Lettera a Giovanni

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2018.

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Sondaggio concluso il 23/12/2018, 23:00

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Fausto Scatoli
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Lettera a Giovanni

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[b]"Apri le braccia, apri le braccia, il fiore di roccia nel tuo cuore libera amore."[/b]

Oggi hanno crocifisso Giovanni. Sono stordito, mi sento male.
Tutto mi aspettavo, ma non questo.
Una persona così disponibile e rispettabile inchiodata al muro.
Lo conoscevo da anni. Padrone e gestore della “Taverna della croce”, era una persona come poche ne esistono al giorno d’oggi.
Una di quelle che una volta incontravi ovunque e che invece, di questi tempi, non si trovano facilmente.

Giovanni, anima libera, che ti hanno fatto?
Ti hanno appeso al muro perché eri dolce?
Dava fastidio quella tua bontà, la voglia d’amore, la disponibilità?
Sì, probabilmente dava fastidio, disturbava la mente e il cuore di qualcuno, invidioso poiché incapace di capire.

Porco giuda, Giovanni, quante volte abbiamo brindato insieme?
Quante volte ci siamo sbattuti l’anima e il corpo per divertirci, ridere, scherzare…
Quante volte hai alzato le braccia per dire: basta, calmiamoci!
Te le hanno fatte alzare ancora una volta quelle braccia, ma tu non sapevi che sarebbe stata l’ultima.

Mi sembra di aver vissuto una vita intera, ma cos’è una vita?
Ho da poco passato da poco i trenta e mi sento vecchio, come se oramai il tempo avesse valore solo in certi momenti, quei momenti che poi non riesci a rivivere perché unici, irripetibili, anche se ogni volta hai l’impressione possa essere meglio.
Ho passato i trenta e, a tratti, ho pena di me stesso. Soprattutto quando sono solo e pieno di quel vino schifoso che ingurgito ogni qualvolta mi reco nelle taverne di basso rango, le mie taverne, per il solo gusto di bere e non poter così pensare.
Cos’è la vita?

Cos’era la vita, Giovanni? Era trascinarsi?
No, per te era una gioia, per questo te l’hanno tolta.
So che siamo in un mondo di merda, fatto di violenze e soprusi. Io stesso contribuisco a tutto questo, vendendomi a chi paga meglio per le mie prestazioni, ma un onore ancora ce l’ho, e fino a che mi sarà possibile cercherò di mantenerlo. Non fosse altro che per fottere nell’anima chi lo nega, chi ti ha fatto fuori.
Non sono un assassino, non lo sono mai stato. Ti vendicherò in modo diverso, strano, ma tu capirai.

Sai, Giovanni, ogni volta che entravo nella tua taverna mi si apriva il cuore.
Sapevo che ne sarei uscito a pezzi, ubriaco e massacrato, però vedevo il tuo viso sempre sorridente e questo già mi bastava come consolazione per tutto ciò che sarebbe accaduto in seguito. Tu ridevi sempre, qualsiasi cosa accadesse. Io non ne ero capace, ma vederlo fare a te mi aiutava immensamente.
Non te l’ho mai detto, ma in un certo senso ti ho amato. Anche se non so bene cosa significhi, lo sento dentro.

«Alza le braccia, Giovanni, alza le braccia» ti hanno detto.
E tu l’hai fatto, come mille altre volte, inconsapevole di quello che stava per accadere. Ho saputo che ti hanno preso in tre, e mentre due te le tenevano in alto, il terzo ha cominciato a inchiodarti al muro.
Il sorriso è diventato un urlo disperato, una richiesta d’aiuto, ma nessuno ha voluto ascoltare.
E l’urlo è continuato fino a quando uno di loro ti ha tagliato la gola, soffocando il respiro del tuo corpo, senza sapere di liberare quello dell’anima.

Quando ti ho visto sono rimasto di pietra.
Per un attimo, mi è salita una risata: il taglio alla gola sembrava la tua bocca sorridente.
Sotto, però, scendevano le righe rosso scuro del sangue ormai rappreso, essiccato, e la risata è morta.
È salito il pianto, poi la rabbia, e poi ancora… non lo so. Non so cosa sia arrivato alla fine, so che stavo male e per un momento avrei voluto uccidere tutti quelli che incontravo.

