Il samurai
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Re: Il Samurai
Mi ritengo onorato e fortunato, allora, e ti ringrazio per i punti che hai individuato.
1) intendo davvero "SULLE gambe incrociate": in questa posizione i talloni sono posti sotto il bacino e il sedere non poggia a terra;
2) hai ragione, mi sono lasciato trascinare dalla familiarità con l'animale, avrei dovuto usare "airone";
3) dovrò rivedere la consecutio su un PC, qui sul cell l'impaginazione è diversa, e so che a tratti la mia consecutio è arzigogolata, quindi è tanto possibile che volessi usarla per indicare qualcosa di particolare, quanto che sia uno svarione madornale.
Ovviamente, benvenuto su BraviAutori!
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Mi pare che circa a metà racconto c'é un: chiese il bambino; che se non sbaglio dovrebbe essere: chiede il bambino. Piaciuto molto, voto 5. Ciao.
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Re: Il Samurai
Hai ragione, i tempi dovrebbero essere tutti al presente. Credevo di aver corretto questo spostamento dei tempi che si è intrufolato di soppiatto.
Ho voluto il presente per indurre un senso di immediatezza e... presenza () nel lettore. L'idea è quella di ricreare il paesaggio mentale nel lettore mentre legge.
Insomma, provo a giocare col potere della parola scritta e cerco di imparare qualcosa.
P.S.: il bambino è chiunque si sia trovato a superare un'esperienza di quelle che ti segnano, che ti fanno ricalibrare le priorità della vita, che ti fanno tornare a dare importanza alle cose semplici, infantili, per l'appunto, come una corsa nei prati (senza dover fare 10 km o arrivare primo). Il bambino VORREI sentirmi io. Di fatto è uno stato d'animo che funziona come il testimone in una staffetta: chi lo riceve dovrebbe passarlo al prossimo.
A presto!
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Re: Il Samurai
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La correlazione dei tempi l'hai messa a dura prova in questo racconto, ma nel passaggio sopra a mio avviso la virata al passato non è pertinente, oltre a essere inutile.
"In realtà non sta suonando: l’uomo emette note, ma queste non formano una musica."
Questa immagine la trovo poco riuscita: la musica è una successione di suoni gradevoli. Mentre la nota è il segno grafico che indica un suono. Quindi la musica è una successione di note. Se le note non esprimono musica è solo perché sono sgradevoli all'udito. Ma non credo che tu voglia dire questo.
Io trovo che esista, tra lettore e autore, un sorta di patto implicito nella lettura: l'autore prova a rivelare la propria visione del mondo e il lettore si impegna a cogliere l'essenza del discorso che legge. Pertanto l'autore non deve essere un infingardo o peggio un simulatore e deve adopèrare sempre la buonafede e il lettore non deve essere superficiale, deve affrontare il testo con serietà e impegno. Tra lettore e autore si instaura un rapporto di fiducia reciproca, conseguenza della libertà di entrambi. Libertà intesa non come godimento del libero funzionamento soggettivo, ma come atto creatore richiesto da un imperativo categorico; questo fine assoluto, rifatto proprio dalla libertà stessa, è ciò che si chiama valore. E l'opera d'arte è un valore.
Scrivo questo per rimarcare come tra scrittore e lettore bisogna dunque venirsi incontro, capirsi a vicenda, provare a comprendersi senza infingimenti.
Ed hai fatto bene a lamentarti del testo di RobertoDL, la tua critica coglie nel segno e ricalca in parte il senso di questo mio scrivere di adesso.
Il tuo racconto crea in breve tempo parecchi nodi: il significato di armonia e il suo posto nella comprensione del mondo, il rapporto maestro discente, la contrapposizione tra il dovere morale (non far male a chi non lo merita) e il dovere giuridico (assecondare gli obblighi verso il padrone) e tra questi doveri e il dovere naturale rappresentato dal concetto di armonia (che non è l'armonia musicale). Quindi la contrapposizione tra uomo e natura, E poi ancora il contrasto tra Oriente (il Samurai) e Occidente (l'ambientazione irlandese e il bambino Maestro; ed è come se l'Occidente debba insegnare all'Oriente. Un Oriente in apparenza adulto e un Occidente in apparenza bambino).
