Gara 54 - Bando e racconti

Qui ci sono tutte le vecchie Gare letterarie, dal 2008 all'estate 2018.
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Giorgio Leone
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Gara 54 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Disegno di Francesca Leone
Disegno di Francesca Leone
IL BANDO

Qualcuno, non ricordo chi, mi ha detto o scritto che, più di ogni altra categoria, in estate gli scrittori diventano pigri e si riposano. Per questo motivo ho pensato di agevolare il più possibile la fase di ricerca della storia da raccontare allargando al massimo l’orizzonte degli argomenti.
Sotto il cielo di questo agosto, infatti, non solo si può andare in vacanza o si deve restare in città, ma nel disgraziato inizio di secolo o millennio che stiamo vivendo hanno luogo drammi e fenomeni epocali legati o dipendenti dalle guerre, dalla disoccupazione, dalla fame e dalla ricerca di una vita migliore, o più semplicemente di una vita. E poi ci sono le solite rapine e i soliti omicidi e i politici che parlano a vanvera e quelli che si sparano un vitalizio, ma l’afa esaspera tutto. Inutile dire altro perché sarà sufficiente, durante il periodo che è appena iniziato, leggere il giornale o sentire la tv o guardarsi intorno o dentro di sé per trovare il soggetto ideale che vi permetterà di estrinsecare le vostre doti artistiche migliori, quelle che neppure voi sospettavate di possedere.
Per cui raccontate quello che volete, che è avvenuto o che avverrà o che potrebbe avvenire

SOTTO IL CIELO D’AGOSTO

che è quindi il tema della gara per la quale valgono le regole seguenti:

1) Chi partecipa alla gara e poi non commenta e vota gli altri racconti, sarà escluso dalla gara.
2) Il blocco di commenti migliore sarà premiato con 1 punto a giudizio insindacabile del banditore.

Per il resto, valgono tutte le regole ufficiali, che trovate qui: viewtopic.php?f=80&t=2308

Riassumendo:
- lunghezza massima del testo: 1000 parole o 6000 caratteri (spazi inclusi) con una tolleranza del 10%;
- ogni racconto dovrà essere corredato di un’immagine, da inserire preferibilmente in apertura del vostro brano;
- voti da 1 a 5, consentiti anche i tagli a mezzo (1,5 e così via fino al 5);
- i racconti postati non potranno più essere modificati se non a gara conclusa; al termine dei giochi, si potranno apportare eventuali modifiche per la pubblicazione sull’e-book.

I racconti potranno essere postati su questa pagina fino alle 23.59 del 15 settembre 2015.
I commenti e i voti dovranno essere postati a questo link: viewtopic.php?f=80&t=4822&p=88736#p88736
dalle 00.00 del 16 settembre 2015 fino alle 23.59 del 30 settembre 2015

Premiazione:
Chi vincerà avrà l’onore e l’onere di organizzare la gara successiva.

I premi saranno:
1. Pubblicazione dei racconti in digitale, con il consueto e-book.
2. Diploma, accompagnatoria e banner, pensato su misura da Ser Stefano per il proprio racconto.
3. Niente pizza Margherita.

E adesso dateci dentro... ma cosa avete capito?
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Laura Chi
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SOTTO IL CIELO D'AGOSTO

Messaggio da leggere da Laura Chi »

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Claude è un paziente modello. Tranquillo, silenzioso. Non un gesto fuori misura, una parola fuori posto. Ma lo sguardo è strano. Spaventato e perso. E’ lo sguardo di chi ha visto l’abisso nero del male, sul quale il bene e il giusto danzano come libellule illuminate da un debole chiarore, fragili e smarrite. Ha tentato di uccidersi, per questo è lì. Una dose massiccia di sonnifero. Ma, a parte lo sguardo e il tentato suicidio, è tranquillo. Ed è un alto decorato, uno che si è distinto in guerra, nonostante la giovane età. A ventiquattro anni, ha già abbattuto trentatré aerei. Dopo un mese e mezzo di ospedale psichiatrico può uscire. Ma non è solo il buio in fondo agli occhi, non è solo il tentato suicidio a preoccupare i familiari. Il suo sonno è tormentato da incubi. Si sveglia ogni notte, urlando di buttarsi. Buttatevi, arriva la nuvola gialla!

L’alba era fresca. Sul fiume ondeggiavano ancora i vapori notturni, un orlo di cielo rosato lambiva l’orizzonte. Si annunciava una bella giornata d’estate. La città si svegliava, uomini e donne cominciavano a scendere nelle strade, al mercato si scaricava la merce, gli operai si avviavano verso gli stabilimenti. Si annunciava una bella giornata.

Claude esce dal manicomio. Tenta una rapina con una pistola-giocattolo. Falsifica un assegno. E’ come se fossero saltati i circuiti della coscienza, come se la capacità di distinguere il bene dal male, di capire cos’è lecito e cosa no, fosse stata inghiottita dalla nuvola gialla. Del resto, nella gerarchia degli atti criminali, quale rilievo può avere la falsificazione di un assegno, paragonata all’annientamento di sessantamila persone? E perché il primo è considerato un reato e il secondo no? Quale assurda logica può giustificare il fatto che non sia stato arrestato per quelle morti, ma per un assegno? D’accordo, non era stato lui a premere il pulsante. Però aveva dato le indicazioni. Aveva scelto l’obiettivo. E ora sentiva il peso di tutta quella gente sulla coscienza. Sessantamila persone. L’orrore spaventoso dell’onda d’urto era stato un piccolo assaggio di quello che doveva essere successo, laggiù. Quella nuvola gialla ricompare ogni notte. Claude tenta per la seconda volta il suicidio, tagliandosi le vene. La moglie non ce la fa più. Ha chiesto il divorzio.

La vita ricominciava come ogni giorno e la guerra sembrava lontana, anche se in cielo si vide il luccichio di un aereo e le sirene suonarono. Ma poi si sentì il cessato allarme e tutto tornò tranquillo.

Era una bella giornata. L’aereo Straight Flush volava alto sopra la città. Il pilota Claude Eatherly perlustrò il territorio. Il cielo era coperto a Kokura, Yokohama, Nagasaki. A Hiroshima era sereno. Claude fornì le coordinate all’aereo che lo seguiva e se ne andò. L’aereo che lo seguiva si chiamava Enola Gay. Puntò verso Hiroshima. In lontananza si cominciava a intravedere la città. Venne dato l’ordine di aprire i portelli per sganciare Little Boy, la bomba. La sera, il presidente Truman annunciò l’evento al mondo intero.

