10:30 Tutto sommato un buon lavoro. Hai scelto di adottare come forma della narrazione il personale ricordo, con la voce narrante che in prima persona al passato ripercorre la partecipazione dei protagonisti al festival di Bickershaw. A rileggerti
Mi accingo alle opportune rettifiche.
È un racconto giovanile, totalmente autobiografico. Siamo italiani, è vero, e le cose andarono proprio così, ma non a Londra con i Doors o i Cream, e nemmeno a Milano con Jimy Hendrix e molti altri.
Ho scelto di inviare il testo, scritto almeno trent'anni fa, forse nell'illusione che andava già bene così, visto che me l'avevano anche pubblicato. Idea sbagliata! Già ho incassato i rimbrotti di Maiorino e adesso anche i tuoi. Ma va bene così, anzi. Quando parteciperò per vincere (ahahah… ) ve lo farò sapere.
Grazie ancora.
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Re: commento
La storia è quella di un'esperienza che, per le condizioni climatiche e soprattutto per degli italiani viziati, non si rivelò per quello che immaginavamo prima di partire. Per mia fortuna credo di aver assistito ad almeno un centinaio di festival e concerti, un po' in tutta Europa dal 1968 fino al 2000. Poi mi sono dedicato ad altro, forse perché deluso dagli odierni saltimbanchi che di musica ne masticano davvero poca, solo effetti speciali e distorsori alle chitarre. E parlo da abbastanza competente in materia.Macrelli Piero ha scritto: ↑29/12/2021, 18:20 Racconto ben svolto che fa la cronaca di un tempo e di un ambiente non a tutti conosciuto, ma manca la storia al suo interno. Ci sono i fatti ma manca il pathos, non so come dire né se ho il titolo per farlo. a me piace l'argomento e di conseguenza ho gradito il racconto.
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Re: Commento
Ti devo delle spiegazioni. Forse il titolo ha generato in alcuni lettori una aspettativa che questo racconto non poteva né voleva dare. Il motivo è abbastanza semplice. Lo scopo era descrivere un'esperienza vissuta in prima persona non esattamente esaltante, e chi ha partecipato come me a una mezza dozzina di festival pop in quegli anni lo può ben capire.Domenico Gigante ha scritto: ↑30/01/2022, 16:00 Sarò sincero: non mi ha fatto impazzire. C'è tutta la nostalgia di un'avventura giovanile, ma - al di là della situazione climatica, della fame e del sonno - traspare poco dell'atmosfera di un grande festival. Concordo con chi ha scritto che probabilmente hai materiale per un romanzo, invece che per un racconto. Avresti forse dovuto dare una riletta al testo per eliminare qualche refuso e alcuni problemi sintattici. Cmq scrivi molto bene.
Nella prossima gara invierò il racconto di un concerto memorabile e stai tranquillo che qui l'atmosfera non mancherà di sicuro.
Refusi e problemi sintattici. L'aiuto che mi aspetto è anche qualche esempio, altrimenti come potrei valutare e intervenire?
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Come già detto da altri ho un po’ avvertito la mancanza dell’aspetto musicale dell’evento, ma questo lo hai ben spiegato con la volontà di descrivere le cose come erano andate veramente; data l’esperienza che hai dichiarato riguardo ai concerti mi aspetto altre storie sull’argomento.
Da ragazzo sono stato anch’io qualche volta in Inghilterra e, complice la scarsità di finanze, alcune disavventure culinarie me le ricordo bene!
Tutto sommato l’ho letto con piacere.
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Intervista su BraviAutori.it: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... =76&t=5384
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Re: Commento
Roberto Bonfanti ha scritto: ↑17/02/2022, 22:02 Come già detto da altri ho un po' avvertito la mancanza dell'aspetto musicale dell'evento, ma questo lo hai ben spiegato con la volontà di descrivere le cose come erano andate veramente; data l'esperienza che hai dichiarato riguardo ai concerti mi aspetto altre storie sull'argomento.
Ho in animo di partecipare alla prossima gara con le emozioni di un "vero" concerto. Ho solo l'imbarazzo della scelta:
Doors, Hendrix, Cream, James Brown, Pete Seeger, Stones, East of Eden, Wishbone Ash, De Andre, Gaber, Rossi, Guccini, De Gregori, Night of the guitar, Pino Daniele, Canned Heat, …
Ai tempi ero anche un abituè al "Capolinea" di Milano e qui sono passati veramente tutti i più grandi jazzisti Italiani, per non parlare delle jam session alle tre di mattina, cui partecipava qualche volta anche il grandissimo Jerry Mulligan. E il Ronnie Scott di Soho?
Gran bei tempi e brillava gioventù...
Magari parto dal più vecchio in assoluto: Doors a Londra del 1968, tu avresti qualche preferenza?
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Credo che Hendrix o i Rolling Stones all'epoca dovevano essere il massimo del live.Alberto Marcolli ha scritto: ↑19/02/2022, 9:48 Magari parto dal più vecchio in assoluto: Doors a Londra del 1968, tu avresti qualche preferenza?
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Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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