L'amante
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L'amante
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Re: L'amante
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Molto bene il tratteggio dei caratteri: Santo, la signora Adelina, mi pare di averli davanti, ma anche un personaggio secondario come la praticante partecipa all’economia della storia, con quel suo entrare e uscire dalle grazie dell’avvocato senza esserne consapevole, averne merito o colpa.
Il nome del marito l’ha dimenticato Santo o Namio?
Il ricorso ai termini dialettali non è un vezzo, qui lo trovo particolarmente indovinato. Fa subito ambiente, storia e cultura, trascina in uno strato di significati che in italiano varrebbe la metà.
E quindi fin qui tutto bene.
Voglio cercare il pelo nell’uovo, perché immagino che tu, come me, apprezzi più una critica ragionata che un pletorico elogio. Spero di trovarlo nel finale, mentre lo cerco lo rileggo tre volte (e questo è positivo) perché la prima credo di non aver capito, la seconda non capisco perché non ho capito alla prima e la terza… ti deludo di nuovo: di peli non ne trovo, almeno uno che valga la pena di essere menzionato, eppure ci hai provato a mischiare le carte, Monica, Filippo, Eleonora, Accursio… “Tuttavia lo macerava anche dell’altro”.
No, seriamente, è perfido quello sfregio finale al povero Santo, ma è un’immagine troppo gustosa, da commedia all’italiana, quella nobile, di una Wertmüller o di un Monicelli, non quella pecoreccia (anche se, parlando di corna e caproni…).
Il mio voto te lo do subito, ed è più che positivo.
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- Teseo Tesei
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Il motivo sono “corna”, cioè un sicuro tradimento del proprio marito.
L’avvocato sconsiglia e cerca di far desistere la signora Mancuso dal separarsi dal proprio coniuge.
Nel farlo Corbera adduce ragioni meramente opportuniste e poco sensate, tanto che la signora Mancuso contrariata e disgustata se ne esce dallo studio con una certa irritazione in corpo.
Tornato a casa, nel letto matrimoniale l’avvocato trova il coraggio di pronunciare ad alta voce il nome dell'amante della propria moglie, così che la moglie lo sentisse.
Infatti pure l’avvocato Corbera è “cornuto”, ma pur sapendolo da tempo, fingeva di non essere al corrente di nulla.
La moglie dell’avvocato confessa il tradimento recitando la scena madre, piagnucolando e accusando il marito che era lui a doverlo impedire e fermarla.
Lui la rimprovera dicendo che semmai era lei a doverglielo dire.
Fatto è che vuoi per opportunismo, “amore” o sola convenienza lui pur sapendolo mai ha mosso un dito per porre fine a quella sequela di tradimenti tra la propria moglie e, nemmeno a farlo apposta, il datore di lavoro del marito della signora Mancuso, amante della moglie dell’avvocato.
In ultimo l’avvocato dice alla moglie di amarla rassicurandola che nulla sarebbe cambiato tra loro.
Al che lei, comportandosi da vera capra quale è comincia a prendere in giro il marito facendo il segno delle corna con la mano, intonando al contempo il verso del caprone.
Che dire … statisticamente le famose corna arrivano puntuali per tre ragioni: Qualcosa non funziona nella coppia, noia o infine ricerca di brivido della trasgressione.
Una capra, o un caprone qualora realmente pentiti potrebbero forse anche essere perdonati, dipende da i singoli interessati.
Certo è che se la capra o il caprone non sono pentiti o vi fosse anche solo un minimo dubbio è meglio che dividano le proprie strade.
Avvisaglie ce ne sono sempre, quindi è davvero il caso di darsi una mossa ai primi sintomi prima che sia troppo tardi. Poi naturalmente se la capra è una capra e la sua natura quella, e pari discorso vale per il caprone … meglio salutarsi con un bel belato, come ha fatto la signora Corbera.
Anni orsono con un mio collega nonché amico, lui deluso da una “capra”, trovandoci entrambi in vetta su di una famosa cima mi disse, amareggiato, dopo l’ennesimo tradimento della fidanzata: “Guarda laggiù a valle, pare di vedere un grosso cesto di lumache. Guarda quante corna si vedono”.