Era una bella giornata sotto il cielo d’agosto. Nelle strade, negli edifici, sul fiume, nel porto la vita scorreva allegra, triste, appassionata, malinconica, dolce, amara. La vita in tutte le sue sfaccettature. Fluiva nel verde rigoglioso dell’estate, negli istinti degli animali, nell’aria trasparente. Animava il volo delle libellule, il ronzio degli insetti in quella bella mattina di sole, le risate dei bambini. Sui futon le impronte dei corpi usciti dal sonno e dall’amore erano ancora tiepide. Nel porto si rincorrevano le voci, i richiami, i versi dei gabbiani. Poi, quel lampo. Quel vento rovente che annienta tutto in un attimo. I viventi che diventano ombre nere stampate su pietre arse, vetrificate.

La città scomparve in una nuvola gialla, sotto il cielo d’agosto.
Il fungo atomico si levò altissimo a sfidare l’infinito. L’azzurro limpido, immenso, lontano di quel 6 agosto del 1945.
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Annamaria Vernuccio
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Annamaria Vernuccio »

SOTTO IL SOLE D'AGOSTO
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12 Agosto
Finalmente mi sono chiusa alle spalle la porta dell'ufficio; quest'anno le ferie riuscirò a trascorrerle al mare, lontana dalla calura della mia pur bella Milano.
Sono giorni che ho iniziato a selezionare le cose da portare via, ma continuo ad accorciare la lista perché i miei figli: Andrea e Lucia sembra non possano rinunciare a nulla.
Tra l'altro, non sono affatto contenti di venire in vacanza con noi, si sentono già "grandi" con i loro 11 e 14 anni, poi perché molti dei loro amici sono rimasti a Milano.
Ecco: le valigie sono chiuse, un'ultima controllata a porte, finestre e contatori e siamo pronti. Dobbiamo arrivare a Capo Rizzuto e il percorso, scaricato da Google Maps, prevede una sosta per il pranzo a Orvieto, dove approfitteremo per fare una visita al Duomo.
Abbiamo deciso, all'insegna dell'ottimismo, di ignorare l'allarme bollino rosso per chi si metteva in viaggio... ma si sa che ormai le previsioni "ci azzeccano" sempre, per cui il risultato è che siamo già imbottigliati nel traffico ancor prima del tratto appenninico.
Benedico il videogame che abbiamo regalato ad Andrea e che lo tiene impegnato, direi assente, ma per Lucia è tutt'altra cosa.
Le getto un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore, ma distolgo subito lo sguardo: potrebbe incenerirmi "novella Medusa". Spero tanto di riuscire a farle tornare il buonumore, ne va della riuscita della vacanza.
L'aria condizionata ci dà sollievo, ma una volta giunti a Orvieto all' uscita dall'auto, ci assale un'aria calda, afosa e opprimente che sembra dirci: "Ma dove vorreste andare voi?"
L'intenzione iniziale di visitare il Duomo crolla miseramente, per cui optiamo per una breve sosta al Grill per il rifornimento carburante, un panino veloce e tornare poi di corsa al fresco della nostra auto.
L'autostrada è un nastro infuocato dai contorni alterati dal calore dell'asfalto, all'orizzonte della mia immaginazione c'è il miraggio della spiaggia e del mare di Capo Rizzuto. Nella realtà, solo l'orrendo incubo della "Salerno - Reggio Calabria".
Alle mie spalle, i miei tesorini litigano già su chi dovrà occupare la parte superiore del letto a castello, mentre mio marito, imperturbabile, è concentrato sulla guida e sui continui sorpassi sulla corsia d'emergenza. E' notte quando scorgiamo l'insegna del nostro Villaggio Vacanze e a tempo di record scarichiamo i bagagli, prendiamo le chiavi alla reception e, una volta nel nostro bungalow, ci catapultiamo sui letti... siamo distrutti!

1° giorno
Il sole inonda la camera e mi svegliano le grida dei miei ragazzi che litigano per accaparrarsi il canotto... ovviamente l'idea di andarci in due non li sfiora nemmeno. Sedata la lite, andiamo al buffet per la prima colazione: Una goduria per una come me che per tutto l'anno butta giù un caffè' veloce e scappa al lavoro. Fuori ci sono 39° all'ombra, ma io mi ungo come un lottatore di Sumo e mi stendo sul lettino.
Sorprendentemente il resto della giornata trascorre senza problemi. Vuoi vedere che la vacanza "ingrana" bene? Vorrei tanto che questi giorni che trascorreremo insieme ci riavvicinassero e potessimo ricostruire quella famiglia che i troppi impegni ci hanno fatto trascurare.

2° giorno
Mi sono illusa: stavolta è mio marito ad agitare le acque. Lui vuole fare un'escursione, ma inutile dirlo, i ragazzi non ne hanno voglia e io desidero solo starmene sdraiata al sole con il libro, regalo di Natale, che non ho mai avuto il tempo di leggere. Vinciamo io e i ragazzi, ma per tutto il giorno ho sotto gli occhi l'espressione imbronciata di mio marito.

3° giorno
Oggi, complice l'Animazione del residence, c'è un'atmosfera allegra e vacanziera, destinata a breve vita però in quanto Lucia vuole andare con gli animatori in discoteca. Assurdo! Non se ne parla proprio e malgrado l'insistenza prima, e le suppliche dopo, sono irremovibile. Lucia se ne esce in veranda sbattendo la porta e sbraitando che meglio sarebbe stato se fosse nata in un altro posto e in un'altra famiglia. Vorrei tanto trovare le parole giuste per farle capire le mie motivazioni, ma la lascio a sbollire la rabbia e poi ci proverò.

4° giorno
Stamattina a colazione la Sala è stranamente affollata: di solito gli ospiti utilizzano il servizio buffet in diversi momenti, mai tutti insieme. Sentiamo allora la notizia che al porticciolo del villaggio è approdato un gommone con un centinaio di migranti che per sfuggire alle motovedette della Guardia Costiera hanno cercato un rifugio fuori dal porto.
Alcuni villeggianti sono agitati, altri anche indispettiti perche dalla reception è arrivato il consiglio di non recarsi in spiaggia e utilizzare le altre aree divertimento fino a quando le Autorità non avranno provveduto al da farsi. Devo dire che una cosa è sentire queste notizie in televisione e un'altra è trovarsi sul posto mentre accade il fatto.
Lucia mi dice che va in piscina... noi la raggiungeremo dopo aver finito di far colazione.
Trovarla tra la gente che affolla la piscina è un'impresa, ma capisco subito che non è lì: avrei dovuto immaginarlo che dire a Lucia di non fare una cosa, è come autorizzarla a fare l'incontrario.
In spiaggia non sono preparata allo spettacolo che ho davanti agli occhi: persone provate da quello che deve essere stato un viaggio terribile, e poi vedo bambini, tanti bambini quasi tutti in lacrime. Poco lontano, spicca tra questa marea di gente un caschetto biondo che poco si adatta al contesto, e capisco subito che è Lucia.
Mi avvicino e la vedo con una bambina tra le braccia e distesa sulla sabbia, una donna che mi sembra morta, ma l'alzarsi e abbassarsi del suo seno mi rassicura: è viva.
Non è il momento dei rimproveri e mi limito a sedermi accanto a loro mentre Lucia mi guarda in silenzio. Com'è diverso il suo sguardo, la tristezza ha preso il posto della rabbia e la rende diversa, la dura realtà l'ha fatta crescere.
Arrivano i paramedici e prendono in consegna la bambina e quella che suppongo sia sua madre, visto come le sta aggrappata.
Qualcuno ora si occuperà di loro, noi non possiamo fare altro che lasciarle andare, non senza aver dato loro le nostre magliette. Ben misera cosa, ma per loro, seminude di immenso valore.

