Gara 45 - Bando e racconti

Qui ci sono tutte le vecchie Gare letterarie, dal 2008 all'estate 2018.
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Lodovico
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Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Lodovico »

Sei... anzi,
Due personaggi in cerca d’autore.


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Spesso, nel creare un racconto, si fatica a scegliere un personaggio protagonista della storia. Stavolta ho pensato a voi, i personaggi ve li do io, già preconfezionati. :D
Avete presente i gialli Mondadori? Nelle prime pagine riportano un utilissimo specchietto con i protagonisti principali della storia, con la loro tipologia e il carattere.
Il compito sarà quello di costruire una storia intorno a due personaggi: un protagonista e un deuteragonista o antagonista (personaggio che affianca o si oppone al protagonista).
Se avete necessità di cambiare i nomi (perché la storia si svolge all'estero o perché il nome del personaggio non vi piace) siete liberi di farlo. Inoltre potete aggiungere, oltre ai due scelti, quanti altri personaggi volete, anche non presenti nell'elenco.
Scegliete un personaggio dalla prima lista, uno dalla seconda, e il più è fatto. :-D
Qualunque genere va bene: horror, fantascienza, romance, fantasy ecc.
Ricordate di aggiungere un'immagine alla storia e di segnare, sotto il racconto, quali sono i personaggi che avete scelto.

Se avete domande, per chiacchierare e per votare seguite questo post: viewtopic.php?f=80&t=4594

I racconti vanno inseriti in questo stesso post fino alla mezzanotte del 20/04/14, si votera dal 21/04/14 al 02/05/14

Protagonisti
Edoardo

Un nobile decaduto
Pietro
Un muratore brillante
Aldo
Un anziano medico
Samuele
Uno scienziato tutt'altro che folle
Gino
Un ladro con buoni sentimenti
Franca
Una sarta pettegola
Gianna
Una ragioniera furba
Lucrezia
Un'artista vivace
Marta
Una professoressa distratta
Marisa
Una nonna vispa
Gerry
Il gatto meno vivace del quartiere

Deuteragonisti o antagonisti
Giorgio

Il cugino tonto
Federico
Un vecchietto allegro
Fernando
Un giovane dalle belle speranze
Corrado
Il fratello ricco
Alfonso
Il più bello della casa
Carolina
La sorella disinibita
Giorgia
Una signora su di peso
Tamara
La ragazza del pianerottolo
Gina
L'anziana parente
Regina
Un po' maga e un po' amica
Goccia
Una cagnetta sveglia

Regole:
Valgono tutte le regole ufficiali, che trovate qui:
viewtopic.php?f=80&t=2308

Riassumendo:
- lunghezza massima del testo: 1000 parole o 6000 caratteri (spazi inclusi) con una tolleranza del 10%;
- chi partecipa dovrà votare e commentare tutti i racconti eccetto il proprio; in caso contrario
verrà escluso dalla Gara e non riceverà alcun premio né pubblicazione;
- ogni racconto dovrà essere corredato di un’immagine, da inserire preferibilmente in
apertura del vostro brano;
- voti da 1 a 5, consentiti anche i tagli a mezzo (1,5 e così via fino al 5);
- i racconti postati non potranno più essere modificati se non a gara conclusa; al termine dei
giochi, si potranno apportare eventuali modifiche per la pubblicazione sull’e-book.

Premiazione:
Chi vincerà avrà l’onore e l’onere di organizzare la gara successiva.
I premi saranno:
1. Pubblicazione dei racconti in digitale, con il consueto e-book.
2. Il vincitore riceverà da Ser Stefano diploma, accompagnatoria e banner pensato su misura
per il proprio racconto.


Buona scrittura! :smt006
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Autore presente nei seguenti libri di BraviAutori.it:
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Autore presente nei seguenti ebook di BraviAutori.it:
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Annamaria Vernuccio
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Annamaria Vernuccio »

Tre carte... un destino

Ci risiamo! Ancora una volta ha dimenticato il diario di classe e il registro in auto e le tocca tornare al parcheggio per prenderli. Avrebbe potuto anche farne a meno, ma avrebbe dovuto sopportare i sorrisetti dei suoi alunni per i quali non è una novità assistere alle sue dimenticanze.
E' un periodo che proprio non ci sta con la testa...forse l'età che avanza o forse il pensiero di quel principe azzurro che tarda ad arrivare...Marta sempre più spesso ha la testa fra le nuvole, dimentica cose e appuntamenti. Oggi poi che ha preparato una lezione su Giulietta e Romeo di Shakspeare è totalmente immersa nella meravigliosa storia d'amore e darebbe chissà cosa per poterla vivere in prima persona.
La campanella la distoglie dal pensiero del suo Romeo, raccoglie il suo registro e il diario e si accinge a raggiungere la sua amica Regina con la quale si ferma spessa a prendere un caffè alla fine delle lezioni.
Sono amiche da sempre loro due ed è a lei che Marta racconta le sue fantasie, ben sapendo che Regina ascolta paziente e poi per tirarle su il morale le legge i Tarocchi. E si, perché la sua amica ha l'hobby della cartomanzia e si esercita con lei facendo buon uso delle sue competenze di psicologa.
Forse la verità è che Regina , mamma e moglie appagata, fa di tutto per cercare di "accasare" questa sua amica così maldestra e sognatrice.
Si incontrano al solito caffè sotto la scuola dove non devono nemmeno ordinare che già Fernando il barista arriva con un caffè nero per Regina e uno schiumato per Marta.
Dopo aver parlato per un po' Regina tira fuori dalla borsa il mazzo di Tarocchi, ma stavolta è decisa ad interpretarli a suo piacere: vuole cercare di combinare un incontro tra Marta e il nuovo professore di matematica arrivato da pocoa scuola.
-Forza, scegli 3 carte e poi ancora altre 3! Sento che stavolta il mio fluido mi mostrerà il futuro!-La Papessa, il Matto e il Mondo. - Ma bene!! La Papessa indica Amore a tutto tondo e il Matto qualcosa che inizierà a breve e porterà un bel cambiamento. Il Mondo poi potrebbe significare che questo cambiamento avverrà in un ambiente che già conosci. La carta del Matto poi rappresenta un uomo coperto di stracci che cammina sull'orlo di un precipizio ma il sole splende sopra di lui e il futuro gli appartiene! A proposito di giovane- dice Regina tra una spiegazione e l'altra- hai conosciuto il nuovo professore di matematica? Che ne dici? Ce lo fai un pensierino?-
Marta alza gli occhi in alto, ben sapendo dove la sua amica voglia arrivare e perciò per tagliar corto le dice: - Allora queste tre carte?- Mentre Marta sceglie le carte Regina si è accorta di aver attirato l'attenzione dell'amica sulla figura del professorino che di sicuro non aveva nemmeno notato, sempre presa dai suoi pensieri e persa nei suoi sogni.
- Asso di bastone, 2 di coppe e 4 di denari -
Regina non sa cos'altro inventarsi e così distorce il significato delle carte come più le conviene: - Allora, vedo una persona a te vicina..me lo dice questa carta che rappresenta la vita giornaliera e il fatto che sia capovolta può voler dire che c'è qualche possibilità di trovare l'anima gemella nella routine giornaliera. La carta decisiva potrebbe essere questa - dice Regina, ma, nel mentre gira la carta, rovescia la tazzina del caffè sporcando la tovaglietta e la gonna di Marta.
Fernando il barista, accorre subito, come fosse stato sempre lì e si prodiga a tranquillizzarle che non è successo niente di grave. Asciuga, tampona...e mentre lo fa non stacca gli occhi da Marta e la segue con lo sguardo quando lei va alla toilette a ripulirsi.
-Guarda, guarda! - pensa Regina - avevamo un potenziale spasimante sotto al naso e non lo sapevamo! - Decide allora di favorire il caso, altrimenti chissà se e quando quel ragazzo deciderà di farsi avanti; sposta allora sul tavolino di fianco, il registro e il diario di classe di Marta coprendoli col suo soprabito. Marta rientra e le due amiche pagato il conto vanno via e come previsto dimenticano i libri sul tavolino.
- Speriamo che Fernando sia sveglio quanto basti per approfittare dell'occasione- pensa Regina- io non posso fare di più...non ho mica la bacchetta magica! Certo che un altro con lo sguardo così adorante credo proprio che Marta faticherà a trovarlo!-
E' ormai sera e dopo cena Marta sta per mettersi a correggere qualche compito, quando si accorge che non ha con se il registro e il diario di classe... - Sempre la solita distratta sbadata con la testa tra le nuvole! -Dove posso averli lasciati?- pensa Marta, ma ecco che suonano alla porta. Uno sguardo allo spioncino e...- Che ci fa qua Fernando il barista? Ci mette un attimo, mentre apre la porta, a capire il nesso tra la venuta di Fernando e i suoi libri.
Mille ringraziamenti per la gentilezza, bla bla bla...i soliti convenevoli e: Che strano, vederlo lì fuori dall'ambiente di lavoro, le sembra un ragazzo diverso; come se fosse uscito fuori dall'abito dell'anonimato e avesse indossato quelli...- O mio Dio, che vado pensando?- quelli del mio Romeo?
Marta gli chiede se può offrirgli qualcosa e lo fa accomodare il salotto cercando di nascondere l'imbarazzo che le ha provocato un simile pensiero. Incominciano a conversare e si accorge che dietro la figura di Fernando "il barista" c'è un giovane colto e ben educato , un giovane che cerca di farsi strada nel mondo per realizzare i suoi sogni e dalle sue parole crede di capire che lei è tra questi.
Come è trascorso in fretta il tempo. Marta sa che dovrebbe accomiatarlo ma nello stesso tempo sa che deve trovare il modo di far si che quella serata abbia un seguito.
- Che ne dici Fernando, magari ci si potrebbe vedere fuori per bere qualcosa insieme- si sente proporre e con sua gioia combinano di trovarsi l'indomani.
La porta si è appena chiusa alle spalle di Fernando che Marta corre a telefonare all'amica.
-Regina...non potrai mai indovinare che è venuto a casa mia!!- Le spiega quanto è successo e salutandola aggiunge: - a pensare che i tuoi Tarocchi mi avevano fatto fantasticare sul nuovo professore di matematica, e invece ce l'avevo sotto gli occhi tutti i giorni e non me ne accorgevo, proprio come mi avevi detto tu . Guarda tu il destino, se non fossi stata così distratta e sbadata chissà se sarebbe successo tutto questo!!-
Riattacca senza sapere che Regina ha stampato sul viso un sorriso sornione pensando che a volte il destino ha bisogno di un piccolo "aiutino" per realizzare i nostri sogni.

