Memento mori

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2022.

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RobertoBecattini
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Memento mori

Messaggio da leggere da RobertoBecattini »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Mapsan non era altro che l'ennesimo planetoide dal paesaggio lunare che riempiva gli spazi vuoti della Grande Macchia Nera; tuttavia, era saltato subito all'occhio un particolare che aveva indotto il Settore Esplorazioni a inviare una prima spedizione. Disseminati sulla superficie di Mapsan c'erano dei parallelepipedi, delle costruzioni tutte uguali, il cui aspetto era fin troppo familiare, cosa che li rendeva inspiegabili. Le comunicazioni con i componenti della spedizione si erano interrotte già poche ore dopo l'atterraggio e da tre settimane ormai la Stazione Principale non riceveva risposta.
La crisi economica non permetteva di sostenere ulteriori costi. Fu deciso quindi di inviare un solo esploratore a verificare cosa fosse successo. Lo sfortunato estratto a malasorte fu il giovane Matteo Berni, risorsa umana preparata ma sottopagata con un contratto capestro. Matteo sapeva di essere sacrificabile, Mapsan nascondeva forse un pericolo mortale, ma quei manufatti erano un irresistibile motivo di attrazione per la Comunità Scientifica; anche se fino a quel momento erano tutti concordi sull'ipotesi di uno scherzo perpetrato da un archeologo spaziale.

Matteo atterrò con la sua Fiat Dune di fianco alla navicella che lo aveva preceduto. La perlustrò accuratamente. Tutto funzionava alla perfezione, non c'erano danni né all'interno né all'esterno. L'unica cosa che mancava era l'equipaggio. Scese alla ricerca di qualche traccia nei dintorni, ma non era facile trovare delle impronte dopo tre settimane, su Mapsan il vento non smetteva mai di soffiare. Aveva 24 ore di tempo, dopo di che sarebbe ripartito, gli ordini erano quelli. L'unica cosa che restava da ispezionare erano i manufatti. Matteo accese il suo neuro-regolatore emozionale per non farsi prendere dal panico. Mentre si avvicinava a uno dei monoliti cominciò a speculare sulla loro origine.
"Forse sono templi di una civiltà scomparsa, in cui si rinchiudevano individualmente per pregare. Se non è uno scherzo, allora queste che sembrano cabine telefoniche devono essere il ricordo ancestrale di un popolo che è venuto in contatto con noi. Però sono loro a ricordare noi o siamo noi a ricordare loro?"

Non aveva mai visto una cabina se non in foto, era sempre rimasto affascinato dalla loro funzione. Gli sovvenne un episodio che gli raccontava suo nonno, il cui protagonista era il bisnonno del nonno. Egli si era opposto alla rimozione di una cabina nel suo paese perché da quella cabina aveva chiamato la sua prima fidanzata per dirle che l'amava, con un gettone rubato alla madre, che dopo lo picchiò a lungo per questo. Matteo s'intenerì. Adesso era di fronte a una perfetta riproduzione di un reperto terrestre. Con la punta del fucile provò ad aprirla. Una delle ante cedette silenziosa. A un primo sguardo il materiale con cui era costruita pareva ignoto: non era plastica, non era metallo. Sembrava più una sorta di pietra nera, forse come quella che si trova nella Mecca. La sua mente iniziò a fare collegamenti assurdi.
C'era un fumetto americano da cui avevano tratto dei film; il protagonista si chiamava Superman, proveniva da un altro pianeta, ma viveva sotto un'identità terrestre, col nome di Clark Kent, un giornalista un po' goffo. Quando c'era bisogno di Superman, il buon Clark si introduceva in una cabina telefonica per trasformarsi nel supereroe. Era una metafora semplice: siamo tutti Clark Kent, un po' impacciati e maldestri, ma in alcune situazioni possiamo superare i nostri limiti e diventare eroi. "Ecco perché avevano rimosso le cabine! Il Sistema non voleva che ci rendessimo conto dei nostri superpoteri!" Ora aveva l'opportunità anche lui di trasformarsi.