5° e 6° giorno
Nulla è più come prima anche se apparentemente si è tornati a prendere il sole, a tuffarsi e rimpinzarsi al Buffet. Siamo tutti consapevoli che fuori, per alcuni, la realtà è ben diversa,

7° giorno
Si parte. All'arrivo eravamo 4 persone in vacanza... adesso siamo tornati ad essere una famiglia compatta e affiatata. Quella stessa famiglia della quale la mia Lucia aveva detto di non voler far parte.
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Alberto Tivoli
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Alberto Tivoli »

ACHERONTE
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Tengo stretto il tubo, voglio vedere fino a quando riesco a tenerci la mano intorno. Mi arrendo quando immagino di sentire la carne sfrigolare. È una linea morta, acciaio al carbonio che avrebbe dovuto servire a convogliare qualcosa che non ricordo più. Tutto quello che mi circonda è nato ed è morto per qualcosa che ormai nessuno ricorda più.
Hanno mosso soldi. Questo lo ricordo.
Come un miraggio nel deserto la figura di un uomo bolle all’orizzonte. Muovo passi sull’asfalto crepato e mi trasformo in una gocciolante alimentata da sudore, irroro le piantine che si affacciano tra le fessure. Qualcosa nasce tra ciò che è nato morto.
Hanno creato posti di lavoro. Questo lo riconosco.
Sosto all’ombra di un ciclope partorito da una colossale calandra. Mi detergo il sudore e vorrei che bastasse una manata per togliere la ruggine dalla pelle di questo gigante a cui hanno lasciato l’unica cavità orbitale vuota. Suona pieno e se mi arrampicassi suonerebbe pieno fino al collo. Qualunque cosa contiene ormai deve essere trasmutata e un giorno qualcuno la libererà, ma sarà solo un’altra cosa nata morta. E per condottarla nascerà ancora qualcosa e ci vorrà un altro uomo per aprire e chiudere le valvole, perché tali sfinteri saranno collegati a un cervello nel quale mai nessuno farà scintillare una logica. È come se non tutto possa essere reale.
Hanno illuso la gente. Questo l’ho capito.
Il mio collega è una panna cotta tremolante che suda grasso al posto del crème caramel e si muove tra arrochiti compressori ed è l’unico mio termine di paragone per riconoscere la vita in questo posto; a parte topi, bisce e cornacchie che accorrono da ogni dove.
Hanno lasciato cadere solo le briciole. Questo lo sapevo, ma in un mondo in cui non tutto può essere reale ci si può illudere.
Siamo due tipi di adamo a guardia di un eden ossidato creato da un dio umano che si è scacciato da solo. Quando il nostro creatore ha mangiato dell’albero del bene e del male non ci è fregato granché - eravamo dalla parte giusta - ma quando si è ingozzato anche dell’albero della vita ci ha fatto girare i coglioni. Ma ormai caricature di cherubini svolazzavano in tutte le direzioni brandendo spade di fuoco: hanno colpito il nostro paradiso di ruggine e catrame, dandolo alle fiamme, riempiendolo di marchi di infamia fatti da piombo che sembra gomma da masticare ciancicata e appiccicata intorno a catenelle; hanno colpito noi, che siamo tornati a casa guardando solo il pavimento, che speravamo in qualcuno che ci facesse saltare le cervella sapendo che mogli e figli ci avrebbero carezzato le spalle per poi scuoterle fino a disarticolarle. E poi gli angeli impostori se ne sono andati, hanno preso a braccetto il nostro demiurgo e se ne sono andati.
Hanno detto a me e al mio collega che dovevamo presiedere al nostro mondo e mantenerlo fino a quando non sarebbero ritornati gli altri. Questo è impossibile, ma ho ringraziato.
Però mi sembra di svanire perché sono solo un provvedimento dichiarato, senza scopo e sostanza. Io e il mio collega facciamo parte di quel tutto che non può essere reale: dovremmo venire a controllare macchinari e impianti solo la mattina, ma ogni giorno ce ne andiamo fissando un gocciolone rosso pianto dal cielo; quello che manca del mio stipendio è un numero in una cassa dal flusso virtuale, e quando questo flusso diverrà reale non potrò che dargli appuntamento in banca, o in tribunale, o per strada.
Sto cercando di trovare un altro lavoro, ma è arrivato Acheronte che con un calcio in culo a Caronte ha convinto tutti gli dèi a starsene in vacanza.
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Angelo Manarola
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Angelo Manarola »

Grandi viaggi Perseide Corporation

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Grandi viaggi Perseide Corporation







Ho appena salutato il mio amico Xhertzion.
Poverino, quest'anno per lui niente vacanze; dove lavora sono indietro ad un progetto di trasformazione sub molecolare e dovendo rispettare i tempi previsti, rimarrà nei laboratori dove è responsabile.
Come ogni anno, mi recherò in quella lontana galassia accanto a quel piccolo sole dove il trascorrere del tempo è così veloce.
Mi diverte osservare lo scorrere del tempo laggiù dove, ad un'ora della mia vita, corrispondono molti lustri.
Anni fa, l'aver scoperto quasi per caso la rotta per raggiungere quella pozza d'acqua sferica, mi ha fatto diventare ricco.
Il primo passo fu ospitare, l'anno successivo, tre passeggeri a bordo del mio economico e traballante mezzo di trasporto; sostituirlo con uno più confortevole e con più posti passeggeri fu il preludio a questa flotta di mezzi pubblici che ormai mi consente una vita agiata.
Chi, in tutto l'universo, può proporre vacanze di un paio di settimane che laggiù, invece, durano secoli?