Gli dissi che tradire significa consegnare al nemico il vessillo della fortezza che si era giurato di difendere.
E’atto infedele, ingannatore e spergiuro degno di vili e deboli. Soggetti verso i quali è bene prendere le dovute distanze, a maggior ragione in caso di reiterazione. Ancor oggi mi ringrazia per averlo spronato a non sopportare quel che forse anche lui avrebbe gestito come l’avvocato Corbera.
In fondo anche il Buon Dio perdona ognuno di noi, ma solo quando veramente pentito e determinato ad evitare in futuro un agire errato. Non certo mentre lo tradiamo consegnando il vessillo del nostro essere al male.
Mi piace, buon racconto, con finale, forse non per tutti chiaro, ma estremamente sensato.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk
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In particolare questo periodo: "Il ricorso ai termini dialettali non è un vezzo, qui lo trovo particolarmente indovinato".
Faccio una premessa: l'italiano colloquiale, senza differenza di latitudini o longitudini, ricorre massicciamente al dialetto ed è forgiato dal dialetto. Gli anglosassoni, quando ci guardano scrivono native living spoken languages. Sono trentaquattro credo, molti più che tutte le lingue neolatine messe assieme. Noi li chiamiamo dialetti, un termine che ha assunto un significato spregiativo col passare del tempo. E all'italiano abbiamo pensato come a una lingua comune, una sorta di koinè, come il greco ellenistico nell'antichità, o l'inglese in ambito internazionale oggi.
Per questo nei dialoghi, per suonare credibili, veri, mi pare quasi impossibile non adoperare qualche termine dialettale, come nella realtà si fa, senza accorgersene, da nord a sud e qualunque sia l'estrazione sociale del parlante.
Eppure tu hai ragione, in letteratura le cose cambiano. Si tratta di un mondo a parte, con le sue regole, che nulla hanno a che vedere con la lingua parlata: e pertanto l'uso del dialetto, pur se animato dalle migliori intenzioni, può risultare fuori luogo, come una nota stonata, o anche un vezzo. Un vezzo dell'autore.
Azzeccata anche la considerazione sulla praticante. E quella sullo sfregio finale. Era proprio lì che volevo arrivare. Complimenti.
Un grazie anche a Teseo, che ha ben riassunto quanto ho scritto.
Sul tema principale del racconto nessuno si è però soffermato. Avevo anche pensato a un titolo diverso, che includesse il concetto, la parola. L'indifferenza e i modi in cui si manifesta, i suoi vari volti e le conseguenze che produce sulla psiche e la vita dei protagonisti. L'indifferenza di Adelina, quella di Fefé, l'indifferenza di Monica verso Santo. E anche quella di Santo alla fine.
E ancora: Stefyp, spero sia tutto più comprensibile.
- Eliseo Palumbo
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Quello che mi è piaciuto è la struttura e l'accompagnamento del lettore fino alla fine, mi è piaciuto il protagonista e il suo "convincersi" che la soluzione da lui adottata, nell'affrontare il tradimento, fosse la migliore, elargendo lo stesso consiglio alla cliente.
L'intuizione sull'amante della moglie così repentina, senza nessun dubbio precedente(?), da un semplice colloquio con una clienta non mi ha convinto troppo ma in fondo ci sta.
Di certo ha finalmente trovato il coraggio di parlarne. Bello il climax nel finale con la moglie protagonista, inizialmente, di una sceneggiata fino all'esplosione finale della beffa, istigatrice d'odio, quell'odio che il protagonista suggerisce ma he non è in grado di manifestare.
Gran bel racconto, voto massimo.
PS: "E dedito alla famiglia non meno che alla sua attività..." la e iniziale forse va accentata.
A presto
- Laura Traverso
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Secondo me il titolo scelto non è abbastanza inerente alla storia: lo trovo un po' riduttivo. Infatti, come ho letto nei commenti, andrebbe evidenziato altro...
La lunghezza della narrazione, secondo me, è un po' troppa, tanto da far risultare un po' pesante la lettura.
Circa la stesura del testo do per scontato che sia perfetto: in considerazione dell'acutezza e la preparazione dimostrata dall'autore nel commentare, e così aiutare, gli altri scrittori in gara, ci si sente così come a scuola, supportati e guidati dal professore. Forse Namio è un professore di lettere?