Improvvisamente udì alle sue spalle dei tonfi, sempre più forti. Qualcosa stava arrivando, ed aveva il suono del pericolo; era la causa della sparizione dei suoi colleghi? Varcò deciso la porta della cabina e si girò di scatto. I tonfi erano cessati, non c'era niente che si muovesse, tutto era come prima. Come prima? Non proprio. Non aveva contato le cabine intorno a lui ma aveva la sensazione che ce ne fosse qualcuna in più.
Fu in quel momento che ritrovò la lucidità. Si accorse che il neuro-regolatore emozionale non si era mai acceso, altrimenti non si sarebbe intenerito al ricordo del bisnonno, non avrebbe fatto quei ragionamenti assurdi, e soprattutto si sarebbe girato prima di entrare nella cabina. Invece si era fatto guidare dalla paura, e la paura non sa guidare. Allungò tremante una mano verso la porta per avere la peggiore delle conferme: non si apriva. Spinse con tutte le sue forze, poi provò a tirare ma le sue mani non riuscivano a infilarsi nella sottilissima fessura centrale. Sparò col fucile su quella materia trasparente che sembrava vetro e vide che assorbiva i proiettili, i quali restavano intrappolati nello spessore della porta per poi lentamente sparire, come digeriti. Digeriti? Ad un tratto si rese conto che c'era un altro respiro oltre al suo. Dall'esterno non si avvertiva. Quella cosa era viva, vibrava. Si girò lentamente verso il telefono. Sulla tastiera erano incisi dei segni, potevano essere numeri o lettere, ma non avrebbe saputo decifrarli. Poi sul display apparve una scritta: "Memento mori". Era un'allucinazione? No, era una morte annunciata, anzi telefonata: la sua. Entrambi i respiri si fermarono per un attimo, subito dopo la creatura-cabina implose su di lui, assunse la forma di una clessidra, e lo divorò.

Pochi minuti dopo che l'eco delle urla strazianti dell'uomo si fu spento, il predatore tornò alla forma originale e iniziò a saltare in avanti soddisfatto, producendo il suono di quei tonfi che avevano spinto la vittima nelle sue fauci. Era la sua abituale passeggiata digestiva. "Grazie Matteo" pensò la cabina, "la tua trasformazione, che voi chiamate morte, non era quella che sognavi, ma mi ha allungato la vita, non è stata inutile, come sempre accade. È stato bello incontrarti. Avete anche un buon sapore. E poi siete così facili da catturare!"
RobediKarta
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Domenico Gigante
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Messaggio da leggere da Domenico Gigante »

Ciao Roberto! Ti ringrazio per questa storia bella e strampalata. Più che le cabine divoratrici mi ha colpito molto il rapporto complesso tra passato e presente del protagonista. I ricordi dei ricordi di un'epoca che è quella contemporanea entrano di prepotenza in questa realtà post contemporanea, che però ci assomiglia tanto: la crisi, il precariato, la Fiat, i fucili sono tutti simboli spiazzanti di un futuro che non sembra aver risolto nulla del presente, né a livello politico-sociale, né a livello morale. Il regolatore delle emozioni poi è un piccolo, ma ingegnoso, dono della scienza per controllare le nostre pulsioni naturali e, probabilmente, renderci anche consumatori più affidabili e prevedibili nei desideri.
Piccolo suggerimento, se mi è permesso: c'è qualche problema di punteggiatura da sistemare.
Complimenti per la splendida fantasia. La fantasia è qualcosa che invidio tanto.
Vorrei essere il mare che si muove per rimanere se stesso e più di tanto non lo sposta il vento. Fragile ma tenace.
Paola Tassinari
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Messaggio da leggere da Paola Tassinari »