Personaggi scelti: Marta una professoressa distratta - Regina un po' maga e un po' amica - Fernando un giovane dalle belle speranze.
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Anto Pigy
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Anto Pigy »

Riunione di condominio

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Gerry sonnecchiava sul divano in portineria, sperando che non arrivasse nessuno a disturbarlo. Ma si sa che i desideri non sempre vengono esauditi. Non aveva fatto in tempo a pensarlo che Goccia, tutta scodinzolante, era spuntata dal nulla.
Dai! Dai! Cos fai ancora lì? ‘Diamo! – parlava così rapidamente che tagliava qua e là le parole. – Avran già cominciato la riunion.
Gerry si girò, forse se ne sarebbe andata. E invece gli rifilò tre abbaiate nelle orecchie che gli fece far un salto acrobatico.
Ma chè, sei matta? Vai tu se ti interessa tanto, no? Io son stanco, ho lavorato!
Ah! Ah! Fai sempr ridre, Ge’ – rispose lei e gli diede uno spintone col muso. – Dai che ogg c’è riunion di condomin!
Quando entrarono c’era molta confusione: tutti parlavano insieme, mentre l’amministratore Corrado sedeva annoiato, sicuramente pensando alla mancata partita di golf.
– Signovi! Ve ne pvego! Vicomponiamoci e poniamo fine a questo inutile vocifevio. – Alzò la voce Edoardo con manifesta irritazione, rimettendosi a posto il foulard com’era solito fare quando era nervoso.
Mi chiedo perché con gli altri parla così, mentre quando mi dice “vattene da qui brutto gatto rognoso” riesce perfettamente a usare le erre.
– Pvetendo che venga installato un sistema antifuvto in tutto il palazzo. Non possiamo ulteviovmente continuave così!
– E chi lo paga? – intervenne Franca impugnando il metro da sarta che teneva sempre al collo, neanche dovesse prendere le misure di ogni cosa.
– D’altra parte ci sono stati molti furti nella mia dispensa. – disse Giorgia. – All’inizio pensavo di aver mangiato io tutti i dolci, ma erano davvero troppi – finì con una risata stridula.
D’altra parte con tutto quello che divora…
Dai Ge’, se’ ncorreggib.
– Ma quali furti? Io non me ne sono accorto – affermò Pietro, il muratore.
– Oh, qualche sciocchezzuola qua e là, suvvia… – rispose Gino.
Lui sì che se ne intende – miagolò Gerry sbadigliando. Goccia abbaiò risentita, ricordando il giorno in cui lo avevano arrestato, mesi addietro. Povero Gino, così simpatico, le faceva sempre una carezza quando passava. Le era tanto dispiaciuto sentirlo pregare i poliziotti di non dare nell’occhio, ma per fortuna c’erano solo loro due ad assistere.
– Scusate il ritardo – disse Marta entrando di fretta – mi ero dimenticata della riunione!
– Tanto per cambiare – disse sua sorella Carolina, guardando Alfonso. Lui le sorrise con complicità e lei ricambiò con un leggero struscio e una risatina piena di promesse.
– Potrei inventare io un sistema di monitoraggio interno – proruppe Samuele con un lampo negli occhi.
– Per carità! – scappò a Marisa, la padrona di Gerry. – Cioè, intendevo dire… non disturbarti, non sarebbe giusto. – Continuò sentendo il sospiro di sollievo dell’intera platea.
Aldo per ringraziarla le strinse di sottecchi una mano. Il suo corpo aveva ancora un ricordo elettrizzante di quella volta che Samuele gli aveva sistemato il campanello.
Meno male! – disse Gerry con un brivido. – L’ultima volta che ha inventato qualcosa sono tornato a casa verde!
A me ‘nvece, ha regal un dosacrocchett belliss!
– Perché non facciamo dei turni di sorveglianza? – propose tutto contento Giorgio.
– Pevchè noi lavoviamo di giovno e viposiamo di notte, cugino! – rispose Edoardo stizzito.
– Ecco… io volevo dire… – cominciò Regina. – Allora… ecco… Ho interrogato le carte.
Un lieve brusio accolse la sua affermazione, un po’ di scherno, un po’ di accondiscendenza.
– Io alle carte di Regina ci credo! – disse Gianna con risolutezza. – Voglio sentire cos’hanno detto.
– Anche io voglio sapere – disse Tamara arrossendo subito dopo.
Eh! – disse Gerry sornione – Gianna si fa fare le carte per sapere come andrà con il ragioniere capo. Mentre Tamara…
Cos? – chiese Goccia curiosa, saltellando.
Eh! Ma non vedi come guarda Fernando? Dopo tutti quei giorni passati allo spioncino per uscire quando l’altro arrivava, Tamara si è decisa ad andare da Regina.
I due, che abitavano uno di fronte all’altra, proprio in quel momento si sorridevano per poi abbassare lo sguardo.
E cos’è success?
Cosa vuoi che sia successo? Regina le ha detto di buttarsi!
E lei cos’ha fatt? – chiese Goccia con la lingua penzoloni.
Beh cosa vuoi che abbia fatto? L’ha fatto, no!
Certo Ge’ che tu sai propr tutt.
– Allora sentiamo cosa dicono ‘ste carte! Male non ci farà. – disse allegro Federico, che aveva un debole per Regina malgrado la considerevole differenza d’età.
– Le carte non dicono molto – svelò Regina dispiaciuta. – Dicono solo che non c’è pericolo. Forse i ladri non verranno più.
– Ma cosa sarà mai stato! – disse Lucrezia. – Saran spariti quattro biscotti, qualche giornale e qualche cianfrusaglia buttata da parte. Avete mai perso qualcosa di valore?
– No, in effetti no… – rispose Franca. Anche gli altri scossero la testa.
– Visto?
– E allova? Sono sempve fuvti! Nel nostvo palazzo! Non vitengo che questo sia un evento accettabile! Pvetendo che si intevvenga in qualche manieva.
– Sapete cosa vi dico? – concluse Lucrezia – Che devo andar a finire il mio lavoro…
– Se pvopvio vuoi chiamavlo lavovo – disse Edoardo stizzito per la scarsa considerazione. – Fovse intendevi il tuo hobby!
– Il mio hobby, mio cavo, – rispose Lucrezia piccata – mi dà più lavoro del tuo. I miei quadri sono richiesti!
Oh oh! La tua padrona ci ricasca sempre!
Intanto, un po’ alla volta, tutti se ne stavano andando alla chetichella, mentre Edoardo e Lucrezia continuavano a beccarsi.
Corrado velocemente dichiarò la riunione conclusa e si defilò. Carolina a Alfonso rimasero a parlare fitto fitto, Tamara invitò Fernando per un caffè, Aldo accompagnò Marisa sperando di essere invitato per un the, Marta ancora non aveva capito di cosa si stava parlando.
Uscendo nessuno badava a Gerry e Goccia. Gina, la vecchietta dell’ultimo piano, lontana zia di Lucrezia, fu l’unica a fermarsi e a fare una carezza ad entrambi. Poi tirò fuori dalla tasca un dolce e ne diede un pezzetto a ognuno.
Miao! – fece Gerry strusciandosi sulla sua gonna e abbozzando un po’ di fusa.
Bau! Bau! – fece Goccia tutta contenta.
Certo che i dolci della signora Giorgia sono proprio buoni!
Sì Ge’, per fortun che li ha presi Gina, sennò a noi Giorgia non ne dava nemmen ‘na briciol!
…Alla fine di questa giornata rimane ciò che è
rimasto di ieri e ciò che rimarrà di domani;
l’ansia insaziabile e molteplice dell’essere
sempre la stessa persona e un’altra…

