Solo tu e io

Spazio dedicato ad Anonimania 2023 (febbraio)

Moderatore: Il Guru

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Solo tu e io

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Non metto piede nel locale da cinque mesi esatti. Non diedi spiegazioni quando mi allontanai dal giro. Non tentarono nemmeno di ricontattarmi, come se non fossi mai esistita: peggio per loro!

Solita porta, solito fumo, solito muro olfattivo di alcol, solito tanfo di uomini affamati, perennemente affamati. Non capisco come riuscissi a sopportarlo, allora: grazie a te non ci sono più andata. Martha e Samantha, mano nella mano come due lesbiche, mi riconoscono appena, scambiano giusto un saluto. Cingono un paio di clienti alla vita, meglio non disturbarle e passare oltre.

Immancabile Mike al bancone anche se, in cuor mio, lo avrei preferito altrove: perché non ho ceduto alla sua corte, alle sue lusinghe, al suo buon cuore? Sarebbe stato meglio per me, forse anche per te, anzi no: se ci fosse stato lui difficilmente ci saremmo incontrati. Mi sono sempre chiesta come un uomo del genere riuscisse a lavorare lì, a suo agio come una lucertola sotto l’aurora boreale. «Artista di giorno, barista di notte», diceva lui: non ho mai indagato oltre. Gli piacevo, eccome se gli piacevo. Me lo ricorda ogni giorno il timido ritratto che tutte le mattine mi fissa davanti al letto; spezzoni di me, delle mie esibizioni attorcigliata al palo, ripassate a memoria ad ogni pennellata. Mi ritraeva casta, pulita, come si sforzava di vedermi. E come tu, oggi, insegni a vedermi.

«Isabel, che bella sorpresa! Quasi non ti riconoscevo, sei sempre…» voleva aggiungere “bellissima”, ne sono certa, ma la tua presenza glielo ha impedito. È sempre stato timido, te l’ho detto.

A me non piaceva lui, credo di averti detto anche questo, a me piacevano i soldi di Manuel. Che stupida! A cosa mi servono quei soldi, ora che ho te? Non sono qui per elemosinargli nulla, questo gli deve entrare bene in testa: voglio solo vedere la sua faccia davanti a te, presentartelo, fargli sapere che ora sono tutta tua, farlo crepare d’invidia.

Adesso mi viene da parlarne male, lo so, però allora mi piaceva, non posso farne una colpa né a me né a lui. Gentile, onesto, simpatico… No, nulla di tutto questo. Ma in fondo, a chi piacciono i bravi ragazzi? Di ragazzacci ne era pieno il locale ma lui, oltre alla spacconeria, aveva una Porsche da duecentomila euro: chi li aveva mai visti tanti soldi in così poco spazio? E poi non era né manesco, né violento, né sgarbato, a differenza della stragrande maggioranza degli altri; chi mi palpava, chi cercava di abbracciarmi senza permesso, chi si spingeva oltre in mezzo alla calca, cercando attenuanti nello squallore che ci circondava. Manuel no, era un galantuomo. Un gran mascalzone, un farabutto, un malavitoso forse. Ma un galantuomo, che sa quello che piace alle donne.

Non mi aveva mai costretto a fare nulla, nemmeno forzato, tutt’al più incoraggiato. E poi chi si scorda quelle nottate con il vento tra i capelli ai duecento all’ora sulla sua spider, a deridere operai e travet che all’alba stavano già andando al lavoro, su modeste utilitarie da poveracci? Poveracci come mio padre, che non si è fatto vivo nemmeno quando ha saputo di te, forse per timore, forse per orgoglio.

«Ludmila, sai dov’è Manuel?»

«Isabel, che bella sorpresa… è da tanto che non ti fai più vedere! Sei ancora così…» voleva aggiungere “bella”, ma non ha osato in tua presenza, quasi non voglia farti sapere che prima ero disinibita e discinta peggio di lei. Mi fissa negli occhi, facendo finta che tu non ci sia, ma non è così. Manuel era stato buono anche con lei, l’aveva raccolta dalla strada e portata qui a sue spese. Ora questo posto mi pare un inferno, allora lo consideravo un purgatorio; per Ludmy è ancora il paradiso, dopo quello che ha passato laggiù in Corso Sempione. I suoi occhi non sanno mentire; loro sono onesti e candidi, a differenza della gonnellina leopardata che indossa. Me la ricordo, gliela regalò Manuel il suo ventiquattresimo compleanno. Voleva bene anche a lei, a pensarci, a lei come ad altre mille ragazze in tutti i Club dispersi nel raggio di cento chilometri. Ora, grazie a te, me ne sono accorta pure io.

Gironzolo ancora un po’, non prendo nulla da bere. A te non piace che io beva, lo so bene, mi hai fatto capire subito che non ami gli alcolici, hai protestato come un matto quella volta che mi sono scolata mezza bottiglia di Martini, appena ci siamo conosciuti.