Porca puttana, Giovanni! Perché ti sei fatto ammazzare?
Perché non hai reagito, tirato un calcio in faccia a chi stava per inchiodarti al muro?
E come hai fatto a non accorgertene prima? Eri così idiota, così imbecille da non vedere un nemico?
No, scusa, Giovanni, scusa, la rabbia mi sta facendo dire cattiverie.
So che non è colpa tua, so che erano loro a sentirsi derisi, quasi irrisi dalla tua gioia di vivere, dalla tua accettazione di ogni cosa portata dall’esistenza, fosse un bicchiere di vino, un bacio o un ceffone.
Mi hai sempre detto di prendere ogni cosa col sorriso sulle labbra, perché la vita ti dà tutto quello di cui hai bisogno, basta essere attenti e saper cogliere i frutti nei momenti giusti, né prima né dopo.

Non l’avevo capito, Giovanni, lo sto capendo ora. Mentre ti scrivo queste parole che forse troverai senza senso o senza logica, mi sono accorto di essere intriso del tuo amore, quello più puro e naturale, che mi hai trasmesso con gli sguardi e i comportamenti, con quei tuoi detti che definivo insensati e illogici, che spesso mi hanno fatto arrabbiare, ma che ora afferro.

Ti hanno crocifisso, Giovanni, non ti hanno ucciso.


n.d.a. questa “confessione” è ambientata in un tempo e in luogo indefiniti. Potrebbe essere la zona di qualche porto commerciale agli inizi del secolo scorso, o qualche altro posto nel settecento, ottocento. Ciò non ha importanza alcuna, il lettore può collocare il tutto dove gli pare, quello che conta è il senso che voglio dare alla storia, positiva nonostante alcune scene o descrizioni violente, sperando che possa essere compreso.
La frase di apertura è tratta da una canzone di Fossati e Prudente, dal titolo "Apri le braccia". L'album è "Poco prima dell'aurora".
Ultima modifica di Fausto Scatoli il 24/12/2018, 13:27, modificato 2 volte in totale.
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Ti confesso che il tuo racconto mi ha molto incuriosito, e visto che il tentativo di trovare riferimenti affidandomi solo alla mia malandata memoria non ha prodotto risultati apprezzabili, ho fatto un giro per la rete. Il sottotitolo che hai utilizzato è la prima strofa di una canzone di Ivano Fossati, mentre il testo è la trasposizione in prosa di una poesia di Lea Ferrante (dalla quale poi i Marlene Kuntz hanno ricavato un loro pezzo), traendone una storia che, come affermi nelle note a piè di pagina, non ha tempo e collocazione geografica. Non so se la scrittura che hai usato sia un tuo stilema, devo dire però che mi piace. Bravo.
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Re: bla

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Nunzio Campanelli ha scritto: 01/10/2018, 18:06 Ti confesso che il tuo racconto mi ha molto incuriosito, e visto che il tentativo di trovare riferimenti affidandomi solo alla mia malandata memoria non ha prodotto risultati apprezzabili, ho fatto un giro per la rete. Il sottotitolo che hai utilizzato è la prima strofa di una canzone di Ivano Fossati, mentre il testo è la trasposizione in prosa di una poesia di Lea Ferrante (dalla quale poi i Marlene Kuntz hanno ricavato un loro pezzo), traendone una storia che, come affermi nelle note a piè di pagina, non ha tempo e collocazione geografica. Non so se la scrittura che hai usato sia un tuo stilema, devo dire però che mi piace. Bravo.
intanto ti ringrazio per il commento
poi ti confermo la canzone di Fossati (dall'album "Poco prima dell'aurora", con Oscar Prudente), mentre della poesia della Ferrante non so nulla.
ora, visto che mi hai incuriosito tu, vado a cercarmi la canzone dei Marlene Kuntz che, tra l'altro, non mi dispiacciono.
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Re: bla

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Nunzio Campanelli ha scritto: 01/10/2018, 18:06... ho fatto un giro per la rete. Il sottotitolo che hai utilizzato è la prima strofa di una canzone di Ivano Fossati...
Bravo, Nunzio. Hai fatto bene a segnalarlo.
Ricordo a tutti che è sempre bene, in qualsiasi caso e in qualsiasi occasione, citare le fonti a cui ci si ispira.
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Re: bla

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Massimo Baglione ha scritto: 02/10/2018, 15:58 Bravo, Nunzio. Hai fatto bene a segnalarlo.
Ricordo a tutti che è sempre bene, in qualsiasi caso e in qualsiasi occasione, citare le fonti a cui ci si ispira.
onestamente non ci ho pensato, la ritenevo conosciuta
la prossima volta, se ci sarà, lo farò
chiedo scusa
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Re: bla