Fernando Pessoa, "Il libro dell’inquietudine"
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Nunzio Campanelli
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

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la casa delle tre vedove.jpg
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La casa delle tre vedove

Un giorno di Novembre, alle prime luci dell’alba, quando la bruma mattutina si condensa in strati sottili e sembra galleggiare nell’aria, seguendola in quel dolce dondolio in guisa di monotona risacca marina, e la luce tremula s’insinua tra le zolle di terra, risplendendone in mille riflessi cristallini, un uomo camminava lungo la strada che uscendo dal paese si adagiava per valli e colline seguendo un percorso dettato più dalla casualità che dalla logica. Nel superare il cancello della casa delle tre vedove ebbe come un attimo di smarrimento, un momento di sospensione dell’incessante battito del tempo e dello spazio, provando la netta sensazione di trovarsi sull’orlo di un precipizio. Dovette appellarsi a tutte le sue forze per restare in piedi, cercando disperatamente un sostegno. Prima di cadere a terra la sua mano venne afferrata da una gelida propaggine, dalla quale istintivamente cercò subito di divincolarsi, reputando l’appiglio più pericoloso dell’abisso che percepiva sotto di lui.
- Si sente male, signor Maltoni?
Chiese una voce, provocandone l’immediata ripresa dei sensi. Si trovava nel viale che conduceva alla villa, e il freddo sostegno che gli aveva consentito di non cadere in terra era in effetti la mano di un uomo.
- No, no, ora mi passa, è stato solo un capogiro. La ringrazio, comunque.
Disse cercando di riprendere contatto con la realtà.
- Le signore la stanno aspettando, se vuole seguirmi.
Soggiunse quello, avviandosi in direzione della villa. Circa settant’anni, le movenze ancora agili e compassate che tradivano il suo antico lignaggio, Edoardo Sottili era il vecchio proprietario della villa, insieme a gran parte dei terreni che la circondavano. Quando dell’antica fortuna non rimase che il ricordo, vendette tutto per ripianare i debiti, riservandosi l’uso di una piccola stanza. In cambio si prestava a svolgere le mansioni di maggiordomo, le rare volte che qualcuno si recava in visita alla villa.
Le brune mura sbrecciate, testimoni di passate battaglie, di antichi assedi, di splendide vittorie e di tristi sconfitte, edificate con il sudore e difese con il sangue, ora rimanevano esangui testimoni di glorie trascorse e di inconfessate speranze.
Fiera testimone del potere della signoria, l’antica rocca dopo essere stata residenza signorile aveva subito la furia del piccone demolitore, sottoposta alle mire distruttive di chi, credendo di ingentilirla la fece amputare delle torri, rendendola quindi inutile raffigurazione di ciò che più non poteva essere.
Del suo vano sacrificio furono responsabili tre anziane sorelle, che vivevano da sole dopo aver perso ciascuna il proprio consorte. Quando terminarono i lavori di ristrutturazione, prima di entrare, si concessero un lungo sguardo da fuori, ferme in mezzo al parco nel punto in cui c’era una fontana.
- Bella!
Dissero in coro tutte e tre, ed entrarono. Da quel momento quella che per secoli era conosciuta come castello Sottili divenne la casa delle tre vedove.
Così come una persona quando viene privata di un arto continua a sentirne la presenza, gli abitanti del vicino paese iniziarono a narrare di particolari momenti del giorno in cui si potevano vedere le torri ancora ritte nel loro antico splendore. Qualcuno diceva addirittura di conoscere chi, riuscendo a entrare di sotterfugio nella villa, sosteneva di essere salito per scale costituite da centinaia di gradini, e di essersi sporti da torre merlate così alte che il loro sguardo poteva spaziare fino al mare.
Il venticinquenne Fernando Maltoni, delegato di polizia, aspirava in cuor suo in una brillante carriera, anche se la sua occupazione prevalente era costituita quasi per intero dall’evasione delle pratiche amministrative necessarie al buon funzionamento della comunità. Le indagini sui vari reati spettavano al sovrintendente che però risiedeva nel capoluogo.
- Mi segua, signor Maltoni –
La determinazione con cui venne ripetuto quell’invito, unitamente alla strana luce che per un istante illuminò gli occhi dell’anziano servitore, lo consigliarono di non indugiare oltre, e si mosse di seguito al suo accompagnatore.
Venne fatto accomodare in un ampio salone con soffitto a cassettoni, decorato con intagli di pregevole fattura. L’arredamento, inoltre, conferiva a quell’ambiente un aspetto certamente severo ma al tempo stesso elegante e accogliente. Al centro del salone una grande scalinata terminava al piano soprastante.
Aveva chiesto e ottenuto di potersi recare in quella casa a quell’ora inconsueta perché tutte le persone che giuravano di aver visto le torri affermavano che l’avvistamento era avvenuto allo spuntar del sole.
Ora invece quel bel salone, dall’atmosfera così intima, quasi familiare, lo stava convincendo che forse non avrebbe dovuto prestare attenzione a quelle chiacchere, e temendo di aver commesso un errore cercava una valida motivazione per giustificare la sua visita. Alzandosi in piedi si recò verso la finestra che dava sul parco, da cui si poteva vedere il viale d’ingresso; ripensò al suo attimo di smarrimento, quasi vergognandosi di aver provato paura. Fu allora che udendo il suo nome pronunciato in coro si voltò, guardando in alto verso la sommità dello scalone, da dove provenivano le voci. Le scale continuavano oltre il piano del pavimento, e sembravano continuare senza sosta verso altezze sconosciute. Al centro della rampa, le tre vedove avevano negli occhi la stessa sinistra luce che già aveva visto in quelli del maggiordomo. Fernando Maltoni sentì riaprirsi l’abisso sotto di lui, ed ebbe chiara la percezione dell’orrore che lo stava aspettando.
Lo ritrovarono all’alba del settimo giorno trascorso dopo la sua scomparsa, accasciato sotto una quercia secolare nella radura, a fianco della casa delle tre vedove. Stava dormendo, era notevolmente dimagrito, e i suoi lineamenti erano notevolmente modificati, tanto da dimostrare almeno il doppio della sua età. Lo avevano cercato ovunque. Tentarono a lungo di fargli riprendere i sensi, ma non ci riuscirono. Poi, quando il sole si delineò completamente nel cielo, il delegato Maltoni svegliandosi di soprassalto iniziò ad ansimare, come se stesse correndo, urlando ripetutamente la stessa frase.
“Sono qui, loro sono qui…le scale…non finiscono mai…mai…”
Perse di nuovo i sensi tra le braccia dei soccorritori. Alle loro spalle il sole illuminava con i suoi raggi del mattino la casa delle tre vedove. Le due alte torri abbattute si trovavano di nuovo al loro posto.