E ancora la similitudine iniziale tra armonia del creato e armonia musicale.
Per non dire della metafora del bambù.
E nel finale ancora il flauto incerto suona le sue note senza musica senza seguire nemmeno un'armonia, in cui provi a definire il discorso ritornando alla similitudine armonia musicale armonia del creato. Il Samurai sembra contento, ha capito.
Ma a questo punto al lettore cosa rimane?
L'insieme di questi nodi, simiglianze, rappresentazioni, la complessità del tuo narrato, viene solo apparentemente sciolto dall'autore.
A questo punto, ti confesso, come lettore mi son sentito tradito. L'armonia del creato e l'armonia musicale in che rapporto si pongono tra loro? Il Samurai è consapevole del suo ruolo? Comprende quale strada scegliere e per quale motivo? Il Samurai apprende veramente dalle parole del maestro bambino? Comprende il proprio passato? E realizza davvero la propria armonia?
Molti i nodi intrecciati dal valente autore, ma li ha poi veramente sciolti? Cos'è veramente l'armonia per l'autore?
Manca, a mio avviso, un'accurata concatenazione tra causa ed effetto che fa dire alla fine del discorso... ma lo sai che ha ragione?
Francamente io non posso dire se il bambino o il samurai abbiano ragione. Se tu abbia ragione.
E quindi non mi rimane che ammettere a malilncuore di essere un lettore non all'altezza del testo appena letto.
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Re: Il Samurai
sei andato più volte, in questi mesi, assai più a fondo di quanto io stesso avessi visto mentre scrivevo. Per me è sempre una sorpresa, certamente un punto di distinzione, che una persona della tua cultura trovi così tanti riferimenti - e di che livello! - in questi miei "appunti di viaggio", ma a me è stato dato solo di scrivere questo racconto, a te di leggerlo (e di decifrarlo).
Mi spiego: per me c'è un patto implicito tra scrittore e scritto che anticipa quello tra scrittore e lettore, e diventa trinitario quando il lettore incontra lo scritto: "non piegherai ciò che scrivi al tuo gusto". Perché "trinitario"? Perché di fatto nessuno scrittore crea davvero finché non è il lettore a creare a sua volta, ri-evocando nella propria mente, CON la propria mente, ciò che è solo scritto.
Questa volta, però, tutti gli elementi che hai individuato li ho visti anch'io, ho visto anche i nodi non sciolti e, se ci pensi bene, sono perfettamente armonici al discorso (il quale si chiude proprio accettando le disarmonie come forme diverse di armonia).
Questo è il racconto di una trasformazione e la metamorfosi è sempre un momento drammatico: siamo così sicuri di ciò che saremo al termine del processo? Il samurai DESIDERAVA che giungesse quel bambino, ma non era sicuro che sarebbe giunto proprio quel bambino. E sì, le note non esprimono musica PROPRIO perché sono sgradevoli all'udito.
Armonia musicale e armonia del creato: crediamo di avere una concezione "naturale" di quella che è la musica, che in realtà si fonda sulla progressione logaritmica delle lunghezza degli organelli nella nostra coclea. In cosa è diversa una sequenza di suoni da "musica"? Dal rispetto (o meno) di determinate regole e proporzioni fisiche, geometriche, che normalmente non consideriamo. Non le consideriamo, ma sono lì a indicarci cosa è armonia e cosa non lo è.
Se quindi è non-armonia il contravvenire a delle norme (peraltro invisibili), e ci dà malessere (il samurai che stona), perché il samurai si sente disarmonico pur rispettando il suo padrone (regola "scritta")? Perché il suo animo percepisce regole più profonde del codice d'onore che egli è tenuto a rispettare, e sa che sta contravvenendo a quelle.
Il samurai AL PRINCIPIO non è consapevole del proprio ruolo: lui è lì solo per trovare LA PROPRIA armonia, vuole uscire dal tormento che lo assilla. Il suo cammino comincia egoisticamente.