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Fausto Scatoli ha scritto: 02/10/2018, 19:29onestamente non ci ho pensato, la ritenevo conosciuta
la prossima volta, se ci sarà, lo farò
chiedo scusa
Non era un rimprovero :-)
In buona fede capita a tutti di citare una frase altrui e dare per scontato che tutti la conoscano.
Certo è meglio di citare una frase famosa e attribuirla all'autore sbagliato, proprio come è capitato a me quando in un mio libro ho confuso Baricco con Ammanniti! ahaha
L'avevo anche presentata come "La famosissima frase di..." :smt005
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Messaggio da leggere da Pierluigi »

Ciao, mi è piaciuto molto il tuo racconto.
Mi ha trasportato con l'immaginazione dentro i fatti di cronaca, oramai arcinoti purtroppo. Ho immaginato un senzatetto, un povero vagabondo, una persona insomma che per vita travagliata, a volte per lucida scelta, si trova a vivere ai margini della nostra società. Quanti di loro vengono ammazzati, bruciati, pestati a sangue. Ecco, ho immaginato Giovanni uno di loro. Dalla sua difficile e insostenibile situazione, sporco, ammalato, denutrito, con un letto di cartoni come si permette di ridere del nostro travaglio? Si permette di essere felice quando mille iphone o cento parabole satellitari non riescono a fare? Ride quando noi viviamo gravosamente la nostra epoca di agi, ci sbattiamo una vita intera a correre dietro la fuoriserie o la casa grande. Ride quando noi ci annientiamo completamente dentro un ingranaggio che ci annulla, che ci stritola.
Allora si cavolo, meriti di essere crocifisso Giovanni. Non puoi permetterti di essere felice, anche se da morto la tua risata risulterà più stridente.
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Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

MI unisco agli apprezzamenti per lo stile e l’dea del racconto, l'annientamento della gioia di vivere e la vendetta intesa come stoicismo e superiorità morale. Sono d'accordo quando dici che è difficilmente collocabile in un preciso spazio temporale, è una storia dal sapore universale, quindi si presta a varie interpretazioni. Mi piacciono le citazioni, che siano volontarie o inconsce, anch’io sono andato a riascoltare la canzone dei Marlene Kuntz, ho il cd “Materiale Resistente” in casa da una ventina d’anni; l’assonanza la trovo principalmente nel tema, lo sviluppo è indipendente
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Pierluigi ha scritto: 02/10/2018, 21:59 Ciao, mi è piaciuto molto il tuo racconto.
Mi ha trasportato con l'immaginazione dentro i fatti di cronaca, oramai arcinoti purtroppo. Ho immaginato un senzatetto, un povero vagabondo, una persona insomma che per vita travagliata, a volte per lucida scelta, si trova a vivere ai margini della nostra società. Quanti di loro vengono ammazzati, bruciati, pestati a sangue. Ecco, ho immaginato Giovanni uno di loro. Dalla sua difficile e insostenibile situazione, sporco, ammalato, denutrito, con un letto di cartoni come si permette di ridere del nostro travaglio? Si permette di essere felice quando mille iphone o cento parabole satellitari non riescono a fare? Ride quando noi viviamo gravosamente la nostra epoca di agi, ci sbattiamo una vita intera a correre dietro la fuoriserie o la casa grande. Ride quando noi ci annientiamo completamente dentro un ingranaggio che ci annulla, che ci stritola.
Allora si cavolo, meriti di essere crocifisso Giovanni. Non puoi permetterti di essere felice, anche se da morto la tua risata risulterà più stridente.
hai dato una bella interpretazione personale, alternativa alla mia ma molto valida
grazie per il commento e l'apprezzamento
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Roberto Bonfanti ha scritto: 03/10/2018, 19:25 MI unisco agli apprezzamenti per lo stile e l’dea del racconto, l'annientamento della gioia di vivere e la vendetta intesa come stoicismo e superiorità morale. Sono d'accordo quando dici che è difficilmente collocabile in un preciso spazio temporale, è una storia dal sapore universale, quindi si presta a varie interpretazioni. Mi piacciono le citazioni, che siano volontarie o inconsce, anch’io sono andato a riascoltare la canzone dei Marlene Kuntz, ho il cd “Materiale Resistente” in casa da una ventina d’anni; l’assonanza la trovo principalmente nel tema, lo sviluppo è indipendente
pure io ho il cd che nomini. però, sinceramente, non ricordavo proprio la canzone dei Marlene Kuntz.
può anche darsi che abbia scritto il racconto collegandomi inconsciamente a quella canzone, niente è da escludere.
anche a me non dispiacciono le citazioni, e spesso le uso.
grazie per il bel commento.
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Messaggio da leggere da Laura Ruggeri »