Personaggi: Fernando Maltoni, giovane dalle belle speranze
Edoardo Sottili, nobile decaduto
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Ser Stefano
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Ser Stefano »

L'ULTIMO SCHERZO

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Ciao. Mi chiamo Federico e oggi ho la faccia grinzosa come quella di un cane. Non che di solito abbia una bella faccia eh, ma stanotte ho dormito poco e gli anni, beh, gli anni fanno il resto. Come se non bastasse, oggi devo rivedere quel brutto muso di Edoardo e non è che la cosa mi riempia di allegria. Aspetta, ma voi non sapete chi è Edoardo.
Presto detto: Edoardo è il mio vicino di casa, il mio eterno nemico, l’uomo più detestabile e irritabile che abbia mai incontrato. È venuto ad abitare qui quasi dieci anni fa e, da quello che ho saputo, prima si aggirava tra imponenti ville e sgargianti attici. Forse un investimento sbagliato o, conoscendolo, l’innata dote di riuscire a rovinare sempre tutto, lo ha portato a vendere ogni possedimento e costretto a vivere in una casa modesta come noi poveri borghesi.
Non chiedetemi da dove sono iniziate le nostre liti, davvero, non me lo ricordo. Forse lui che è più giovane se lo ricorderà. Mi guardo allo specchio e un vecchietto dall’aria simpatica mi fissa con delle borse sotto agli occhi così grandi che potrei farci la spesa. Dovrei radermi, ma non ne ho voglia. Dalla finestra vedo il giardino dell’odiato vicino che, come sempre, è tenuto in maniera impeccabile. Il mio fa schifo, quasi quanto la mia faccia.
Rido, non per la mia faccia, ma perché mi torna in mente quella volta che gli ho gettato, tra il curato prato inglese, un sacco pieno di talpe. Tempo due giorni era un campo di guerra che neanche Hitler avrebbe potuto far peggio.
Smetto di ridere quando ricordo la ritorsione. Quell’emerito imbecille mi ha messo dei chiodini sul vialetto. Non i funghi! Piccoli chiodi per Dio. Stavo per mettere in garage la Panda che è successo un putiferio. Ottocento euro di ruote mi è costato quello scherzo, un mese di pensione andato a farsi benedire.
Mi metto l’abito buono. È sempre quello da quando mia moglie non c’è più. Cerco di pettinare quei quattro capelli che ho. Una volta me li sono trovati colorati di viola. Ancora non riesco a capire come abbia fatto. Prendo le chiavi e il piccolo registratore portatile. Metto in moto la Panda che tossisce come faccio io alla sera.
Prima di fare retromarcia controllo che il vialetto sia sgombro, non si sa mai. Una volta ho fatto una telefonata anonima alla polizia e gli ho detto che avevo visto Edoardo inseguire dei bambini nudi per casa. Tempo cinque minuti c’erano più volanti davanti a casa sua che in caserma. Gli hanno messo sottosopra le stanze per tutto il pomeriggio. Quella volta però mi è andata male. Mica sapevo che col telefono fisso potevano rintracciare la chiamata. Un altro mese di pensione ha preso il volo.
Passo davanti a casa sua, alzò il dito medio anche se so che non c’è. Le abitudini fanno fatica a morire. Una volta mi ha fatto la pipì su tutto lo steccato. Ma proprio su tutto! Non vi dico cosa gli ho lasciato io sulla porta d’ingresso. O quella volta che gli ho disegnato un enorme sedere sul muro di casa e lui mi ha svitato le viti della porta facendomela cadere addosso appena ho cercato di aprirla. Rido e digrigno i denti dalla rabbia a seconda del colpo inferto o subito.
Mentre la Panda arranca verso il centro del paese mi vengono in mente altre decine di assurdi casi. Ce le siamo suonate di così santa ragione che i vigili non vengono nemmeno più quando li chiamiamo. Ormai è una guerra tutta nostra e oggi uno di noi ne uscirà vincitore. E non sarà di certo lui.
Arrivo in pochi minuti e parcheggio.
Mi aspettavo più gente, ma non è così strano. Edoardo non è mai stato molto popolare, soprattutto da quando ho sparso la voce che chi ha a che fare con lui, scompare. Ho sapientemente dosato retroscena mafiosi e indizi di iettatura.
Ci sono gruppi di persone che più diversi non potrebbero essere: c’è il gruppetto di riccastri, lo si nota subito dai vestiti costosi, occhiali alla moda e pettinature impeccabili. Poi c’è il gruppetto di amici e conoscenti del paese, molto sparuto a dir la verità visto che non sta antipatico solo a me, e infine, in ordine sparso, i vecchietti, cioè, quelli più vecchi di me. Manco lo conoscono Edoardo, ma non hanno niente da fare se non arrivare a sera. Vivi.
Ho il terrore di finire anch’io così.
Saluto sbadatamente con un cenno ed entro prima di tutti. Dopo poco mi ritrovo a faccia a faccia con lui. Mi verrebbe da tirargli un pugno sul naso per tutto quello che mi ha fatto patire in dieci anni, ma non sarebbe leale.
Mi metto gli occhiali da vista e premo PLAY sul piccolo registratore, non vorrei sbagliare tasto e premere REC, sai che guaio. Lancio un’ultima occhiataccia a quel bastardo di Edoardo. Mi siedo tranquillo, in disparte, per tutta la funzione.
Quando chiudono la bara e la portano fuori, li seguo. Il modesto corteo si snoda verso il cimitero. I ricchi parlano dell’ultimo yacht che hanno acquistato in leasing, i compaesani si scambiano aspettative sul prossimo Festival di Sanremo, i vecchietti si disperdono nei bar. Mi sento un pirla. Sento le guance fredde e gli occhi fanno male a tenerli aperti: a nessuno gliene frega nulla e io sono l’unico a piangere.
Possibile che con tutto quello che ci siamo fatti, ci tenessi a lui? Possibile che mi mancheranno tutti quei litigi, i dispetti, il dover stare sempre attento e all’erta? Forse sono solo più vecchio di quello che pensavo e mi sto rammollendo.
Depongono la bara sul meccanismo che la farà sprofondare nel duro terreno. Guardo l’orologio, dovrebbero essere quasi ora. Mi incammino piano, asciugandomi il viso col dorso della mano. Dietro di me, il prete intona una odiosa litania.
Sto uscendo dal cancello quando il registratore passa sul tratto di nastro che ho inciso: - Aaahhh Fatemi uscire! Aiutatemi! Fatemi uscire!
L’urlo proveniente dalla bara genera altre urla in un intricato effetto domino. In pochi secondi, la piazzetta principale del cimitero diventa follia pura: alcuni si adoperano per forzare la bara, altri scappano, un paio di signore svengono, il prete sembra sul punto di vomitare.
Spero che lo apprezzerai, sogghigno tra me e me guardando verso il cielo, in tuo onore odiato rivale.
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Daniela Rossi
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Daniela Rossi »