Ma la lezione del bambino, che è bambino perché non sa nemmeno quali siano, le regole, è esattamente quella che QUALUNQUE cammino è armonico (qui sarebbe necessario dilungarsi sul fatto che l'armonia, essendo sempre un concetto legato alla PROPORZIONE, richiede implicitamente ALTRO con cui confrontarsi, e nemmeno solo qualitativamente, ma addirittura QUANTITATIVAMENTE!): può essere più o meno in accordo con ciò che sentiamo, ma siccome noi non siamo MAI soli o immuni da spinte esterne, tutto ciò che facciamo è "suonare (male) il triangolo nella filarmonica dell'Universo in un autobus che affronta allegramente i tornanti di una scogliera".
Perciò, che il samurai comprenda o meno quale strada scegliere NON è un nodo: è molto più importante che capisca che QUALUNQUE strada scelga NON è fonte di dis-armonia. Prosaicamente, "crescere implica imparare a fare scelte, E A NON LAMENTARSENE DOPO AVERLE FATTE".
Se apprende le parole del maestro bambino? Credevo fosse chiaro, quando scende dalla pietra e si accorge di avere le gambe più corte e si mette a correre come non faceva da anni: è tornato egli stesso bambino!
Ora va verso il suono di un altro flauto disarmonico: diventando bambino, è diventato a sua volta maestro, e sa bene che un'altra persona ha bisogno di trovare la propria armonia. È quanto fa un bambino che ha appena trovato una nuova conchiglia: corre a farla vedere a chi lui sa che non l'ha mai vista.
E ora parliamo dell'autore: un processo di trasformazione si racconta sulla carta come se fosse finito, ma raramente è così. Cominciamo a vedere le avvisaglie di ciò che dobbiamo apprendere e cominciamo subito a lavorarci su; alle volte l'entusiasmo si ferma per un po', si raffredda, poi riprenderemo più in là, forse, chissà. Causa? Effetto? Già nell'antica grecia i filosofi avevano capito e usavano come paradosso la domanda "è nato prima l'uovo o la gallina?", che risolvi solo con l'evoluzione: l'uovo di gallina deposto da un animale che non è ancora gallina, l'essere in potenza. In un processo in corso di svolgimento non è sempre facile stabilire causa ed effetto, "E non importa, realmente". Quello che importa è che tutto "si può fare" (cito Branduardi, ora), l'importante è vivere la vita in pace con sé stessi, possibilmente con gli altri.
Può sembrare leggerezza ma, pensaci bene: il samurai si sente disarmonico a causa del proprio malessere interiore, qualcosa lo istruisce sull'armonia che vorrebbe sentire ma egli non SA (materialmente) cosa. Coscienza? Morale? Etica? Semplici emozioni? Quello che importa è che, riconoscendo anche a ciò che non è regolato e codificato la dignità di guidare scelte, egli sarà più cosciente delle scelte da fare, potrà operare d'ora in avanti le proprie scelte anche in base a queste "nuove" considerazioni. Alcuni lo vedranno disarmonico, probabilmente (per usanze, convenzioni, costumi, contratti...) ma fortunatamente un essere umano è anche altro, molto di più.
Ciò detto, io non penso di aver ragione, e nemmeno questo importa, realmente: non mi sono posto nell'ottica di convincere chicchessia se non (per una volta) me stesso.
Perciò, come vedi, NON sei assolutamente stato un lettore NON all'altezza del testo appena letto, piuttosto è il racconto che mi è stato "dettato" per seminare dubbio e da quello, se possibile, pace.
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Re: Il Samurai
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Re: Il Samurai
Se ci pensi l'opera letteraria è un po' come ogni altro oggetto di questo nostro mondo. L'albero che vedo dalla mia finestra in questo momento agitarsi, vibrare e muoversi molestato da un violento e seccante rafficoso libeccio che infuria dalle montagne al mare alle sue spalle sono io che lo vedo in questo modo adesso e lo metto in relazione al cielo, alla terra a ciò di cui ho scritto.
Se non ci fossi io non esisterebbe alcuna di queste relazioni che io ora vedo.
