Caccia al cervo
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Caccia al cervo
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Il finale è piuttosto prevedibile ma si risolleva grazie alla battuta, quasi di spirito, del cacciatore. Nonostante non ci sia una grossa cura, il racconto riesce comunque a trasmettere un'emozione, e questo credo sia la cosa importante.
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Pensa a De Niro che inquadra il cervo e poi spara in aria, senza aver visto il film quella scena rimane solo un bel quadretto, come questo racconto.
La battuta finale è simpatica ma non basta.
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Detto questo, capisco molto bene le sensazioni che muovono il cacciatore, peraltro in parte descritte nel racconto.
Trofei di corna e fame a parte, spezzo una lancia a favore dell'attività venatoria.
Vi sono casi nei quali l'intervento dei cacciatori si rende oggi ancora necessario ai fini della selezione.
Credo che i cacciatori ricoprano un ruolo importante specie in quegli ambienti dove i predatori sono stati eliminati. Una caccia selettiva evita malattie ed enormi sofferenze agli stessi animali.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk
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Re: Commento
Sono anch'io contro la caccia sportiva.Teseo Tesei ha scritto: ↑11/09/2019, 1:21 Il giorno stesso nel quale vedrò oggi un cacciatore nel reale bisogno, leggi necessità, di nutrirsi delle prede della sua caccia vedrò questo tipo di attività, che mi rifiuto di definire sport, con un altro occhio.
Tuttavia, tralasciando l'opportunità o meno di provare a essere vegetariani (non vegani, per carità!), non me la sento di condannare chi caccia per mangiare, anche se vive in una società ricca e benestante, perché non vedo differenza tra un animale ucciso da un proiettile e uno ucciso in allevamento.
Anzi, quello ucciso dal proiettile, per lo meno ha avuto una vita normale e naturale, e una morte forse persino più rapida e indolore. E magari verrà anche rispettato di più il cibo che avrà da offrire.
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Re: Caccia al cervo
A mio vedere non è corretto definire sport un’attività che con il diporto, il divertimento, lo svago ed il diletto poco o nulla dovrebbe aver a che fare.
Ritengo più corretto chiamarla per quello che in effetti è, ovvero una attività.
L’attività venatoria in Italia, perlomeno dove vivo io, negli anni è stata regolamentata e segue a mio vedere un corretto percorso.
Divenendo sempre più impegno, sacrificio ed aiuto rispettoso verso lo stesso mondo animale.
Ovviamente vi è cacciatore e cacciatore e non tutti sono mossi dallo stesso spirito.
Sgarrare costa comunque molto caro.
Personalmente uccidere un animale selvatico senza averne effettiva necessità, sia questa il nutrimento o difesa lo trovo sbagliato. Lo stesso vale per la pesca. Tuttavia non condanno certamente chi si occupa di queste attività in modo serio e leale, specie perché a volte uccidere degli animali selvatici diventa necessario per ragioni che esulano dalla volontà individuale.
Naturalmente trovare animali selvatici decapitati o spellati e lasciati a marcire per il solo gusto di acquisire un “trofeo”, per non dire molto altro che a volte si vede, lo condanno eccome. In genere chi compie certi atti è estraneo alla grande famiglia dei cacciatori o dei pescatori regolamentati. Sebbene qualche eccezione la si trova sempre.
Concordo sul fatto che per la maggior parte dei casi il cacciatore o il pescatore ed i suoi familiari hanno maggiore rispetto della selvaggina o il pescato che tanti consumatori di carne da supermercato.
Quanto alla morte più rapida ed indolore, dipende.
Dipende dalla capacità ed abilità del tiratore che peraltro se non capace neppure viene abilitato alla caccia regolamentata.
Però ad essere sinceri, nonostante tutti gli sforzi per evitarlo, quante bestie si trascinano per chilometri ferite a morte prima di spirare, o cadono dai pendii fracassandosi e morendo per le lesioni provocate dalla caduta prima di offrire la loro carne al cacciatore. Chiunque abbia mai cacciato può testimoniarlo.
In questi casi, notoriamente la carne contiene un eccesso di adrenalina e altri neurotrasmettitori legati alla paura della bestia rendendola oltretutto poco gradevole al palato.