AL PARCO

Me ne stavo tranquillamente seduto sulla solita panchina nel parco vicino a casa, quando a un tratto mi avvolse una strana tristezza.
E mentre osservavo un tenerissimo passerotto che faticava ad allestire un piccolo nido tra due grandi rami, pensai al perché di questa improvvisa malinconia.
A luglio, l’afa di Milano è insopportabile, e un posto dove trovare un pochino di fresco è qui, al grande parco Teramo.
— Aldo ormai sei vecchio, sussurrai, — sei inutile e soltanto di peso.
— Ma quale vecchio, si dice anziano — disse a voce alta il mio amico, mentre correndo, si allontana da me.
Non mi accorsi dell’arrivo di Federico, sempre allegro e con il sorriso sulle labbra.
Ogni tanto capita che ci incontriamo in quest’ area verde, circondata da grandi palazzi.
Il parco, frequentato dai più svariati individui, è un luogo meraviglioso, dove si gode una pace assoluta.
C’è la solita signorina, dal bel fisico asciutto, insomma molto carina che corre con le cuffiette in testa, il dog-sitter che porta a spasso sei cani alla volta…mi domando come riesca a camminare senza inciampare in un guinzaglio o in una delle ventiquattro zampe che trotterellano insieme con lui.
E poi, là in fondo, sotto la grande quercia, c’è Regina, così mi pare sia il suo nome. Veste abitualmente con abiti molto ampi, solitamente di un colore chiaro, simile a quel gusto di gelato che adoro: la panna.
Regina, quando si siede sulla panchetta verde, sembra isolarsi da tutto e da tutti. E’ sola, in compagnia soltanto di un quaderno e una penna. Scrive, compone versi e poesie.
Io sono un tipo tranquillo e riservato, so tutte queste cose perché me le racconta Federico.
Lo seguo con gli occhi e vedo che si avvicina proprio a Regina. Federico non si ferma e continua a correre sul posto.
— Cosa aveva da borbottare poco fa Aldo? – chiede Regina
— No, non me lo dire, indovino da sola…lo sai che sono un po’ maga!
— Dice che ormai è vecchio e inutile, giusto?
— Esatto. — risponde Federico
— Vai da lui e digli che la tua amica Regina pensa che stia dicendo solo stupidaggini, Il caldo gli dà alla testa, è l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento. – Non c’è altra spiegazione, sappiamo benissimo che non è così.
Federico sempre correndo riferisce il messaggio.
— Forse, rispose sconsolato Aldo. Che razza di medico sono, se non riesco nemmeno a riconoscere un colpo di calore. —
— Ormai sei in pensione, puoi anche permetterti il lusso, di non individuare un’insolazione. Quel che conta è quello che hai fatto in passato, e tu lo sai — lo consolò Federico.
Regina da lontano osserva la scena e vede Aldo che scuote la testa. Oggi per lui è davvero una giornata no. Aldo è un uomo speciale, buono, onesto e forte. E’ stato un medico molto stimato e la sua professione l’ha reso una persona determinata. Lui non si fermava mai davanti a niente, a nessuna difficoltà, e aveva grande forza di volontà.
— Regina, devi inventarti qualche diavoleria. E al più presto. Aldo deve riprendere fiducia in se stesso!
— Ecco fatto, mi sembra non manchi niente. —
Federico, al suo secondo giro di corsa, torna da Regina.
— Ma come hai fatto? Da dove saltano fuori queste cose? Hai arredato quest’ angolo all’ombra della maestosa quercia in un attimo!
L’allegro vecchietto è senza parole, e si convince sempre più che Regina è davvero una maga.
— Non fare troppe domande, vai a chiamare Aldo. Una bella partita a scacchi è quello che ci vuole per lui, oggi. Siete due ottimi giocatori, e sono sicura che farà bene a entrambi.
— Va bene Regina, corro…come sempre del resto.
Aldo inizialmente è titubante, poi si lascia convincere.
Regina li accoglie e chiede loro di accomodarsi.
— Che la partita abbia inizio, — decreta Regina, — e che vinca il migliore!
I due amici sono quasi commossi, poi scoppiano in una simpatica risata e asciugandosi il sudore cominciano a giocare.
Regina li osserva per un attimo, poi piano piano si congeda.
Loro non si accorgono di nulla; sono talmente concentrati che non si rendono nemmeno conto del tempo che passa.
— Scacco matto, — urla Aldo.
— Sei un grande amico mio, l’ho sempre detto io! — ribatte Federico.
Regina, che da lontano ha assistito alla scena, pensa che basta davvero poco per risollevare una persona da una brutta giornata.
In fondo gli amici servono proprio a questo.
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Alphaorg »

Il matrimonio sbagliato

Un signore di mezza età salì frettoloso i gradini policromi dell'antica chiesa. La sensazione di essere nel posto sbagliato lo inquietava perché la messa era già iniziata, lui in ritardo e fuori non c'era più nessuno. Turbato, spinse il portone ed entrò. I banchi erano gremiti all'inverosimile, molti seguivano la funzione in piedi, stipati nell'atrio a ridosso dell'ultima fila. Samuele avanzò di due passi, ma era impossibile trovare un posto a sedere, anzi era difficile anche solo muoversi, e dovette indietreggiare subito perché stava passando l'uomo con il cestino della questua.
“Che vergogna” pensò mentre si frugava nelle tasche “non ho nemmeno una moneta per l'elemosina”. Era distratto e appoggiò il piede su qualcosa di morbido che gli causò un brivido improvviso. Un guaito echeggiò nella chiesa, disperdendosi tra le navate insieme ai mormorii di disapprovazione dei fedeli.
“Ecco, ci mancava solo di calpestare un povero cane”. Samuele era al colmo dell'imbarazzo, si voltò per scusarsi dell'inconveniente, ma finì per specchiarsi nello sguardo costernato della proprietaria, una signora robusta fasciata da un tailleur fucsia.
– Mi scusi – disse lei con voce chioccia e addolorata – sono arrivata in ritardo e non sapevo dove legare il cane.
Samuele, pronto di riflessi com'era, colse l'occasione al volo:
– Non si preoccupi – sussurrò – però adesso è meglio che tenga il cane in braccio.
La signora obbedì.
Era il momento dello scambio delle fedi. I sorrisi e l'emozione dei due novelli sposi catturarono l'attenzione dei presenti perché ogni piccolo particolare sarebbe stato evocato a lungo nei loro ricordi. Ma già la cerimonia volgeva al termine, si iniziava a sfollare e Samuele fu tra i più lesti a guadagnare l'uscita. Le foto, gli applausi e il rituale del lancio del riso: soltanto alla fine lo sguardo di Samuele incrociò di nuovo quello della signora in fucsia.
– Mi chiamo Giorgia – si presentò lei, affatto timida.
– Samuele, piacere – rispose lui, brusco. Era intenzionato a terminare in fretta la conversazione.
– Lei è amico dello sposo?
– No, della sposa.
– Credevo di conoscere tutti gli amici di Silvia.
– Siamo solo conoscenti, mi sono trasferito in città da poco.
– Ah! – concluse Giorgia sorridendo – Ecco perché non l'avevo mai visto prima.
Era il momento di salire in macchina e raggiungere il luogo del rinfresco.
– Se è solo – propose Giorgia – potrebbe farci da accompagnatore, a me e a Goccia.
Samuele osservò perplesso la balenottera fucsia e il cagnolino pulcioso. Scartò mentalmente un paio di scuse banali, e infine, suo malgrado, accettò la proposta.

