Mente offuscata

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2019.

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Giada.Trix
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Mente offuscata

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

La loro macchina si era impantanata in mezzo alla strada, deserta, buia, stretta, fiancheggiata da un fitto bosco imperscrutabile. I due giovani innamorati scesero dall'auto, si guardarono intorno e si abbracciarono per riscaldarsi. Era inverno. Lì in quella strada non c'era proprio nulla; avevano deciso di prenderla per accorciare in direzione della cittadina dove erano diretti per il week-end. Poco prima di raggiungerla, vi era un piccolo paesino, che si ergeva su una montagnetta. Sembrava quasi un’apparizione, un sogno, quando si mostrò ai loro occhi emergendo dalla nebbia. Dovevano necessariamente raggiungerlo a piedi, dopo aver constatato che non c'era campo per fare chiamate. Camminarono molto, tra il gelo, la neve, il vento. Erano stremati, ma non si fermarono, come attirati da una strana voglia di raggiungere il piccolo paese incantato. All'inizio vi era un cancello, chiuso con un lucchetto, così i due afferrarono le sbarre molto arrugginite e iniziarono a smuoverle, gridando e cercando di farsi sentire. Scorsero tra la nebbia delle figure, e a poco a poco questa si dissolse debolmente fino a mostrare loro che c'erano delle persone.  Alcune passeggiavano, altre erano sedute su delle panchine, altre erano in bici. Sembrava un luogo qualunque dove si trascorreva una vita normale, ma la sua particolarità era la nebbia, fittissima, che sembrava circondare solo quel determinato luogo, al di fuori del cancello essa spariva. Nessuno si interessò ai nuovi arrivati, li avevano chiaramente sentiti, ma tutti continuarono a tenere lo sguardo basso, tanto che si scontravano fra di loro mentre passeggiavano. Tutto ciò in un’inquietante indifferenza. Sembravano dei morti viventi. Mentre i due ragazzi cercavano di attirare l'attenzione, all'improvviso si sentirono chiamare dietro di loro.  
"Ehi voi, che ci fate qui? Chi siete?" I due presero paura, si girarono di scatto e la ragazza rispose: "Cerchiamo aiuto signore, siamo rimasti bloccati con l'auto. Vorremmo entrare se è possibile". L' uomo, alzando un sopracciglio, assunse un’espressione di stizza.
"Volete davvero entrare? Ahahahah! Insomma, volevo dire, voi ditemi che volete entrare e io vi aprirò il cancello".
"Sì, faccia qualcosa, per l'amor del cielo!"
"Bene". L'uomo prese un paio di chiavi dalla tasca, le girò nel lucchetto e aprì il cancello, il cui rumore cigolante sembrò un grido disperato di tante persone all'unisono. 
"Cercate qualcuno che vi aiuti, io resterò qui ad aspettarvi e se volete vi riaccompagnerò all'auto".
"O.…ok." disse il ragazzo. Appena entrati, sparirono nella nebbia, e quando l'uomo non li vide più chiuse il cancello per sempre. Cercarono di parlare con gli abitanti del paesello, ma furono completamente ignorati. A quel punto iniziarono ad avvertire come una morsa e sentirono che c'era qualcosa che rendeva la situazione opprimente… Continuarono a camminare alla ricerca di un’officina meccanica, ma furono distratti da un’anziana signora seduta su una sedia a dondolo, nel bel mezzo della stradina. Lo sguardo fisso nel vuoto, e dondolava. Si avvicinarono, le chiesero se stava bene e lei iniziò a far uscire qualche parola dalla bocca...Nebbia...Aiuto... Prigione… I due ragazzi le chiesero di spiegarsi meglio, allora la donna, pallida in volto, scoppiò in lacrime e disse: " Anche voi! Altri due poveretti! Mi spiace per voi, ma resterete qui per sempre, non vorrete più andarvene. Soffrirete, soffrirete di una depressione inimmaginabile perché vorrete andare via ma sarete costretti a restare. Non potete fare niente ormai, perché ora anche voi avete la mente offuscata… La colpa è tutta sua...è la nebbia che respiriamo e che ci entra nel cervello, ci riduce a degli zombie, ci tiene imprigionati quassù"!
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Si intuisce abbastanza da subito che il "paesello" sarebbe stata una trappola per i due giovani innamorati. Il racconto è scritto bene a parte alcune piccolezze del tipo "i due presero paura"; mi pare un termine, presero, un po' inadatto. Avrei scritto ebbero paura, o altro, ma non presero. Sul finire dici "Non vorrete più andarvene" forse era da scrivere "non potrete..." . Comunque il narrato non è male, si lascia leggere.
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Giorgio Leone
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Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Quand’ero giovane, una nebbia come quella che descrivi non l’avremmo neppure considerata nebbia. Infatti si vedono persone che passeggiano, altre sedute sulle panchine, qualcuno addirittura che se ne va in bici, mentre con la vera nebbia si periferia di una volta solo un pazzo si sarebbe arrischiato sulle due ruote. Possiamo persino distinguere il sopracciglio alzato dell’uomo, la sua espressione di stizza e la vecchia pazza sulla sedia a dondolo in mezzo alla stradina.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.
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Carol Bi