Nelle mie vacanze son passato nell'ammirare grandi scenari vuoti e coperti solo da un muschio verde a piccoli esseri viventi che man mano e di generazione in generazione, diventavano sempre più enormi.
Li vidi crescere a dismisura e poi scomparire di colpo, in un periodo di giorni bui e freddi e poi, a poco a poco, nuove forme di vita fino a seguire, interessato, quella nuova specie capace di grandi invenzioni e ancora più grandi atrocità.
Bello però leggere cosa scrivevano, osservare ciò che costruivano o dipingevano. Strana razza quella che abita laggiù.
Capace di cose immense e allo stesso tempo di odiarsi l'un l'altro e sterminarsi per cose futili come una bislacca idea del momento o decidere come deve essere chiamato il Creatore.
L'anno scorso, subito prima di partire, mi divertii moltissimo nel seguire quel pazzo tentare di convincere re e cortigiani che il loro pianeta era rotondo. Voleva attraversare una distesa enorme di acqua dove c'era il continente che più amavo perché mi ricordava quello stesso pianeta durante le vacanze di qualche anno prima.
Mi auguro che abbia fallito e di poter girovagare ancora tra quelle valli e montagne incontaminate.
Ma adesso basta divagare con la mente, è quasi ora di imbarcare le valigie e partire. L'arco temporale e astrale per raggiungere la mia meta è brevissimo. Pensate che, laggiù, dura pochissime ore.
Speriamo non si siano ancora evoluti tanto da riconoscere le astronavi di turisti e curiosi che arrivano.
Fino all'anno scorso il loro arrivo era chiamato “la notte di San Lorenzo”.
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Ida Dainese
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Re: Gara 54 - Bando e racconti Sotto il cielo d'agosto

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Foto di Loris Prandin
Foto di Loris Prandin
Stelle d’agosto

Il primo ad arrivare fu un signore con una mazza da golf che si teneva con la mano il fianco dolorante.
Eppure non aveva corso, anzi, ma non faceva camminate da quand’era bambino e andava in vacanza con la famiglia.
Ormai era un imprenditore di successo, molto impegnato, con una bella villa, e le vacanze, casomai, le faceva ai Caraibi. Pensò che poteva sedersi, intanto, su quella panca che sembrava messa lì apposta, riposarsi, e poi proseguire.
Già, per dove? Non ricordava dove stesse andando, ma sapeva di dover andare avanti.
Gettò la mazza da golf e si guardò intorno.
Si trovava su una strada sconosciuta, leggermente in pendenza, che curvava attorno a una collina e s’inoltrava in salita verso i prati. L’aria era mite e c’era silenzio. La panca era sul ciglio della strada, all’ombra di una gigantesca quercia, e dovevano esserci nidi di uccelli tra i rami perché ne sentiva il cinguettare tra le fronde.
Mentre riposava, apparve una donna anziana, che camminava aiutandosi con un bastone.
L’uomo le andò incontro, contento di trovare qualcuno con cui scambiare una parola e s’accorse che la donna era impolverata, nei capelli bianchi s’intravvedevano minuscole scaglie di mattone rosso. Portava delle ciabatte infangate e pure l’orlo della vestaglia era sporco, evidentemente era scivolata in qualche pozzanghera. Fu contenta anche lei di potersi riposare.
Erano seduti ad ammirare il sole, che tramontava e illuminava le foglie, quando dalla curva arrivò il ragazzino. Non aveva più di sedici anni e barcollava come un ottantenne ubriaco. I primi due arrivati lo guardarono stupiti, senza sapere bene cosa fare. Il ragazzo, miracolosamente, riuscì a percorrere ancora qualche metro, raggiunse la quercia e vi appoggiò sopra il palmo della mano.
- Cazzarola, come mi gira la testa! – disse, prendendo fiato.
L’uomo si tolse la mano dal fianco perché il dolore gli era passato.
- Che t’è successo? Da dove vieni? – gli chiese e, quando il ragazzo lo guardò a bocca aperta, sentì il puzzo di alcool e di vomito.
In quel momento si udì il pianto di un bambino. Tutti e tre si guardarono attorno per capire da dove provenisse e, di nuovo, dalla curva arrivò qualcuno. Questa volta era un uomo dai capelli rossi che si teneva una mano sul petto e con l’altra si appoggiava alla spalla di una ragazza con un bambino in braccio. Anche loro si fermarono davanti alla panca.
- Buonasera. – sorrise la ragazza, ringraziando l’imprenditore che le aveva ceduto il posto. Quando spostò il bambino sull’altro braccio, si notò il taglio che aveva alla base del collo; in effetti, anche l’abito era macchiato di sangue, cosa che non risaltava subito poiché la stoffa era una fantasia di rosa.
- Oh, non è niente, non preoccupatevi, mi sta già passando, piuttosto ero preoccupata per mio figlio, ha preso una brutta botta in testa.
- Sì, abbiamo avuto un incidente. – aggiunse l’uomo dai capelli rossi.
Il bambino però dormiva tranquillo ora, e tutti si sentirono sollevati. Il ragazzo ubriaco era decisamente migliorato, però quel buffo taglio alla moicana non rendeva giustizia ai suoi bei capelli.
- Ma voi avete capito dove siamo? Dove sono i miei amici?
La giovane mamma lo guardò, mentre cullava il suo bambino.
- Hai ragione, c’è qualcosa di strano. Tu sembri appena uscito da una discoteca e io non mi ricordo perché ho lasciato l’auto per venire a camminare fin qui.
L’uomo dai capelli rossi trasalì.
- Anch’io non ricordo perché ho lasciato il mio automezzo. Però quel malessere mi è passato.
- Allora non è stato un attacco di cuore, forse si è stancato per la salita.
- Credo di sì. Scusate, non mi sono presentato, mi chiamo Hans Stretzmann, sono di Amburgo.
- Complimenti! Lei parla un italiano perfetto!
- Veramente… non conosco l’italiano, io sto parlando in tedesco.
Tutti si guardarono l’un l’altro, consci delle molte stranezze che si stavano verificando e del fatto che la cosa non li toccava più di tanto.
Il bambino aprì gli occhi e sorrise.
- Quanto è bello ‘sto angioletto! – disse la signora anziana, carezzandogli le manine.
Il fango si era seccato e dissolto pian piano, così l’abito e le ciabatte erano tornati puliti. Anche dai capelli le era sparita la polvere.
Un altro rumore attirò l’attenzione. Questa volta era un giovane che si trascinava sul terreno. I due uomini gli andarono incontro e lo sollevarono, portandolo fino alla panca. Aveva una gamba e un braccio spezzati, un taglio sulla fronte e lividi dappertutto.
- E a te che è capitato? – chiesero tutti.
Il ragazzo sospirò, poi guardò l’imprenditore:
- Mi dispiace, mi perdoni.
- Perdonami anche tu.
Dalla parte opposta, dalla strada che scendeva dai prati, si mosse una piccola luce, simile al faro di una moto che si avvicinava senza fare rumore.
Al bambino piacque perché emise tutta una serie di gridolini gioiosi e anche gli altri si rallegrarono. Si avviarono insieme, incontro alla luce, mentre si faceva sera; l’uomo dai capelli rossi prese il bambino e offrì il braccio alla giovane mamma, l’anziana accettò l’aiuto del ragazzo con i capelli strani e lasciò il bastone sulla panca. Perfino l’ultimo arrivato riuscì a rimettersi in piedi e si appoggiò all’imprenditore.
Lontano, in un paesino più a valle, un giovanotto uscì sul prato dietro casa e scrutò il cielo:
- Dai, vieni! – disse alla moglie – Ne ho già vista una!
- Ok, scommettiamo a chi ne vede di più?
Dietro le tende, nella loro cucina, il telegiornale snocciolava le notizie di cronaca: un’anziana morta sotto il crollo di una palazzina durante un nubifragio, un sedicenne stroncato da un mix di vodka e da una pastiglia di ecstasy, un incidente in autostrada tra un camion e un’auto, dove erano morti l’autista tedesco, una mamma di vent’anni e il suo bambino.
Infine, per le ferite riportate durante la colluttazione, era morto all’ospedale anche il ladro che si era introdotto nella villa dell’imprenditore Giarelli e che gli aveva sparato un colpo al fegato uccidendolo.
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Skyla74
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