I due sposi non avevano badato a spese. Ci saranno stati almeno un centinaio di invitati, pochi bambini, tanti adulti. Il rinfresco precedeva il banchetto, che a sua volta si sarebbe concluso con la serata danzante. Sul palco, il re del liscio e la sua banda orchestravano il sottofondo musicale con un motivetto leggero.
– Ti ringrazio Samuele – Giorgia era decisamente espansiva e sembrava propensa a flirtare con Samuele, che era ritornato dal buffet con due rossi aperitivi analcolici – posso darti del tu, vero?
– Certo.
– Bravo. Di solito le persone come te sono algide e distaccate...
– Prego?
– ...e messe alle strette diventano scontrose. Invece, sento che con te si può parlare.
“Cioè, tu puoi parlare” si lamentò Samuele, tra sé e sé. Comunque, si trovava a una festa ed era meglio mostrarsi socievole: in fondo, non conosceva nessun altro. Si rilassò e riprese ad ascoltare il soliloquio di Giorgia.
– …che poi, esclusi i parenti, gli altri sono tutti colleghi. Perché lei lo sa vero...
– “Tu sai” – la corresse Samuele – abbiamo detto che ci saremmo dati del tu.
Giorgia gli mise una mano sul braccio, sorridendo languida.
– Samuele, sei proprio un tesoro. A stare da sola finisce che perdo anche la testa. Dicevo, sai che Mattia e Silvia sono colleghi.
– Certo.
– Io lavoro nello stesso ufficio di Mattia – spiegò Giorgia, assumendo un'aria complice – sono stata io a tessere la tela, giorno dopo giorno, tra una pausa caffè e l'altra.
– Oh, davvero? – Samuele iniziava a trovare la conversazione interessante, a volte gli uomini sapevano essere più pettegoli delle donne.
– Silvia la conosco bene, le ho dovuto insegnare il lavoro. Prima che l'assumessero, ero io la segretaria di direzione – Giorgia ammiccò maliziosa – in realtà facevo un po' di tutto, ma erano altri tempi. Eravamo in pochi e ci sentivamo partecipi dell'azienda.
– Quando un'azienda cresce è normale che si debbano organizzare i ruoli e le mansioni in maniera più efficiente.
– Macché, in questi anni la proprietà ha saputo cambiare soltanto i direttori. Pensa che proprio questa settimana è arrivato il nuovo direttore generale. Dicono che è uno scienziato rammollito messo su quella poltrona dalle banche creditrici. Già parlano di tagli dappertutto; lacrime e sangue a manetta, peggio di un horror.
– Forse esagerano un po'. Magari le malelingue sono soltanto preoccupate per il cambiamento.
– Speriamo, altrimenti se ne dovrà andare in fretta anche lui. Silvia lavorava in simbiosi con quello precedente, e ti assicuro che è stato costretto a mettersi da parte perché in disaccordo con la proprietà e le banche. Io sono appena tornata dalle ferie e non ho ancora incontrato il nuovo direttore – gli ha parlato soltanto Silvia – ma secondo lei non ce la farà neanche lui a mettere d'accordo dipendenti, sindacati, banche e proprietà.
– Bah! Questi sono i normali problemi che deve affrontare un qualunque direttore di azienda. Non si può pensare soltanto a vendere, no?
– Certo – convenne Giorgia – ma ti sembra normale che abbiamo cambiato tre direttori in sei mesi? Spariti, bruciati come sigarette... e noi a continuare a far finta di niente!
Samuele restò di sasso, avrebbe voluto replicare, ma ecco arrivare la sposa:
– Giorgia! Eccoti finalmente, vedo che hai già conosciuto Samuele, il nuovo direttore.
– No! Dimmi che non è vero! – esclamò la Giorgia, paonazza come il suo tailleur.
– Sì, invece. Ma... dov'è finito? Era qui fino a un momento fa.
Samuele era già al volante della sua ammiraglia, direzione casa. Aveva attivato il viva-voce e per telefonare gli bastò esclamare il nome del suo amico, il numero uno:
– Pronto? Ciao caro, senti è ancora valida quell'offerta come direttore commerciale, lì da te?

Samuele
Uno scienziato tutt'altro che folle
Giorgia
Una signora su di peso
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Eddie1969
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Eddie1969 »

Il filo perso

Salve, mi chiamo Edoardo. Nonostante abbia dei nobili natali, vivo in un piccolo appartamento di un piccolo condomino situato in un piccolo paese. La mia vita è abitudinaria e grigia, anzi possiamo tranquillamente dire che è davvero noiosa.
Qualche qualche giorno fa, però, sul mio pianerottolo, è venuta a vivere una ragazza: Tamara. Anche se non la vedo spesso, per me è stata come una ventata d'aria fresca.

Oggi che è sabato, giorno di mercato, sono andato a fare una passeggiata con la speranza d'incontrarla. Non avevo nemmeno girato l'angolo che ho avvertito qualcosa di sferico sotto al piede, quindi ho visto il mondo sottosopra e per un attimo tutto è diventato buio. Fortunatamente sono riuscito a evitare di cadere afferrando un grosso chiodo di ferro che sporgeva, in alto, da un muro.
Quando tutto è tornato normale, ai miei occhi s'è presentata una scena terribile: Tamara era distesa a terra priva di sensi!

— Tamara, Tamara, che t'è successo? Svegliati! —

Mi ha guardato in maniera stupita, come se non sapesse chi fossi, anzi, come se non riconoscesse neppure il suo nome… Vicino a lei un cordoncino spezzato con una clip, e una grossa perla, quella su cui stavo scivolando io: verosimilmente la sua collana s'era impigliata nel chiodo mentre camminava, questo l'aveva trattenuta e poi, quando la montatura aveva ceduto, l'aveva fatta cadere battendo la testa.

— Già, tutto torna. — convenne con me mentre l'aiutavo ad alzarsi e, nel contempo le porgevo la perla.
— Guarda c'è incisa una piccola lettera… Dovrebbe essere una “S”. -

Tamara non aveva con sé documenti e, con nostra grande sorpresa, nemmeno nel suo appartamento c'era nulla che rivelasse la sua identità.
Telefonammo a Fernando, l'agente immobiliare che gestiva il condominio.

— No, guarda, l'appartamento risulta intestato a una società. Fra l'altro sono diversi giorni che, per altri motivi, sto cercando di contattarli, ma sono irreperibili.
E' buffo però: anch'io stamattina ho trovato una perla al mercato: riporta la lettera “V”. —
— Il mercato? Già! La strada dove sei caduta, porta al mercato ed è in forte pendenza. Le perle sono rotolate fin lì! Andiamoci di corsa, forse sono la via per sapere qualcosa di te! —

Ero eccitato e pieno di energie. Anche se mi dispiaceva per Tamara, starle vicino mi faceva sentire al settimo cielo.