L'uomo sa che ogni relazione in questo mondo è dovuta a lui come altrettanto bene sa che quanto esiste non dipende da lui e continuerà ad esistere anche senza di lui.
È una sorta di maledizione.
"Ma la lezione del bambino, che è bambino perché non sa nemmeno quali siano, le regole, è esattamente quella che QUALUNQUE cammino è armonico (qui sarebbe necessario dilungarsi sul fatto che l'armonia, essendo sempre un concetto legato alla PROPORZIONE, richiede implicitamente ALTRO con cui confrontarsi, e nemmeno solo qualitativamente, ma addirittura QUANTITATIVAMENTE!): può essere più o meno in accordo con ciò che sentiamo, ma siccome noi non siamo MAI soli o immuni da spinte esterne, tutto ciò che facciamo è "suonare (male) il triangolo nella filarmonica dell'Universo in un autobus che affronta allegramente i tornanti di una scogliera".
Perciò, che il samurai comprenda o meno quale strada scegliere NON è un nodo: è molto più importante che capisca che QUALUNQUE strada scelga NON è fonte di dis-armonia. Prosaicamente, "crescere implica imparare a fare scelte, E A NON LAMENTARSENE DOPO AVERLE FATTE"."
Qui non sono daccordo, metti in relazione l'armonia con ciò che è giusto, buono , utile, bello.
Il sistema delle sfere perfette aristotelico tolemaico era meravigliosamente armonico ma errato. Però era esatto finché lo si è creduto tale. L'armonia prescinde dal giudizio su ciò che è giusto o sbagliato. Possono coincidere come non.
L'armonia nasce dalla nostra predisposizione a distinguere schemi ordinati in mezzo al caos. Ma tra l'armonia e un giudizio di valore non v'è relazione. Quindi il tuo samurai può percepire come armonico anche ciò che è sbagliato e cattivo, giusto o buono, bello o brutto, e le sue scelte saranno madri e figlie di questi concetti valoriali, ma essi non entreranno in relazione con l'armonia inteso come giudizio estetico basato sulla proporzione, la simmetria, l'equilibrio e frutto della nostra attitudine a scorgere l'ordine nel caos.
A rileggerti
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Re: Il Samurai
Mi ritrovo quindi su molti punti, tranne uno (per quanto possa sembrare una sciocchezza): per me l'opera è soggetto, non oggetto. Ne discendono molte considerazioni che non voglio qui eviscerare.
Sul secondo punto, che paragoni al sistema armonico tolemaico, non ho alcuna pretesa di accostare il mio modo di scrivere a nulla del genere: molto più semplicemente approfitto della potenza espressiva della scrittura per stimolare paralleli. L'armonia, in questo senso, non prescinde da ciò che è giusto o sbagliato: percepisci una stonatura e la etichetti come "sbaglio", e così quando qualcosa provoca in te un rimorso o un malessere sai che qualche categoria valoriale è stata infranta.
Ma hai perfettamente ragione quando dici che il samurai può percepire come armonico ciò che è ingiusto, brutto o cattivo: il punto del racconto non è quello del "volemose bbene" perché tutto è permesso (perché al contrario quest'atteggiamento sommuoverebbe in noi rimorsi ancora maggiori: in nessun momento si suggerisce di gettare alle ortiche le vecchie categorie valoriali), al contrario il punto è un richiamo a essere più coscienti dell'esistenza di categorie ulteriori, spesso in conflitto con le più evidenti. Il punto è che le scelte sono difficili perché devono tenere conto di queste contrapposizioni (che noi non possiamo sanare), e che questa condizione va accettata, contemplata e vissuta come logica conseguenza (armonia) del vivere.
Perciò, come hai osservato più su, il racconto non chiarisce cosa farà il samurai, il quale potrà scegliere con maggior consapevolezza, con la serenità di chi impara di volta in volta a considerare meglio le proprie scelte, sapendo che di questo si tratta, di barcamenarsi tra spinte opposte che però confluiscono nella nostra vita.
