Sonno profondo

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2019.

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Alessandro Mazzi
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Sonno profondo

Messaggio da leggere da Alessandro Mazzi »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Quel giorno qualcosa non andava. Me ne accorsi subito, non appena aprii gli occhi.
La sveglia sul comodino segnava le undici. Sarei dovuto essere a lavoro da almeno tre ore e avrei dovuto preparare la colazione per Katy ed Annie.
Scesi dal letto, circondato dal buio della stanza. Nessuna luce filtrava dalle finestre, nonostante la mattinata fosse quasi al termine ed il sole dovesse essere ormai alto nel cielo.
Pensai a Linda, mia moglie. Se n’era andata a lavoro senza nemmeno degnarsi di svegliarmi; un fatto che definii molto strano dal momento che ogni mattina il suo bacio del buongiorno decretava la fine dei miei sogni.
Nemmeno Katy ed Annie, le mie due figlie, si erano preoccupate del mio sonno profondo.
Scesi le scale senza darmi troppa pena per il ritardo sul lavoro; poco male, avrei telefonato e mi sarei giustificato in qualche modo.
In cucina trovai i resti della colazione, e a giudicare dall’odore di bruciato che si espandeva per la stanza, pensai in cuor mio, che le due bimbe, nonostante l’impegno, non fossero ancora pronte per partecipare a Master Chef.
D’improvviso mi balzò all’occhio un biglietto scarabocchiato con una penna rossa.
Riconobbi la grafia di Katy, che con mano incerta mi aveva lasciato un messaggio. Pensai che fosse un gesto molto carino da parte sua e lo lessi ad alta voce rompendo il silenzio tombale della casa.
«Ciao papà. Io e Annie ci siamo arrangiate con le uova e i pancake. Abbiamo provato a svegliarti, ma è stato praticamente impossibile. Mamma ti dice sempre di non mangiare troppo pesante prima di andare a letto. Sembravi quasi morto!»
Sembravi quasi morto. Tre parole che iniziarono a rimbombare negli immensi corridoi della mia testa, come una campana nell’ora di preghiera.
Pensai che la prossima cosa da fare sarebbe stato chiamare il mio capo e tranquillizzarlo sul fatto che fossi ancora vivo. Mi immaginai davanti al suo muso inferocito, mentre giustificavo la mia assenza con qualche assurda storia. Scomodare un’invasione aliena sarebbe stato eccessivo; probabilmente l’idea della cena messicana mal digerita sarebbe stata più verosimile.
Avevo bisogno del mio cellulare e così presi a salire le scale; di solito lasciavo il telefono sul comodino della camera da letto, in modo che fosse ben visibile e non lo dimenticassi prima di uscire di casa.
Spalancai la porta della stanza che da anni condividevo con mia moglie; l’oscurità mi avvolse e mi lanciò il suo invito ad entrare.
Una sensazione di terrore irrazionale invase il mio corpo, scuotendolo da testa a piedi.
Con la mano destra cercai l’interruttore sulla parete; avrei acceso la luce ed ogni paura si sarebbe dissolta. Ed invece così non fu.
Non appena riuscii ad accendere il lampadario, l’abbagliante luce alogena della camera rischiarò ai miei occhi la vista di qualcosa di inquietante ed inatteso.
Una sagoma scura se ne stava rannicchiata sotto le coperte, proprio sul lato del materasso che avevo occupato fino a pochi minuti prima.
L’ignota presenza sembrò non accorgersi di me né tanto meno sembrò infastidita dal bagliore che proveniva dal lampadario.
Iniziai ad avvicinarmi, più turbato che mai, mentre la tensione irrigidiva ogni nervo e muscolo del mio corpo.
Sembravi quasi morto. Ripensai a quelle parole e ancora la mia mente fu scossa come da un oscuro presagio.
Trovatomi a pochi passi dal mio ospite, scostai leggermente le coperte per scoprirne il volto, mentre le mie mani tremavano all’impazzata in preda a spasmi incontrollabili.
Nella stanza il silenzio regnava sovrano, interrotto soltanto dal battere dei miei denti, che stringevo con forza per scaricare la tensione.
Davanti ai miei occhi si aprì un’immagine sconvolgente: un volto pallidissimo, dal colorito grigiastro e con due enormi occhi sbarrati mi fissò da sotto le coperte che avevo leggermente spostato.
Lo sguardo spento non lasciava trapelare alcun segno di vita.
Quell’uomo doveva essere deceduto da diverse ore.
Cercando maggiori risposte agli interrogativi che iniziavano ad accalcarsi nella mia mente, liberai l’intera sagoma dal fagotto delle lenzuola.
Fu soltanto allora che i dubbi divennero certezze e le certezze si trasformarono in vivido orrore.
Cercai di gridare senza però riuscirvi.
Il cadavere che occupava il mio letto era una persona che conoscevo fin troppo bene.
Ero proprio io.
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Roberto Bonfanti
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Il tema non è inedito, però qui è trattato con gusto e un crescendo di tensione, oltre che con un sottile humor: si passa dal quotidiano all’horror in maniera fluida e credibile.
Il racconto della gara precedente non mi aveva convinto del tutto, come ti avevo scritto a suo tempo, in questo invece non trovo punti deboli, un buon lavoro.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