Ciao Fausto. Lettera importante la tua: non parla solo di violenza e di morte ma anche di una redenzione. Poetica la smorfia di dolore che sembra il solito sorriso di Giovanni, quello che rimaneva in volto nonostante i tormenti dell’esistenza e che invece è una maschera funebre.
Alla fine si capisce il perché si parli di un uomo in croce; si chiarisce il perché sia stata scritta la lettera: per essere in pace occorre scegliere con chi stare. C’è chi decide di usare la forza per ammazzare e deridere la bontà o la fragilità e chi si affranca dalla miseria che lo circonda arrendendosi e accettando col sorriso quello che la vita gli da. Qui per accettazione non si intende comunque accontentarsi, bensì cogliere il meglio da ogni cosa che c’è. Solo così l’autore della lettera che un tempo non capiva il comportamento conciliante di Giovanni ne può comprendere finalmente il senso e portare avanti da sé la lezione iniziando a scrivere. Grazie!
Segnalo solo una ripetizione che ti è sfuggita “Ho da poco passato da poco i trenta”.
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Laura Ruggeri ha scritto: 12/10/2018, 14:02 Ciao Fausto. Lettera importante la tua: non parla solo di violenza e di morte ma anche di una redenzione. Poetica la smorfia di dolore che sembra il solito sorriso di Giovanni, quello che rimaneva in volto nonostante i tormenti dell’esistenza e che invece è una maschera funebre.
Alla fine si capisce il perché si parli di un uomo in croce; si chiarisce il perché sia stata scritta la lettera: per essere in pace occorre scegliere con chi stare. C’è chi decide di usare la forza per ammazzare e deridere la bontà o la fragilità e chi si affranca dalla miseria che lo circonda arrendendosi e accettando col sorriso quello che la vita gli da. Qui per accettazione non si intende comunque accontentarsi, bensì cogliere il meglio da ogni cosa che c’è. Solo così l’autore della lettera che un tempo non capiva il comportamento conciliante di Giovanni ne può comprendere finalmente il senso e portare avanti da sé la lezione iniziando a scrivere. Grazie!
Segnalo solo una ripetizione che ti è sfuggita “Ho da poco passato da poco i trenta”.
intanto grazie per la segnalazione della ripetizione
poi grazie anche per le belle parole.
noto con piacere che hai ben recepito il messaggio tra le righe, ciò mi rende davvero felice.
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Messaggio da leggere da Tiziano Legati »

Mi è molto piaciuto il racconto, ho letto le recensioni precedenti e provo a spostare la figura di Giovanni dal suo contesto, non più Giovanni inteso come personaggio scomodo perché vero, genuino e buono, ucciso dal conformismo, io vedo Giovanni come me stesso adolescente, il mio 'io' ricolmo di valori, felice e indistruttibile, crocefisso dall'inevitabile scorrere del tempo, dal crescere e modificarsi, così da perdere a poco a poco ed inconsciamente alcune parti di noi stessi.
Giovanni ero io, Giovanni forse sono ancora io.
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Ben scritto e triste il tuo racconto. Non occorre andare indietro nei Secoli per riconoscere certi orrori anche ai tempi nostri. Quante le povere anime date alle fiamme, uccise barbaramente e con ferocia da mostri umani: che di Giovanni e della sua gioia di vivere nulla sanno ne possono sapere perchè totalmente aridi di cuore. Bravo!
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Messaggio da leggere da Carol Bi »

Tristezza, tormento, amarezza e delusione verso le tante atrocità che il genere umano commette quotidianamente. Perfettamente collocabili ai giorni nostri così come "all' alba del genere umano". Ma fortunatamente non siamo tutti così, ma i pochi che si salvano hanno un grosso peso sulle spalle da sorreggere e vivono nel costante pericolo di essere schiacciati.
Ultima modifica di Carol Bi il 03/11/2018, 8:22, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da leggere da Ida Dainese »