Ormai ho quasi perso la speranza, forse Manuel se n’è andato.

Lo vedo uscire dal bagno, chiudendosi la patta dei calzoni; dietro a lui un’oscena battona sulla quarantina si rassetta la minigonna. Non può essere una coincidenza. Lo ricordavo più appetibile; ora quel volto, sfatto dall’ora, dal whiskey e dalla coca, si riduce alla misera maschera della mezza tacca che non vuole invecchiare. Vorrei indietreggiare, non posso presentartelo in quelle condizioni; ma tant’è, non ci sarà una seconda occasione. Usciva dal bagno, nello stesso identico modo, anche sei mesi fa: allora ero io quella che lo seguiva. Possibile che non mi fossi mai accorta cosa fosse in realtà? Quale orribile fattura me lo faceva apparire il migliore di tutti, migliore anche di Mike?

Resisto al ribrezzo e alla repulsione, provo ad avvicinarmi ancora un po’; lui prende la battona e la bacia appassionatamente, volgarmente, come non aveva mai fatto con me. Forse mi vede, forse no, provo a seguirlo.

Ti sento scalciare, puntare i piedi. Hai ragione piccolo mio, non ti meriti un padre del genere. Quando verrai al mondo ti prometto che saremo sempre e solo tu ed io.
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Il racconto è tutto sommato un buon racconto breve, con un capovolgimento finale o colpo di teatro, come da manuale. Il narratore ricorre all'espediente di nascondere quel tu del titolo sino alla fine e questo crea una certa suspense, ma anche la certezza che nel finale sapremo chi era quel tu. L'autore è stato comunque bravo a mascherare la soluzione fino alla battuta finale. Ben congegnato dunque.

Peccato però per la concordanza dei tempi verbali, oscillanti dall'inzio alla fine tra prensente e passato. Ad esempio: Non metto piede nel locale da cinque mesi esatti. Non diedi spiegazioni...

Il tempo presente della prima proposizione è seguito dopo il punto da un tempo al passato. È un errore, ed è un errore ricorrente.

Peccato.

Voto 3
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Una donna, con idee chiare ma ricordi confusi, si aggira per luoghi malfamati che frequentava fino a qualche temo prima e, mentre cambia lentamente prospettiva, si rende conto che, a volte, tre sono una folla. Non si può che darle ragione e ammirarne la crescita e la grinta.

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Bello. Bello perché qui il messaggio c'è e si forma passo passo, mentre le virgole incedono e la protagonista avanza nei luoghi e nella memoria.

Senza girarci troppo intorno, passeggiando con lei, veniamo a capire cosa le è successo, come vedeva il mondo "prima" (ed è un "prima" dannatamente verosimile, che calza a pennello con l'adolescenza), poi come lo vede ora (ed è una visione perfettamente adeguata alla maturità, non si scappa: era una distopia che "prima" sembrava nascondere un'ancora di salvezza, un'isola felice, qualcosa per cui valesse la pena vivere così. E invece no). Il finale è azzeccatissimo: si sposa col titolo che, nonostante sia lì, in bella vista, fino all'ultimo ti aspetti parli di un "tu" diverso. Poi quel "tu" punta i piedi, allora capisci. Te lo dice anche la protagonista, e tu tiri un sospiro di sollievo: è la scelta giusta.

Le si perdona tutto, a quest'Ombra, perché il suo è uno stile di scrittura e ci sta che le cose siano scritte come sono state scritte, nonostante le note a piè di pagina(*), che io metto lo stesso, perché una limatina si potrebbe dare senza snaturare il racconto. Lo decide l'Ombra autrice, però.

(*)

Solo tu ed io <=Solo tu e io

ripassate a memoria ad ogni pennellata <= a ogni (questo perché tra "a" e "o" non si fa di mettere la "d", oggigiorno)

Non sono qui per elemosinargli nulla, questo gli deve entrare bene in testa <= ripetizione "gli", toglierei la prima:

"Non sono qui per elemosinare nulla, questo gli deve entrare bene in testa"


In generale, buona la punteggiatura, anche se qualche proposta la farei. Tipo, giusto per fare un paio di esempi (sarebbero di più):

"E poi, chi si scorda quelle nottate, con il vento tra i capelli a(i) duecento all’ora sulla sua spider, a deridere operai e travet che, all’alba, stavano già andando al lavoro su modeste utilitarie da poveracci?

al posto di:

"E poi chi si scorda quelle nottate con il vento tra i capelli ai duecento all’ora sulla sua spider, a deridere operai e travet che all’alba stavano già andando al lavoro, su modeste utilitarie da poveracci?"