Il cacciatore dunque non deve far soffrire la sua preda sia per questioni etiche che pratiche.
Anche in questi casi quando sgarra, e capita, paga un conto caro e salato.
Credo che queste attività comportino un necessario ed indispensabile percorso di formazione e di acquisizione di cultura venatoria. Alla fine del quale l’uomo o la donna che decide di cacciare deve rendersi conto di essere un elemento importante della catena che unisce l’uomo all’animale, dove il rispetto per gli stessi animali è un passaggio indispensabile ed obbligato.
Per questo il solo termine “sport” associato alla caccia deve provocare un attorcigliamento di budella sia al cacciatore che naturalmente alla preda.
Naturalmente questo è il mio personale POA (punto di osservazione ed ascolto), non sono contro la caccia ma ritengo che etica e rispetto oltre alla effettiva necessità siano condizioni indispensabili per questa attività, dove comunque un essere vivente viene ucciso.
Lo stesso a mio avviso vale per la catena che unisce l’animale dall’allevamento, al mattatoio, al consumatore dove etica e rispetto ed effettiva necessità debbono parimenti coincidere.
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Re: Commento
Non a caso ci sono zone dell'Italia dove l'eliminazione dei lupi ha portato al dilagare dei cinghiali, che sono se possibile ancora più pericolosi, fosse solo per il fatto che si fanno meno problemi ad avventurarsi nelle città (chiedete ai baresi per esempio).Teseo Tesei ha scritto: ↑11/09/2019, 1:21Trofei di corna e fame a parte, spezzo una lancia a favore dell'attività venatoria.
Vi sono casi nei quali l'intervento dei cacciatori si rende oggi ancora necessario ai fini della selezione.
Credo che i cacciatori ricoprano un ruolo importante specie in quegli ambienti dove i predatori sono stati eliminati. Una caccia selettiva evita malattie ed enormi sofferenze agli stessi animali.
Andare ad ammazzare un cervo solo per avere il palco di corna da esibire sul camino o un elefante o un rinoceronte solo per togliergli il corno che magari si ritiene afrodisiaco è una barbarie, e non sarebbe male se si estinguesse così come si sono estinti i sacrifici umani aztechi o i roghi cristiani. Stessa cosa per pratiche come la caccia alla volpe o, allargando il campo ad attività non venatorie, la corrida che sopravvivono semplicemente come status symbol o tradizioni centenarie alle quali non si riesce proprio a rinunciare. Andare ad ammazzare animali per mangiarne la carne... beh... moralmente parlando potrebbe essere già "migliore", ma viviamo in una società post-industriale che ha superato da svariato tempo la fase da raccoglitori-cacciatori (per quanto stiano dilagando ultimamente comportamenti che mi fanno temere una regressione a livelli australopitechici, con tutto il rispetto per Lucy e compagni) e quindi lo trovo comunque un "lusso superfluo". Nessuno oggi si sognerebbe di andare a procacciarsi la frutta o i cereali in natura perché esiste l'agricoltura, similmente abbiamo inventato l'allevamento e dovremmo sfruttare quello, ovviamente entro determinate norme e limiti (comunque è un'attività che pesa tantissimo sul nostro pianeta in termini di terreni adibiti all'allevamento, acqua per gli animali ed emissioni di scorregge metanose delle mucche nell'atmosfera ).
L'unico caso di caccia che giustificherei appieno è quello per il controllo delle popolazioni selvatiche, anche se lì ci sarebbe da fare notare che si vanno a correggere problemi e squilibri spesso causati dall'uomo stesso in primis.
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L'ironia a volte funziona, altre volte, come adesso, no.
Inoltre, con l'unico discorso diretto presente nel racconto spieghi il presente e il futuro, invece di lasciare al lettore il compito di farsi da sé un'idea.
Avrei preferito una conclusione del genere: "Prese la mira, inquadrò la testa del cerbiatto, poi spostò la canna verso il cielo e tirò il grilletto."
In questo modo il moto ascendente sarebbe stato interrotto soltanto nell'ultimo periodo, dalla canna dell'arma rivolta verso il cielo.
Ognuno ne avrebbe tratto le proprie conclusioni.
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Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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