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Estate nevrotica
In spiaggia.jpg
Tutto è iniziato col cancro della mia vicina di casa.
So che non è bello spiattellarlo nella riga introduttiva, ma a volte la vita è davvero poco politically correct. Oggi sei sano e giri per casa col telefonino in mano pensando a quanto è stronza tua sorella a non risponderti e domani sei in un ambulatorio del Bellaria a Bologna a osservare un’estranea con la flebo della chemio in vena. Il reparto è sovraffollato, tutto un andirivieni d’infermiere iperattive e chiacchierone. Ci sono bambini. Bambini, sant’Iddio. Al reparto oncologico.
La vicina di casa-estranea si chiama Ivana. Mi ha suonato il campanello il dodici di luglio, prima di allora giusto un saluto sul pianerottolo. Così mentre il mio cane abbaiava saltellandoci tra le gambe, lei mi diceva Tutta La Faccenda (d’ora in poi abbrevierò con TLF). TLF la porta a settimane alterne a fare la flebo e il resto dei giorni ad assumere pillole che la rendono ipersensibile al gelo, al caldo, allo stress. Il dodici di luglio a Bologna c’erano 38 gradi. Niente mani nel freezer che le si possono congelare le vene. Niente acqua fresca di frigo. A TLF non importa che lei non abbia il climatizzatore. Così, quando ebbe una sincope dovuta al caldo e venne a suonarmi al campanello di casa, io che il climatizzatore ce l’ho, l’ho invitata a stare da me. Le ho servito acqua alla giusta temperatura.
Pessima idea. Dalla gentilezza al vizio.
Ivana e TLF si sono trasferite a casa mia. Ivana ogni tanto vomita. Sessanta metri quadri, due donne, un tumore e un cane. Ah dimenticavo. Io sono nevrotica. Il mio male si chiama “Pensiero Ossessivo Compulsivo” e col TLF c’è andato a nozze. Ma cos’è il POC? Forse tornare indietro cento volte a controllare di aver chiuso la porta di casa? Ah, ma quella è una sciocchezza! Il guaio è che il POC abbraccia presente e futuro. Nella lista di questo mese c’è ogni genere di sfiga, da come dovrò parlare al medico al momento della prenotazione degli esami di Ivana (discorso provato almeno cento volte in almeno dodici varianti diverse), al tagliando dell’auto da non scordare (come se fosse possibile, ci sto pensando da quando feci lo scorso), a come dissimulare il tremito della mano quando firmerò la ricevuta del corriere (fingo sempre di avere la sindrome del tunnel carpale). A volte penso a chi lascerò il cane nel caso in cui avessi un incidente, tipo: mi aspetterà a casa morendo di fame? Insomma, prendete una montagna di cazzate, mettetemele davanti e io godrò a scardinarne la base per farmele precipitare tutte addosso. TLF è stato il colpo di grazia. Adesso devo pensare a come evitare che il mio cane mangi il vomito di Ivana, per esempio, che quella scema a volte è troppo debole per svuotare il catino nel Wc, quando io sono fuori casa. Così annuso l’alito del cane e mi auguro che nel suo sangue non girino farmaci chemioterapici.
L’altro ieri Ivana mi chiama in camera. E’ nel periodo di sospensione delle cure ed è insolitamente di buon umore. Ha aperto la finestra e sa che non deve farlo che poi entrano le zanzare e non ho pace finché non le ho uccise fino all’ultima.
«Sai che sei in gamba?» mi dice.
«Figurati, mi sento da schifo dalla mattina alla sera» le rispondo. «Anzi, già che ci siamo, sai che sono pentita di averti ospitata. Quand’è che te ne torni a casa tua?»
Giuro, non scherzavo.
«Ah ah» ride lei. Per qualche forma allucinatoria indotta dalla chemio, è convinta che ogni mia cattiveria sia in realtà una battuta.
«Guarda che c’è poco da ridere» le dico. «Dopodomani parto e vado a trovare i miei che ormai sono vecchi e rimbambiti. Chissà che non sia l’ultimo anno che faccio il maledetto viaggio.»
Quanto mi sta sulle palle questa storia! Lo chiamo il Ritorno Dell’Emigrante (abbreviato RDE) ed è una di quelle cose a cui i miei hanno sempre tenuto. Una settimana l’anno a dormire nella mia cameretta da bambina per farli sentire giovani.
«Ti va se vengo con te?» mi chiede Ivana.
«Echecazzo, non sei mica mia sorella. E poi stai facendo le cure.»
«No, ho due settimane di sospensione. Metto il parasole sul vetro, accendo il climatizzatore poco poco e me ne sto buona sul sedile.»
«Guarda che se ti senti male ti abbandono sul ciglio della strada.»
«Ah ah» ride lei.
Povera donna. Deve soffrire di idiozia congenita. Per fortuna che io sono inflessibile.
Ho scelto un giorno di pioggia per viaggiare, anche perché sembra che questo Ferragosto pioverà sempre. Mica l’ho fatto perché Ivana non finisse ustionata! Lei dormicchia sul sedile, il che mi obbliga a prenderle le pulsazioni con le dita ogni mezz’ora per vedere che non sia morta, cosa non facile da fare mentre si guida. Che poi sai che casino con un cadavere in macchina? C’è caso che mi arrestano, con questa faccia da culo che mi ritrovo.
Il mio cane piagnucola sul sedile posteriore, mi sa che al prossimo autogrill faccio una sosta.
Ivana… l’ho portata solo perché è un’estate nevrotica anche dal punto di vista meteorologico e avere una donna e la su TLF non rovinerà più di tanto la mia finta vacanza. Ci tengo a specificarlo, non vorrei che si pensasse che non volessi lasciarla a casa tutta indebolita e sola. La POC tende a farmi giustificare continuamente con persone inesistenti. In questo momento mi state tutti giudicando, lo so, schierati attorno al mio cane con cipiglio inquisitorio. Ho detto troppe parolacce, non ho nessun rispetto della malattia, vedrai quando capiterà a te, ecc. So che non esistete… ma forse anche sì. E’ come col gas. Sei sicuro di averlo chiuso al novantanove percento ma è quell’un percento che ti devasta la casa. Quindi mi sento in dovere di scusarmi con voi, persone inesistenti al novantanove percento. Che quell'un percento magari mi manda all’inferno, sai mai…
Se vi aspettavate un finale strappalacrime... fregati! Beh, c’è sempre caso che i miei genitori pensino che io sia lesbica e questo sia un estremo tentativo di fare outing. Cristo, anni di POC e non averci pensato per tempo! Emergency, mi grida il cervello, mentre entriamo nell’area di sosta più sgangherata del mondo.
Le paranoie limitano la vita.
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Nunzio Campanelli
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