È molto lontano, ad esempio, dal concetto cattolico di "peccato" per il quale dovremmo "confessare" (addirittura "confessarCI": confessare NOI STESSI, come se il peccato fossimo noi stessi!), che pone la morale, l'etica e la giustizia al di sopra di tutto (e quindi si rifà ad Aristotele e a sant'Agostino): queste cose esistono, sì, ma insieme a tutte le altre.
Il mio racconto vuol dire (credo) solo di vivere più coscientemente, più responsabilmente, ma senza flagellarci, perché in un certo momento abbiamo preso certe decisioni basandoci su quello che conoscevamo, e avremmo fatto altrimenti solo considerando cose che abbiamo capito dopo. Non dice "Va', e non peccare più", ma "Va', e fai maggiore attenzione".
A rileggerci presto.
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Re: Il Samurai
A presto
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Re: Il Samurai
In effetti, in un momento il racconto pone la questione esattamente come l'hai vista tu: fare il suo dovere contrattuale. Né ha senso andare molto oltre: né io, né la maggior parte dei lettori abbiamo quella profondità di conoscenza della mentalità orientale (come giustamente osservi, e quale "orientale", poi? Cina? Giappone? India? Corea? Sono tutte profondamente diverse, e simili solo dal nostro punto di prospettiva culturale) da condividere un'analisi più sofisticata.
E in effetti, di questo limite ero cosciente mentre scrivevo, quindi ho evitato di andare oltre la superficie e le apparenze. Ciò non vuol dire che ciascuno possa percepire di più, ma ciò è inevitabile in QUALUNQUE opera: con Namio abbiamo già chiarito che il lettore dà una propria vita a ciò che legge.
MA il succo del racconto è (e proprio il tuo commento me l'ha fatto porre in termini chiari) che non puoi valutare un problema dall'interno. Il samurai che si pone il dilemma dell'onore ragiona come samurai, resta samurai: il suo ostacolo (come gli sottolinea anche il bambino) è il non vedere la sua condizione dall'esterno, non perché DEBBA abbandonare la condizione di samurai e prendere una decisione diversa, ma perché se resta nella sua condizione può porsi solo una risposta e non riuscirà a vedere altre soluzioni, non contemplate nella mentalità di un samurai.
Il bambino è lì a insegnare che solo perdendo ogni preconcetto tutte le soluzioni e i principi hanno pari valore e possono essere confrontati equanimemente, e questa equanimità può condurre a una soluzione "armonica" (che tenga consapevolmente conto di tutte le spinte), indipendentemente da quale essa sia.
Voglio fare solo un esempio (non è ciò che ha ispirato il racconto, ma credo ci si adatti bene) di come questo principio si applica alla nostra vita: si pensa a una carriera e si prendono decisioni che, in futuro, ci faranno stare male (rinunciare agli amici, o a metter su famiglia, o ad avere una residenza stabile, o a essere onesti) perché SI PENSA GIÀ COME SE SI FOSSE COINVOLTI IN QUELLA CARRIERA, si applicano già le "regole" di quella vita. Questo è il pensare "nella scatola": il tuo universo è ridotto alla scatola e sei incapace di vedere il problema dal di fuori, soffri lo stare chiuso nella scatola ma non pensi ad aprirla per vedere che c'è fuori.
Allora, "non importa realmente chi tu sia" perché fuori dalla scatola non si è niente di definito: samurai, suonatore di flauto, genitore, educatore, ma puoi scegliere meglio per sentirti "in armonia", ed è quello che realmente conta per chi voglia sentirsi sé stesso nella pienezza del sé, e non solo ciò che è definito dalla scatola.
Come vedi, l'esempio scelto è estremamente occidentale.
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Re: Il Samurai
Condivido molto la tua metafora della scatola, nella quale ci si rinchiude, come i topi da laboratorio che non si muovono anche se la gabbietta è aperta, poiché non saprebbero dove andare.Marino Maiorino ha scritto: ↑05/10/2022, 10:50 Grazie Andr60.