Un racconto ben scritto, a parte la svista già segnalata. Lo stile è preciso, con frasi scarne di parole ma dense di contenuto e la storia si presenta con chiarezza. Bene che sia senza connotazioni precise perché così appartiene a ogni tempo, a ogni ricordo che sia in grado di suscitare nei lettori. La storia è triste perché è una lettera che il destinatario non può più ricevere, perché è piena di dolore per la perdita di un grande affetto, di amarezza per la crudele ingiustizia. Eppure è una storia meravigliosa, di bei ricordi, di cose comprese, di vita. Non lascia spazio a rancore, a vendetta, ad altro odio ma guarda oltre, testimoniando e rendendo immortale il protagonista, come chiarisce perfettamente l'ultima frase.
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Tiziano Legati ha scritto: 25/10/2018, 8:37 Mi è molto piaciuto il racconto, ho letto le recensioni precedenti e provo a spostare la figura di Giovanni dal suo contesto, non più Giovanni inteso come personaggio scomodo perché vero, genuino e buono, ucciso dal conformismo, io vedo Giovanni come me stesso adolescente, il mio 'io' ricolmo di valori, felice e indistruttibile, crocefisso dall'inevitabile scorrere del tempo, dal crescere e modificarsi, così da perdere a poco a poco ed inconsciamente alcune parti di noi stessi.
Giovanni ero io, Giovanni forse sono ancora io.
se Giovanni sei ancora tu hai tutta la mia ammirazione.
non è facile essere Giovanni nel mondo attuale.
bella la tua lettura
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Laura Traverso ha scritto: 26/10/2018, 19:39 Ben scritto e triste il tuo racconto. Non occorre andare indietro nei Secoli per riconoscere certi orrori anche ai tempi nostri. Quante le povere anime date alle fiamme, uccise barbaramente e con ferocia da mostri umani: che di Giovanni e della sua gioia di vivere nulla sanno ne possono sapere perchè totalmente aridi di cuore. Bravo!
grazie, Laura
vero, non occorre andare indietro nei secoli, purtroppo
l'uomo è un essere strano, lo sappiamo, ed è capace di cose splendide (come quelle che fa Giovanni) ma anche orribili (come chi lo crocifigge)
lo si vede ogni giorno
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Carol Bi ha scritto: 01/11/2018, 13:46 Tristezza, tormento, amarezza e delusione verso le tante atrocità che il genere umano commette quotidianamente. Perfettamente collocabili ai giorni nostri così come "all' alba del genere umano". Ma fortunatamente non siamo tutti così, ma i pochi che si salvano hanno un grosso peso sulle spalle da sorreggere e vivono nel costante pericolo di essere schiacciati.
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Ida Dainese ha scritto: 02/11/2018, 13:23 Un racconto ben scritto, a parte la svista già segnalata. Lo stile è preciso, con frasi scarne di parole ma dense di contenuto e la storia si presenta con chiarezza. Bene che sia senza connotazioni precise perché così appartiene a ogni tempo, a ogni ricordo che sia in grado di suscitare nei lettori. La storia è triste perché è una lettera che il destinatario non può più ricevere, perché è piena di dolore per la perdita di un grande affetto, di amarezza per la crudele ingiustizia. Eppure è una storia meravigliosa, di bei ricordi, di cose comprese, di vita. Non lascia spazio a rancore, a vendetta, ad altro odio ma guarda oltre, testimoniando e rendendo immortale il protagonista, come chiarisce perfettamente l'ultima frase.
come spesso accade, i tuoi commenti sono meglio dei miei racconti
grazie
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Un racconto breve che incanta ed emoziona, che ci fa amare il tuo Giovanni e sperare che giustizia venga fatta. Un uomo che viene crocifisso al muro, senza aver fatto del male, -anche a me ricorda una canzone di Fossati - e quanti subiscono questo trattamento? Chi li difenderà? Troppa violenza, spesso gratuita, dilaga nel mondo, in quello moderno e in quello passato per questo il tuo racconto si può considerare senza tempo.
Grazie per questo bel brano e a rileggerti.
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Liliana Tuozzo ha scritto: 15/11/2018, 11:57 Un racconto breve che incanta ed emoziona, che ci fa amare il tuo Giovanni e sperare che giustizia venga fatta. Un uomo che viene crocifisso al muro, senza aver fatto del male, -anche a me ricorda una canzone di Fossati - e quanti subiscono questo trattamento? Chi li difenderà? Troppa violenza, spesso gratuita, dilaga nel mondo, in quello moderno e in quello passato per questo il tuo racconto si può considerare senza tempo.
Grazie per questo bel brano e a rileggerti.
grazie, lily
un abbraccio sincero
:D
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Draper
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Complimenti. Riguardo al testo, io avrei solo un appunto. Eliminerei "stupidamente" alla fine della frase "Perchè ti sei fatto ammazzare" (ecc.). Io la fermerei a "così". Mi sembra più solenne.
Sul piano dei contenuti invece, e soprattutto visto il post-scriptum alla fine, cercherei di snellire le parolacce, credo che in un paio di punti risultino superflue - quindi non eliminarle, solo sistemarle nei luoghi di maggior enfasi del racconto.