Un racconto ''distopico'' , termine inverso di ''utopico'', una narrazione capace di angosciare e mettere ansia, purtroppo oggi la realtà con le notizie di cronaca è altrettanto aliena e lo scenario che apre la scienza e la tecnologia potrebbe portare un giorno neanche tanto lontano a ciò che racconta Roberto, sul regolatore di emozioni si sta già lavorando e gli anni della fiat e del nonno sembrano ormai dell'età della pietra, mi è piaciuta il senso di malinconia che mi ha ricordato l'Eternauta dei fumetti. Lo scritto nonostante la fantascienza non sia il mio genere mi è piaciuto per quella nuvola di "saudade", è anche ben scritto ma i complimenti te li faccio per quella nota aspra e dolorosa del lavoro sottopagato che persiste anche nel futuro come qualcosa di certo come la morte. "Lo sfortunato estratto a malasorte fu il giovane Matteo Berni, risorsa umana preparata ma sottopagata con un contratto capestro. Matteo sapeva di essere sacrificabile" ... lacrimuccia
Temistocle
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Bel racconto! Scritto senza troppi fronzoli ma diritto al punto. Ci sono vari temi accennati, ma tutti ben inquadrati in questa storia che viene dal futuro ma con un bisbisnonno che vive nel lontano passato. A me piace molto la fantascienza e questo racconto ne ha tutte le sfumature.
Andr60
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Racconto breve in tono scanzonato, ma che tocca temi tutt'altro che leggeri. Purtroppo conosciamo bene il precariato e anche le "morti bianche" che colpiscono più spesso i sacrificabili con contratti capestro, che si avviano a essere il 99% dei lavoratori.
La cabina aliena antropofaga è una bella trovata, potrebbe essere una metafora dell'aggeggio che teniamo in tasca e che ci fotte (per ora) solo il cervello.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Roberto, ma dai! :D
Ok, sì, sfizioso, nessun problema di scrittura (da te, non erano da aspettarsi), ma...
Grazie per avermi fatto sorridere con un po' di fantaumorismo (la Fiat Dune e il contratto capestro di Matteo Berni... :D )
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Myname
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Re: Memento mori

Messaggio da leggere da Myname »

La morale di questo racconto potrebbe essere:evitate anche gli ascensori...
Mi sarebbe piaciuto un finale a sorpresa in cui la cabina, per la prima volta in "vita" sua, non riesce a digerire il poveretto e lo vomita (pardon!)nello spazio.
Lui, prima di morire, avrebbe potuto esclamare:" per fortuna sono indigesto a tutti!"
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Messaggio da leggere da Myname »

Ripropongo quello che ho scritto poco da dato che non è stato registrato come commento:

La morale di questo racconto, leggero e,divertente, potrebbe essere: evitate anche gli ascensori...

Mi sarebbe piaciuto un finale a sorpresa in cui la cabina, per la prima volta in "vita" sua, non riesce a digerire il poveretto e lo vomita (pardon!)nello spazio.
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

E' molto divertente e fantasioso il tuo racconto, non privo, però, di notevoli e veritiere analogie con i terrestri. La scrittura scorre fluida. La terminologia usata, dal mio punto di vista, risulta essere un po' artificiale. Infatti, ad esempio: "gli sovvenne..." non mi suona molto bene, certo è corretto, ma avrei usato altri termini, più confacenti al comune parlare... La storia narrata è piacevole e originale, bravo.
Messedaglia
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Messaggio da leggere da Messedaglia »

Storia fantasiosa e bizzarra, mi ha fatto ridere quella Fiat Dune, spesso nel nostro gruppo prendiamo in giro un nostro amico che, in gioventù, ci scarrozzava con la sua macchina, a nostro dire la più brutta che sia mai stata costruita (spero di non offendere nessuno)... Proprio con questo mio amico, qualche mese fa, sono andato al cinema a vedere l'omonimo film (per Dune, non per Fiat :D) di Villeneuve. Gliene parlerò quando andremo a vedere la seconda parte, chissà che i nostri vecchi ricordi non cambino prospettiva...
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Alberto Marcolli
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Commento : Memento mori