In effetti, in un momento il racconto pone la questione esattamente come l'hai vista tu: fare il suo dovere contrattuale. Né ha senso andare molto oltre: né io, né la maggior parte dei lettori abbiamo quella profondità di conoscenza della mentalità orientale (come giustamente osservi, e quale "orientale", poi? Cina? Giappone? India? Corea? Sono tutte profondamente diverse, e simili solo dal nostro punto di prospettiva culturale) da condividere un'analisi più sofisticata.
E in effetti, di questo limite ero cosciente mentre scrivevo, quindi ho evitato di andare oltre la superficie e le apparenze. Ciò non vuol dire che ciascuno possa percepire di più, ma ciò è inevitabile in QUALUNQUE opera: con Namio abbiamo già chiarito che il lettore dà una propria vita a ciò che legge.
MA il succo del racconto è (e proprio il tuo commento me l'ha fatto porre in termini chiari) che non puoi valutare un problema dall'interno. Il samurai che si pone il dilemma dell'onore ragiona come samurai, resta samurai: il suo ostacolo (come gli sottolinea anche il bambino) è il non vedere la sua condizione dall'esterno, non perché DEBBA abbandonare la condizione di samurai e prendere una decisione diversa, ma perché se resta nella sua condizione può porsi solo una risposta e non riuscirà a vedere altre soluzioni, non contemplate nella mentalità di un samurai.
Il bambino è lì a insegnare che solo perdendo ogni preconcetto tutte le soluzioni e i principi hanno pari valore e possono essere confrontati equanimemente, e questa equanimità può condurre a una soluzione "armonica" (che tenga consapevolmente conto di tutte le spinte), indipendentemente da quale essa sia.
Voglio fare solo un esempio (non è ciò che ha ispirato il racconto, ma credo ci si adatti bene) di come questo principio si applica alla nostra vita: si pensa a una carriera e si prendono decisioni che, in futuro, ci faranno stare male (rinunciare agli amici, o a metter su famiglia, o ad avere una residenza stabile, o a essere onesti) perché SI PENSA GIÀ COME SE SI FOSSE COINVOLTI IN QUELLA CARRIERA, si applicano già le "regole" di quella vita. Questo è il pensare "nella scatola": il tuo universo è ridotto alla scatola e sei incapace di vedere il problema dal di fuori, soffri lo stare chiuso nella scatola ma non pensi ad aprirla per vedere che c'è fuori.
Allora, "non importa realmente chi tu sia" perché fuori dalla scatola non si è niente di definito: samurai, suonatore di flauto, genitore, educatore, ma puoi scegliere meglio per sentirti "in armonia", ed è quello che realmente conta per chi voglia sentirsi sé stesso nella pienezza del sé, e non solo ciò che è definito dalla scatola.
Come vedi, l'esempio scelto è estremamente occidentale.
Tutta la scuola (opps, volevo dire: l'offerta educativa) ormai insegna agli scolari il modo migliore di adattarsi alle pareti della scatola, in realtà una gabbia, tanto che le sbarre diventano invisibili. Inoltre, il problema che affligge sia gli scolari che la popolazione in generale è che la gabbia sta diventando sempre più piccola.
Un modo per uscirne, almeno temporaneamente, è la letteratura.
Saluti, a rileggerti
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Re: Il Samurai
hai ragione, ma la snellezza viene dall'aver totalmente assimilato la lezione, mentre questo è un racconto scritto di getto, che si svelava mentre lo scrivevo.
Credo ci siano pro e contro in entrambe le circostanze. Siccome io mi trovo in fase di metamorfosi, narro dal mio personale punto di vista, e voi vi sorbite il "pippone"
Grazie per il commento, del quale terrò conto.
A presto!
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Re: Il Samurai
ma questo non è un racconto "zen", è un racconto (come vedo tutti i racconti). Non so nemmeno cosa sia, un racconto "zen"!
Può piacerti o non piacerti, ma il patto tra scrittore è lettore è che lo scrittore cerca di presentare la propria storia nelle "migliori" condizioni possibili, e il lettore la legge senza etichette o preconcetti. Se non gli piace, lo esprime, è suo diritto.
A presto
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commento Re: Il Samurai
efferratezze -- una erre sola.
A volte, trovo le frasi un po’ troppo lunghe, ma è una questione di gusti.