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Dunque...idea carina. Trovo che il racconto sia da arricchire, lo trovo un po' "scolastico". La punteggiatura non è molto curata, così come certi termini, come già segnalato. Riscritto nel modo giusto sarebbe davvero un buon racconto. Trovo anche che ci sia l'esigenza di fare capire troppo aggiungendo spiegazioni non necessarie. Ad esempio non mi è piaciuto " I due giovani innamorati scesero dall'auto...", secondo me bastava "I due giovani scesero dall'auto...", anche perché il fatto che siano innamorati o meno non influenza la trama.
Giada.Trix
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Laura Traverso ha scritto: 14/11/2019, 22:22 Si intuisce abbastanza da subito che il "paesello" sarebbe stata una trappola per i due giovani innamorati. Il racconto è scritto bene a parte alcune piccolezze del tipo "i due presero paura"; mi pare un termine, presero, un po' inadatto. Avrei scritto ebbero paura, o altro, ma non presero. Sul finire dici "Non vorrete più andarvene" forse era da scrivere "non potrete..." . Comunque il narrato non è male, si lascia leggere.
Ciao Laura, grazie per il commento, pensavo che si potesse dire "prendere paura" :) comunque sia per la parte finale volevo dire proprio che i due ragazzi sono intrappolati da questa nebbia per cui anche contro la loro volontà vogliono restare
Giada.Trix
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Diego.G ha scritto: 14/11/2019, 23:26 Sembra di essere nel Maggiolone accompagnati da Dylan Dog ad Inverness. Purtroppo seppur il racconto sia breve, ho fatto un po' di fatica a portarlo a termine sia per alcune sbavature (già evidenziate da altri), sia per una storia dove tutto è già previsto. La nebbia di cui parla giorgio me la ricordo pure io ed era un uro impenetrabile che t'impediva, a volte, di vedere a un metro di distanza. Abbatti il muro della nebbia e scopri, e facci scoprire, nuovi mondi.
Buona scrittura Giada.
Grazie lo stesso di averlo finito :)
Giada.Trix
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Carol Bi ha scritto: 14/11/2019, 23:04 Dunque...idea carina. Trovo che il racconto sia da arricchire, lo trovo un po' "scolastico". La punteggiatura non è molto curata, così come certi termini, come già segnalato. Riscritto nel modo giusto sarebbe davvero un buon racconto. Trovo anche che ci sia l'esigenza di fare capire troppo aggiungendo spiegazioni non necessarie. Ad esempio non mi è piaciuto " I due giovani innamorati scesero dall'auto...", secondo me bastava "I due giovani scesero dall'auto...", anche perché il fatto che siano innamorati o meno non influenza la trama.
Grazie, è uno dei primi racconti che scrivo per cui dovrò abituarmi a usare bene la punteggiatura :)
Giada.Trix
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Giorgio Leone ha scritto: 14/11/2019, 22:40 Quand’ero giovane, una nebbia come quella che descrivi non l’avremmo neppure considerata nebbia. Infatti si vedono persone che passeggiano, altre sedute sulle panchine, qualcuno addirittura che se ne va in bici, mentre con la vera nebbia si periferia di una volta solo un pazzo si sarebbe arrischiato sulle due ruote. Possiamo persino distinguere il sopracciglio alzato dell’uomo, la sua espressione di stizza e la vecchia pazza sulla sedia a dondolo in mezzo alla stradina.
Quand’ero ragazzo, invece, la nebbia si poteva veramente tagliare con il coltello, non perdonava e non aveva pietà di nessuno. Una sera non riuscii neppure a tornare a casa. Giravo e rigiravo piazza Gorini cercando a tentoni la mia strada, via Inama, ma non c’era più, era stata masticata e inghiottita dalla nebbia e al suo posto c’era il nulla. Niente più muri delle case, niente più marciapiedi, solo in alto si intravvedevano le luci fioche dei lampioni. Un’altra volta stavamo giocando al Piccolo San Siro e la maledetta stronza iniziò a salire, strisciando su dalla terra e avvolgendoci. Dopo un po’ potevamo vederci solo le facce e al di sotto niente. Il pallone non lo ritrovammo più e fummo costretti ad andare da Pino alla Parete a ubriacarci con Maurizio Mosca che era appena uscito dalla Gazzetta dello Sport.
Tutto questo a dire che io di nebbia ne ho respirata a tonnellate, mi è entrata nel cervello e mi ha offuscato la mente. Ma poi mi sono messo lì e pian piano, con calma ma con costanza, sono riuscito ad espellerla attraverso le vie nasali e boccali e qualche idea accettabile mi è tornata, bene o male pronta per essere messa giù. Perché così bisogna fare e così riuscirai a fare pure tu, ne sono sicuro, inventandoti qualcosa di più commovente o divertente o fantasioso o tragico o mistico o che altro, qualcosa che ci colpirà di più di questo piccolo e strano paesino pieno di zombie che si erge sulla montagnetta in mezzo alla foschia.
Ciao Giorgio, in realtà questa nebbia di cui parlo voleva essere una metafora dell'aria inquinata che si respira. Poi è un racconto che non da molte spiegazioni , ad esempio potrebbe anche essere che questa nebbia sia una sostanza chimica. Però è tutto avvolto nel mistero , il mio intento era di lasciare dei dubbi una volta letto :)
Stefyp
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Messaggio da leggere da Stefyp »