— Signora Gina, mi scusi, ha per caso trovato delle perle per terra, qui al mercato? —
— Ma che domanda assurda è? —
— Non la stia ad ascoltare, fece Franca la sarta, sì che mia zia ha trovato una perla, e c'è la lettera: “E”. Poi una l'ho trovata io, c'è una “G”. E' che voleva tenersele per farci gli occhi del cane di pezza che sto cucendo per mia figlia. Sapete, lo vuole chiamare Goccia, come la cagnetta di mio padre Federico. Oh, eccolo qua… —
— Certo che ho trovato una perla! Ah, ah! Sopra c'è la lettera “L”. E anche mia moglie ne ha una, vero Marisa? —
— Sì, giovanotto, una bella perla con sopra la lettera “I”. Ma non è tutto qui, perché Goccia ne tiene una in bocca. —
— Dammi qui, furbacchiona! Ah, ah! C'è una “A”. —
— Beh, meglio Goccia di Gerry, il gatto della zia che la perla se l'è mangiata! —
— Sì, infatti il mio Gerry ora è dal dottor Aldo che gli farà un bel clistere… —
— Ma, zia, adesso il dottore fa anche il veterinario? —
— Che vuoi che ti dica si adatta a curare anche gli animali… Chissà se è andato tutto bene.
Oh, il mio povero Gerry! —
— Non si preoccupi, Gina, Gerry ce l'ha fatta. Ecco la sua perla. Mentre la disinfettavo per bene ho notato una lettera… —
— Scommetto che è una “T”. —, disse Regina, l'amica di Franca che era appena arrivata.
— Ah! Tu! E come fai a saperlo? L'ho sempre detto che sei una strega! -, fece Gina.
— Calma signore -, disse Alfonso mostrando un sorrisone che le fece sciogliere tutte. — Ne ho una anch'io, dice: “I”. —
— Ciao, Alfie! -, s'intromise Carolina, sorella di Franca. — Perché di questa faccenda non ne parliamo io e te da soli? Ah, scusate, la mia mostra una “E”. —

— Mamma mia, quante altre perle ci saranno in giro? — Chiese Tamara.
— Secondo i miei calcoli -, disse Samuele, — ce ne devono essere ancora nove -.
— E come lo puoi dire questo? -, ficcò il naso Franca.
— Semplice: considerando la distribuzione casuale delle perle, basta fare una proporzione tra l'area in cui sono state trovate le prime nove e quella totale del mercato che è circa il doppio.
A proposito, anch'io ne ho una, sopra c'è una “D”. —

— Siete voi che cercate le perle? -, fece Pietro. — Sapete, ne ho afferrata una al volo mentre tentava di entrare nella mia betoniera. C'è una “O”. —

— Va bene, dai, se le cose stanno così vi do anche la mia. -, disse Gino, — per una volta che era stato così facile procurarsene una…
La mia dice “A”. —

— A che punto siamo con i conti? -
— Dunque, Samuele aveva detto 9+9=18; ne avete recuperate già 13. Ne mancano solo 5... —
— Gianna, sei sempre la solita, saranno tredici quando ci avrai dato la tua! —
— Va bene, va bene, eccola. C'è una “R”. —
— Ma come sei gretta Gianna, sorella mia, se l'avessi avuta io la perla l'avrei già consegnata da un pezzo. —
— Facile per te, Corrado, tu non hai certo bisogno di soldi! —
— Su, dai, non litigate, fate i bravi fratelli! -, fece Lucrezia, — ecco, un bel cagnolino fatto di palloncini per te, uno a forma di gattino per te, e una bella perla per Tamara! C'è sopra una “D”. —
— Ciao cugina Lucrezia! —, disse Giorgio. — Sai se questa strana nocciola che ho trovato per terra è commestibile? —
— Ma è una perla! Giorgio, da' qua… Ecco c'è una “O”. —
— E, sì, figlio mio, devi stare attento a cosa metti in bocca! Oggi è una perla, domani un'intera torta! -, disse la signora Giorgia. — A proposito, ne ho una anch'io con una “S”. —
Marta, da buona insegnante, aveva seguito l'intera faccenda annotando su un taccuino tutte le lettere.
— Ma dove l'ho messa, ma dov'è! -, fece, rovistando nella propria borsa. — Eppure era qui -, continuò. — Oh, eccola, l'avevo in mano! Eh, eh. Come supponevo, c'è una “U”. —

Marta con un sorriso consegnò il taccuino a Tamara che, emozionata, prese a leggere: — SVEGLIATIEDOARDOSU —, — SVEGLIATI EDOARDO SU —, — SVEGLIATI, EDOARDO, SU! —, — Svegliati, Edoardo, su! —

E fu a quel punto che tutto tornò buio per un attimo, come quando stavo per cadere. Poi si schiarì di nuovo… Intorno a me c'erano diverse persone, e più precisamente quelle che avevano trovato le perle. Sopra di me il viso di Tamara, la quale mi disse:
— Finalmente, Edoardo, finalmente ti sei svegliato! Che paura che ci hai fatto prendere! Sembravi morto! Sei scivolando su una castagna d'India e hai picchiato la testa. Meno male che sono tornata presto dal mercato e ti ho trovato! —
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Re: Gara 45 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Marina Paolucci »

Short instant message of love

Marta abitava da pochi mesi nel quartiere dei palazzi, dove tutti conoscendosi sparlavano a ruota libera.
Lei conosceva di vista solo qualcuno della sua scala: Tamara, la ragazza dirimpettaia di pianerottolo, Marisa, Aldo, Franca, Corrado e Alfonso, il più bello della casa. Sulla quarantina, alto, moro, occhi verdi, capelli mossi con riccioli ribelli, spalle da nuotatore, vestiva casual.
Marta pensava che senza abiti, nudo, Alfonso sarebbe stato in perfetto look.
Lei e Tamara vantavano il privilegio di averlo vicino di casa. Quando lo incontrava s’imbarazzava. Magari avesse potuto avere una chance! Impossibile. Troppo bello, lo pensava un donnaiolo con un harem di donne. Irraggiungibile per lei, una ragazza acqua e sapone, bella senza troppi fronzoli. Laureata in Lettere, faceva l’insegnante. Nata distratta, aveva la testa sempre per aria. A perditempo, faceva la scrittrice e teneva corsi di scrittura creativa alla biblioteca di quartiere.
Quel pomeriggio uscì di casa per recarsi alla biblioteca. Nel giardino condominiale s’imbatté in un litigio tra animali.
Goccia, una cagnetta sveglia, era andata a importunare Gerry, il gatto meno vivace del quartiere. Tentava di sottrargli un pezzo di pane e salame caduto di mano a un bambino su cui il gatto si era fiondato.
Marta provò a separare le bestiole intente a litigare. Venne morsa e graffiata. Lei amava gli animali ma quei due le divennero subito antipatici.
In suo aiuto intervenne Marisa, una nonna vispa, armata di coperchi.
Li sbatté energicamente, fece scappare le bestiole atterrite.
— Grazie Marisa. – disse Marta dolorante.
— Di nulla cara. Dai, citofoniamo a mio marito. Andiamo a medicarti. Aldo sa il fatto suo, è un anziano medico.
Marta acconsentì. Aldo curò le ferite e le fasciò le mani.
Suonarono alla porta. Era Franca, una sarta pettegola che abitava al piano superiore, venne a curiosare. Sposata con Edoardo, un nobile decaduto, aveva un fratello ricco, Corrado, talmente tirchio che quando i parenti andavano a trovarlo non si faceva trovare in casa per non offrire nulla.
Marta approfittò di quella visita a sorpresa per congedarsi.
Si avviò verso la biblioteca. Quella sera cominciava il nuovo ciclo di incontri. Arrivò in anticipo, l’accolse Gina, l’anziana parente di un suo ex fidanzato. Quando il gruppo si compose, Marta si presentò. Poi chiese a ognuno di presentarsi in poche parole, in modo simpatico.
Se ne udirono delle belle! Pietro un muratore brillante, Samuele uno scienziato tutt’altro che folle, Gianna una ragioniera furba, Lucrezia un’artista vivace, Federico un vecchietto allegro, Fernando un giovane dalle belle speranze, Giorgia signora su di peso, Giorgio il cugino tonto di Giorgia. Loro, per tradizione, portavano il nome del nonno materno. Gino un ladro di sguardi, con buoni sentimenti, Regina, un po’ maga e un po’ amica dei senzatetto.
Che gruppo colorito!
Marta spiegò che invece di partire dalla teoria avrebbero cominciato con una prova pratica immediata.
— Scrivete uno “short instant message of love”, ovvero uno stringato messaggio d’amore, anonimo, in dieci parole.
La bizzarra proposta catturò l’attenzione dei corsisti che di getto scrissero frasi su foglietti. Li riposero piegati al centro del tavolo attorno al quale stavano seduti. Marta li mescolò con le mani e invitò ogni allievo a pescarne uno dal mucchio e leggerlo ad alta voce.
Lei trascrisse i pensieri in un foglio, in sequenza di lettura. Ecco cosa ne uscì.