Fai un uso esagerato del “che” – 45 volte in circa 180 righe.
svirgolasse -- da dizionario Treccani il significato è “colpire o tirare un colpo con violenza, o anche senza precisione” – non mi sembra questo il significato che intendevi nella frase: “la canna svirgolasse via tra le tue mani”
Ho una curiosità: da dove hai tratto l’ispirazione per questo racconto? Per caso sei anche uno studioso di filosofie orientali? Un mio amico è finito a vivere in India e di lui abbiamo tutti perso le tracce. Non sarà il tuo caso? Auspico di no, egoisticamente. L’armonia la si può trovare anche in questa nostra Italia immersa in un mare di guai? Speriamo!
Questo racconto ha un grande pregio: stimola la mente su argomenti non banali, e non è poco!
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Re: Il Samurai
sempre apprezzati i tuoi appunti, precisi e diretti.
Il doppio "loro" - suonava male anche a me, ho cercato di trovare una soluzione per un po', poi sono corso dietro all'ispirazione: non volevo perdere il racconto per stare dietro a una parola di troppo. Poi ho dimenticato di rivedere il tutto... Dovrò rivederlo a mente fredda.
Efferatezze... Cavolo, giurerei di averci fatto attenzione!
Frasi lunghe - de gustibus... Però in questo racconto hanno anche un senso: dettano un ritmo più lento che invita alla riflessione, uno degli obiettivi del racconto.
Che cosa vorresti dire, che uso troppi che? Che ti pare bello che queste cose che mi scrivi poi le leggono tutti quelli che frequentano queste pagine che? Hai ragione, è da curare!
"Svirgolasse" - qui entriamo in uno dei campi che più mi vede critico, quello del valore funzionale della lingua. Tu stesso hai dovuto usare la Treccani per trovare una definizione di "svirgolare". Io intendevo "scappar via in maniera maldestra, potenzialmente pericolosa", e credo che questa volta la Treccani abbia preso un granchio notevole, perché "svirgolare" ha (nella mia limitata esperienza) a che vedere con l'effetto del tiro, non col tiro in sé. Il soggetto di "svirgolare", infatti, non è chi colpisce o tira il colpo; è il colpo che svirgola, è il proiettile che svirgola, è il pallone tirato contro la traversa, non sono io che svirgolo. Sono però d'accordo che dovrei cercare un termine più adeguato.
L'ispirazione... I miei racconti in genere nascono seguendo il mio stato d'animo e ciò su cui rimugino. Alle volte "mi pongo in ascolto" ed è come cercare di dipanare tanti gomitoli intrecciati, come seguire un flusso di corrente in un corso d'acqua. Non sono uno studioso di filosofie orientali, sebbene abbia letto a suo tempo alcuni loro testi sacri (Bhagavad Gita e Mahabarata), e perdendo così molte delle idee che comunemente abbiamo su quei popoli. Per il momento (visto che non si può mai sapere cosa ci riserva il futuro) non ho alcuna intenzione di andare da nessuna parte: sono già un pessimo "cristiano" (checché ciò significhi), figurati se penso di andare a vivere tra gente con radici culturali tanto diverse dalle mie!
Egocentricamente, ti ringrazio per l'egoismo!
L'armonia... Sì. Non è un problema di "dove", ma di quello che pensiamo di noi stessi, è l'eterno "Conosci Te Stesso", e (cosa che mai viene detta) "Accettalo". Ci è dato di vivere in un posto. Cresciamo in quel posto, veniamo educati tra quella gente, impariamo a pensare a quel modo. La nostra personalità, la nostra individualità è plasmata da questo processo. Fino ad una certa età può capitare di desiderare di andare altrove: l'equilibrio tra la nostra individualità, le nostre peculiarità e l'ambiente che ci circonda sembra difficile, alle volte abbandoniamo effettivamente "casa" perché tutto il mondo ci sembra meglio che "casa". Ma poi la vuoi, "casa", ti manca. Scopri che altrove forse non ci sono i problemi di casa, ma ci sono altri problemi, e spesso non si hanno nemmeno i riferimenti culturali per affrontarli. In qualche caso la mentalità di casa si dimostra un'arma in più (e noi la denigravamo...), più spesso è una zavorra che non ci permette di godere della vita normale dove ci siamo spostati.