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Il guardiano delle stelle


Il telescopio inviava i dati al centro spaziale situato a chilometri di distanza, in una zona più facile da raggiungere rispetto all’osservatorio, costruito ad alta quota. Il suo funzionamento era gestito da un computer, e a parte il guardiano e il suo cane, non c’erano altri esseri viventi oltre la rada vegetazione e qualche rapace. Una volta a settimana l’isolamento era interrotto dall’arrivo del furgone dei viveri e saltuariamente dalla visita dei tecnici della manutenzione.
- Dick! Dick! Su bello, è ora di dormire.
Il cane, un grande pastore maremmano, sopraggiunse di corsa al richiamo del guardiano, di nome Mario, seguendolo scodinzolante fin dentro all’alloggio, dove presto si accucciò sopra il vecchio divano che aveva scelto come giaciglio. Mario, che amava guardare le stelle, si sedette sopra una grossa pietra, iniziando da subito a scrutare il cielo. Quella era la notte di San Lorenzo, e a breve sarebbero apparse le meteore con le loro scie ardenti. In quella notte d’Agosto, il cielo avrebbe pianto lacrime di fuoco e lui, che di lacrime era ormai sprovvisto, avrebbe consentito ai ricordi affollare i suoi pensieri, e al dolore avvelenargli l’anima.
Con un ronzio metallico il telescopio orientò i suoi specchi verso un nuovo settore. D’istinto Mario girò lo sguardo nella medesima direzione. Gli sembrò di percepire un movimento, come se una stella stesse spostandosi. Pensò senza molta convinzione che fosse un aereo, e per qualche momento fissò la sua attenzione verso quel punto, trascurando le Perseidi. Tutto era di nuovo immobile. “Mi sarò sbagliato” pensò mentre con una mano si dava dei colpetti sulla testa. Guardò un’ultima volta in quella direzione. Ora le stelle in movimento erano almeno tre. Forse tutte quelle veglie notturne stavano producendo i loro primi, deleteri effetti. Distolse per un po’ lo sguardo massaggiandosi gli occhi. Poi guardò di nuovo il cielo. Decine, centinaia di stelle si spostavano con movimenti rapidissimi, intervallati da soste di durata variabile. Sembrava che seguissero uno schema, come se tutto fosse preordinato.
Sbigottito, chiamò il centro spaziale con il telefonino. Gli rispose bruscamente il suo diretto superiore.
- Che vuoi?
- Che sta succedendo?
- A chi? Che hai, stai male?
- Non vedete? Le stelle! Si…
- Certo, le stelle. Lassù nel cielo ci sono le stelle! Una notizia sconvolgente.
- Ma… si muovono. Guardate fuori, si stanno scambiando di posto tra loro, è straordinario!
- Hai ricominciato a bere. Non dovevo fidarmi, lo sapevo. Domani mattina. Vengo su domani mattina.
Sapeva che quella storia del bere sarebbe venuta fuori di nuovo. Non toccava alcol da almeno due anni, ma la fama di ubriacone lo seguiva ovunque andasse. Aveva causato un incidente, mentre era alla guida della sua auto. Erano morte due persone. Sua moglie e sua figlia. Le analisi avevano rivelato che il tasso alcolico del suo sangue superava di molto il limite consentito. Da allora, due anni appunto, non beveva più. Non avrebbe potuto. Sarebbe stato come ucciderle di nuovo. Il ronzio del telescopio che si spostava ancora un poco lo distolse da quei tristi pensieri. Corse verso lo stesso per controllare gli strumenti di controllo, che però non segnalavano nessuna anomalia. I monitor mostravano la parte di cielo scrutata dal telescopio, e lì tutto era normale. Nessun corpo celeste in movimento. Forse stava impazzendo. Quando tornò a guardare fuori per un lungo istante sentì il cuore fermarsi. Sembrava che il cielo fosse diventato un biliardo e qualcuno stesse giocando a carambola con le stelle.
Mario udì un guaito, abbassò lo sguardo e vide Dick accovacciato ai suoi piedi, spaventato come lui. “Non sono ancora diventato matto” pensò accarezzando la testa del cane, che ricambiò con un’affettuosa linguata sul viso, dopo avergli appoggiato le zampe anteriori sulle spalle.
I due amici, uno in piedi e l’altro accucciato, ricominciarono a guardare il cielo, non più spaventati da quello spettacolo di cui erano testimoni. Mario aveva capito che ciò che stava avvenendo era vero, ma solo in quel tempo e in quello spazio. E lì c’erano solo lui e Dick. L’unica cosa che non si spiegava era il mancato funzionamento del telescopio. Forse qualcuno, o qualcosa, o tutt’e due non avevano voluto che funzionasse. Forse quello che stavano guardando era un metodo di comunicazione riservato solo a chi era in grado di comprenderlo.
Chissà se in qualche altra parte dell’universo qualcuno stava osservando quello stesso fenomeno.
Comunque era bellissimo.
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Patrizia Chini
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Quella manciata, più o meno consistente… secondo gli zeri del tuo saldo in banca, quella manciata, dicevo, di giorni scelti, destinati al giusto riposo, il sogno di tutto l’anno… insomma le vacanze estive, sono giorni particolari a cui rivolgi spesso il pensiero e a cui va anche la considerazione di tutti noi.
Periodo, quindi, molto atteso e vissuto intensamente in modo di essere poi ricordato a lungo. Attribuisci a quei giorni un non so che di magico e, per questo motivo pensi che saranno utili anche alla soluzione di problemi che si sono presentati, non invitati, durante i mesi precedenti.
─ Lo farò durante le ferie… ─ così lasci aperte molte situazioni che andrebbero affrontate e immediatamente risolte.
In prima fila tuttti i malesseri, sintomi lievi o sottovalutati. A cui seguono a ruota gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria o di ristrutturazione per gli immobili in tuo possesso. Rimandi anche il cambio dell’auto che fatichi a tenere in carreggiata, che non frena, che non ha più lo sprint che ti piaceva tanto.
─ Ci penserò… quest’estate, ad agosto.
Arrivi al fatidico mese con un coro di richieste che ti spingono a gran voce ad assolvere i tanti impegni procrastinati. Innalzano un chiasso che ti risuona nella testa e ti porta a dimenticare lo scopo delle ferie: il divertimento e il riposo o, anche, solo il primo o solo il secondo.
─ Tranquilli. Tranquilli. Ci ho pensato! Eccome se ci ho pensato. Infatti, durante la primavera (lo so che c’è anche chi comincia prima!) ho cercato le località di villeggiatura, i posti con le attrezzature più adatte ad appagare nello specifico quel particolare tipo di divertimento di cui voglio saziarmi per sentirne i benefici durante il lungo inverno.
Se ciò che affermi è vero e sei riuscito a gestire anche gli altri impegni, sei veramente bravo e trascorrerai le tue vacanze appagato.
Se hai dimenticato di riservare, però, quel tot di giorni per gli impegni accantonati ti si intrecceranno gli occhi per tenere tutto sotto controllo e così rinuncerai…
─ Oggi proprio non ce la faccio, meglio lasciar stare. Riprenderò la ricerca domani.
Passano i giorni e anche i mesi. Diventi sempre più stressato. Arrivi al lavoro già stanco, con le occhiaie e il vestito sgualcito.
─ Che hai combinato di bello, stanotte? Ti sei dato da fare… ─ Le battute dei colleghi sono salaci, a volte sopportabili e a volte no.
Il tempo non fa sconti a nessuno, non rallenta, non emette cambiali e procede dritto per la sua strada con i suoi ritmi e le sue regole.
Può accadere che, senza rendertene conto, sei a un tiro di schioppo dalla fatidica data e ancora non hai programmato né le ferie, né gli interventi medici e murari o di acquisto con i quali risolvere i famosi problemi insorti in corsa d’opera.
Ti giustifichi:
─ Le ore che rimangono dopo l’orario d’ufficio hanno altre priorità che richiedono attenzione e guai a non dargliela. Si dovrà pur mangiare e se anche ti infili in un supermercato, o un superdiscount o un super… che vuoi tu, arraffando qua e là, senza guardare e confrontare ingredienti, scadenze, qualità e convenienza, dovrai sempre spendere quell’ora di tempo a cui aggiungere quello per cucinare, per lavare i piatti e riordinare.
E continui a sottolineare:
─ Per non parlare di chi ha figli da accompagnare, ritirare dalla scuola e poi aiutare nello svolgimento dei compiti a casa…
Certo simili problemi sono solo del popolino. Qui non si parla di chi ha l’aiuto di una collaboratrice domestica o altro… e se appartieni a un ceto tra i meno abbiente per te si mette male!
Non hai prenotato né vacanza, né hai contattato qualche ditta specializzata per i famosi lavori. Ti sommerge la mole di responsabilità, ti senti schiacciato e vinto, continui a giustificarti o a batterti il petto riconoscendo i tuoi errori.
─ Se avessi prenotato quando me l’ha consigliato mia sorella, ora avrei la vacanza assicurata e per di più in compagnia…
Riconosci che non è questo il modo di procedere. Devi invertire la rotta e cercare altre possibili strategie.
─ Prima possibile prenderò due giorni di riposo e con calma valuterò tutte le offerte nelle varie agenzie online o meno sia per la vacanza che per quei lavori… ─ esclami ad alta voce perché senta anche la tua coscienza mezza addormentata.
─ Certo scegliere nel mucchio senza vagliare non è il caso… corro il pericolo di ritrovarmi abbandonato in qualche aereoporto africano, senza posto prenotato per il ritorno, perché mi sono affidato a una agenzia di viaggi poco seria.
─ Dovrei rinfrescare la cucina, il bagno… magari una mano sola di bianco, dovrei chiamare… ma poi devo ripulire, ma chi ce la fa? Troppo faticoso, troppo dispendioso.