Leggere questa lettera è stata un'esperienza particolare, non solo perché ormai la forma epistolare si vede sempre meno, ma perché - per la prima volta - mi è arrivato al cuore, proseguendo, un senso di rabbia non indifferente. Non mi aspettavo che l'insensatezza della morte di Giovanni mi giungesse così "reale". Un plauso al tono del testo, è sempre solido e non scivola mai, e l'indefinitezza di tempi e luoghi aiuta molto - e lo dico da autore che adora la minuziosità spazio-temporale. Bello davvero :D
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Alcune frasi mi ricordavano qualcosa, e infatti c'era Fossati dietro a tutto questo.
Non conosco invece le altre citazioni, grazie Nunzio.
Una lettera-denuncia sulla violenza gratuita e inutile. Io l'ho vista così.
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Lettera a Giovanni. Potrebbe accadere anche ai giorni nostri. Il Giovanni persona gentile, serena, cordiale con i suoi clienti che intrattiene anche solo con il suo sorriso. Ci sono molte persone che sono invidiose ottuse e se ti vedono sorridere oppure notano la felicità che c'è in te ti ucciderebbero con uno sguardo. Bel racconto. Ho trovato una ripetizione verso il fondo. Comunque rimane un brano crudo e potente.
Ultima modifica di Isabella Galeotti il 21/12/2018, 8:03, modificato 1 volta in totale.
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Draper ha scritto: 30/11/2018, 20:14 Complimenti. Riguardo al testo, io avrei solo un appunto. Eliminerei "stupidamente" alla fine della frase "Perchè ti sei fatto ammazzare" (ecc.). Io la fermerei a "così". Mi sembra più solenne.
Sul piano dei contenuti invece, e soprattutto visto il post-scriptum alla fine, cercherei di snellire le parolacce, credo che in un paio di punti risultino superflue - quindi non eliminarle, solo sistemarle nei luoghi di maggior enfasi del racconto.

Leggere questa lettera è stata un'esperienza particolare, non solo perché ormai la forma epistolare si vede sempre meno, ma perché - per la prima volta - mi è arrivato al cuore, proseguendo, un senso di rabbia non indifferente. Non mi aspettavo che l'insensatezza della morte di Giovanni mi giungesse così "reale". Un plauso al tono del testo, è sempre solido e non scivola mai, e l'indefinitezza di tempi e luoghi aiuta molto - e lo dico da autore che adora la minuziosità spazio-temporale. Bello davvero :D
ti ringrazio per il commento e per i consigli, sempre graditi
il fatto che ti abbia colpito è, per me, significativo: vuol dire che sono riuscito a far comprendere il messaggio.
e mi fa davvero piacere
alla prossima
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Daniele Missiroli ha scritto: 03/12/2018, 21:42 Alcune frasi mi ricordavano qualcosa, e infatti c'era Fossati dietro a tutto questo.
Non conosco invece le altre citazioni, grazie Nunzio.
Una lettera-denuncia sulla violenza gratuita e inutile. Io l'ho vista così.
esatto
grazie per il commento
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Re: Lettera a Giovanni

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Isabella Galeotti ha scritto: 20/12/2018, 9:29 Lettera a Giovanni. Potrebbe accadere anche ai giorni nostri. Il Giovanni persona gentile, serena, cordiale con i suoi clienti che intrattiene anche solo con il suo sorriso. Ci sono molte persone che sono invidiose ottuse e se ti vedono sorridere oppure notano la felicità che c'è in te ti ucciderebbero con uno sguardo. Bel racconto. Ho trovato una ripetizione verso il fondo. Comunque rimane un brano crudo e potente.
purtroppo è proprio così, Isabella
oggi come ieri
grazie per il bel commento
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