(ma ci può stare, via).

o anche:

"A te non piace che io beva, lo so bene; mi hai fatto capire subito che non ami gli alcolici: hai protestato come un matto quella volta che mi sono scolata mezza bottiglia di Martini, appena ci siamo conosciuti." (che, a ben guardare, riscriverei proprio:

"A te non piace che io beva, lo so bene: mi hai fatto capire subito che non ami gli alcolici, protestando come un matto quella volta che, appena ci siamo conosciuti, mi sono scolata mezza bottiglia di Martini.")

al posto di:

"A te non piace che io beva, lo so bene, mi hai fatto capire subito che non ami gli alcolici, hai protestato come un matto quella volta che mi sono scolata mezza bottiglia di Martini, appena ci siamo conosciuti." dove la virgola fa "l'asso piglia tutto". Anche questo ci può stare, lo dico.

Mi è piaciuto tanto che ho deciso di condonare tutte le virgole che non avrei messo e tutte quelle che, invece, avrei messo.

Quindi niente penalità: vai e combatti per il primo posto, Rockabye!

VOTO: 5
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La storia è ben scritta sin dall'inizio, con un particolare accorgimento nell'espressione "non metto piede nel locale da cinque mesi esatti": una precisazione non scontata, considerata la rivelazione finale. Nel corso di tutta la lettura ci si interroga sull'identità del misterioso accompagnatore della protagonista; tuttavia essendo la struttura tipica dei racconti brevi odierni - i quali sfruttano un elemento incognito perdurante a loro vantaggio - ormai ben conosciuta, è facile indurre il lettore ad allontanare ogni fiducia nei confronti delle apparenze. In altre parole, ci si aspetta sempre che al termine le cose in realtà non si riveleranno per come si è portati a credere. Questo ha in un qualche modo un effetto controproducente nei lettori più attenti, ma non compromette assolutamente la qualità dell'opera, che in questo caso, ancora una volta, risulta a somme tirate gradevole e coinvolgente.
Un dettaglio particolarmente interessante è poi il modo in cui la protagonista osserva l'ambiente nel quale fa ritorno dopo tempo: ai suoi occhi tale ambiente è decisamente cambiato, come a voler dimostrare il fatto che il mondo circostante, con le sue sfumature assieme ad esso, muta attraverso il filtro delle sensazioni e degli stati d'animo, dipendenti a loro volta da ogni aspetto del tipo di vita che si ha. Chissà che un figlio non abbia realmente il potere di indurre questo mutamento di visione.

VOTO: 4
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Un bel racconto.
L'ombra sembra voler utilizzare il figlio come fonte della sua redenzione dopo una fase della vita "sbagliata".
Il personaggio principale non mi piace, mette a disagio la mia morale.
Cinque mesi prima frequentava un locale di prostitute e cocainomani quando improvvisamente ha l'illuminazione sulla via di Damasco.
Non solo, è talmente pretenziosa che decide di non far sapere all'uomo che è diventato padre. Magari poteva cambiare anche lui, e comunque aveva il diritto di saperlo.
Tratta i vecchi amici come spazzatura e li rimprovera se si stupiscono della sua maternità.
Bel racconto, ma mi dà fastidio leggerlo.

VOTO: 3
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Re: Solo tu e io

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Primo commento di un NON partecipante alla gara! Presto sarà visibile la classifica. Ricordo a tutte le Ombre che NON si replica: questa è una gara nella gara aperta a tutti gli iscritti del sito.
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Re: Solo tu e io

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In questa storia seguiamo una donna incinta che confronta il suo passato di danzatrice di lap dance in un mondo costellato di uomini e donne diversi, tutti con le loro convinzioni e motivazioni varie ma ancorati a quel tipo di vita.

La nostra protagonista è alla ricerca del padre del bambino.

Il difetto principale è che le promesse iniziali del racconto non vengono sufficientemente soddisfatte dal colpo di scena finale, che restituisce un finale aperto che risulta come un crescendo troncato: quando le motivazioni della protagonista diventano evidenti e le cose si fanno interessanti, la storia è finita.

Non avrei nascosto il fatto che il “tu” a cui si rivolge il personaggio principale sia il bambino nella pancia, così facendo le sue azioni avrebbero avuto un peso diverso, forse più d’impatto e così rendendo la storia più immersiva, consentendo al lettore di immedesimarsi e il finale più simile a una mazzata: lui non la vuole e lei starà meglio per questo.


Il racconto comunque è buono, l’idea e i personaggi presentati sono interessanti, tuttavia sembra ancora un abbozzo più che un testo finito (anche a causa di una prosa a volte poco scorrevole o lacunosa).

Secondo me l’autore o l’autrice dovrebbe continuare a lavorare su questo testo perché questa non sembra la sua forma definitiva.

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Il racconto è scritto da una penna abile, che si è fermata al prologo di una narrazione meravigliosa: appena cinquemila caratteri e la storia ancora da sviluppare. Per l'indolenza meriterebbe un due, ma apprezzo molto il suo stile narrativo e, con la speranza che continui il racconto, gli assegno:
Voto: 4
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