─ Quest’inverno c’è tanto tempo… ─ disse qualcuno che si ritrovò a tornare a piedi, la macchina con il cambio automatico bloccato, in una strada buia di un paesino lontano dal mondo.
─ Mi curerò a settembre, ora i medici sono tutti in vacanza… Rischio di mettermi nelle mani di uno “scarparo”. ─ così aveva riflettuto un anziano lungo in una bara in una camera mortuaria di un ospedale poco attrezzato.

─ Finalmente sono in vacanza!
─ Chi ha parlato? ─ la domanda arriva veloce.
Sei tu in una stanza bianca con le sbarre alla finestra senza mobili né tanto meno suppellettili. Vuoi muoverti ma sei bloccato.
Cerchi di ricordare: Sei in strada, cammini verso il grande edificio che ospita il tuo ufficio. Il passo è pesante, fatichi ad avanzare. Il sole è accecante, la sua luce intensa ti ipnotizza. All’improvviso… un’oasi. Una donna velata ti offre acqua da bere fresca colta alla sorgente che si apre all’ombra di palme cariche dei loro dolcissimi frutti.
Ubriaco di gioia corri verso la donna…
Di più non ricordi.
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Eliseo Palumbo
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Re: Gara 54 - Bando e racconti

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Oblivio
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O.P.S.I.A. (1)
Stanza 109.
Sono passati già ventinove giorni dal ricovero del paziente Tarantino.
Ne manca uno soltanto alle dimissioni.
Il trentesimo giorno, il signor Tarantino, si dirige in bagno. Impugna la lametta, la sciacqua, l'appoggia sul lavello, si spalma la schiuma da barba. Si specchia e si rasa completamente a eccezione del baffo.
Sistema velocemente i riccioli neri arruffati.
Torna ai piedi del letto. Si denuda. Indossa una camicia fiorata blu, un paio di pantaloni marrone chiaro, scarpe blu ed esce dalla stanza 109. Si incammina lungo la corsia, raggiunge la stanza dei medici. Scambia un paio di parole con il primario che impartisce le ultime raccomandazioni riguardo la scalettatura della terapia farmacologica. Si salutano e si dirige verso l'uscita.
Aperta la porta del reparto trova ad aspettarlo un uomo dai capelli brizzolati e gli occhi colore del ghiaccio: Ignazio La Matita.
- Ciao Freddi
- Ciao amico mio.
I due si abbracciano e si dirigono verso l'ascensore. Giunti al piano terra raggiungono un portale verde smeraldo. Lo oltrepassano e si ritrovano davanti lo specchio di Ignazio in via Vincenzo Monti numero 3.
I due amici si spostano in cucina a sorseggiare del whisky.
- Non ho più seguito un caso dal tuo ricovero.
- Lo immaginavo. Il mio interstellar non ha dato nessun cenno di vita in ospedale.
- Già. Una noia !
- Immagino la noia, bere ottimo whisky e scopare Eva, potessi annoiarmi io in questo modo
- Al tuo posto non mi invidierei. Sai che amo l'avventura.
- Onestamente non so più nulla. L'ultimo caso mi ha scosso profondamente
Freddi non riesce a finire la frase perchè l'Interstellar inizia a vibrare. Spuntano le coordinate.
- Trecentocinquanta chilometri! - Grida Ignazio strabuzzando gli occhi
- Andiamo avventuriero, almeno ti metti un po in moto
I due saltano sulla Chevrolet Matiz di Freddi e iniziano il viaggio verso Fetoranni.
Il viaggio si presenta lungo e tortuoso. Frane. Lavori in corso, semafori poco funzionanti, altri autisti poco altruisti. Dopo i primi duecento chilometri i due si fermano presso un ostello lungo la strada dove passano la notte.
La mattina successiva alzatisi di buon ora ripartono alla volta della loro destinazione freschi e pieni di entusiasmo. Stranamente trovano la strada completamente libera. Raggiungono Fetoranni in pochissimo tempo. L'ingresso del paese è deserto. Il termostato del' auto segna quindici gradi nonostante sia agosto.
Raggiungono un piccolo bar in fondo alla piazza principale del piccolo paese. Entrano salutando educatamente ma nessuno contraccambia. Tutti i clienti restano in silenzio, seduti sulle panche e con il capo rivolto in basso, gli occhi persi nei bicchieri. Il vecchio barista, forse anche proprietario del locale, pulisce i resti di una bottiglia spezzata. Ha in mano uno strofinaccio in origine bianco ma adesso per metà di colore rosso. Sembra quasi rosso sangue. Ignazio si avvicina al bancone. Butta uno sguardo sulla passerella e intravede il cadavere di un uomo avvolto da una pozza di sangue.
Ignazio si volta verso Freddi. La porta d'ingresso si chiude in autonomia, una mano invisibile da una doppia mandata. Tutte le finestre si chiudono. Le luci si accendono. Sono luci U.V. Sui volti delle persone presenti al bar spuntano i loro veri lineamenti.
Ignazio e Freddi sono circondati dagli alieni. Dalle bocche degli alieni escono due viscidi tentacoli. Sogghignano pericolosamente.
Ignazio tira fuori dalla tasca della giacca di renna un piccolo cubo nero, di piombo.
« L'oblivio» pensa Freddi osservando l'amico.