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Ciao Roberto! Ti ringrazio per questa storia bella e strampalata. Più che le cabine divoratrici mi ha colpito molto il rapporto complesso tra passato e presente del protagonista. I ricordi dei ricordi di un'epoca che è quella contemporanea entrano di prepotenza in questa realtà post contemporanea, che però ci assomiglia tanto: la crisi, il precariato, la Fiat, i fucili, sono tutti simboli spiazzanti di un futuro che non sembra aver risolto nulla del presente, né a livello politico-sociale, né a livello morale. Il regolatore delle emozioni poi è un piccolo, ma ingegnoso, dono della scienza per controllare le nostre pulsioni naturali e, probabilmente, renderci anche consumatori più affidabili e prevedibili nei desideri.
Complimenti per la splendida fantasia. La fantasia è qualcosa che invidio tanto.
Macrelli Piero
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Messaggio da leggere da Macrelli Piero »

Un racconto breve che ricorda la Golden Age della fantascienza.
R. Matheson, F. Brown, ma sopra tutti Robert Sheckey. Bel racconto. Nelle serie di fantascienza quando scendono su un pianeta sconosciuto il primo che muore è sempre una comparsa senza battute che è un negro oppure ha un cognome polacco o, appunto, italiano.
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Eleonora2
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Messaggio da leggere da Eleonora2 »

Ho aspettato a commentare questo racconto perchè, secondo me, lettrice, c'è tanto, a cominciare dal titolo. Ho votato 4. Non ho dato il massimo perché, sempre secondo me, un po', la fantascienza distrae chi legge. L'ironia, il mettere cose a caso - al contrario non è mai a caso . la capacità di scrivere seguendo un filo logico, fanno parte delle tue caratteristiche. Purtroppo non ho letto altro di tuo - a parte la recensione al libro - e quindi il mio cercare si può sbagliare. Posso sbagliarmi, continuo a illudermi, che esista un moto irrefrenabile che induca al miglioramento. Alla prossima..
Laura Gallerani
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Messaggio da leggere da Laura Gallerani »

Questo povero Matteo mi pare la rappresentazione del tipico umano: precario, mandato avanti allo sbaraglio...ed è pure curioso. Però la curiosità qui è messa in chiave negativa, dato che gli costa la vita. Mi pare che nel racconto ci sia pure il tema della tecnologia che ci divora, che ci fa soccombere da sempre. Non mi piace che nel finale passi al plurale. Ci sono idee sicuramente buone, ma poco legate, un po' un'accozzaglia.
RobertoBecattini
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Re: Memento mori

Messaggio da leggere da RobertoBecattini »

Grazie Laura, hai colto quello che è il mio punto debole principale: troppa carne al fuoco, troppe idee, troppi concetti, spesso tenuti insieme da una trama esile o pretestuosa. Dovrei asciugare. Tuttavia il plurale "avete" non è un refuso, è legato al fatto che le cabine si erano già mangiate l'equipaggio scomparso all'inizio della storia, quindi conoscono il sapore degli Umani.
RobediKarta
Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

racconto decisamente interessante, buona la storia e buona la scrittura.
Proverei a espanderlo, oltre tutto ti consiglio di iscriverti al NASF, una pagina analoga a braviautori.it dove racconti come questo sarebbero ben apprezzati.
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Luna 69-19

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antologia di opere ispirate alla paura dell'ignoto

Nella ricerca di un tema che potesse risultare gradito a più autori, ci è sembrato infine appropriato proporre un'antologia di opere il cui fattor comune fosse il brivido. Un termine per molti versi ingannevole, almeno quanto lo sono certe credenze e immagini che la ragione volutamente ignora, o perfino deride. Eppure, l'ignoto ci aspetta al varco, silenzioso e paziente, per catapultarci nello strapiombo degli incubi o nel vortice di ansie e desideri repressi.
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