Mi piaci. Lo sa pure il vento che soffia controvento.
Sei bello come il sole che splende alto a Ferragosto.
Quando ti vedo arrivare è un tumulto nel mio cuore.
Grazie di essermi accanto. Sei speciale in ogni tuo perché.
Quando sorridi mi spalanchi le porte dell’anima. Ti adoro!
Con te potrei andare in capo al mondo senza perdermi.
Stasera cena da te, sesso da me?
Insieme faremo grandi cose. Di noi bisbiglieranno luna e stelle.
Stringimi a te e baciami fino a togliermi il respiro.
Amami come se fossi l’unica al mondo. Magari sposami.

— Fantastico! Esclamò Marta. Abbiamo creato un bellissimo drabble! Ovvero, un micro racconto in cento parole.
La lezione proseguì con un accenno di teoria, fino al termine.
Rientrando a casa, Marta ricevette una telefonata di Carolina, la sorella disinibita: cambiava ragazzo come fosse un abito.
— Ancora niente col vicino? Eh dai! Quando lo incontri, buttatici addosso! Fingi un malore.
— Carolina, sei fuori come un balcone. – disse Marta ridendo.
Si salutarono con baci e abbracci telefonici.
Arrivata a casa, Marta imboccò le scale poiché le avevano appena fregato l’ascensore. Fortuna abitava al terzo piano. Salendo, estrasse dalla borsa il drabble. Giunta sul pianerottolo, l’ascensore si aprì. Alfonso. Marta dall’emozione inciampò proprio all’ultimo gradino. Cadde a terra urlando, rovesciando la borsa sul pianerottolo. Conteneva il mondo.
— Ehi! Ti sei fatta male?
— Ho battuto il ginocchio.
— Lascia che ti aiuti.
Alfonso aiutò Marta a sollevarsi. Lei, dolorante, cominciò a piagnucolare. Aprì la porta di casa e si voltò a guardare il mondo a terra sul pianerottolo.
— Dai entra e siediti. Le raccolgo io le tue cose.
Entrarono a casa di Marta. Alfonso la sostenne fino al divano dove si sedette. Lui le sollevò le gambe, le tolse le scarpe, le appoggiò sul ginocchio un panetto di ghiaccio, preso dal freezer e avvoltolato in un canovaccio.
— Vado a raccoglierti il mondo. – le disse sorridendo.
— Grazie. – rispose Marta con un filo di voce.
Alfonso recuperò gli oggetti sparsi. In ultimo vide il foglio sul suo zerbino.
Una dichiarazione d’amore scritta dalla sua vicina. Era per lui?
— Rientrò in casa con la borsa riempita, l’appoggiò a terra.
— L’ho letto. Molto bello. – disse mostrandole il foglio.
— Chi ti ha detto di leggerlo? Non era per te!
— Ah! Scusa, era sul mio zerbino. – rispose deluso Alfonso.
— Io… Però… Se vuoi… Che ne dici… Stasera cena da te?
— Wow! Certo! Naturalmente se posso prenderti alla lettera! – disse strizzandole l’occhiolino con fare ammiccante.
— Porto il pane. – disse Marta, fingendo di non avere capito la battuta.
— Se vuoi. Ho del buon companatico. Poi per dolce ti servirò la mia specialità. Mi basterà sostituire una vocale.
Marta arrossì. Le stava capitando l’inverosimile. Prendere o lasciare.
— Sappi che sono un’insegnante, sarai soggetto a valutazione. – gli disse impacciata con il viso diventato del colore dell’anguria matura.
— Sono pronto! Cominciamo subito?
— Spogliati. Pane e companatico lo mangeremo più tardi.
Alfonso non se lo fece ripetere. Marta era bella.
Lei se ne infischiò di pensarlo un donnaiolo con un harem di donne. Quella sera il bell’Alfonso sarebbe stato suo. Appetitevolmente.
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Introduzione del Prof. Marco Vallicelli.
Copertina di Giorgio Pondi.

Contiene opere di: nwClaudia Cuomo, Enrico Arlandini, Sandra Ludovici, Eleonora Lupi, Francesca Santucci, Antonio Amodio, nwIsabella Galeotti, nwTiziano Legati, nwAngelo Manarola, Pasquale Aversano, nwGiorgio Leone, nwAlberto Tivoli, nwAnna Rita Foschini, nwAnnamaria Vernuccio, William Grifò, nwMaria Rosaria Spirito, nwCristina Giuntini, nwMarina Paolucci, nwRosanna Fontana, nwUmberto Pasqui.

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L'arca di Noel

L'arca di Noel

Da decenni proviamo a metterci al riparo dagli impatti meteoritici di livello estintivo, ma cosa accadrebbe se invece scoprissimo che è addirittura un altro mondo a venirci addosso? Come ci comporteremmo in attesa della catastrofe? Potremmo scappare sulla Luna? Su Marte? Oppure dove?
E chi? E come?
L'avventura post-apocalittica ad alta tensione qui narrata proverà a rispondere a questi interrogativi.
Di Massimo Baglione.

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.






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GrandPrix d'inverno 2022/2023 - Conchiglie sulla spiaggia - e le altre poesie

GrandPrix d'inverno 2022/2023 - Conchiglie sulla spiaggia - e le altre poesie

(inverno 2022-2023, 20 pagine, 449,17 KB)

Autori partecipanti: nwDomenico Gigante, nwMauro Conti, nwPiramide, nwNamio Intile, nwGiuseppe Gianpaolo Casarini, nwRossella D'Ambrosio, Gabriele Pecci, nwMarino Maiorino, nwNuovoautore, nwMacrelli Piero, nwEmma Faccin, nwLaura Traverso,
A cura di Massimo Baglione.
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Anonimania 2022 (settembre) - Prima edizione

Anonimania 2022 (settembre) - Prima edizione

(settembre 2022, 65 pagine, 1,41 MB)

Autori partecipanti: Ilario Brunner, Ombra #2, nwSelene Barblan, nwMarcello Rizza, Ombra #03, Ombra #07, nwSusanna Boccalari, Francesco Pino, Ombra #12, Ombra #08, nwMessedaglia, nwTeo Tardy, Daniela Moscardini,
A cura di Il Guru e BraviAutori.it.
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La Gara 20 - L'insolita bellezza delle piccole cose

La Gara 20 - L'insolita bellezza delle piccole cose

(marzo 2011, 45 pagine, 856,73 KB)

Autori partecipanti: Lvwceg, nwAngela Di Salvo, nwTania Maffei, nwCarlocelenza, nwSer Stefano, nwMastronxo, nwCosimo Vitiello, nwGTrocc, nwVit, nwArianna, nwSphinx, nwStillederNacht, nwExlex, nwTitty Terzano,
A cura di Dario Maiocchi.
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