Ignazio lo toglie il tappo e lo poggia a terra. Sferzate di vento gelido prendono il sopravvento sugli alieni risucchiandoli in quel piccolo ma potente portale collegato a un buco nero, condannandoli per l'eternità.
Viene richiuso il cubo ma l'alieno impossessatosi del barista era ancora nella stanza. Salta fuori dal bancone e si avventa su freddi sferrando un pugno alla mandibola e mordendolo sul braccio sinistro. Freddi strappa il braccio dai tentacoli dentati dell'alieno e reagisce con un dritto e un montante. L'alieno è molto agile. Li schiva. Riparte all'attacco. Atterra prepotentemente Freddi. Gli immobilizza gli arti e sta per risucchiargli il cervello quando viene colpito da una sedia. L'alieno si volta e fissa minaccioso Ignazio. Un altro colpo di sedia in pieno volto. Il mostro si lancia sul nuovo avversario che riapre l' Oblivio, dimenticando, o forse no, di restare dietro il portale. Vengono risucchiati entrambi.
Freddi assiste inerme alla scena. Non riesce a capire come Ignazio, un agente esperto come lui, abbia potuto commettere un così grossolano errore. Deve assolutamente recuperare l'amico. Si fa trascinare dalla corrente. Un risucchio all'altezza dello stomaco sembra svuotarlo quando viene materializzato in una stanza priva di gravità.
Tutto è rosso. Si volta e vede masse informi galleggiare senza una meta. Ogni volta che vengono a contatto tra loro si uniscono in un oggetto sempre più grande. Adesso volteggiano più velocemente sempre di più. Si stanno materializzando delle abominevoli braccia e gambe. Ora il tronco. Adesso la testa. Una mano afferra Freddi. Al suo interno c'è anche Ignazio.
- Che diamine ci fai qui?
- Sono venuto a salvarti.
- Non c'è via di scampo. Questa è una terra sena confine. Un punto di non ritorno. E' l'inferno !
- L'inferno non esiste per quelli come noi. La nostra vita stessa è inferno e paradiso allo stesso modo.
Freddi estrae una scatolina di piombo dal taschino della camicia sorridendo verso l'amico.
- E questo cosa è?
- Diciamo un Oblivio 2.0 - sorride
Rivolge il fondo della scatola verso il mostro, toglie il tappo, un vortice verde e caldo li avvolge e trasporta all'interno dell'Oblivio.
I due agenti cadono pesantemente sulla terra arida. Sono circondati dalla natura e dai grilli in festa. Massaggiandosi la schiena Ignazio si guarda intorno e tira un sospiro di sollievo.
Freddi resta sdraiato e fissa il cielo in quella notte d'agosto.
Un'altra avventura è finita.

_______________________________________________________________________________________________________
(1) vedi antologia Le radici del terrore - Rosa confetto - BraviAutori 2015
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte

POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO


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Giuseppe Ciaravolo
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Iscritto il: 06/09/2015, 14:35

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Re: Gara 54 - Bando e racconti

Messaggio da leggere da Giuseppe Ciaravolo »

Un'estate infernale


Nel mezzo del casino di questa via mi ritrovai da solo con una birra scura, avendo perso gusto ed armonia m'accingevo tosto ad assecondar furor di corpo essendo la mia ragazza già partita.
Entrai in un local a luci rosse, prendendo posto da solo. All' ordine eseguito di un'altra birra scura
scorgo in lontanaza un mio amico di infanzia, che solo era seduto perché la moglie era partita per una vacanza.Faccio finta di nulla, per curiosar di ciò che accadeva in quell'istante. Ad un tratto s'avvicina al mio tavolo una tremenda bionda con seno all'aria facendolo penzolar di poco dal mio naso,l'aria è ricca di profumi e umor di donna, resto un pò stupito per quel fatto non muovendo il mio viso dal contesto.
Beata la ragion che mai m'abbandona, questa mia visione mi suggerisce una certa congettura.
Costei esegue danze a pagamento, io non ne avverto voglia, così per accontentar la gentil donna le offro un calice di bruna.
Essendo questi posti assai frequentati, ti fan pagare subito per non disturbati dopo.Pagando poi quel conto di due consumazioni m'accorgo subito d'esser stato un pollo.Perché ci trovo incluso a tutto tondo una maggiorazion di prezzo per compagnia avvenuta. Essendo questo assai salato mi si asciugò subito desio e palato a cui feci seguitar il mio uscir.Solo allora capii d'esser stato fregato.
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Frank Malick, attempato sergente della polizia di Chicago, posto finalmente di fronte alle conseguenze d'una sua mancanza commessa molti anni prima, intraprende un viaggio fino in Nuovo Messico alla ricerca di qualcosa a metà tra il perdono delle persone che aveva fatto soffrire e la speranza di un'improbabile redenzione.
Di Massimo Baglione e Cataldo Balducci.

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A cura di Diego Capani e Luigi Bonaro.
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