Che l'Italia è in un mare di guai? Sì. Il primo? La sfiducia della gente. Vedo l'italiano medio e capisco che ha tirato i remi in barca. Chi s'impegna lo fa per sé e basta, e gli altri s'arrangino. Indubbiamente questo è un atteggiamento figlio dell'imposizione di modelli culturali e sociali di stampo ultraliberista: successo, carriera, esposizione mediatica e sociale. Ma il loro effetto immediato è la dissoluzione del tessuto sociale: se tutti pensiamo solo a noi stessi, chi pensa alla societas? Tu hai usato l'espressione "questa NOSTRA Italia". Quel possessivo è importante, ti qualifica, bene.
Grazie per il tuo gradimento.
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Poi, leggendo il testo, l'ambientazione è sulla collina di Tara, Irlanda del Nord.
Se l'idea era quella di raccontare la ricerca dell'armonia interiore di un guerriero (che poteva anche non essere un samurai), mi è piaciuta.
Però, se si richiama un qualcosa di giapponese, almeno una volpe bianca dalla coda più grande del corpo, ci poteva essere nel racconto.
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Re: Il Samurai
e grazie per il commento.
Buona la prima ipotesi, soprattutto visto l'incipit: "Paesaggio mentale".
Sul Giappone... C'è così tanto da attingere dalla cultura di quel mondo... Io, ad esempio, sono intrigato dal fatto che una società oggi così "maschilista" (etichette e sentire moderni e occidentali, naturalmente) si faccia discendere da un'Amaterasu.
Le contraddizioni sono ciò che scioglie i nostri nodi irrisolti.
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Re: Il Samurai
Lo è.
Lo è.
Naaaah, non è pottibile, quaccosa ci deve eccere!
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Re: Il samurai
Certo che è un dialogo tra sé è sé: esordisce con "Paesaggio mentale"!
Al di là delle amenità, grazie per aver evidenziato tratti che non avevo colto.
"Ma come", mi chiederai, "tu lo scrivi e non lo vedi?"
Non scherzo quando affermo che spesso (questa volta) sono le storie a farsi scrivere.
Un saluto.
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Parto da questa frase, ho trovato un concetto simile nel libro "La tazza e il bastone", un uno dei racconti un giovane monaco uccide degli uccellini perché il loro cinguettio è fastidioso per la sua concentrazione. Il giovane monaco capirà dopo che il suo animo è inquinato da questioni intime, e non dal cinguettio degli uccellini, e che solo dopo essersi liberato potrà trovare la pace.
Complimenti per la storia, è bellissima.
Voto 5
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Re: Il samurai
esatto: il problema, così come la soluzione, sono dentro di noi ("epperò è sbajata", come diceva Guzzanti). Dobbiamo imparare a trovarla, a vedere il mondo diversamente, trasformare noi stessi e il problema non sarà più.
Il voto nutre il mio orgoglio: non date da mangiare alla bestia!
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GrandPrix d'estate 2023 - Neve (Searching for Life) - e le altre poesie
A cura di Massimo Baglione.
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Gara d'estate 2019 - La madre del prescelto, e gli altri racconti
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2014 - (in bianco e nero)
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La donna dipinta per caso
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Il libro contiene quattro racconti lunghi, undici racconti brevi e trentuno poesie. Il tema principale è la donna in tutte le sue sfaccettature: amante, madre, figlia, gioco, musa, insegnante, dolore, tecnologia, delusione e speranza. Nella prefazione è ospitato un generoso commento del prof. Carlo Pedretti, professore emerito di storia dell'arte italiana e titolare della cattedra di studi su Leonardo presso l'Università della California a Los Angeles, dove dirige il Centro Hammer di Studi Vinciani con sede italiana presso Urbino. Copertina e alcune illustrazioni interne di Furio Bomben.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
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BReVI AUTORI - volume 5
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A cura di Massimo Baglione.
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