E quindi? È la domanda che mi viene quando leggo un racconto con questo tipo di finale. C'è la descrizione del luogo, della disavventura dei ragazzi ecc. ecc. poi arriva la vecchina che dice "non uscirete più di qui" e stop. Senza un perché. Ma a me i perchè piacciono...
Rispetto a come è scritto aggiungerei a quanto già detto un particolare che forse è solo un mio problema: troppi vezzeggiativi. Montagnetta, paesello, paesino
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Roberto Bonfanti
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Messaggio da leggere da Roberto Bonfanti »

Ho apprezzato la correttezza del linguaggio e la buona capacità narrativa, dici che è uno dei primi racconti che scrivi, quindi ti faccio i complimenti perché le basi letterarie di partenza non sono per niente male.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
Alla prossima.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Giada.Trix
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Messaggio da leggere da Giada.Trix »

Roberto Bonfanti ha scritto: 21/11/2019, 0:00 Ho apprezzato la correttezza del linguaggio e la buona capacità narrativa, dici che è uno dei primi racconti che scrivi, quindi ti faccio i complimenti perché le basi letterarie di partenza non sono per niente male.
Quanto alla storia, sì, forse è un po’ irrisolta e prevedibile. I due giovani si perdono e tutto il resto succede di conseguenza. Nei commenti parli della nebbia come metafora dell’aria inquinata o di una sostanza chimica, a me l’uomo che li ammonisce sull’entrare (volete davvero entrare?) e poi chiude il cancello “per sempre”, le parole della signora anziana, fanno pensare più a qualcosa di soprannaturale, alla Lovecraft, senza, però, riuscire a creare quel clima di angoscia e terrore che lo scrittore di Providence sapeva evocare così bene.
Alla prossima.
Grazie molte :)
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Eliseo Palumbo
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Messaggio da leggere da Eliseo Palumbo »

Mi ero immaginato che i due fossero morti, la nebbia e il paesello erano un limbo/purgatorio/inferno ma invece non è stato così, peccato. L'ambientazione mi è piaciuta.
Inutile ripetere le cose che ti hanno già detto per quantoriguarda la punteggiatura, la struttura, il finale eccetera eccetera eccetera.
Anche per te un bel voto.
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte

POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO


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Isabella Galeotti
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Messaggio da leggere da Isabella Galeotti »

Forse perchè la Nebbia l'ho vissuta, come hanno raccontato nelle recensioni prima di me, a Milano si respirava anche tutto lo smog del mondo, stendevi i panni e li ritiravi più grigi di prima. Scritto ciò, scusa per il separietto, questo raccontino non mi ha lasciato nulla, anzi un pizzico di curiosità. Piccoli refusi, che per essere il primo racconto, sei stata brava. Voto2
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Selene Barblan
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

La storia mi piace così come anche l’ambientazione e l’idea della nebbia “psicologica”. Penso che ci siano le premesse per elaborare un buon racconto, ma non mi convince del tutto la scelta di alcuni termini. Inoltre secondo me pur essendo misteriosi alcuni aspetti vengono spiegati fin troppo esplicitamente, mi sarei concentrata di più sulle sensazioni dei due protagonisti. Voto 3.
Giampiero
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Messaggio da leggere da Giampiero »

Ci lavorerei ancora. La “malefica nebbia” è un buon soggetto per racconti fantasy o magari horror, e quindi varrebbe la pena spendersi su questa via, entrare magari nei meccanismi dell’incantesimo, “mostrarlo”, anziché lasciare al narrante tutta la fatica del “dire”. Il titolo non c'azzecca, a mio parere.
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
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