- Giorgio Leone
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Ciò che invece non mi è piaciuto molto è il fatto di aver concluso il racconto esattamente come l'ultima scena del "Berretto a Sonagli", indimenticabile nell'interpretazione di Eduardo come Ciampa e Angela Ippolito come Beatrice. C'era proprio bisogno?
- Giorgio Leone
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Re: L'amante
Ti mando la parcella direttamente a Ortigia.
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Re: L'amante
Potessi farlo io, come piacerebbe a me! Sferrare, signora, qua (indica la tempia sinistra col
solito gesto) per davvero tutta la corda pazza, cacciarmi fino agli orecchi il berretto a
sonagli della pazzia e scendere in piazza a sputare in faccia alla gente la verità. La cassa
dell'uomo, signora, comporterebbe di vivere, non cento, ma duecent'anni! Sono i bocconi
amari, le ingiustizie, le infamie, le prepotenze, che ci tocca d'ingozzare, che c'infràcidano
lo stomaco! il non poter sfogare, signora! il non potere aprire la valvola della pazzia! Lei,
può aprirla: ringrazii Dio, signora! Sarà la sua salute, per altri cent'anni! - Cominci,
cominci a gridare!
Beatrice: Comincio a gridare?
Ciampa: Sì, ecco! Qua! in faccia a suo fratello!
(Glielo spinge davanti.) Forza! in faccia al Delegato!
(Glielo spinge davanti.) Forza! In faccia a me! E si persuada, signora, che solamente da pazza
lei poteva pigliarsi il piacere di gridarmi in faccia: «Bèèè!».
Beatrice: E allora, sì: Bèèè!... ve lo grido in faccia, sì: bèèè! bèèè!
Fifì (cercando di trattenerla): Beatrice!
Spanò (cercando di trattenerla): Signora!
Assunta (cercando di trattenerla): Figlia mia!
Beatrice (con grida furibonde): No! Sono pazza? E debbo gridarglielo: Bèèè! bèèè! bèèè!
Ciampa (mentre tutti fanno per portar via Beatrice, che séguita a gridare come se fosse impazzita
davvero): È pazza! - Ecco la prova: è pazza! Oh che bellezza! - Bisogna chiuderla! bisogna
chiuderla!
Balla dalla contentezza, battendo le mani. Momento di gran confusione, anche perché alle grida
sopravvengono i vicini e le vicine di casa Fiorìca, con facce sbalordite, e chiedono a coro, più coi
gesti che con le parole, che cosa sia accaduto. Ciampa, seguitando a batter le mani, festante, al colmo
della gioia, e rispondendo ora all'una, ora all'altro:
È pazza! È pazza!... Se la portano al manicomio! È pazza!
E mentre tutti quei curiosi, spinti dolcemente ora dal Delegato, ora dal fratello, si ritirano
commentando sotto sotto la disgrazia, si butta a sedere su una seggiola in mezzo alla scena,
scoppiando in un'orribile risata, di rabbia, di selvaggio piacere e di disperazione a un tempo.
Tela
Il testo è tratto dalla scena finale del Berretto a sonagli di Pirandello.
Che il finale del mio racconto sia " esattamente come l'ultima scena del "Berretto a Sonagli" è un'opinione: che rispetto, ma non condivido.
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La Gara 33 - Dica 33!
A cura di Ser Stefano.
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La Gara 37 - Il trinomio Fantastico
A cura di Mastronxo e Ser Stefano.
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Gara d'inverno 2022/2023 - Immaginazione Artificiale - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
Vedi ANTEPRIMA (494,48 KB scaricato 223 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
Vedi ANTEPRIMA (297,62 KB scaricato 72 volte).
A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
Contiene opere di: Chiara Masiero, Mauro Cancian, Stefania Fiorin, Anna Rita Foschini, Ida Dainese, Alberto Tivoli, Marina Paolucci, Maria Rosaria Spirito, Marina Den Lille Havfrue, Cristina Giuntini, David Bergamaschi, Giuseppe Gallato, Maria Elena Lorefice.
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