Mente offuscata
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Mente offuscata
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Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.
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Re: Commento
Ciao Laura, grazie per il commento, pensavo che si potesse dire "prendere paura" comunque sia per la parte finale volevo dire proprio che i due ragazzi sono intrappolati da questa nebbia per cui anche contro la loro volontà vogliono restareLaura Traverso ha scritto: ↑14/11/2019, 22:22 Si intuisce abbastanza da subito che il "paesello" sarebbe stata una trappola per i due giovani innamorati. Il racconto è scritto bene a parte alcune piccolezze del tipo "i due presero paura"; mi pare un termine, presero, un po' inadatto. Avrei scritto ebbero paura, o altro, ma non presero. Sul finire dici "Non vorrete più andarvene" forse era da scrivere "non potrete..." . Comunque il narrato non è male, si lascia leggere.
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Re: Commento
Grazie lo stesso di averlo finitoDiego.G ha scritto: ↑14/11/2019, 23:26 Sembra di essere nel Maggiolone accompagnati da Dylan Dog ad Inverness. Purtroppo seppur il racconto sia breve, ho fatto un po' di fatica a portarlo a termine sia per alcune sbavature (già evidenziate da altri), sia per una storia dove tutto è già previsto. La nebbia di cui parla giorgio me la ricordo pure io ed era un uro impenetrabile che t'impediva, a volte, di vedere a un metro di distanza. Abbatti il muro della nebbia e scopri, e facci scoprire, nuovi mondi.
Buona scrittura Giada.
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Re: Commento
Grazie, è uno dei primi racconti che scrivo per cui dovrò abituarmi a usare bene la punteggiaturaCarol Bi ha scritto: ↑14/11/2019, 23:04 Dunque...idea carina. Trovo che il racconto sia da arricchire, lo trovo un po' "scolastico". La punteggiatura non è molto curata, così come certi termini, come già segnalato. Riscritto nel modo giusto sarebbe davvero un buon racconto. Trovo anche che ci sia l'esigenza di fare capire troppo aggiungendo spiegazioni non necessarie. Ad esempio non mi è piaciuto " I due giovani innamorati scesero dall'auto...", secondo me bastava "I due giovani scesero dall'auto...", anche perché il fatto che siano innamorati o meno non influenza la trama.
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Re: Commento
Ciao Giorgio, in realtà questa nebbia di cui parlo voleva essere una metafora dell'aria inquinata che si respira. Poi è un racconto che non da molte spiegazioni , ad esempio potrebbe anche essere che questa nebbia sia una sostanza chimica. Però è tutto avvolto nel mistero , il mio intento era di lasciare dei dubbi una volta lettoGiorgio Leone ha scritto: ↑14/11/2019, 22:40 Quand’ero giovane, una nebbia come quella che descrivi non l’avremmo neppure considerata nebbia. Infatti si vedono persone che passeggiano, altre sedute sulle panchine, qualcuno addirittura che se ne va in bici, mentre con la vera nebbia si periferia di una volta solo un pazzo si sarebbe arrischiato sulle due ruote. Possiamo persino distinguere il sopracciglio alzato dell’uomo, la sua espressione di stizza e la vecchia pazza sulla sedia a dondolo in mezzo alla stradina.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.
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Rispetto a come è scritto aggiungerei a quanto già detto un particolare che forse è solo un mio problema: troppi vezzeggiativi. Montagnetta, paesello, paesino
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Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
Alla prossima.
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Re: Commento
Grazie molteRoberto Bonfanti ha scritto: ↑21/11/2019, 0:00 Ho apprezzato la correttezza del linguaggio e la buona capacità narrativa, dici che è uno dei primi racconti che scrivi, quindi ti faccio i complimenti perché le basi letterarie di partenza non sono per niente male.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
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Inutile ripetere le cose che ti hanno già detto per quantoriguarda la punteggiatura, la struttura, il finale eccetera eccetera eccetera.
Anche per te un bel voto.
- Isabella Galeotti
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Human Take Away
Umani da asporto
"Human Take Away" è un racconto corale dove gli autori Alessandro Napolitano e Massimo Baglione hanno immaginato una prospettiva insolita per un contatto alieno. In questo testo non è stata ideata chissà quale novità letteraria, né gli autori si sono ispirati a un particolare film, libro o videogioco già visti o letti. La loro è una storia che gli è piaciuto scrivere assieme, per divertirsi e, soprattutto, per vincere l'Adunanza letteraria del 2011, organizzata da BraviAutori.it. Se con la narrazione si sono involontariamente avvicinati troppo a storie già famose, affermano, non era voluto. Desiderano solo che vi gustiate l'avventura senza scervellarvi troppo sul come gli sia venuta in mente.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Gara 63 - Treni e stazioni
A cura di Ida Dainese.
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La Gara 18 - Brividi a Natale
A cura di Mastronxo.
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La Gara 6 - Un racconto in una fotografia
A cura di Alessandro Napolitano e Dafank.
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