la storia parte ottimamente, ma va a spegnersi in maniera progressiva. peccato, perché sebbene l'argomento sia stato usato spesso, la prima parte l'ho travata davvero originale.
da quando trova il biglietto in poi, invece, scade, fino ad arrivare al finale scontatissimo.
in ogni caso lo considero un buon lavoro.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Come già detto da altri il tema trattato non è una novità, ma questo non toglie al racconto niente. La stesura del testo è corretta e scorrevole, senza refusi (a parte uno, quando dice "a lavoro" invece che al lavoro) ma è una sciocchezza che non sarebbe neppure da segnalare. Il mio parere, pertanto, è sicuramente positivo.
Selene Barblan
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Trovo il testo scorrevole ma non particolarmente coinvolgente; soprattutto perché il finale viene anticipato a metà racconto e si intuisce abbastanza presto dove si andrà a parare. Quello che ho apprezzato di più è l’immagine dell’uomo sotto le coperte e il dialogo interno del protagonista.
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Carol Bi
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Davvero molto buono e scritto molto bene. Sono d'accordo con Fausto però, verso il finale va a spegnersi. Gli ultimi due periodi sembrano scritti da un'altra mano. Comunque il resto è davvero ottimo. Complimenti!
L.Grisolia
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Scritto benissimo si scivola dal quotidiano all'horror senza neanche accorgersene, mi ricorda quasi un racconto di Stephen King. Forse l'unica pecca è quell' "ero proprio io" che a mio avviso suona un po' male ma nel complesso un testo interessante.
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Draper
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Messaggio da leggere da Draper »

Il testo è scritto in modo ottimo dal punto di vista formale. Non ha cali di ritmo, è solido e preciso e ha pochissimi refusi. Non brilla però per originalità, anche se non concordo sul finale. Non credo sia tanto quello il problema, quanto il trattamento del topos nel suo complesso. Il morto che parla è un archetipo piuttosto comune, anche se ultimamente meno che in passato. Dal racconto, trama a parte, evince comunque una certa padronanza dello strumento-scrittura. Sono curioso di leggere altro, in futuro, se non altro per capire un po' di più il tuo modo di scrivere. Un consiglio: non è detto che un determinato tema, magari trito, non possa essere ri-affrontato in modo originale. Pensa in modo obliquo, perché se queste sono le premesse, sono abbastanza sicuro non ti sarà difficile trovare un punto d'ombra di un argomento x che potrai descrivere in modo innovativo.

A rileggerti.
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Isabella Galeotti
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Messaggio da leggere da Isabella Galeotti »

Come già fatto presente da altri autori, l'argomento è trito e ritrito. Certo il racconto è scritto molto bene e la padronanza nell'esporlo mi ha fatto capire che hai una buona scrittura. Magari rivederlo sotto un altro punto di vista, potrebbe potenziarlo e non farlo decadere nel solito finale. Voto 3 per la scrittura.
Ultima modifica di Isabella Galeotti il 17/07/2019, 17:20, modificato 1 volta in totale.
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Namio Intile
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Un racconto discreto, ben scritto, a parte che con quel "Sembravi morto" ti sei giocato da subito il finale. Insomma, dato che tutto il racconto è giocato su quest'unico espediente (piuttosto abusato), anticipare la comprensione del finale è come un autogol.
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Stefyp
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Stilisticamente mi piace. Ammetto di non aver capito il finale fino alla fine e questo ha influito sicuramente sul mio voto. L'unica cosa che devo dire però è che finito così, senza un prima o un perché, alla fin fine mi lascia un po' delusa. Potrebbe essere un incipit?
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Angelo Ciola
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Il racconto è coinvolgente e si legge volentieri. Anche per me, già dal testo del bigliettino, lasciato dalle figlie, impossibilitate a svegliarlo in quanto "sembrava quasi morto" ho capito come sarebbe finito il racconto e non c'è stata nessuna sorpresa finale. Forse in qualche modo si poteva lasciare più vago l'argomento per ottenere l'effetto sorpresa. Comunque il racconto mi è piaciuto molto.
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Gianluigi Redaelli
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interessante il tema, anche se col procedere dello scritto già si intuisce il finale, oltretutto anche intuibile dal titolo che avrebbe dovuto essere più enigmatico. Comunque ben scritto e non prolisso. Mi è piaciuto
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